13

Pete e Jupiter si sedettero su una pila di sacchi appoggiando la schiena alla parete di cemento. Avevano mani e piedi legati, ma potevano parlarsi; Jupiter però non sembrava ne avesse molta voglia.

Pete capì che il suo amico era contrariato con se stesso per non essere stato in grado di prevedere ciò che in effetti era poi accaduto. Del resto, come avrebbe potuto prevedere che si sarebbe trovato di fronte a dei ladri di una banca, quando l’indagine era diretta su degli gnomi che una vecchia signora, magari visionaria, aveva detto di aver visto? Mentre se ne stava seduto, Pete cercò di mettere a fuoco l’intera storia.

Innanzi tutto Rawley doveva essere l’uomo che dirigeva il colpo. Gli altri due, il basso e grassoccio chiamato Ciccia ed il piccolo ma muscoloso Trivella, prendevano infatti ordini da lui. Trivella, che aveva dei sottili baffi ed un incisivo d’oro, stava guardando i ragazzi con una espressione che preannunciava qualcosa di infausto.

– Jupiter – Pete mormorò, – Rawley è un rapinatore di banche, vero? S’è fatto assumere qui come guardiano notturno per fare il colpo all’Agenzia n. 3 della Banca dei Commercianti.

– È così, Pete – rispose Jupiter con voce bassa. – Avrei dovuto immaginarlo prima. C’erano due elementi importanti: la banca all’angolo… e qualcuno che scavava nelle vicinanze. Questo doveva essere sufficiente per arrivare alla conclusione. Invece anch’io mi sono lasciato distrarre dalla storia degli gnomi.

– Anche Sherlock Holmes non avrebbe potuto immaginarlo – gli disse Pete. – Gli gnomi hanno totalmente distolto la nostra attenzione da un ipotetico furto alla banca. C’è però una cosa che non capisco. Perché gli gnomi se ne stanno seduti senza dare una mano agli altri?

– Perché non fanno proprio parte della banda – mormorò Jupiter con aria afflitta. – Certamente sono stati assoldati per far paura alla signorina Agatha e per rendere meno attendibile il suo racconto sui rumori provocati dallo scavo.

– Oh – disse Pete ponderando la cosa – credo di capire. Ma come ha fatto Rawley a trovare questi gnomi? Vengono davvero dalla Foresta Nera?

– Pete – sospirò Jupiter – sono deluso di te. Questi gnomi non hanno mai visto la Foresta Nera. Sono stati presi direttamente dai libri di Agatha Agawam. L’ho capito subito non appena li ho visti nel giardino.

Sembrava che si aspettasse di essere capito da Pete, e così Pete rimuginò quest’asserzione per un po’.

Gli gnomi venivano dai libri della signorina Agatha? Poteva essere semplice per Jupiter, ma Pete proprio non capiva.

Nel frattempo i preparativi per il furto alla banca proseguivano. I tre uomini erano intenti a scavare nella galleria. Il materiale rimosso veniva portato fuori con delle carriole, ed evidentemente veniva gettato in uno dei profondi depositi di carbone vuoti.

– Ancora tre metri, Trivella! – Pete udì Ciccia dire mentre i due passavano davanti.

– Poi inizierò il lavoro con i miei attrezzi, eh! – disse Trivella fregandosi le mani. – Trapanerò quella parete di cemento come un dentista trapana un dente. Continuarono a lavorare per eliminare quei pochi metri che li separavano dalla parete della banca. Nel frattempo gli omini se ne stavano tranquilli; avevano già fatto la loro parte.

A Pete venne in mente un’altra domanda.

– Jupiter… – cominciò.

Poi si fermò. Jupiter sdraiato sui sacchi s’era addormentato! Pete fu tentato di svegliarlo: non era quello il momento di dormire! Avrebbe dovuto mettere in moto il cervello per cercare di uscire da una simile situazione! Pete si rese conto però che avevano da affrontare ancora una lunga notte. Avrebbero avuto bisogno di tutte le loro forze quando, fatto il colpo, la banda avrebbe deciso di andarsene. Jupiter aveva dunque fatto la cosa più sensata: si era addormentato. Così anche Pete si mise a dormire.

Non sapeva quanto aveva dormito ma quando si svegliò si sentì fresco e riposato. Le sue membra erano rigide, le caviglie e i polsi gli dolevano ma la mente era ben desta. Udì delle voci accanto a sé.

