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Un uomo tarchiato e robusto, con folte sopracciglia scure e sguardo cattivo, sollevò in piedi Pete e Bob.
– Vi ho presi – grugnì. – Non cercate di scappare! Jordan, ce n’è un altro. Lo acchiappi lei.
– Scappa, Jupiter – disse affannosamente Pete. – Chiama Hans!
Jupiter si alzò tranquillamente in piedi. – Lei erra, signore! – declamò. – Udendo delle voci in un sito che presumevamo fosse deserto, siamo stati indotti a pensare che all’interno vi fossero degli intrusi. Ci siamo avvicinati al fine di appurarlo, prima di avvisare le autorità competenti.
– Eh? – fece l’uomo tarchiato a bocca aperta. – Che cosa hai detto?
Il parlar difficile era un trucco che Jupiter usava qualche volta, e che quasi sempre lasciava sorpresi gli interlocutori.
Un altro uomo apparve alle spalle del primo. Era giovane, magro e biondo.
– Stai calmo, Rawley – disse divertito. – Il ragazzo ha semplicemente detto che ha sentito le nostre voci, ha pensato che fossimo degli estranei e che voleva essere certo prima di chiamare la polizia.
– Se è questo che voleva dire, perché non l’ha detto? – domandò Rawley che non sembrava di buon umore. – Odio i ragazzi saputelli che parlano come dei libri stampati.
– Sono Frank Jordan, proprietario di questo teatro – disse il biondino. – Più precisamente l’ho comprato per demolirlo e costruirci poi un grande stabile adibito ad uffici. Stavo appunto controllando alcune cose con Rawley, il mio guardiano notturno. Ma perché avete avuto l’impressione che la nostra conversazione fosse sospetta?
– L’edificio dovrebbe essere chiuso… – cominciò Jupiter, ma Pete, indignato dalla maniera con la quale era stato accolto, disse di slancio: – Vi abbiamo sentiti parlare della Cintura d’Oro. Ecco perché ci siamo insospettiti. Specialmente quando avete menzionato il museo.
La faccia di Rawley si rabbuiò.
– Signor Jordan! – ringhiò. – Questi ragazzi sono matti! Sono degli impiccioni. Sarebbe meglio chiamare la polizia.
– Qui comando io, Rawley – rispose Jordan. Sembrava sorpreso da ciò che Pete aveva detto.
– Cintura d’Oro? – disse. – Non ricordo di aver detto qualcosa del genere.
Poi il suo viso si spianò e sorrise.
– Oh – disse – ora ricordo. Come vi ho già detto ho intenzione di demolire questo teatro. Stavo facendo notare a Rawley che l’interno, così elaborato e decorato in oro, lo fa sembrare un museo. Ho inoltre detto che mi dispiace veramente demolirlo. Come vedete le parole “oro” e “museo” vi hanno tratto in inganno. Avete letto troppo su quella rapina al museo!
Ridacchiò. Rawley, invece, aveva ancora l’aria minacciosa.
– Hanno troppa fantasia – borbottò.
– Beato te che non hai nessuna immaginazione – affermò Jordan. – Così non ti preoccupano quegli strani rumori che hanno fatto invece andar via i miei due ultimi guardiani notturni.
– Rumori strani? – chiese Jupiter improvvisamente interessato. – Che tipo di rumori?
– Colpi misteriosi e grida soffocate – disse Jordan. – Ma vi è una spiegazione logica. Questo luogo così buio, tetro e abbandonato, mette addosso un certo senso di paura. Quando era nuovo, però, era stupendo. A voi ragazzi forse piacerà fare un giro nel teatro e vedere quelle decorazioni dorate di cui vi ho parlato.
Con interesse accettarono.
– Accendi le luci principali, Rawley – ordinò Jordan. Condusse i ragazzi attraverso un buio e stretto corridoio illuminato solamente da una fioca lampadina; più si inoltravano, più il buio diventava profondo. Qualcosa sfiorò il viso di Bob che emise un grido.
– Un pipistrello! – urlò.
– Purtroppo è proprio così – disse Jordan nel buio. – Il teatro è restato abbandonato per così lungo tempo che ora è popolato da pipistrelli e da grossi topi.
