VII

Gesù, Maria Maddalena e il matrimonio

Uno dei personaggi storici chiave del Codice da Vinci è uno dei primi seguaci di Gesù, Maria Maddalena. Nel corso della narrazione Bart D. Ehrman

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apprendiamo che Maria Maddalena non era una sua semplice seguace, ma era anche sua moglie e amante: con lui generò una figlia e diede inizio a una dinastia che continua a tutt’oggi, protetta dai membri di una società segreta nota come Priorato di Sion. È bene sapere che questa concezione di Gesù e Maria Maddalena non è un contributo originale del romanzo di Dan Brown. L’autore deve molte delle sue «informazioni» a un precedente best seller degli anni Ottanta, un libro intitolato Il Santo Graal, che Brown cita esplicitamente nel suo romanzo ma che non riconosce come fonte principale da cui ha tratto gran parte di ciò che afferma riguardo Maria Maddalena e il Priorato di Sion.1

Ciononostante, chiunque abbia letto entrambi i libri si sarà accorto delle molte analogie. Il Santo Graal non fu scritto da studiosi dell’antichità o del Medioevo, bensì da tre ricercatori indipendenti: Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln, che esposero le loro teorie sensazionali ma prive di fondamento storico su Maria, Gesù, il Graal e il Priorato di Sion.2 Dal momento che il mio interesse va innanzitutto al Codice da Vinci e alle teorie che esso illustra, non mi occuperò direttamente del Santo Graal, se non per dire che Dan Brown si è servito indiscriminatamente di molte delle affermazioni in esso contenute per dar vita al suo resoconto fantastico delle avventure di Robert Langdon e Sophie Neveu alla ricerca del Graal.

Molte di queste affermazioni hanno a che fare con Maria Maddalena e «il suo matrimonio con Gesù Cristo» (p. 286). A testimonianza di questo matrimonio, l’aristocratico britannico e cercatore del Graal Leigh Teabing cita un vangelo che non fu incluso nel Nuovo Testamento, il trattato di Nag Hammadi noto come Vangelo di Filippo, in cui si legge: «La compagna del Salvatore è Maria Maddalena». Teabing poi dichiara:

«Come ogni esperto di aramaico potrà spiegarle, la parola “compagna”, all’epoca, significava letteralmente “moglie”». (p. 288) Teabing prosegue citando un altro vangelo gnostico non canonico, il Vangelo di Maria, in cui gli apostoli Pietro e Levi discutono riguardo la possibilità che Gesù abbia rivelato la verità a Maria Maddalena. Teabing spiega:

«A questo punto dei vangeli, Gesù sospetta che presto sarà arrestato e crocifisso. Perciò dà istruzioni a Maria Maddalena su come guidare la Chiesa dopo la sua morte. … Secondo questi vangeli non modificati, non era Pietro la persona che Cristo Bart D. Ehrman

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incaricò di fondare la sua Chiesa. Incaricò Maria Maddalena.» (p.

290)

Per sottolineare l’importanza di Maddalena nella storia della Chiesa cristiana, Teabing mostra a Sophie Neveu una genealogia dell’ebraica

«Tribù di Beniamino». La donna si accorge che nella genealogia compare Maria Maddalena ed esprime la propria sorpresa: «”Apparteneva alla Casa di Beniamino?”. “Certo” rispose Teabing. “Maria Maddalena era di famiglia reale.”» (p. 291). Ciò significherebbe, come sottolinea Teabing, che qualsiasi figlio nato da Cristo e Maria Maddalena sarebbe di discendenza reale purissima. Ed ecco perché i capi della Chiesa cercarono di nascondere la relazione che lei aveva con Gesù: La minaccia posta da Maria Maddalena agli uomini della Chiesa delle origini aveva il potere di distruggerli. Non solo era la donna a cui Cristo aveva affidato il compito di fondare la Chiesa, ma era anche la prova fisica che la divinità proclamata a Nicea aveva lasciato una discendenza mortale. La Chiesa, per difendersi dal potere di Maria Maddalena, l’ha etichettata come prostituta e ha cancellato le prove del suo matrimonio con Gesù Cristo, allontanando così ogni possibile affermazione che Cristo avesse dei discendenti ancora in vita e che fosse un profeta mortale (p.

297).

Ma l’insabbiamento non ebbe completo successo, stando ai racconti mantenuti vivi nel corso dei secoli dal misterioso Priorato di Sion:

«Secondo il Priorato» proseguì Teabing «Maria Maddalena era incinta all’epoca della crocifissione. Per proteggere il figlio che doveva ancora nascere, non ebbe altra scelta che lasciare la Terrasanta. Con l’aiuto di Giuseppe di Arimatea, zio di Gesù e suo fedelissimo, Maria Maddalena raggiunse segretamente la Francia, allora nota come Gallia, dove trovò un rifugio sicuro nella comunità ebraica. E fu in Francia che diede alla luce una figlia a cui venne dato il nome di Sarah.» (pp. 298-299)

Questa serie di affermazioni, come altre nel Codice da Vinci, sono più Bart D. Ehrman

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frutto dei voli di fantasia dell’autore che della realtà storica. Alcune sono semplicemente inesatte. Ecco un esempio lampante: quando il Vangelo di Filippo definisce Maria Maddalena la «compagna» di Gesù, è errato sostenere che quella parola in aramaico significasse «sposa». Prima di tutto la parola non è aramaica: il Vangelo di Filippo è scritto in copto.