Si girò e vide che Jupiter, seduto, teneva una tazza tra le mani. Rawley era seduto accanto a lui su uno scatolone ed appariva di buon umore. Gli scavi sembravano cessati, gli gnomi erano seduti in un angolo e mangiavano panini. Mancavano Ciccia e Trivella. Fu allora che Pete notò un grosso cavo elettrico che s’insinuava nell’interno della galleria. In distanza poteva udire il rumore di un martello pneumatico; doveva essere Trivella che stava perforando la parete della banca. Jupiter s’avvide che Pete s’era svegliato e gli disse:

– Buongiorno, Pete. Spero che tu abbia dormito bene.

– Oh, certo, benissimo – brontolò Pete stiracchiandosi per togliere il torpore dai muscoli. – I materassi qui sono eccellenti. Delle piume.

Rawley si drizzò sghignazzando.

– Ragazzi! – disse. – Mi divertite proprio! Ero alquanto seccato per la vostra intromissione. Ma ora che vi ho qui sani e salvi e soprattutto innocui, non ho alcun risentimento verso di voi.

– Ci avete giuocato bene – dichiarò Jupiter. – Quando ho visto gli gnomi giocherellare nel giardino, ho pensato che fossero stati ingaggiati da Roger Agawam per mettere paura alla zia. Dopo, quando ho visto che ci avevano attirato nel vecchio teatro, ho capito quale poteva essere il piano criminoso.

– Certo – disse Rawley. – Se aveste avuto un po’ di fortuna sareste riusciti a fare intervenire la polizia.

Si girò verso Pete.

– Hai un amico furbo – disse. – Anche se il più delle volte sembra un po’ stupido. Ma quell’aria addormentata non nuoce; se facesse il mio mestiere nessuno lo sospetterebbe mai. Se si mettesse con me lo addestrerei per bene: entro dieci anni diventerebbe il ladro più astuto dello stato.

– No, grazie – rispose Jupiter educatamente. – Una vita fatta di crimini è pericolosa. Il traguardo è il disastro.

– Uffa! – disse Rawley. – Che maniera di parlare! E pensare che potresti lavorare subito con i più bei cervelli della nazione. La cosa importante è pianificare tutto prima; come ho fatto io per questo colpo. Vivrò da uomo ricco per il resto della mia vita e tu… visto che non vuoi metterti con me, preferisco non dire cosa ti accadrà. Queste parole fecero venire la pelle d’oca a Pete.

– Pete ha parecchie domande che vorrebbe fare – disse in fretta Jupiter. – Perché non gli racconta come le è venuto in mente questo colpo, signor Rawley?

– Certo – disse Rawley. – Ecco, bevi intanto un po’ di brodo.

Prese la tazza d’alluminio dalla quale aveva bevuto prima Jupiter e la riempì di brodo versandolo da un thermos. Poi la passò a Pete.

– È successo così – iniziò Rawley. – Sono nato e cresciuto in questo quartiere. Quaranta anni fa ero uno degli gnomi di Agatha Agawam.

Sorrise.

– T’immagini, io uno gnomo! – disse. – Era così che ci chiamava. Una volta alla settimana faceva un festino per tutti i ragazzi del quartiere. Ci dava dolcetti, gelato e ci leggeva i suoi libri.

Rawley continuò la sua storia. Quand’era ragazzo suo padre, che lavorava in un quartiere edile, prese parte alla costruzione sia del Teatro Moresco che dell’Agenzia n. 3 della Banca dei Commercianti.

Un giorno suo padre accennò a come erano stati costruiti i sotterranei della banca. Disse che avevano una grossa porta in acciaio, ma che le pareti non erano affatto di metallo… semplicemente di cemento. Le pareti non furono mai rinforzate poiché il locale era talmente in profondità che nessun ladro avrebbe potuto raggiungerlo.

– Ma io – proseguì Rawley – ho pensato per tutti questi anni a quello che allora disse mio padre. Se qualcuno fosse partito con uno scavo dalla cantina di Agatha Agawam avrebbe potuto facilmente raggiungere il locale sotterraneo della banca, e perforare la parete di cemento.

«Ma la vecchia signorina non se ne andava. Allora, quando il vecchio teatro chiuse i battenti, ebbi un’idea. Pensai che si poteva partire con uno scavo dal teatro, passare sotto la casa e arrivare alla banca seguendo una via più lunga. Poi incorsi in alcuni pasticci con la polizia. Una volta libero, cominciai a progettare per bene il colpo e mi procurai degli aiutanti indispensabili. Non restava che entrare nel teatro. Feci fuggire i due guardiani notturni, impaurendoli con… certi strani rumori. Finalmente il signor

Jordan mi assunse ed io così ero pronto per iniziare.» Rawley raccontò come assieme a Trivella ed a Ciccia avesse forato la parete di cemento della cantina del teatro ed iniziata la galleria diretta sotto la casa della signorina Agatha. Il terreno dello scavo era stato ammucchiato nei vecchi depositi di carbone vuoti. Tutto era stato fatto in modo che se il nuovo proprietario, Jordan, avesse fatto un’ispezione, non si sarebbe accorto di nulla.

