Il contenuto della raccolta

Si può dire che questi antichi libri rappresentino la più significativa raccolta di scritti cristiani perduti rinvenuti nell’epoca moderna: in totale quarantasei trattati, la maggior parte dei quali ci erano del tutto sconosciuti.6 Fanno parte del ritrovamento molti vangeli di Gesù che nessuno studioso occidentale aveva mai avuto occasione di leggere e libri della cui esistenza nell’antichità si aveva notizia ma che erano andati perduti mille e cinquecento anni fa, tra cui i vangeli scritti da figure come il discepolo Filippo (che Leigh Teabing cita quando parla dell’importanza di Maria Maddalena), speculazioni mistiche sull’inizio del regno divino e sulla creazione del mondo, riflessioni metafisiche sul significato dell’esistenza e sulla gloria della salvezza, esposizioni di importanti dottrine religiose e attacchi polemici ad altri cristiani per la loro ostinazione nell’eresia.

I documenti sono scritti in copto, un’antica lingua egiziana. Ma ci sono valide ragioni per ritenere che gli originali fossero in greco. I libri, rilegati in cuoio, furono prodotti nella seconda metà del IV secolo: lo si deduce dalla costa delle legature, rafforzata da frammenti di carta, alcuni dei quali provengono da ricevute datate 341, 346 e 348 d.C Quindi i libri devono essere posteriori alla data del 348 d.C.

Bart D. Ehrman

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2004 - La verità sul Codice da Vinci

La datazione dei libri, ovviamente, non coincide con quella dei documenti che vi sono contenuti, nella stessa misura in cui la Bibbia che tengo sulla scrivania è stata pubblicata nel 1998 ma contiene documenti che risalgono a diciannove secoli prima. Lo stesso vale per i testi di Nag Hammadi: furono scritti ben prima della fine del IV secolo, a cui invece risalgono i libri rinvenuti. Molti esistevano già nel II secolo dopo Cristo, se non prima.

Non sappiamo con esattezza da chi furono scritti né perché furono nascosti ai piedi della parete rocciosa di Jabal al-Tarif, proprio sopra l’ansa del Nilo a nord di Luxor. È significativo che, ad appena quattro chilometri e mezzo, si trovi il monastero cristiano fondato nel IV secolo dal famoso monaco San Pacomio. Gli studiosi ritengono che i libri possano provenire dalla biblioteca del monastero, teoria suffragata dalle scritte leggibili sui frammenti di carta della legatura. Ma perché i monaci si sarebbero disfatti dei libri?

Come vedremo nel dettaglio in uno dei prossimi capitoli, la fine del IV

secolo fu un momento significativo nella storia della formazione del canone neotestamentario. Fu nel 367 d.C. che il potente vescovo di Alessandria, Atanasio (che abbiamo già conosciuto nel capitolo precedente) scrisse una lettera alle chiese egiziane sottoposte alla sua giurisdizione, in cui delineava in termini molto severi i confini canonici delle Scritture.7 È questa la prima occasione a noi nota in cui qualcuno abbia decretato che i ventisette libri oggi facenti parte del canone, e non uno di più, dovessero essere considerati Scritture. Inoltre Atanasio raccomandò di non leggere altri libri definiti «eretici». È possibile che i monaci del monastero pacomiano vicino a Nag Hammadi si sentissero sotto pressione e avessero epurato la loro biblioteca per conformarsi ai dettami del potente vescovo di Alessandria? In tal caso, perché non bruciarono i libri, invece di seppellirli? È possibile che i monaci avessero a cuore quei libri e perciò avessero deciso di nasconderli in un luogo sicuro, in attesa che la situazione mutasse e si potesse riportarli nella biblioteca dei testi sacri a beneficio dei posteri? Non lo sapremo mai.

La biblioteca di Nag Hammadi e lo gnosticismo nel

La Verità Sul Codice Da Vinci
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