Inoltre, anche se la parola usata per «compagna» è in realtà un prestito da un’altra lingua, la lingua in questione non è comunque l’aramaico bensì il greco. In altre parole, l’aramaico non ha nulla a che vedere con questa espressione. Come se non bastasse, poi, la parola originale greca (koinónós) in realtà non significa «sposa» o «amante», bensì «compagna», ed è comunemente usata per indicare rapporti di amicizia e fratellanza.

Altre asserzioni di Teabing sono ugualmente errate, o quantomeno prive di ogni fondamento storico. E questo ci porta ad affrontare le questioni più complesse sollevate dal libro di Dan Brown: se analizziamo i documenti storici, cosa possiamo dire del rapporto che Gesù aveva con le donne? Era sposato? Sua moglie era Maria Maddalena? In questo caso, la loro era una relazione intima? Avevano una figlia?

Per rispondere a queste domande dobbiamo spostarci dall’ambito della finzione letteraria a quello della realtà storica, abbandonando cioè le affermazioni sensazionalistiche in favore della metodologia storica. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, è difficile ricostruire ciò che avvenne nella vita di Gesù; gli storici interessati a farlo sanno che non si tratta semplicemente di citare versetti che compaiono qua e là in questo o quel vangelo, accettandoli come storicamente corretti. Ricostruire la storia è un’impresa ben più complicata: dobbiamo tener conto del tipo di fonti di cui disponiamo e applicar loro criteri rigorosi, in modo da poter distinguere la realtà dalla finzione. Ciò significa che anche se le nostre prime fonti affermavano davvero che Gesù e Maria erano amanti e/o sposati, dovremmo analizzare attentamente queste fonti per verificare la veridicità di tali affermazioni.

Ma la realtà, nonostante le dichiarazioni di Teabing, è che nessuna delle fonti antiche di cui disponiamo rivela che Gesù era sposato, tanto meno con Maria Maddalena. Tutte queste affermazioni si basano su moderne ricostruzioni romanzesche della vita di Gesù, che a loro volta non tengono conto delle testimonianze giunte sino a noi. L’approccio storico alle nostre fonti non sarà forse appassionante e sensazionalistico come quello offerto dalla letteratura (Gesù aveva un’amante! Aveva rapporti sessuali! Aveva Bart D. Ehrman

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dei figli!), ma è doveroso dire qualcosa riguardo ciò che è realmente accaduto nel corso della storia, anche se risulterà meno eccitante di quello che accade nei romanzi.

Vi è quindi una serie di domande che vorrei porre sulla figura storica di Gesù, partendo dalle più generali per arrivare alle più specifiche. Che rapporto aveva in generale con le donne? Che ruolo avevano nel suo ministero? Aveva una stretta relazione con qualcuna di loro? È possibile che fosse sposato? E che legame aveva esattamente con Maria Maddalena?

Vi sono indizi storici che lasciano pensare che fossero sposati? E che avessero rapporti sessuali?

Gli uomini nel ministero di Gesù

La prima cosa da dire è che sembra che la maggior parte dei seguaci di Gesù, e sicuramente quelli a lui più vicini, fossero uomini. La stragrande maggioranza dei racconti su Gesù, sia quelli considerati storicamente attendibili sia quelli di cui è lecito dubitare, parlano del suo rapporto con gli uomini. Ma questo non è un fatto insolito: le donne nel I secolo erano di norma soggette all’autorità degli uomini (i loro padri e/o mariti) e, in linea di massima, non avrebbero potuto girovagare per la campagna al seguito di un maestro itinerante quando a casa c’era così tanto lavoro da fare: preparare il cibo, fare e rammendare i vestiti, prendersi cura dei figli.3

Queste erano attività femminili, mentre gli uomini avevano perlopiù un ruolo pubblico al di fuori delle mura domestiche. Se una donna passava del tempo fuori casa, di norma era perché non doveva sottostare all’autorità maschile, perché magari era una donna nubile e non più giovane, oppure perché era una facoltosa aristocratica che lasciava ad altri, per esempio agli schiavi, il compito di occuparsi delle faccende domestiche. Anche se non è escluso che un ristretto numero di seguaci di Gesù appartenesse a ceti superiori (e probabilmente era proprio così, come vedremo), per la stragrande maggioranza erano contadini, e in zone rurali come la Galilea le donne dovevano necessariamente passare gran parte del loro tempo a lavorare a casa; non era molto, se non nullo, il tempo libero per potersi permettere di uscire durante la settimana per andare ad ascoltare un bel sermone.