– Perciò Jordan non fa parte della banda come pensavo!

– disse Jupiter.

– No. Ho giocato anche lui come gli altri. La signorina Agatha, per esempio; sapevo che se avesse udito dei rumori di scavi lo avrebbe riferito alla polizia. Ma lei crede negli gnomi, e così ne ho assoldati alcuni che avevano il compito di entrare in casa durante la notte e mettere sottosopra i suoi libri, i suoi quadri, eccetera. Li ho vestiti come appaiono nei suoi libri. Speravo di impaurirla e di indurla ad andarsene. In caso contrario, se avesse riferito alla polizia ciò che accadeva in casa sua, non solo non sarebbe stata creduta, ma sarebbe stata internata in qualche ospedale. Non avrei avuto in alcun caso nulla da temere. Rawley si dondolò ridendo.

– Le cose a questo punto sono andate un po’ diversamente da come prevedevo – proseguì. – La signorina si è impaurita ed ha chiesto il vostro aiuto. Voi potevate darmi dei fastidi, ma sono riuscito a prendervi in tempo.

– Ammesso che il nipote Roger avesse creduto alla zia – disse Jupiter – e che una volta in casa avesse udito i rumori di scavo, la polizia gli avrebbe creduto.

Rawley strizzò un occhio.

– Ho detto che ho giocato tutti, vero? Sono riuscito a farmi assumere da Jordan. Ho imbrogliato Agatha Agawam. Ho fatto un accordo con Roger.

– Un accordo? – esclamò Pete.

– Certo. Gli ho detto che Jordan mi aveva assunto con lo scopo di innervosire sua zia. Avrebbe venduto così la sua proprietà. L’ho rassicurato che però non avrei fatto del male a sua zia… le avrei solo fatto vedere degli gnomi e fatto udire dei rumori, come se stessero scavando. Così forse si sarebbe decisa a vendere. Roger ha piacere che la zia venda la casa e ne ricavi un bel gruzzolo; ha così acconsentito, a patto però che non le fosse fatto del male. Così, quando lei gli riferì degli gnomi e dei rumori, fece finta di non credere una sola parola.

Rawley sembrava soddisfatto del lavoro compiuto.

– Perdinci, Jupiter! – disse Pete. – Avevi ragione nel pensare che Roger entrava nella faccenda.

– L’hai immaginato? – Rawley chiese a Jupiter. – Sei più furbo di quanto pensassi. Mettiti con me: daremo scacco matto a tutte le polizie. Hai il cervello per farlo.

– Beh… – Jupiter sembrò pensieroso.

A Pete sembrò che l’idea di divenire un super-ladro a Jupiter non dispiacesse poi tanto.

– Mi lasci pensarci sopra un po’ – disse Jupiter.

– Certo, ragazzo. Vado a vedere se Ciccia e Trivella hanno finito di perforare la parete della banca.

Appena si girò per andarsene, Pete lo fermò con una domanda.

– Credo di aver capito il suo piano e devo dire che è ingegnoso – disse. – Ma come ha trovato gli gnomi e come li ha convinti a collaborare?

Rawley sogghignò.

– Te lo diranno loro – disse e rivolto al gruppetto chiamò: – Ehi! Piccolo Giovedì, vieni qui a parlare con questi due.

Sparì nella galleria. Uno gnomo, con occhi rosso fuoco ed una sporca barba bianca, andò vicino a loro e si sedette rannicchiandosi per terra.

– Voi, ragazzi, ci avete procurato dei guai – disse con voce stridula. – Mi avete quasi spezzato il braccio. Ma non ho rancore contro di voi. Appena tutto questo sarà finito partirete per un lungo viaggio per mare e non tornerete più. L’omino parlava in maniera corretta l’inglese, sebbene si sentisse un leggero accento europeo. Pete lo guardò bene. Gli occhi rossi, le orecchie a punta, le grosse mani pelose… Non poteva credere che delle simile creature potessero circolare senza essere notate. Forse vivevano davvero sotto terra.

– Senti – disse Pete. – Sei davvero uno gnomo? O che cosa sei?

L’omino sorrise maliziosamente.

– Vi abbiamo davvero fatto pensare che lo fossimo? – disse. – Guarda!

