Capitolo 28
Era buio pesto nella sua stanza quando il telefono la svegliò, alle 6:30 del mattino seguente. Aveva dormito solo due ore, ma era riuscita di nuovo a sognare Mary Quigg e l’incendio. Le ci volle una buona manciata di secondi per capire che era sveglia, quando, rispondendo alla chiamata, fu avvertita del fatto che la casa di Gene Kay stava andando a fuoco. E che lui era intrappolato all’interno.
Quando Lucy arrivò sul posto, vide un gruppo di Land Rover allineate sulla strada che portava all’incrocio di Trench Road. Inizialmente non capì perché non si fossero avvicinate di più alla casa in cui viveva Kay. Poi, scendendo dalla propria auto, notò la carcassa in fiamme di un veicolo, in mezzo all’incrocio, che illuminava i dintorni ancora bui. Dietro di essa, a volto coperto e con le sagome che sembravano tremare nell’aria calda che si sollevava dalla macchina incendiata, Lucy scorse un centinaio di giovani in assetto da battaglia. Qualcuno, di tanto in tanto, lanciava una bottiglia o un sasso contro la macchina, spezzando la densa cortina di fumo nero e mandandoli a rimbalzare inutilmente sull’asfalto della strada. Solo una bottiglia esplose con un tonfo sordo contro il fianco di una Land Rover, seguita dalle urla di trionfo della folla oltre il fumo. Nonostante i tentativi di provocare gli agenti del psni, Lucy sapeva perché i suoi colleghi si stavano trattenendo. Qualsiasi tentativo di disperdere i ragazzi sarebbe stato immediatamente strumentalizzato e avrebbe potuto demolire gli sforzi di anni di faticosa collaborazione tra i residenti del quartiere e le forze di polizia.
«I pompieri non riescono ad avvicinarsi», le spiegò Fleming, dopo averla vista tra gli agenti radunati lì intorno. «Hanno fatto il giro e stanno risalendo Trench Road dall’altra parte. Noi dovremo provare a farci strada da questa parte, quando arriveranno. Si spera che i ragazzi siano così presi da quello che succederà qui e dai nostri movimenti, da non accorgersi dell’arrivo dei vigili del fuoco alle loro spalle».
«Si sa niente di Kay?».
Fleming scosse la testa. «Davvero un pessimo tempismo. È stato rilasciato poco prima di mezzanotte. Circa mezz’ora fa, un vicino ha avvertito dell’incendio. La gang che l’ha appiccato probabilmente neanche sapeva del suo ritorno a casa».
Mentre parlavano, Lucy vide dei gruppi di agenti in uniforme da Supporto Tattico, che si mettevano in formazione dietro le Land Rover. Sentirono i tonfi pesanti degli sportelli che venivano chiusi, e il rombo familiare dei motori, mentre i veicoli venivano messi in moto. I ragazzi dall’altra parte dell’auto incendiata dovevano aver sentito anche loro. Attraverso il fumo, Lucy riuscì a vederli mentre si coprivano meglio il volto con le sciarpe e si passavano bottiglie e sassi. Vide alcuni di loro stringersi insieme, rivolgendo la schiena agli agenti, e poi notò i primi lampi di luce mentre accendevano le Molotov.
Ci fu un tonfo, quando la prima Land Rover scese dal marciapiede dove era parcheggiata e, facendo rombare il motore, iniziò a muoversi verso la carcassa bruciata della macchina, avanzando a passo d’uomo. Era chiaro che volesse spingere il veicolo di lato, permettendo alle altre Land Rover e agli agenti a piedi dietro di esse di spostarsi più agevolmente verso la folla.
«Il piano è spingere i ragazzi giù verso Old Strabane Road, e liberare l’incrocio, in modo da arrivare alla casa di Kay. Il Supporto Tattico li terrà bloccati lì, non appena saremo riusciti a farli muovere», spiegò Fleming.
Una salva di sassi cominciò a piovere contro le fiancate corazzate della Land Rover, e una bottiglia si schiantò contro il parabrezza rinforzato. Poi fu lanciata la prima Molotov. Era stata confezionata alla buona, e lo straccio incendiato si staccò dalla bottiglia mentre volava nell’aria, lasciandosi dietro una scia infuocata intanto che il contenuto si versava. Quando arrivò a destinazione, le fiamme che produsse sul cofano della Land Rover si spensero in pochi secondi.
La Land Rover andò avanti, toccando con il radiatore il veicolo in fiamme. L’angolazione del punto di contatto fece in modo che la macchina venisse spostata verso destra, all’interno dell’incrocio.
Lucy guardò a sinistra. Vide i lampeggianti blu del camion dei pompieri intensificarsi, e come rimbalzare contro le pareti esterne delle case.
Uno schiocco secco, seguito da grida di trionfo, le riportò l’attenzione alla scena che aveva di fronte. Una Molotov si era schiantata sul parabrezza della prima Land Rover, incendiandolo. Il guidatore avviò i tergicristalli, spargendo il liquido in gocce infuocate a destra e a sinistra.