Non vi è dunque di che stupirsi se la maggior parte dei seguaci di Gesù fossero uomini, poiché era molto più facile che fossero fuori casa anziché Bart D. Ehrman

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chiusi fra quattro mura. Inoltre, è tradizione profondamente radicata e storicamente documentata che i seguaci più vicini a Gesù fossero tutti uomini. Mi riferisco ai dodici discepoli, il cui sesso non si può mettere in seria discussione, provenienti da un gruppo più folto di persone, prevalentemente uomini, prossime a Gesù. Questa era non solo la situazione effettiva in cui si svolgeva il suo ministero pubblico, ma anche la situazione ideale che lui stesso pare avesse previsto. Come abbiamo visto, infatti, in base a uno dei racconti più radicati nell’insegnamento di Gesù, egli attendeva l’arrivo imminente del regno di Dio, in cui Dio avrebbe governato il suo popolo tramite mediatori umani. E chi sarebbero stati questi mediatori umani? Ricordiamo le parole di Gesù conservate per noi dalla fonte Q, parole che i nostri criteri storici giudicano come autentiche: «In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi [discepoli] su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele» (Mt 19, 28; cfr. Lc 22, 30). I futuri governanti del popolo di Dio sarebbero stati tutti uomini.

Le donne nel ministero di Gesù

Questo non significa che le donne fossero assenti dal ministero di Gesù.

Al contrario, benché non compaiano nelle sue storie con la stessa frequenza degli uomini, le troviamo regolarmente, molto più spesso di quanto sia ragionevole aspettarsi, considerando la società patriarcale che nel I secolo limitava le attività pubbliche delle donne. Più di altri maestri, compresi alcuni maestri giudei, Gesù pare abbia avuto a che fare pubblicamente con donne durante il suo ministero. Questo è quanto emerge da un’attenta analisi delle fonti giunte sino a noi applicando i vari criteri storici spiegati nel dettaglio nel capitolo precedente.

Ecco qui di seguito una breve sintesi della documentazione.4 In due delle nostre prime fonti, Marco e L (la fonte principale di Luca), si afferma indipendentemente che Gesù era accompagnato da alcune donne nei suoi viaggi (Mc 15, 40-41; Lc 8, 1-3). Questo racconto trova conferma nel Vangelo di Tommaso (si veda, per esempio, v. 121) e in altri passi in cui vediamo Gesù interagire con donne (per esempio Lc 10, 38-42 e Mt 15, 21-28). Marco e L rivelano inoltre che le donne fornivano a Gesù sostegno finanziario durante il suo ministero, fungendo chiaramente da sue Bart D. Ehrman

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protettrici (Mc 15, 40-41; Lc 8,1-3). In altre parole, dal momento che Gesù non disponeva di alcuna fonte di reddito durante il suo ministero, queste donne, una delle quali si chiama Maria Maddalena, fornivano a lui e ai suoi discepoli il denaro necessario per vivere. Doveva naturalmente trattarsi di donne più ricche, non costrette a rimanere a casa per svolgere le mansioni indispensabili per mandare avanti la famiglia. È possibile che alcune di queste, compresa Maria Maddalena, fossero nubili, ma non tutte lo erano. Una di loro è chiamata «Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di [re] Erode» (Lc 8, 3) e un’altra Susanna, ma, come per Maria, non siamo certi del suo stato civile. Luca ci racconta che ve n’erano

«molte altre che lo assistevano con i loro beni». Tra le donne citate da Marco ve n’è una chiamata Salome e un’altra di nome Maria, definita come

«madre di Giacomo il minore e di Joses». È possibile che questa donna non sia altri che la madre di Gesù, che già in Mc 6, 3 ci dice avere altri due figli chiamati Giacomo e Joses. In ogni modo, è evidente che Gesù durante i suoi viaggi fosse accompagnato non solo dai dodici discepoli uomini, ma anche da donne, alcune delle quali lo aiutavano con i propri mezzi.

Non solo Gesù era accompagnato da donne, ma era anche in diretto contatto con loro durante il suo ministero pubblico. Sia in Marco che in Giovanni vediamo Gesù dialogare e discutere in pubblico con alcune donne esterne alla cerchia dei suoi più stretti seguaci (Gv 4, 1-42; Mc 7, 24-30). Entrambi i vangeli riportano inoltre l’episodio in cui Gesù ebbe un contatto fisico con una donna che lo unse di olio in pubblico (Mc 14, 3-9; Gv 12, 1-8). Nel racconto di Marco si tratta di una donna senza nome che Gesù incontra nella casa di un lebbroso chiamato Simone (questo racconto lo troviamo in forma diversa anche in Luca, che pare averlo avuto da Marco, ma che vi ha apportato alcune modifiche sostanziali; si veda Le 7, 36-50); nel racconto di Giovanni la donna in questione è invece Maria di Befania, sorella di Marta e Lazzaro, che Gesù incontra a casa sua. Pare inoltre che egli abbia aiutato donne bisognose in diverse occasioni (si veda, per esempio, Mt 15, 21-28).

