Introduzione
Il Codice da Vinci di Dan Brown è stato un tale successo editoriale che tutti i suoi rivali, a quanto si può ricordare, al confronto impallidiscono.
Nel momento in cui ho scritto queste pagine (14 giugno 2004) il libro era sulla lista dei best seller del «New York Times» da sessantatré settimane ed è ancora il numero uno. Nel corso di quest’anno ha venduto un numero astronomico di copie: centomila alla settimana, secondo il «Publishers Weekly» del 9 febbraio 2004, e con l’uscita della versione paperback c’è da aspettarsi un’altra valanga di vendite, che si aggiungeranno ai milioni di copie della versione cartonata già stampata.
Come molti altri, ho saputo del Codice da Vinci attraverso il passaparola. Avevo appena finito di scrivere per la Oxford University Press un libro intitolato Lost Christianities: The Battles for Scripture and the Faiths We Never Knew (Cristianesimi perduti: le battaglie per le scritture e le fedi che non abbiamo mai conosciuto). Il volume tratta delle prime forme di cristianesimo che «non ce l’hanno fatta», dei credi e delle pratiche che a poco a poco furono isolati, dichiarati fuori legge e distrutti dai leader della Chiesa primitiva nell’intento di imporre l’ortodossia religiosa. Il saggio contiene analisi dettagliate di alcuni libri eretici e non canonici che i padri della Chiesa avevano messo al bando: si tratta di vangeli, lettere e apocalissi usati dai vari gruppi cristiani come testi sacri, ma in contrasto con il pensiero delle autorità che alla fine decisero quali scartare e quali includere nel canone delle Scritture. Una volta esclusi, i libri andarono perduti e la maggior parte lo sono a tutt’oggi, con Bart D. Ehrman
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l’eccezione di qualcuno recuperato grazie a straordinarie scoperte archeologiche nell’Otto e Novecento.
Oltre a Lost Christianities, ho pubblicato una raccolta dei cosiddetti libri eretici pervenuti sino a noi, in un volume intitolato Lost Scriptures: Books That Did Not Make It into the New Testament (Scritture perdute: i libri esclusi dal Nuovo Testamento), sempre per conto della Oxford University Press. I miei testi non erano destinati agli esperti in materia, ma piuttosto a un pubblico di non addetti ai lavori.
Naturalmente, quando ho sentito parlare del Codice da Vinci la mia curiosità è salita alle stelle: mi trovavo di fronte a una moderna opera di narrativa - un thriller, con trame e sottotrame complesse, cospirazioni, verità svelate - basato, almeno in parte, su problematiche legate al credo dei primi cristiani, ai vangeli perduti e al ritratto che facevano di Gesù. Ma nel romanzo i vangeli perduti non forniscono una visione eretica del Cristo, quanto piuttosto la verità storica, soprattutto in merito al suo matrimonio con Maria Maddalena e alla figlia che ne sarebbe nata, capostipite di una santa discendenza tuttora esistente.
Sapevo che il libro è un’opera di fantasia, certo, ma procedendo nella lettura (anch’io, come molti altri, l’ho letto d’un fiato) ho cominciato a capire che i personaggi di Dan Brown facevano affermazioni storiche su Gesù, Maria e i vangeli. In altre parole, la narrazione era costruita su una base che il lettore doveva accettare non come finzione ma come realtà.
Ma al pari di altri studiosi che hanno dedicato la vita all’analisi delle antiche fonti su Gesù e sui primi cristiani, mi sono accorto subito di alcuni problemi sollevati dalle affermazioni storiche presenti nel libro. Molti errori non solo erano palesi per l’esperto, ma non erano nemmeno necessari alla trama. Se l’autore avesse fatto qualche ricerca in più, sarebbe stato in grado di costruire con precisione le premesse storiche del suo racconto senza comprometterlo in alcun modo. Nulla gli avrebbe impedito di presentare i fatti così come sono.
Poiché il Codice da Vinci vendeva già moltissimo quando uscì il mio Lost Christianities, la mia press agent della Oxford University Press, Tara Kennedy, e il mio editor e amico di sempre Robert Miller mi suggerirono di stilare un elenco dei problemi sollevati dal romanzo, che avrebbero passato alla sezione commerciale per saggiarne l’interesse. Misi insieme qualcosa in fretta e furia, basandomi unicamente su quanto letto nel romanzo di Dan Brown. In seguito questa breve lista comparve su Internet; Bart D. Ehrman
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poi fu pubblicata (con la mia benedizione ma senza revisione editoriale) in uno dei libri usciti di recente sul Codice da Vinci, curato da Dan Burstein e intitolato 1 segreti del Codice: le verità dietro Il Codice da Vinci. * [*Trad.
it., Milano, Sperling & Kupfer, 2004.]. Burstein è un giornalista freelance che ha raccolto le interessanti opinioni di esperti e non su svariati argomenti: dalla storia della Chiesa primitiva (il mio settore) a Leonardo da Vinci e alle società segrete dei cattolici romani. Riporto qui di seguito la lista dei dieci problemi storici che avevo individuato per il mio editore, nella stessa forma in cui gliel’avevo consegnata: ALCUNI ERRORI FATTUALI NEL CODICE DA VINCI
1. La vita di Gesù certamente non è stata «scritta da migliaia di suoi seguaci in tutte le terre». Gesù non aveva migliaia di seguaci e men che meno alfabetizzati (p. 272).