Si diede uno strappo all’orecchio. Pete rabbrividì nel vedere l’orecchio staccarsi dalla testa. Poi si rese conto che si trattava di un orecchio posticcio ch’era stato infilato sopra quello vero.

Poi lo “gnomo” si sfilò una mano grossa e pelosa e mostrò una piccola mano, più piccola di quella di un ragazzo. Si tolse pure le zanne dalla bocca. Infine si toccò leggermente un occhio, fece un lieve movimento circolare, ne tolse qualcosa e guardò Pete con un sorrisetto sulle labbra.

– Guarda, ragazzo, un occhio rosso e nessuna zanna. Era vero, ora aveva solo un occhio rosso; l’altro era blu.

– Lenti a contatto colorate – disse. Si toccò il naso.

– Naso di plastica – proseguì. – Barba finta. Tutto fatto su misura e seguendo le illustrazioni dei libri della vecchia. In realtà sono un semplice nano, e se mi chiamate ancora gnomo faccio una magia e vi trasformo in rape.

Emise degli strilletti e sghignazzò. Jupiter guardò Pete.

– Ed ora, Pete, sono certo che avrai capito tutto – disse.

– Ho capito che siamo stati turlupinati da un gruppo di nanerottoli – disse Pete. – Questo ho capito. Per il resto, e cioè perché l’hanno fatto, eccetera… beh, allora ho alcune piccole cose da mettere in chiaro.

– Hai capito il piano di Rawley per derubare la banca? – chiese Jupiter. – E il perché, con la collaborazione di Roger, si è servito degli gnomi per spaventare la signorina Agatha?

– Certo, questo l’ho capito benissimo – disse Pete con voce querula. – Ma tu, Jupiter, quando l’hai capito?

– Quando vidi i nani filarsela dentro il teatro – disse Jupiter. – Allora tutto mi parve chiaro. La banca, gli scavi, gli gnomi. Tutto improvvisamente mi divenne logico.

– Troppo tardi – disse il nano. – Vedete, il nostro compito era di tenere la vecchia tranquilla e tutto sotto controllo, specialmente oggi. Oggi infatti prendiamo il malloppo e ce ne andiamo. Inoltre è domenica, così nessuno ne saprà nulla sino a domani.

– La signorina Agatha si accorgerà della nostra scomparsa – disse Jupiter in tono amichevole. – Chiamerà la polizia.

– Non lo farà. Se n’è già andata in macchina col nipote. Forse penserà che siate fuggiti o qualcosa di simile. Tutto funziona a meraviglia, ragazzi! Abbiamo ventiquattro ore di tempo prima che alla banca s’accorgano del furto. Pete sentì un tonfo al cuore. Jupiter stava per dire qualche cosa, ma Rawley uscì in quel momento dalla galleria.

– Trivella ha forato la parete – disse. – Abbiamo bisogno d’aiuto per portar fuori il denaro. Un paio di voi – aggiunse rivolgendosi ai nani – venga a darci una mano.

– Posso venire anch’io? – chiese Jupiter. – Vorrei vedere la vostra tecnica, signor Rawley.

– Certo – rispose l’uomo. – Spero che tu ti decida a stare con noi, una volta visto come lavoriamo.

Tagliò la corda dai piedi di Jupiter ma gli lasciò le mani legate. Jupiter seguì Rawley e tre nani nella galleria, lasciando Pete da solo con il quarto nano.

– Vi abbiamo proprio giocato! – disse il nano sorridendo a Pete. – Siamo saliti uno sulle spalle dell’altro fino a raggiungere la vostra finestra. Ci siamo trattenuti a giocherellare nel giardino certi che ci avreste inseguito. Poi vi abbiamo attirati verso la porta; verso la trappola. Devo però ammettere che quasi riuscivate a sfuggirci.

– Grazie! – rispose Pete. – Ma perché ci avete voluto catturare?

– Perché stanotte è la notte fatidica. Se aveste udito scavare, il tuo amico sarebbe corso in cerca di qualche poliziotto. Dovevamo catturarvi e rendervi innocui sino alla fine, e cioè finché non ci saremo allontanati con il bottino.

– Ma come sperate di sfuggire alla polizia? – chiese Pete sorpreso. – È abbastanza semplice rintracciare dei nani. La polizia sarà alle vostre calcagna non appena racconteremo questa storia.

– Se sarete in grado di raccontarla! – rispose l’omino. – Non sarete certo lasciati in giro a chiacchierare. Ma ammesso che vi lascino liberi, qui siamo ad Hollywood dove vengono girati tutti i film, e perciò…

– E perciò che cosa? – chiese Pete.