In tutti e quattro i vangeli canonici si afferma che le donne che accompagnarono Gesù dalla Galilea a Gerusalemme durante la sua ultima settimana di vita assistettero alla sua crocifissione (Mt 27, 55; Mc 15, 40-41; Lc 23, 49; Gv 19, 25). I primi racconti in Marco lasciano intendere che loro furono le uniche a rimanere fedeli sino alla fine, quando tutti i discepoli uomini erano fuggiti. Inoltre, da tutti e quattro i vangeli canonici, Bart D. Ehrman

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così come dal Vangelo non canonico di Pietro, emerge chiaramente che le donne seguaci di Gesù furono le prime a credere che il suo corpo non si trovava più nel sepolcro (Mt 28, 1-10; Mc 16, 1-8; Lc 23, 55; 24, 10; Gv 20, 1-2; Vangelo di Pietro 50-57). Questi racconti sono tutti in forte disaccordo riguardo il numero di donne presenti nel sepolcro vuoto: c’era solo Maria Maddalena, come afferma il Vangelo di Giovanni, o vi erano invece altre donne insieme a lei, come suggeriscono gli altri vangeli? E se è così, chi erano queste altre donne? Dipende da quale racconto si legge. In ogni modo, furono loro ad annunciare per prime che Gesù era risorto.

Come alcune studiose di storiografia hanno fatto notare, non si può sottovalutare l’importanza di questo episodio delle donne al sepolcro: senza di loro, molto probabilmente non vi sarebbe stato l’annuncio della risurrezione, e quindi nemmeno il cristianesimo.

Esistono altri interessanti racconti che parlano del contatto di Gesù con le donne, che ricorrono però solo una volta in uno o l’altro dei vangeli, e che pertanto si scontrano con il nostro criterio secondo il quale le storie maggiormente attestate hanno più probabilità di essere vere. Tra questi vi sarebbe il racconto, che troviamo unicamente nel Vangelo di Luca, del memorabile episodio in cui Gesù incoraggia l’amica Maria di Betania che ha scelto di ascoltare il suo insegnamento invece di occuparsi dei doveri domestici «femminili» (Lc 10, 38-42).

Cosa possiamo dire dell’attendibilità contestuale di questi racconti, alla luce del nostro criterio secondo il quale ogni racconto su Gesù deve verosimilmente collocarsi nella Palestina del I secolo per essere accettato come fatto storico? È innegabile che le donne nell’antichità fossero considerate inferiori agli uomini. Vi erano però delle eccezioni: scuole filosofiche greche come gli epicurei e i cinici, per esempio, erano in favore dell’uguaglianza fra uomini e donne. Naturalmente, negli immediati dintorni della Palestina simili scuole non erano numerose, e le poche fonti di cui disponiamo sembrano indicare che in quella zona rurale dell’impero le donne godessero, in linea di massima, di ancora minor libertà di partecipare ad attività sociali fuori casa e lontano dall’autorità di padri e mariti. È dunque plausibile che un maestro giudeo incoraggiasse e promuovesse simili attività?

Non abbiamo prove concrete a confermare che all’epoca di Gesù altri maestri giudei avessero delle seguaci. Sappiamo però che i farisei potevano contare sul sostegno e sulla protezione di potenti donne della Bart D. Ehrman

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corte di re Erode il Grande. Purtroppo, però, le poche fonti di cui disponiamo non dicono molto di quelle appartenenti a classi sociali più modeste, che non godevano di mezzi economici o di una posizione tali da poter essere indipendenti da padri e mariti.

Un altro fattore tuttavia ci induce a ritenere che Gesù avesse delle donne che lo seguivano pubblicamente durante il suo ministero. Mi riferisco alla sua particolare proclamazione dell’avvento del regno di Dio. Se ben ricordate, Gesù dichiarò che Dio sarebbe presto intervenuto nella storia invertendo le sorti degli uomini: i primi sarebbero stati gli ultimi e gli ultimi i primi, i ricchi si sarebbero impoveriti e i poveri arricchiti, i potenti sarebbero diventati umili e gli umili potenti. A corollario del suo messaggio, Gesù si unì agli oppressi e ai reietti della società, per sancire evidentemente che il regno di Dio sarebbe appartenuto a loro. Se le donne erano solitamente disprezzate, perché considerate inferiori dagli uomini che dettavano le regole e guidavano la società, non sembra affatto inverosimile che Gesù avesse liberamente solidarizzato con loro e avesse esercitato su di loro un particolare fascino con la sua proclamazione del regno a venire.

Alcuni studiosi contemporanei hanno avanzato l’ipotesi che Gesù avesse fatto in realtà molto di più, predicando una «società profondamente egualitaria», avviandone cioè una riforma attraverso la creazione di nuove regole che disciplinassero i rapporti sociali, dando vita a una comunità in cui uomini e donne sarebbero stati trattati come assoluti pari.5 In questo caso, però, ci stiamo forse spingendo un po’ troppo oltre e probabilmente nella direzione sbagliata, poiché vi sono pochi indizi che lasciano pensare che Gesù fosse interessato a promuovere con forza una riforma sociale in quel periodo così infausto. Egli riteneva che la società attuale e tutte le sue convenzioni avrebbero presto subito un brusco arresto, non appena il Figlio dell’uomo fosse arrivato dal paradiso ergendosi a giudice della terra.

