8
Quando il camioncino arrivò a Rocky Beach nel cortile degli Jones, Pete balzò fuori.
– Devo scappare a casa – disse. – Mi sono ricordato che oggi è il compleanno di mio padre e mamma ha preparato una cena speciale. Sarò di ritorno presto.
– Cerca di essere qui per le otto – gli disse Jupiter – e ricordati di chiedere il permesso di passare la notte con me in casa di un’amica del signor Hitchcock. Saremo di ritorno domani mattina.
– Va bene – rispose Pete andando via con la sua bicicletta.
Quando Bob e Jupiter scesero dal camioncino, la zia di Jupiter uscì dalla linda e graziosa baracca che fungeva da ufficio.
– C’è qualcuno che ti aspetta da mezz’ora, Jupiter – disse la zia.
– Chi è? – chiese Jupiter sorpreso.
– Si chiama Taro Togati. È un giapponese, ma parla abbastanza bene l’inglese. Mi ha raccontato tutto su come si producono le perle coltivate. Usano delle ostriche addestrate o qualcosa di simile!
Così dicendo fece una gran risata. Era una donna sempre allegra e gioviale, sebbene avesse una particolare passione nel vedere Jupiter e i suoi amici sgobbare sodo!
– Andrò da lui fra un momento, zia Mathilda – rispose Jupiter. – Posso avere il permesso di passare la notte con Pete in casa di un’amica del signor Hitchcock? È una scrittrice che è allarmata da degli strani rumori che sente durante la notte.
– Strani rumori? Beh, se la presenza di due baldi e forti giovanotti serve a tranquillizzarla, puoi andare. Hans ti accompagnerà con il camioncino e domani mattina verrà a riprenderti – disse la signora Jones ridendo nuovamente.
Poi, alzando la voce urlò:
– Taro, Jupiter e Bob sono arrivati! – Quindi, rivolta ai ragazzi, dichiarò: – La cena sarà pronta tra mezz’ora – e si avviò verso casa.
Un ragazzo, non più alto di Bob e vestito molto dignitosamente con abito blu e cravatta, uscì dall’ufficio. Portava un paio di occhiali dalla montatura d’oro. I capelli erano lisci.
– Felice conoscervi, Jupiter-san e Bob-san – disse con accento straniero. – Sono Taro, umile figlio di Saito Togati, capo detective della Compagnia dei Gioiellieri di Nagasami.
– Ciao, Taro – disse Jupiter stringendogli la mano. – Ieri ho conosciuto tuo padre.
Taro Togati aveva un’espressione triste. Da una tasca estrasse un biglietto da visita sgualcito.
– Sì, lo so – affermò, continuando poi in un inglese approssimativo. – Spiacere molto che il mio onorevole padre essere stato rude con voi, ma essere molto adirato e furioso. Ho preso io il vostro biglietto, ecco perché conoscere i vostri nomi. Vi ho visti mentre aiutavate la folla a uscire dal museo e avere riferito a mio padre. Mi ha chiesto di venire a ringraziare e a porgere sue scuse a voi.
– Oh, non importa, Taro – disse Bob – sappiamo quanto era sconvolto. Sono convinto che abbia ragione; siamo troppo giovani per dare la caccia a dei ladri di gioielli! Ora stiamo svolgendo un’indagine su degli gnomi.
– Gnomi? – chiese Taro Togati con occhi sbarrati. – Oh, so di chi parli. Dei Piccoli Esseri che scavano per ricercare dei tesori sotterranei. Non averne mai visto uno, ma in Giappone vi sono parecchie leggende sugli gnomi. Sono molto pericolosi. Non lasciatevi prendere da loro.
– Vorremmo noi prenderne uno – disse Jupiter – per vedere se, come le leggende raccontano, veramente esistono.
Mentre parlavano Jupiter prese alcune sedie da giardino arrugginite sulle quali si sedettero.
– Dimmi, Taro – chiese Jupiter con malcelata curiosità – tuo padre ha trovato la Cintura d’Oro?