– Qui ci sono tanti nani quanti ve ne sono sparsi in tutto il resto del mondo. Veniamo qui in cerca di lavoro nel cinema, alla televisione, oppure a Disneyland. Ce ne sono almeno una trentina in una sola pensione. Alcuni di noi fanno anche altri lavoretti… Sgattaioliamo attraverso finestre o cose del genere. Ci prestiamo anche per dei lavori come questo, ad esempio. Con la nostra statura possiamo fare cose che un uomo normale non può. Inoltre noi nani siamo come una famiglia molto unita, capisci? Nessuno fa la spia. Se qualcuno ci chiede qualcosa, noi non sappiamo nulla, non abbiamo visto né udito nulla. Inoltre – proseguì l’omino rimettendosi l’orecchio artificiale…..non saresti

in grado di riconoscerci.

Dopo questo commento si alzò e sparì nella galleria.

Jupiter nel frattempo stava in piedi in una piccola nicchia ricavata vicino alla parete di cemento della banca. Sulla parete era stato praticato un foro sufficientemente ampio da permettere a un ragazzino di passare. Ciccia e Trivella, stanchi dalla fatica, si stavano asciugando il sudore dalla fronte.

– Potremmo fare un buco più largo – disse Ciccia a Rawley – ma ci vorrebbe tempo. Uno dei nani potrebbe entrar dentro a prendere il bottino.

– Bene – e così dicendo Rawley aiutò uno per volta i nani ad entrare.

Una volta all’interno i tre con una torcia illuminarono una grande stanza quadrata. Pacchetti di denaro ed altri valori erano allineati con ordine su degli scaffali. Sul pavimento erano appoggiati dei sacchi di monete.

– Un quarto di milione di dollari! – disse Rawley guardando avidamente. – Lunedì è la fine del mese, il giorno delle paghe. Anche quella grossa ditta qui vicino che costruisce aeroplani, deposita in questa banca il suo denaro. Con vivo interesse Jupiter osservava i nani che passavano i pacchetti di denaro attraverso il foro, mentre i due uomini all’esterno li chiudevano in grandi sacchi. Ben presto venne preso tutto, ad eccezione dei sacchetti di monete.

– Lasciate le monete – ordinò Ciccia. – Sono troppo pesanti. Ne abbiamo abbastanza di soldi.

– Bene – disse Rawley. – Anzi no, prendete due sacchi di monete.

Soffiando e sbuffando i nanetti riuscirono a far passare i sacchetti dal buco. Poi anche loro uscirono.

Caricarono tutto sulle carriole e ritornarono al deposito di carbone. Rawley aprì un sacco e diede a ciascun nano un pacchetto di banconote.

– Eccovi sistemati. Diecimila dollari per ciascuno. Fate attenzione a come li spendete. Ora toglietevi i travestimenti: è ora di andare.

– Sbrighiamoci – invitò Trivella. – Si sta facendo tardi.

– Ebbene, ragazzo – chiese Rawley rivolto a Jupiter. – Ora che hai visto come lavoriamo, ti metti dalla nostra parte? Sarai un uomo ricco e diventerai famoso. Hai la stoffa per divenirlo.

Pete era curioso di sentire cosa Jupiter avrebbe risposto.

– Vorrei pensarci ancora un po’ – disse Jupiter. – Deciderò dopo aver visto come avete organizzato la fuga. Dopo tutto eseguire il colpo è solo metà del lavoro. La fuga è altrettanto importante, ed è qui che molti dimostrano di non saperci fare.

Rawley rise.

– L’ho detto che ha del cervello il ragazzo – disse rivolto agli altri. – Va bene, verrai con noi. Dovrete però, per così dire, viaggiare travestiti. Ciccia, Trivella, vestiteli.

I due uomini piombarono sui ragazzi e li infilarono ognuno in un sacco chiudendone poi con cura l’imboccatura.

– Li caricheremo sul camioncino e li porteremo con noi – disse Rawley. – Muoviamoci.

Trivella si oppose. I ragazzi avrebbero dato fastidio. Perché non lasciarli lì e… Trivella aveva abbassato la voce e Pete chiuso nel sacco non poté udire il resto della frase. Udì però Rawley che rideva.

Non è necessario far questo – disse. – Perché credi che abbia fatto prendere due sacchetti di monete? Quando vorremo liberarcene, legheremo un sacco di monete a ciascuno di loro e li butteremo fuori dalla nave. Saranno i ragazzi più ricchi di tutto l’inferno!