Lungi dal trasformare la società dall’interno, Gesù stava preparando la sua gente alla distruzione della società stessa. Solo con l’avvento del regno di Dio sarebbe comparso un ordine completamente nuovo, in cui la pace, l’uguaglianza e la giustizia avrebbero regnato sovrane. L’avvento di questo regno, però, non doveva passare attraverso l’attuazione di nuovi programmi di riforma sociale, ma attraverso un giudizio universale, nel quale il Figlio dell’uomo avrebbe sovvertito le forze malvagie e tiranniche di questo mondo.

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In questo senso (e tengo a sottolineare, solo in questo senso), anche se Gesù non avesse incoraggiato una rivoluzione sociale a quei tempi, il suo messaggio aveva senza dubbio una portata profondamente rivoluzionaria e non è escluso che abbia esortato i suoi seguaci a mettere in atto tali propositi nel presente (il che spiegherebbe la sua solidarietà verso le donne). In ogni modo, è del tutto comprensibile che alcune persone trovassero il suo messaggio più affascinante di altre, specialmente quelle che si consideravano oppresse e calpestate e che sarebbero state ricompensate nell’era a venire. Se tra queste persone vi erano delle donne, considerando la struttura patriarcale della società di allora, non vi è da stupirsi che fossero attratte dal messaggio apocalittico di Gesù e dalla speranza di vita che esso offriva nel regno a venire.

Gesù era sposato?

Possiamo ora dedicarci alla spinosa questione del presunto matrimonio di Gesù. Nel Codice da Vinci non vi sono dubbi a riguardo, se si leggono le parole di Robert Langdon e Leigh Teabing che discutono del suo stato civile. Teabing a un certo punto dice a Sophie Neveu:

«Gesù come uomo sposato ha infinitamente più senso che come scapolo.»

«Perché?» chiese Sophie.

«Perché Gesù era ebreo» rispose Langdon. … «Secondo i costumi ebraici, il celibato era condannato e ogni padre aveva l’obbligo di trovare per il figlio una moglie adatta. Se Gesù non fosse stato sposato, almeno uno dei vangeli della Bibbia avrebbe accennato alla cosa e avrebbe fornito una spiegazione di quella innaturale condizione di celibato.» (p. 288)

Anche qui, tuttavia, ho l’impressione che ci troviamo più nell’ambito della letteratura sensazionalistica che in quello della realtà storica. Mi occuperò fra un istante dell’affermazione generale secondo cui gli ebrei erano sempre sposati e il celibato era «condannato». Prima, però, vediamo cos’hanno detto gli storici a proposito dello stato civile di Gesù.

È vero che alcuni studiosi di storia (contrapposti ai romanzieri o ai

«ricercatori indipendenti») hanno riconosciuto la possibilità che Gesù Bart D. Ehrman

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fosse sposato,6 ma la stragrande maggioranza degli studiosi del Vecchio Testamento e del primo cristianesimo sono giunti alla conclusione opposta.

E questo per una serie di convincenti ragioni.

Il fatto più significativo, che non può quindi essere ignorato o sottovalutato, è che in nessuna delle nostre prime fonti cristiane vi è alcun accenno al matrimonio di Gesù o a sua moglie. E non mi riferisco solo ai Vangeli canonici di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, ma anche a tutti gli altri vangeli e a tutti i primi testi cristiani messi assieme. Non viene fatta alcuna allusione a Gesù come uomo sposato negli scritti di Paolo, nel Vangelo di Pietro, nel Vangelo di Filippo, in quello di Maria, in quello dei Nazareni, degli Egiziani, degli Ebioniti, né in altri testi. Prendete tutte le fonti antiche che abbiamo sulla storia di Gesù e vedrete che in nessuna vi è alcun riferimento al suo matrimonio.

E pensate a tutte le occasioni in cui gli autori di questi libri, se davvero Gesù fosse stato sposato, avrebbero potuto menzionare il suo matrimonio o sua moglie. Nei loro testi viene citata sua madre, così come il «padre»

Giuseppe, i fratelli e le sorelle. Perché non citare anche la moglie? Si fa accenno ai suoi discepoli e agli altri seguaci, comprese alcune donne, ma di una moglie nemmeno una parola. Inoltre, vengono citate di tanto in tanto anche le consorti dei suoi seguaci e vi è un passo in cui si fa riferimento alle mogli degli apostoli e a quelle dei fratelli terreni di Gesù (1 Cor 9, 5). Perché non alla sua? (Che non si tratti solo di una mancata conoscenza del fatto sarà più chiaro fra un istante.) Riferendoci più nello specifico a Maria Maddalena, se Gesù fosse davvero stato sposato con lei, perché non vi sarebbe alcuna allusione a questo matrimonio? Perché Maria non viene identificata come speciale in nessuno dei vangeli canonici? E come si spiega che, salvo in Luca 8, 1-3, dov’è chiamata per nome insieme a diverse altre donne (tra cui Giovanna e Susanna), a lei non venga fatto alcun accenno durante il ministero di Gesù, tanto meno come qualcuno che avesse con lui un rapporto speciale? Perché non compare in nessuna delle storie su Gesù in questi vangeli? E anche nei vangeli in cui viene vista come una donna speciale, per esempio il Vangelo di Maria, perché è descritta come qualcuno a cui Gesù fece un’importante rivelazione, invece che come la donna alla quale era sposato?