Bob deglutì ma non disse una parola; sentiva ancora sopra il suo capo un fruscio d’ali.. Poi si udirono degli strani cigolii e scricchiolii. A Bob si rizzarono i capelli in testa.
– Questi rumori provengono dalle funi e dalle carrucole ormai vecchie che un tempo sorreggevano gli scenari. Infatti questo non era solo un cinema, ma anche un vero e proprio teatro.
«Oh, ecco: finalmente Rawley ha trovato gli interruttori.» Una fioca luce ruppe l’oscurità proprio mentre i ragazzi raggiungevano il palcoscenico. Da qui poterono vedere quelle che a loro sembrarono migliaia di poltroncine vuote. Dal soffitto pendeva un enorme e polveroso lampadario di vetro colorato in verde, rosso, giallo e blu. Alle finestre laterali erano ancora appese delle tende di velluto rosso con frange dorate. Le pareti erano decorate da affreschi raffiguranti scene di guerra tra cavalieri e saraceni, tutti in armature dorate.
Come Jordan aveva detto, vi erano parecchie decorazioni in oro, e nell’insieme l’interno del teatro sembrava davvero un museo.
– Questo teatro è stato costruito negli anni venti – disse Jordan – quando era di moda dare a queste costruzioni lo stile di antichi castelli o di sfarzosi palazzi. Questo è stato costruito sullo stile di una moschea moresca. Dovreste vedere le strane scalinate ed i minareti sul tetto. Ma con il tempo i gusti cambiano.
Tornarono indietro verso il corridoio. Una strana forma grigiastra attraversò di corsa il palcoscenico.
– È uno degli inquilini del teatro, un topo – disse Jordan. – Hanno abitato in pace per anni e adesso non vorrebbero essere sloggiati. Ed ora ragazzi avete visto com’è ridotto il vecchio Teatro Moresco. Se passate tra qualche settimana lo vedrete in demolizione.
Quindi Jordan li accompagnò fino all’ingresso sul vicoletto e li salutò. La porta si chiuse alle loro spalle. Udirono lo scatto della serratura.
– Mamma mia – disse Pete. – Quanti topi e pipistrelli! Non mi meraviglia che due custodi se ne siano andati.
– Probabilmente sono loro che provocano quegli strani rumori – asserì Jupiter. – Ammetto di aver pensato che eravamo sul punto di scoprire qualcosa di interessante sul furto del museo quando ho creduto di udire le parole “cintura d’oro”. Tuttavia la spiegazione che ci ha dato il signor Jordan è molto logica e convincente, ed io ci credo.
– Sarebbe stato davvero bello se fossimo riusciti a mettere le mani sui ladri del museo, dopo che non ci è stato permesso di interessarci al caso – sospirò Pete. – Ma penso che sarebbe stato chiedere troppo.
– Sì, è vero – disse Jupiter. – Non dimentichiamo però che il nostro compito è di aiutare la signorina Agawam; proseguiamo dunque la nostra ispezione nel vicoletto. Arrivati alla staccionata che delimitava il cortile sul retro della casa di Agatha Agawam, esaminarono ad una ad una le tavole. Erano tutte ben fissate e il cancello era chiuso a chiave.
– Nessuno può essere entrato o uscito da questa parte – disse Jupiter. mordicchiandosi il labbro. – È molto curioso.
– Sono più affamato che curioso – interloquì Pete. – Non potremmo andare a casa?
– Sì, penso che qui non ci sia altro da fare – acconsentì Jupiter.
Ritornarono verso il camioncino dove Hans, leggendo un giornale, li stava pazientemente aspettando, e salirono a bordo.
Mentre il veicolo si inoltrava nel traffico della città, Bob avrebbe voluto fare delle domande. Avrebbe voluto chiedere a Jupiter, per esempio, che cosa aveva visto nella casa della Agawam che gli aveva fatto dire di aver risolto il caso della Cintura d’Oro.
Ma Jupiter aveva un’espressione seria e pensierosa; Bob sapeva che non era il caso di fargli domande. Perciò non fiatò.