– Ahimè! No, Jupiter-san – sospirò Taro Togati. Mio padre, custodi e polizia non ancora trovato la Cintura d’Oro e ladri. Nessuna… come si dice… nessuna traccia. Mio padre essere profondamente vergognato. Sotto suo naso la Cintura d’Oro è stata rubata. Se non ritrovare, sarà disonorato e costretto a dare dimissioni.
– Mi spiace, Taro – disse Bob con comprensione. Jupiter si stava mordicchiando il labbro come se avesse spinto a fondo l’acceleratore del suo cervello.
– Raccontaci che cosa hanno scoperto sino ad ora, Taro – chiese.
Taro descrisse i lunghi interrogatori fatti dalla polizia a tutti coloro che in qualche modo erano sospetti. Tutto però era risultato vano. Ancora non avevano il minimo indizio su chi avesse compiuto il furto e su come avessero fatto a portar fuori dal museo la cintura. Il padre di Taro e la polizia si erano convinti che i ladri avevano preferito rubare la Cintura d’Oro piuttosto che i Gioielli dell’Arcobaleno, poiché questa si trovava in una bacheca laterale mentre i Gioielli dell’Arcobaleno si trovavano al centro della sala, ben protetti dai custodi che subito li avevano circondati. Naturalmente era meno preziosa dei Gioielli dell’Arcobaleno, più difficile da portar fuori, ma in compenso, più semplice da rubare.
– Ma chi essere i ladri e come portata fuori cintura ancora nessuno sa – Taro disse afflitto.
– I custodi! – proruppe Bob. – Uno di loro potrebbe essere il ladro. Potrebbe averla facilmente nascosta infilandosela lungo la gamba del pantalone e trattenendola con la propria cinta.
– Tutti i custodi essere particolarmente scelti – disse Taro. – Mio padre avere interrogato anche loro. Può essere stato ingannato. È possibile. Io dirò a lui.
– E che cosa ci puoi dire su Frank, l’attore? – chiese Jupiter. – Quello che ha lasciato cadere la pietra falsa? Taro spiegò che la polizia da principio era certa che Frank facesse parte della banda. La versione data dall’attore era stata molto semplice. Frank aveva riferito che una donna l’aveva ingaggiato per telefono chiedendogli di andare al museo e di far cadere dalla tasca, a mezzogiorno esatto, una grossa pietra falsa e di fingere poi di essere in colpa.
La donna gli aveva spiegato che si trattava di una trovata pubblicitaria. Ad Hollywood infatti tutti sono abituati a questi espedienti pubblicitari e non ci fanno molto caso. La donna aveva promesso all’attore che se fosse riuscito a far apparire sui giornali il suo nome, legato alla notizia che avrebbe presto partecipato ad un film intitolato “La Grande Rapina al Museo”, gli avrebbero in effetti offerto un ruolo importante in quel film. Frank aveva acconsentito. La grossa pietra falsa ed un biglietto da cinquanta dollari gli erano stati fatti pervenire per posta ed egli aveva eseguito quanto richiesto. Era ovvio, proseguì Taro, che i ladri avevano assoldato Frank al fine di far convergere su di lui l’attenzione di tutti i presenti nella sala, poco prima che avvenisse il furto.
Jupiter aveva assunto quell’aria sorniona che solitamente prendeva quando si sentiva nascere una buona idea.
– Come pensavo – disse scuotendo il capo. – Naturalmente la polizia e tuo padre saranno giunti alla conclusione che il colpo è stato effettuato di proposito nella giornata dedicata ai ragazzi.
– Ah, sì – disse Taro. – Però più che altro mio padre si chiede come la cintura è uscita.
Allora Jupiter, con sussiego, disse:
– Non è stata portata fuori. È ancora nel museo.
– Ancora nel museo? – ripeté Bob sussultando nell’ascoltare l’esplosiva dichiarazione.
– Ma il museo essere stato perquisito da fondo a cima!
– Taro protestò. – Cintura non trovata. Cercata in uffici, gabinetti, ogni luogo! Ti prego, Jupiter-san, spiegami tua idea.