Particolare ancora più significativo: perché è chiamata Maria Maddalena? Gli studiosi concordano ampiamente nel dire che venisse chiamata così per distinguerla dalle altre Marie che compaiono nel Nuovo Bart D. Ehrman

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Testamento, tra cui la madre di Gesù e Maria di Betania, sorella di Marta e Lazzaro. Il nome Maddalena indica il suo luogo di origine, la cittadina di Magdala, un villaggio di pescatori sulle sponde del Mar di Galilea. Ma se si voleva distinguerla dalle altre Marie, perché non dire che lei era quella con cui Gesù era sposato, invece di indicare il suo luogo di origine? Per giunta, se erano davvero sposati, com’è possibile che Gesù non lasci mai la città natale prima del suo ministero pubblico, mentre questa donna proviene in realtà da un altro villaggio, Magdala e non Nazaret?

Si tratta di difficoltà imponderabili per la maggior parte degli studiosi che si occupano del presunto matrimonio di Gesù, in particolare con Maria Maddalena. Questa donna non compare infatti con frequenza in nessuno dei primi racconti su di lui, salvo alla fine, quando insieme ad altre va a ungere il suo corpo per la sepoltura. E come ho già sottolineato, nemmeno i vangeli successivi, per esempio il Vangelo di Filippo, indicano che fossero sposati (di questi vangeli ci occuperemo più approfonditamente nel prossimo capitolo).

Ma allora come si spiega il fatto che Gesù non fosse sposato? Ha ragione Robert Langdon a sostenere che gli ebrei avevano l’obbligo di sposarsi e che il celibato era «condannato»?

Purtroppo, anche questa affermazione non è altro che il frutto della finzione letteraria del Codice da Vinci, poiché non rispecchia in alcun modo la realtà storica (o forse si basa su una lettura tendenziosa di fonti ebraiche di molto successive). Sappiamo infatti di ebrei vissuti nello stesso luogo e alla stessa epoca di Gesù che non erano affatto sposati e che chiaramente non erano «condannati» per questo. E l’aspetto più interessante è che questi esempi di uomini celibi e casti li possiamo trovare negli stessi circoli ideologici di Gesù, tra gli apocalittici ebraici del I secolo i quali pensavano che presto il mondo in cui vivevano sarebbe improvvisamente finito, non appena Dio fosse intervenuto nella storia per sovvertire le forze del male e portare il suo regno del bene.

Come già abbiamo visto, sappiamo in particolare di un gruppo di apocalittici ebrei vissuti a quel tempo e in quel luogo. Si tratta degli Esseni, la comunità che produsse i Rotoli del Mar Morto. Antiche testimonianze sugli Esseni rivelano che la stragrande maggioranza di loro erano uomini celibi e casti. Questo è quanto affermano le fonti ebraiche dell’epoca, come il filosofo del I secolo Filone che dichiara che «nessun Esseno prende moglie», oppure lo storico Giuseppe Flavio, il quale rivela Bart D. Ehrman

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che gli Esseni evitavano il matrimonio; d’altro canto, questa visione è confermata anche da fonti non ebraiche, come gli scritti del sapiente romano Plinio il Vecchio, dove si legge che gli Esseni ripudiavano il sesso e vivevano «senza alcuna donna».7

Benché gli studiosi oggi escludano che anche Gesù appartenesse alla comunità degli Esseni, la sua visione apocalittica del mondo è però straordinariamente simile alla loro. Non vi è dunque da meravigliarsi se anche lui scelse il celibato, e i suoi stessi insegnamenti ci inducono a ritenere che l’avesse fatto. Nei primi racconti dei vangeli a un certo punto Gesù viene affrontato da un gruppo di capi ebraici chiamati Sadducei, che non credevano in un’altra vita nel regno a venire ma sostenevano che la morte causasse un annichilimento totale. Gesù cerca di convincerli che si sbagliano, che con l’arrivo del regno ci sarà vita eterna per i vivi e anche per i morti. Ma questa vita, egli afferma, si differenzierà per almeno un importante aspetto dalla vita attuale, poiché nell’era a venire gli uomini e le donne «non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli» (Mc 12, 25).