Lucy sentì un basso fischio, poi vide gli agenti che si muovevano in silenzio dietro ai veicoli dividersi e sparpagliarsi in ogni direzione. Un attimo più tardi, un petardo esplose sull’asfalto dove si trovavano fino a pochi secondi prima, in un lampo bianco al magnesio. Un nuovo urlo si levò dalla folla.
Al segnale, diversi veicoli di supporto affiancarono il primo e si mossero verso i ragazzi, costringendoli ad arretrare verso Old Strabane Road e ad allontanarsi dalla casa di Kay, finché l’intera folla non sgombrò l’incrocio.
«Andiamo», disse Fleming.
Lui e Lucy corsero attraverso il varco che si era creato, diretti all’abitazione di Kay. I pompieri erano già lì e stavano cercando di domare l’incendio. Un altro assembramento di gente si era radunato nei dintorni; semplici spettatori, questa volta, che osservavano affascinati la macabra scena, mentre, una dopo l’altra, le finestre sul davanti della casa esplodevano per la pressione del calore all’interno. Alcuni, comunque, dovevano essere i vicini, usciti di casa per l’eccessiva prossimità del fuoco.
Sulla facciata della casa, una scritta di vernice rosso sangue, scura sotto i riflessi bluastri dei lampeggianti dei pompieri, recitava a chiare lettere: “Fuori i pedofili!”.
Il cane di Kay, con la pelliccia fradicia per i fiumi d’acqua che i vigili del fuoco stavano riversando contro le finestre della casa, guaì mentre si avvicinava con cautela alla porta, si ritrasse in tutta fretta e tornò poi ad avvicinarsi ancora.
«Povero cane», sentì dire Lucy, mentre passava. «Qualcuno dovrebbe consolarlo».
Erano quasi le otto e mezza quando infine l’incendio fu domato al punto da permettere alla prima squadra di pompieri di avventurarsi oltre i resti carbonizzati della porta d’ingresso, che pendevano dai cardini ancora arroventati.
La folla di curiosi era più fitta, adesso, c’erano anche parecchi bambini che si fermavano a fissare la scena mentre andavano a scuola, allungando il collo per sbirciare oltre i genitori che, riuniti in piccoli gruppi, commentavano gli eventi, alcuni condannandoli, altri, molti, che invece sembravano approvare l’accaduto. Soltanto il proprietario della casa accanto a quella di Kay stava ricevendo un po’ di conforto e comprensione.
Dopo che la prima squadra di pompieri riemerse dai resti della casa, Lucy e Fleming si avvicinarono agli uomini, intenti a parlare con il comandante di distretto, che Lucy aveva incontrato già una volta, fuori dalla casa bruciata di Mary Quigg. Se l’uomo l’aveva riconosciuta, non lo diede a vedere. Del resto, lei non avrebbe mai potuto dimenticarlo.
«Ebbene?», chiese Fleming.
Il comandante scosse la testa. «C’è un cadavere, all’interno», spiegò. «Sembrerebbe un maschio».
«Allora è con tutta probabilità l’inquilino», disse Lucy. «Avete già ricostruito le origini dell’incendio?».
L’uomo accennò alla facciata della casa. «A giudicare dai danni alla porta principale, sembra che sia iniziato lì. Sono quasi certo che si è trattato di benzina gettata nella buca delle lettere. Sembra che l’incendio sia stato più intenso sul davanti della casa. Dovremo effettuare un’indagine più approfondita, quando il luogo sarà messo in sicurezza, ovviamente, quindi questa è soltanto un’ipotesi, al momento».
«In ogni caso, pensa che si tratti di un incendio doloso?», domandò ancora Fleming.
Il comandante annuì. «Sembra che possiate aggiungere un altro caso di omicidio alla vostra lista». Indicò la vernice rossa sul muro, prima di aggiungere: «A giudicare da quella scritta, comunque, non faticherete a trovare il movente».
Mentre tornava verso la macchina, Lucy notò un uomo robusto, dai capelli folti e bianchi, che parlava con due degli agenti di guardia al cordone posizionato vicino all’incrocio, per tenere lontani i rivoltosi di quella notte. Si allontanò, mentre lei raggiungeva i colleghi.
«Un vicino preoccupato?», domandò loro.
«Il capo della comunità di quartiere», replicò uno degli agenti. «Si chiama Jackie Logue».
Lucy si strinse nelle spalle. Aveva già sentito quel nome, di recente, ma non riusciva a ricordarsi il contesto preciso.
«Gestisce la comunità, da queste parti. Ha parlato ai ragazzi, quando li abbiamo respinti allontanandoli dall’incrocio. La maggior parte di quegli stronzetti è tornata a casa, grazie a lui».
«Ah», rispose Lucy, ricordando finalmente che era l’uomo con cui Fleming aveva parlato di Sarah Finn al centro giovanile di quartiere.
«Oh, Jackie è una specie di leggenda, da queste parti. È la voce della moderazione. Ed è grazie a lui che di solito possiamo girare per questo quartiere senza che avvenga quello che è successo stamattina».
«Come mai è accaduto, questa volta, allora?».
L’agente si strinse nelle spalle e si allontanò per parlare con il conducente di una macchina che si era avvicinata all’incrocio, nella speranza di poter oltrepassare il cordone.