2. Non è vero, ed è improprio, dire che «più di ottanta vangeli sono stati presi in considerazione per il Nuovo Testamento» (p.
272).
3. Non è assolutamente vero che prima del concilio di Nicea Gesù non era considerato divino bensì un «profeta mortale» (p.
273). La maggioranza dei cristiani, fin dall’inizio del IV secolo, ne riconosceva la divinità. (Alcuni pensavano che fosse divino al punto da non essere affatto umano!) 4. Costantino non commissionò una «nuova Bibbia» che omettesse i riferimenti ai tratti umani di Gesù (p. 275). Anzitutto non ne commissionò affatto una nuova, e inoltre, i libri che vi furono inclusi sono fitti di riferimenti ai tratti umani di Cristo (è affamato, stanco, si arrabbia; è turbato; sanguina, muore…).,
5. I Rotoli del Mar Morto non furono «trovati negli anni Cinquanta» (p. 275). Era il 1947. E i documenti di Nag Hammadi non raccontano per nulla la storia del Graal, né sottolineano l’umanità di Gesù. Semmai il contrario.
6. Il «costume dell’epoca» non imponeva «a un ebreo di essere sposato» (p. 288). Infatti i membri della comunità dei Rotoli del Mar Morto erano in gran parte maschi celibi.
7.1 Rotoli del Mar Morto non sono tra «i più antichi documenti cristiani» (p. 288). Sono ebraici e di cristiano non hanno nulla.
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8. Non sappiamo niente della discendenza di Maria Maddalena e niente la collega alla «Casa di Beniamino». Se anche ne avesse fatto parte, ciò non farebbe di lei una discendente di Davide (p.
291).
9. Non c’è nessun dato a confermare che Maria Maddalena era incinta all’epoca della crocifissione (p. 298).
10. Il documento Q non è una fonte pervenuta fino a noi e nascosta dal Vaticano, né un libro forse scritto dallo stesso Gesù.
È un ipotetico documento che per gli studiosi potrebbe essere stato a disposizione di Matteo e di Luca: sarebbe sostanzialmente una raccolta dei detti di Gesù. Gli studiosi cattolici ne hanno la stessa opinione dei non cattolici; non esistono segreti in merito (p.
300).
Oltre ad aver compilato questa breve lista, fui intervistato da Dan Burstein per il suo libro, in qualità di esperto.
E pensavo che sarebbe finita lì.
Ma Robert Miller, il mio editor della Oxford, era sempre più convinto che i libri che avevano cominciato a uscire sul Codice da Vinci presentassero tutti qualche grave lacuna. Alcuni, come quello di Burstein, sono compilazioni a opera di persone interessate all’argomento ma non esperte; altri (un numero notevole) sono scritti da religiosi che vogliono
«mettere i puntini sulle i» nel caso qualcuno dei loro correligionari (forse evangelici?) venga fuorviato dalle affermazioni del libro. Le reazioni di questo tipo lasciano il tempo che trovano. Mancava però la risposta di un vero esperto del settore e Miller mi convinse della necessità di pubblicare quella di uno storico.
La ragione per cui ho accettato non sta solo nel mio interesse per quel romanzo (ci sono tanti libri che mi piacciono e non ho intenzione di scrivere una risposta a tutti quanti) o nella preoccupazione per l’impatto che potrebbe avere sulle convinzioni religiose di altri; il motivo è decisamente più prosaico. So bene che molti imparano la storia dai romanzi e dai film. Proprio mentre il Codice da Vinci dava il meglio di sé in libreria, per esempio, debuttava il film di Mel Gibson La Passione di Cristo. È stato un successo assoluto, apprezzato soprattutto dalle persone interessate alla storia di Gesù che non sapevano con esattezza che cosa ne raccontano i vangeli. Come penseranno, per il resto della loro vita, alle Bart D. Ehrman
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ultime ore di Gesù? Ci penseranno alla luce di quello che hanno visto rappresentato sul grande schermo. Mel Gibson, molto più di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, influenzerà il modo in cui la gente penserà alla morte di Gesù, per almeno una generazione.