Ma questa esistenza dopo la risurrezione cos’ha a che fare con la vita presente? Non è forse solo una semplice descrizione di come saranno le cose nel regno futuro? Occorre sottolineare che buona parte dell’annuncio di Gesù insisteva sulla necessità di iniziare a mettere in atto in questo mondo gli ideali del regno a venire. Gli uomini e le donne dovevano amarsi adesso, perché poi non vi sarebbe più stato odio; dovevano impegnarsi adesso ad alleviare la sofferenza, perché poi non ve ne sarebbe più stata; dovevano dar da mangiare adesso agli affamati, perché poi non vi sarebbe più stata fame; dovevano lavorare per la pace adesso, perché poi non vi sarebbe più stata guerra; dovevano opporsi adesso al male (scacciando i demoni, per esempio), perché poi le forze del male non vi sarebbero più state; dovevano guarire gli infermi adesso, perché poi non vi sarebbe più stata malattia. Ecco perché Gesù vedeva il regno di Dio come un «granellino di senapa», piccolissimo quando viene seminato, ma che, una volta raggiunto il massimo della crescita, si trasforma in un’enorme pianta (si veda Mc 4, 30-32). Lo stesso vale per il regno di Dio, il cui avvio è lento e poco promettente, mentre gli uomini e le donne iniziano a mettere in atto i suoi principi nelle loro vite; ma una volta che il Figlio dell’uomo arriverà a giudicare la terra per sovvertire le forze del male e portare il regno di Dio, da quell’inizio stentato si otterrà un enorme Bart D. Ehrman

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risultato, via via che il potere del regno si farà sempre più evidente.

Gesù credeva che gli ideali del regno di Dio si dovessero attuare nel presente e che nel regno non sarebbero esistiti né il matrimonio né i rapporti sessuali. Questo è evidentemente quanto credevano anche gli Esseni, che condividevano la sua visione apocalittica, e che misero in pratica questo ideale rimanendo celibi e casti. È pertanto del tutto plausibile, anzi probabile, che Gesù abbia fatto lo stesso.

Ulteriori prove ci vengono fornite dagli scritti dei seguaci di Gesù successivi alla sua morte. Il primo autore cristiano che abbiamo è l’apostolo Paolo, che non era uno dei dodici discepoli bensì il capo di un movimento fondato in nome del maestro dopo la sua morte. Come Gesù, e gli Esseni prima di lui, anche Paolo all’inizio era un apocalittico ebraico, e una volta convertitosi alla fede in Cristo non abbandonò la sua visione apocalittica del mondo ma la trasformò, convinto che la fine dei tempi fosse già cominciata con la morte e la risurrezione di Gesù. Paolo credeva che lui stesso sarebbe stato ancora in vita quando Gesù fosse tornato dal paradiso per giudicare la terra e portare il regno di Dio (si veda 1 Ts 4, 13-18 e 1 Cor 15, 50-57): in altre parole, era un apocalittico cristiano.

E cosa pensava del matrimonio? La sua visione pare fosse straordinariamente simile a quella di Gesù stesso, ovvero che alla luce dell’imminente fine, ci si dovesse dedicare completamente alla venuta del regno piuttosto che al matrimonio e ai rapporti sessuali. Parlando di questi due argomenti ai suoi fratelli cristiani nella città di Corinto, Paolo dichiara:

«Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io» (1 Cor 7, 8). E perché mai? Secondo Paolo «a causa della presente necessità» (1 Cor 7, 26), ovvero la fine imminente di ogni cosa.

Così chi era sposato non doveva cercare di separarsi e chi non lo era non doveva cercare di sposarsi (7, 27). Tutti dovevano invece impegnarsi a convertire gli altri alla fede in Gesù, prepararli alla futura distruzione dell’attuale ordine sociale e all’apparizione del regno di Dio, in cui, secondo Gesù, «non si prende né moglie né marito».

In considerazione del suo messaggio apocalittico, non vi è dunque nulla di che stupirsi se Gesù rimase celibe e casto. Questo era esplicitamente l’atteggiamento adottato da chi condivideva la sua visione apocalittica: gli Esseni durante la sua vita e il seguace Paolo dopo la sua morte. Dal momento che non vi è nulla che testimoni il matrimonio di Gesù, tanto meno con Maria Maddalena, sembra piuttosto evidente che Gesù Bart D. Ehrman

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l’apocalittico rimase celibe.

Gesù e Maria Maddalena

Alla luce del fatto che Gesù rimase probabilmente celibe e casto, cosa possiamo dire del suo rapporto con Maria Maddalena? Su questa relazione si è costruito molto nel corso degli anni, non solo in romanzi come Il Codice da Vinci e in opere sensazionalistiche come Il Santo Graal, ma anche in film come L’ultima tentazione di Cristo di Scorsese (a sua volta tratto dal romanzo di Kazantzakis), dove vediamo Gesù sposare Maria Maddalena, una prostituta, e avere con lei normali rapporti sessuali.

Questa visione secondo cui Gesù aveva un rapporto particolarmente stretto con Maria affonda le sue antiche radici in alcune fonti del II e III secolo, come il Vangelo di Filippo e quello di Maria, che ho già citato e di cui mi occuperò più diffusamente nel prossimo capitolo (anche se è bene sottolineare che nemmeno in queste fonti si afferma che Gesù fosse sposato con Maria o che avesse rapporti sessuali con lei). Ma ciò che mi interessa qui è la situazione storica che emerge non da questi resoconti leggendari di epoca successiva, ma dalle primissime fonti giunte sino a noi. Cosa ci raccontano di Maria Maddalena?

