10
L’isolato era buio e silenzioso. La banca chiusa ed il teatro deserto avevano un aspetto paurosamente tetro; solamente dalla fioca luce proveniente dalla villetta compresero che la signorina Agawam li stava aspettando. Appena Pete e Jupiter scesero, Hans li guardò preoccupato.
– Vi ripeto di lasciare in pace gli gnomi. Nella Foresta Nera vi sono strani massi che una volta erano delle persone. Furono trasformati così solo perché avevano osato guardare negli occhi uno gnomo. State attenti!
Hans sembrava così convinto che Pete si sentì nuovamente preoccupato. Sentiva che la notte avrebbe portato delle inaspettate sorprese.
Jupiter in fretta diede la buonanotte ad Hans e gli disse che avrebbe telefonato il mattino seguente per farsi venire a riprendere. Il camioncino si allontanò nel buio. Camminando lungo la siepe, i ragazzi arrivarono furtivamente al cancelletto. Nessuno, per quanto risultava a loro, li aveva visti.
Jupiter suonò con tre colpetti il campanello. Subito si udì lo scatto della serratura. Sgusciarono nell’interno del giardino e Jupiter si fermò un istante per ascoltare. Pete era meravigliato. Il modo nel quale Jupiter si stava comportando faceva pensare che dall’esito della loro missione dipendesse il destino dell’universo. Jupiter era sempre molto pignolo, e inoltre gli piaceva drammatizzare le cose.
Il giardino era buio. Silenziosamente arrivarono sotto il piccolo porticato, la porta si aprì e sgattaiolarono dentro. Agatha Agawam, un po’ pallida, li salutò.
– Sono molto contenta che siate qui – disse. – In verità, per la prima volta in vita mia, sono un po’ nervosa. Se in questa casa succede ancora qualcosa, me ne andrò e non tornerò più. Mi deciderò a venderla al signor Jordan che insiste tanto per averla.
– Eccoci qui, signorina – disse Jupiter educatamente. – Ora prenderemo noi in mano la situazione. L’anziana scrittrice sorrise, tremando un po’.
– È ancora presto – disse. – Le attività degli gnomi iniziano dopo mezzanotte. Volete guardare la televisione?
– Sarà invece meglio se schiacciamo un sonnellino – rispose Jupiter. – Così saremo freschi per il resto della notte. Signorina, ha una sveglia?
La donna annuì, quindi indicò a Pete ed a Jupiter la stanzetta di fronte alle scale con i due letti già pronti. I ragazzi si tolsero le scarpe, si accertarono che l’equipaggiamento fosse in ordine e si sdraiarono.
Nonostante l’inquietudine, Pete si addormentò subito. Non aveva mai avuto difficoltà nell’addormentarsi. Gli sembrò che fosse appena passato qualche minuto quando udì la suoneria della sveglia.
– Che cosa succede? – disse ancora mezzo addormentato.
– Sono le undici e trenta – sussurrò Jupiter. – La signorina si è ritirata nella sua stanza. Puoi continuare a dormire, starò sveglio io.
– Stai all’erta – raccomandò Pete e si riaddormentò.
Al contrario di Bob, Pete non sognava quasi mai. Ma ora stava sognando che grandinava. La grandine picchiettava anche sui vetri.
Si svegliò; questa volta era ben desto. Restò fermo nel letto per un attimo e si accorse che il picchiettio continuava. Si rese conto che qualcuno stava picchiando sui vetri con uno strano ritmo. Uno-tre-due-tre-uno. Come un codice. Si mise a sedere nel letto e guardò verso la finestra. Il cuore gli batteva all’impazzata e gli sembrava di averlo in gola. C’era una faccia che lo spiava dietro i vetri! Era una piccola faccia, con occhietti luccicanti, orecchie pelose e lungo naso a punta. La figura ad un tratto emise un ringhio e mise in mostra dei denti simili a piccole zanne. La stanza improvvisamente fu illuminata da un lampo di luce. Pete sussultò. Non aveva udito alcun tuono. La faccia improvvisamente scomparve e Pete si rese conto che il lampo era stato quello della macchina fotografica di Jupiter.
– L’ho fotografato! – esclamò Jupiter nel buio. – Sei sveglio, Pete?
– Certo che sono sveglio – disse Pete. – C’era uno gnomo che ci guardava.
– E io l’ho fotografato. Vediamo ora se riusciamo a prenderlo.
I ragazzi corsero alla finestra, e socchiusero gli occhi nel tentativo di vedere meglio nell’oscurità. Fuori nel giardino quattro piccole figure, con alti cappucci a punta, stavano danzando allegramente. Facevano delle capriole, si montavano sulle spalle a vicenda e facevano dei salti mortali all’indietro. Sembravano dei ragazzini scatenati. Gli occhi dei ragazzi si abituarono all’oscurità e Pete poté persino scorgere le loro facce, i loro nasi a punta ed i loro vestiti di pelle.