La capacità di registi e scrittori di condizionare i sentimenti e modificare le opinioni del pubblico non è di per sé né buona né cattiva; è semplicemente una realtà dei nostri tempi. Ma se le immagini che creano per gli spettatori o per i lettori sono erronee, i fatti saranno per forza travisati e la finzione si sostituirà alla storia. Forse non sarà un grosso problema, ma a quelli di noi che dedicano la vita allo studio della storia, la cosa dà un po’ sui nervi.
E così ho deciso di scrivere una risposta al romanzo di Dan Brown che non avesse a che fare con la natura del suo racconto (come thriller mi è piaciuto molto), ma con le sue teorie su Gesù, Maria Maddalena, Costantino il Grande e sulla formazione del canone delle Scritture, tutti argomenti su cui si fonda la narrazione che Brown ha creato per noi.
Comincerò con una breve sinossi del romanzo per rinfrescare la memoria di chi lo ha già letto (do per scontato che chiunque sia interessato a questo libro conosca già quello di Dan Brown).
« Il Codice da Vinci» : breve sinossi
Il Codice da Vinci ha una trama complessa e intricata, che qui illustrerò solo in breve. A Parigi, il famoso curatore del Louvre Jacques Saunière è vittima di un misterioso omicidio. A causa dei singolari simboli religiosi ritrovati sulla scena del delitto, e tracciati da Saunière prima di morire, viene chiamato a investigare un esperto di simbologia religiosa dell’università di Harvard, Robert Langdon, che si trova a Parigi per tenere una conferenza. A lui si aggiunge una crittologa che lavora per la polizia giudiziaria, Sophie Neveu. Coincidenza vuole che la donna sia la nipote della vittima, di cui, però, non aveva più notizie da ormai dieci anni.
Durante le indagini, Langdon e Neveu scoprono che Saunière era a capo di una setta religiosa segreta conosciuta come il Priorato di Sion, custode del segreto sulla vera natura del santo Graal e sul luogo dove è nascosto.
Per una serie di circostanze singolari, e sulla scia delle tracce lasciate da Saunière, Langdon e Neveu iniziano una ricerca, con l’obiettivo di trovare il misterioso e tanto agognato santo Graal. Ma sulle tracce dell’oggetto del Bart D. Ehrman
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desiderio ci sono anche gli assassini di Saunière, che hanno ucciso l’uomo tentando di scoprirne il nascondiglio. Queste figure misteriose si sono servite di alcuni membri dell’Opus Dei, l’ordine cattolico radicale, per arrivare al luogo in cui è conservato il santo Graal.
Nel corso della vicenda Langdon e Neveu incontrano Sir Leigh Teabing, un ricco aristocratico esperto del Graal, che discute con loro i misteri legati al contesto storico. In realtà il Graal non è il calice di Cristo, ma una persona: si tratta di Maria Maddalena, moglie e amante di Gesù, che rimase incinta e gli diede una figlia. Dopo la crocifissione, la donna si rifugiò in Francia e lì la discendenza divina di Cristo continuò nei secoli.
L’esistenza di alcuni discendenti di Cristo era documentata da testi segreti che celebravano il principio del femminino sacro nella Chiesa delle origini: fra questi, numerosi vangeli primitivi che furono eliminati dalle autorità cristiane, soprattutto dall’imperatore Costantino, nel IV secolo dopo Cristo. Nel selezionare i testi da includere nel Nuovo Testamento Costantino ne fece distruggere oltre ottanta, elevò Gesù da semplice mortale a Figlio di Dio e impose il totale silenzio sulla tradizione legata a Maria Maddalena e al femminino sacro, demonizzandolo all’interno della cristianità e distruggendone la vera natura celebrativa della divinità femminile.
Ma da secoli il Priorato di Sion conosce la verità su Gesù e Maria Maddalena e si riunisce in segreto per celebrare la loro sacra unione e per venerare il femminino sacro. Questa setta, di cui Jacques Saunière è stato l’ultimo capo in ordine di tempo, protegge la tomba di Maria Maddalena e centinaia di documenti che fanno luce sulla verità.
Altri famosi personaggi avevano guidato il Priorato di Sion e celebrato il matrimonio tra Gesù e Maria Maddalena. Tra questi spicca il nome di Leonardo da Vinci, che ritrasse la donna nel suo celebre dipinto dell’Ultima cena e che in molte altre opere accennò alla vera natura di quella relazione, così che chiunque ne fosse stato a conoscenza si sarebbe rallegrato nel vederla ogni volta riaffermata.
Con l’aiuto di Sir Leigh Teabing, a poco a poco Langdon e Neveu risolvono il mistero che avvolge il Graal e i documenti segreti che rivelano il suo vero potere. Seguendo un intricato labirinto di crittogrammi, che li conducono da un luogo all’altro, arrivano alla verità sul Graal e al luogo dov’è tenuto nascosto.
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