Come ho già rivelato, Maria non compare in realtà con grande frequenza nei racconti dei vangeli su Gesù: il suo nome è citato solo tredici volte nei vangeli del Nuovo Testamento (rispetto, per esempio, alle novanta in cui ricorre il nome di Pietro) e spesso in passi analoghi (per esempio dove sia Matteo che Marco dicono la stessa cosa su di lei in una storia che il primo prese a prestito dal secondo). Se cerchiamo storie presenti indipendentemente in più di ; una fonte, partendo dal presupposto che quelle maggiormente attestate hanno più probabilità di essere vere, possiamo affermare una serie di cose su Maria. Il nome Maddalena, come ho già spiegato, è usato per distinguerla da altre Marie, compresa la madre di Gesù e la sua conoscente Maria di Befania, sorella di Marta. In due diversi resoconti si afferma che Maria accompagnò Gesù nei suoi viaggi in Galilea (Mc 15, 41; Lc 8, 1-3) e che gli fornì personalmente sostegno economico durante il suo ministero itinerante, così come altre donne, alcune delle quali senza nome. I primi tre Vangeli, Matteo, Marco e Luca, rivelano tutti che Maria, insieme ad altre donne, andò con Gesù a Gerusalemme durante la sua ultima settimana di vita e lo vide crocifisso e Bart D. Ehrman

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sepolto (Mt 27, 56-61; Mc 15, 40-47; Lc 23, 55). Inoltre, tutti e quattro i vangeli canonici, così come il Vangelo di Pietro, rivelano che fu lei a scoprire il sepolcro vuoto di Gesù e ad apprendere da un uomo, da un angelo o da due angeli lì presenti (a seconda di quale racconto si legga), che era risorto. Nel Vangelo di Giovanni, Maria è sola quando apprende la notizia, mentre negli altri è in compagnia di altre donne, alcune delle quali sono talvolta chiamate per nome. Maria e le altre assistono quindi alla scena del sepolcro vuoto e sono pertanto le prime testimoni oculari della risurrezione. In alcuni resoconti Gesù appare in realtà prima a lei che ai discepoli dopo la risurrezione.

E questo, purtroppo, è tutto quello che possiamo trovare su Maria in racconti ripetutamente attestati. È naturale desiderare di avere maggiori informazioni, e per questo vi è sempre la tentazione di inventarne quando non se ne ha nessuna (Gesù l’ha sposata! Aveva rapporti sessuali con lei!

Avevano un figlio!). Ma gli storici devono basarsi sulle prove esistenti e non possono inventarsene quando non ne esiste nessuna. Non vi è nulla che testimoni l’appartenenza di Maria alla «Tribù di Beniamino», come dichiara Leigh Teabing, e anche se così fosse, ciò non significa necessariamente che avesse sangue reale: molte persone venivano dalla Tribù di Beniamino, compreso l’apostolo Paolo (si veda Fil 3, 5). Inoltre, nulla lascia intendere che Gesù avesse affidato a lei la missione della sua Chiesa (nemmeno il Vangelo di Maria afferma una cosa simile), che l’avesse sposata, che avesse rapporti sessuali con lei o che Maria fosse mai andata in Francia.

Vi sono altri riferimenti a Maria Maddalena che compaiono in un’unica fonte: Luca, per esempio, è il solo ad affermare che Gesù avesse scacciato

«sette demoni» da lei. Purtroppo, supponendo che Luca abbia ragione, non conosciamo la natura della sua possessione demoniaca. L’idea che questi demoni la inducessero alla prostituzione è un po’ azzardata; per lo più i demoni nei vangeli impediscono alle persone di parlare, causano loro malattie o cercano di far loro del male spingendole nel fuoco o nei laghi.

Per giunta, nulla in questi riferimenti, compreso quello in Luca, indica che Maria fosse davvero una prostituta. Tale idea si fece largo cinquecento anni dopo che queste fonti furono scritte, quando papa Gregorio il Grande tenne un sermone in cui affermava che Maria Maddalena non era altri che la peccatrice citata in Luca 7, 36-50. Ma oggi gli studiosi dei vangeli non ritengono plausibile questa identificazione. In Luca 7 si racconta di Gesù Bart D. Ehrman

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che viene cosparso d’olio da una donna senza nome, e questa è una storia che l’evangelista ha preso a prestito da Marco e ha poi vivacizzato per i suoi lettori. In Marco la donna non è identificata come Maria Maddalena e non viene nemmeno definita come donna di dubbia reputazione; ma anche in Luca la donna non sembra essere Maria Maddalena, poiché quest’ultima è citata nella storia immediatamente successiva, in cui egli la presenta come se comparisse per la prima volta (Lc 8, 2). È interessante notare come il Vangelo di Giovanni contenga una storia analoga sull’unzione di Gesù, che non si svolge però in Galilea, come in Luca, ma in Befania di Giudea. Come ho già sottolineato, tuttavia, nel Vangelo di Giovanni è Maria di Befania e non una donna senza nome, o Maria Maddalena, a occuparsi dell’unzione, e lo fa a casa propria e non, come in Luca, a casa di un uomo chiamato Simone, il fariseo. In ogni modo, Maria di Befania e Maria Maddalena provengono da città diverse e non possono quindi essere identificate come la stessa persona.

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