6

 

Uscii dall’ospedale nel pomeriggio avanzato. Il sole era ancora alto e tutta l’aria calda del mondo era fuori ad aspettarmi. Lo sbalzo termico dall’aria condizionata dell’ospedale alla polvere di luglio fu difficile da affrontare, soprattutto dentro il fuoristrada di Drug Machine, che non era dotato di alcun comfort.

«Non portarmi a casa, voglio stare ancora un po’ fuori», dissi guardando di fronte a me il cartellone “Benvenuti a San Buono”.

Era uno dei pochi posti in Italia ad aver conservato il benvenuto per gli stranieri...

Prendemmo la discesa che porta in piazza, a metà della quale c’era casa mia. Alla fine della discesa c’era il bar che faceva una magra concorrenza a quello di Drug Machine. Le vecchie donne sedute fuori dalle loro case, su basse sedie di legno, allungarono il collo per vedermi dentro la macchina: ovviamente il mio tentato stupro sarebbe stato motivo di discussioni lunghissime a San Buono, e avrebbe risolto i pomeriggi di tutti. Evviva.

Drug Machine fermò la macchina di fronte al bar di Antonio, un uomo leggendario del paese. La sua vita era iniziata a San Buono negli anni Venti, si era sposato una ragazza bellissima, Lina, e con lei era andato in America. Fu il primo a tornare con i capelli pieni di brillantina, camicie hawaiane e racconti incredibili. Fu sindaco di San Buono per quella storia della brillantina. Lui e Lina erano partiti per poi tornare dopo dozzine d’anni in quel paese, piccolo e sempre uguale, e aprire un bar a cento metri da quello di Drug Machine.

«Vai tu? Due birre sulla via piana?», proposi.

«Aspettami qui!».

Dopo pochi istanti, dal bar uscì Antonio, vestito elegante e con i pochi capelli tirati indietro dal pettine, come sempre. Aveva in mano due boccali di birra grandi e schiumosi. Fece il giro della macchina e si abbassò al livello del mio finestrino, con le birre in primo piano.

«Danny, queste te le offre la casa». Sputò per terra con sdegno: «E se quel porco si ripresenta, lo prendo a pedate nel culo!».