– Oggi – disse Jupiter – mentre stavo lavorando ad un altro caso, mi è capitato qualcosa che penso spieghi l’enigma della scomparsa della Cintura d’Oro. Se i fatti stanno come noi sappiamo mi pare che la risposta debba essere…
Fece una pausa. Bob e Taro tennero il fiato sospeso.
– Bob – disse Jupiter – ti ricordi quando è caduto il ritratto della signorina Agatha? Pete ed io l’abbiamo riappeso.
Bob annuì.
– Certo – disse. – Vai avanti, Jupiter.
– Mentre sostenevo il quadro che era abbastanza grande – disse Jupiter – ho notato che nella parte posteriore rimane uno spazio profondo circa cinque centimetri tra la tela ed il muro. Tale spazio è dovuto allo spessore della cornice. Al Museo Peterson vi sono parecchi grossi quadri. Ne deduco…
Avendo compreso l’idea di Jupiter, Bob finì la frase.
– Alcuni di quei quadri probabilmente hanno grosse e spesse cornici che creano una intercapedine molto profonda tra la tela ed il muro – disse. – Qualcuno può aver sollevato un quadro e, nel buio e nella confusione, averci nascosto la cintura.
– Potrebbe trattarsi di più di una persona, di una banda – disse Jupiter. – Sappiamo che una donna ha telefonato a Frank. Potrebbe trattarsi di una complice. Taro Togati s’alzò con un balzo.
– Sono certo che gli uomini non avere guardato dietro i quadri quando frugato il museo – disse. – Dirò a mio padre quest’idea; subito!
– Chi l’ha nascosta conta certo di venire a riprendersela non appena le acque si saranno calmate – affermò Jupiter. – Poiché finora il Museo è rimasto chiuso, la cintura non è stata ancora ripresa. Di’ a tuo padre di non dimenticare la balconata.
– Ma la balconata era chiusa – obiettò Taro.
– Solamente con un cordone che chiunque può agevolmente superare. Un quadro sulla balconata potrebbe essere un nascondiglio ideale, proprio perché ne è vietato l’accesso.
– Grazie, Jupiter-san – disse Taro con gli occhi che luccicavano. – Penso che la tua idea essere eccellente. Scusatemi ora; devo andare subito da mio padre a dire tue idee.
In fretta si salutarono e Taro corse verso una macchina. Bob si girò verso Jupiter con espressione ammirata.
– Hai avuto un’idea geniale. Forse, nonostante il divieto del signor Togati, hai risolto il caso della Cintura d’Oro. Per un momento Jupiter sembrò dubitare.
– Forse vi è un’altra soluzione – disse – ma… No. Se le cose stanno davvero come sappiamo, questa è l’unica soluzione possibile. Poiché la cintura non è stata portata fuori, dev’essere ancora nel museo. L’unico posto in cui non hanno cercato è dietro ai quadri. Non trovo nessun punto debole nel mio ragionamento.
– Per me è ottimo! – disse Bob.
– Vedremo domattina se vi saranno novità – disse Jupiter. – Ora devo preparare l’equipaggiamento da portare a casa della signorina Agawam, per la caccia agli gnomi. Domani mattina ti telefonerò a casa. Verrai a prenderci con Hans.
Bob scosse il capo perplesso.
– Pensi davvero che riuscirai a catturare uno gnomo? – chiese. – O pensi che abbia ragione il nipote della Agawam nel ritenerla una sonnambula ed una visionaria?
– Mi aspetto di tutto – rispose Jupiter. – Le persone possono fare delle cose strane, nel sonno. Ho sentito dire di un uomo talmente preoccupato per dei gioielli che aveva in cassaforte, che di notte nel sonno una volta si è alzato, ha aperto la cassaforte, ha preso i gioielli e li ha nascosti in un luogo che neppure lui ha mai più ricordato.
– Se anche la signorina è un tipo simile, Pete ed io ne saremo testimoni ed in qualche maniera le diremo come stanno le cose.
– Invece – in quel mentre gli occhi di Jupiter lampeggiarono – se veramente ha visto degli gnomi o qualcosa di simile, saremo pronti a prenderne uno.–