– Jupiter, hai visto? – disse. – Ce ne sono quattro! Ma perché faranno questi giuochi proprio in giardino?
– Penso che sia chiaro – disse Jupiter infilandosi le scarpe. – Vogliono mettere paura alla padrona di casa ed a noi.
– A noi? – disse Pete. – Mi hanno messo del nervosismo addosso, questo è vero. Ma perché vorranno impaurirci? E per quello che riguarda lo scavare?
– È semplicemente un dettaglio in più. Questi gnomi potrebbero essere stati ingaggiati da Roger, il nipote della signorina Agatha – proseguì Jupiter.
– Ingaggiati da Roger? – chiese con stupore Pete allacciandosi le scarpe. – E perché?
– Per convincerla a vendere la casa e ad andarsene. Ti ricordi che ci ha detto che Roger l’aveva incoraggiata a vendere e a trasferirsi in un appartamento? Ha detto inoltre che Roger è il suo unico parente. Ciò significa che sarà anche il suo unico erede… e che un giorno entrerà in possesso di tutto il suo denaro. Pete si illuminò.
– Ho capito! – disse. – Se la casa verrà venduta ora, la signorina ne ricaverà una grossa somma che un giorno sarà di Roger. Lui vuole che la casa sia venduta a Jordan, certo! E così ha assoldato degli gnomi per metterle paura. Jupiter, sei un genio!
– Per avere delle prove – disse Jupiter – dobbiamo catturarne almeno uno e farlo cantare.
Jupiter prese dalla borsa la corda e se la passò sotto la cintura. S’infilò poi un paio di guanti e gettò l’altro paio a Pete. Si gettò quindi la cinghia della macchina fotografica sulla spalla, ed entrambi agganciarono la torcia elettrica alla cintura per avere così le mani libere.
– Gli gnomi come potevano guardare dalla finestra se questa è al secondo piano? – chiese Pete, mentre s’affrettavano ad uscire
– Cerca di arrivarci ragionandoci sopra – rispose Jupiter.
– Hai bisogno di un po’ di esercizio mentale. Ed ora andiamo. La signorina Agatha deve essere ancora addormentata. Bene, così non si sarà allarmata.
Scesero le scale senza far rumore ed uscirono dalla porta principale. Silenziosamente, come ombre, attraversarono il porticato e di diressero verso l’angolo della casa. Accovacciati, guardarono.
Le quattro strane creature stavano ancora correndo e saltando nel giardino.
– Prendi – disse Jupiter a Pete dandogli un capo della fune e legandosi l’altro al polso. – Lanciati contro di loro. Cerchiamo di prenderne uno e di legarlo stretto. Forza! Come uscirono allo scoperto, la cinghia della macchina fotografica s’impigliò in un ramo e si sfilò dalla spalla di Jupiter cadendo a terra. Ma Jupiter non si fermò.
Gli gnomi li videro arrivare. Lanciarono degli acuti fischi e si dispersero correndo verso un’ombra nera, sul muro del teatro.
– Rincorriamoli – urlò Jupiter. – Prendiamone almeno uno!
– Sto tentando – rispose col fiato mozzo Pete.
Con una mano riuscì a raggiungere la spalla di uno gnomo. Ma l’omino si divincolò e Pete cadde faccia a terra. Jupiter gli rotolò sopra. Si rialzarono e videro che le quattro piccole creature sparivano in una buia apertura nel muro del teatro.
– La porta – esclamò Jupiter. – L’uscita di emergenza del teatro è aperta!
Sono entrati. Ora li acchiapperemo – urlò Pete. – Vieni, Jupiter!
Corse verso la porta.
– Aspetta, Pete! – urlò Jupiter cercando di trattenerlo per la corda. – Credo che…
Ma Pete non l’udì. Era già passato di corsa attraverso la porta. Nelle mani tratteneva ben stretta l’estremità della fune che Jupiter gli aveva dato. Jupiter, che aveva ancora l’altro capo della fune legato al polso, venne letteralmente trascinato oltre la soglia.
Cercando di correre il più velocemente possibile per non cadere a faccia in giù, si trovò dentro al teatro, nel buio più profondo.
Nell’attimo stesso in cui tutti e due furono all’interno, la porta di ferro si rinchiuse alle loro spalle con un tonfo. Erano in trappola!
Un secondo dopo, venivano attaccati da tutte le parti dalle piccole creature dai lunghi artigli.