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– Mi chiedo – disse Jupiter Jones – se sarebbe possibile rubare i Gioielli dell’Arcobaleno.

Questa domanda colse di sorpresa i suoi due compagni. Pete Crenshaw lasciò quasi cadere dalle braccia una sbarra di ferro, e a Bob Andrews sfuggì di mano il compositoio nel quale stava disponendo dei caratteri di piombo, da usare nel loro vecchio torchio.

– Che cosa hai detto? – chiese Bob, guardando costernato i caratteri sparsi a terra.

– Ho detto: mi domando se ci sarebbe possibile rubare i Gioielli dell’Arcobaleno – ripeté Jupiter. – Naturalmente se noi fossimo dei ladri.

– Cosa che non siamo – disse fermamente Pete. – Rubare i gioielli è pericoloso. Ti sparano addosso e ti inseguono. Inoltre credo in quel vecchio detto che definisce l’onestà la migliore politica.

– Sono d’accordo – asserì Jupiter, senza alzare gli occhi dal giornale che stava leggendo attentamente.

I tre ragazzi, chiamati anche I Tre Investigatori, si trovavano nell’appartato posto di lavoro di Jupiter nel cortile del deposito Jones. Qui, sotto una tettoia lunga tre metri, appoggiata al muro di cinta del cortile, i tre riparavano tutte le vecchie cose che venivano scaricate nel cortile. Parte del compenso che ricevevano dallo zio Titus per il loro lavoro, lo usavano per pagarsi certi lussi, primo tra i quali il telefono installato nel Quartier Generale segreto.

Nel cortile da alcuni giorni regnava la calma. I Tre Investigatori non avevano nulla su cui indagare, nemmeno sulla scomparsa di un qualsiasi gatto o cagnolino, beniamino di qualche vecchietta del quartiere. Così i ragazzi, non avendo altro per la mente, si stavano dedicando alla riparazione di una vecchia radio che Pete aveva scoperto tra le altre cose vecchie nel cortile. La mente di Jupiter però non restava mai a riposo. E quando non vi erano dei problemi da risolvere, era subito pronta a crearne qualcuno.

– Scommetto che stai parlando dei gioielli esposti al Museo Peterson – disse Bob, ricordandosi di alcuni commenti sentiti in famiglia a proposito di una notizia apparsa sul giornale.

– Il Museo Peterson? – chiese incuriosito Pete. – Dove si trova?

– In cima alle colline di Hollywood – spiegò Bob. – È una grande e vecchia villa che era di proprietà di Hiram Peterson, il re del petrolio. Fece donazione della casa a patto che fosse adibita a museo libero al pubblico.

– E proprio ora vi si tiene una speciale mostra di favolosi gioielli – disse Jupiter. – La mostra è organizzata dalla “Associazione Gioiellieri Giapponesi” di Nagasami. Sta girando per tutti gli Stati Uniti allo scopo di reclamizzare le perle coltivate. I pezzi esposti sono tutti realizzati con perle. O meglio, tutti ad eccezione di due, di notevole interesse. Il primo di questi pezzi è noto come “I Gioielli dell’Arcobaleno”. Si tratta di un gruppo di gemme, diamanti, smeraldi, rubini ed altre pietre preziose, montate in maniera tale che il loro sfavillio è simile ad un arcobaleno. Alcune di queste gemme sono molto grosse, e prese singolarmente valgono migliaia di dollari. Tutte insieme vengono valutate molti milioni di dollari.

– Vi è anche una cintura – s’intromise Bob. – Un qualche cosa fatto da grosse maglie quadrate d’oro tempestate di smeraldi. I giornali dicono che pesa otto chili. È una cintura che portavano gli antichi imperatori del Giappone.

– Sei pazzo, Jupiter! – esclamò Pete. – Nessuno potrebbe rubare simili gioielli. Scommetto che sono vigilati come una banca.

– Anche di più – disse Jupiter. – Nella stanza dei gioielli stazionano permanentemente parecchi custodi. Un impianto televisivo a circuito chiuso controlla i Gioielli dell’Arcobaleno ininterrottamente. Durante la notte la sala viene percorsa da raggi invisibili e incrociati. Se qualcuno interrompe un raggio, automaticamente scatta un sistema d’allarme. Inoltre nel vetro della bacheca vi sono sottilissimi fili che fanno parte del sistema d’allarme. Se il vetro viene rotto si mette in azione l’allarme. Il Museo poi ha un impianto elettrico d’emergenza; qualora, ad esempio, durante un forte temporale venisse a mancare la corrente, il sistema d’allarme rimarrebbe comunque efficiente.

– Nessuno potrebbe rubare quei gioielli! – esclamò Pete.

– Tutti questi ostacoli ci stimolano, non è vero? – chiese Jupiter.

– Stimolarci? – rispose Bob. – Noi sveliamo dei crimini, non studiamo come commetterli.

– Ora però non abbiamo nulla da risolvere – Jupiter fece notare. – Speravo che Alfred Hitchcock ci mettesse al corrente di qualche caso interessante, ma dato che non lo ha fatto, dobbiamo occupare vantaggiosamente il nostro tempo. Sarà una buona esperienza, che metteremo a frutto nelle indagini future, esaminare se questi gioielli possono o meno essere rubati; inoltre per una volta tanto ci metteremo dalla parte dei ladri.

– Stiamo sprecando solo del tempo – asserì Pete. – Faremmo meglio ad andare a fare un po’ di pratica di nuoto subacqueo. Abbiamo ancora molto da imparare.

– Sono d’accordo con Pete – dichiarò Bob. – Andiamo a fare del nuoto. Non appena lo avremo imparato bene mio padre ci ha promesso di portarci nella California del Sud dove potremo prendere delle aragoste vive.

– Due contro uno, Jupiter – disse Pete. – Sei in minoranza!

– Il giornale dice – continuò Jupiter come se non li avesse sentiti – che oggi al Museo c’è la giornata dedicata ai ragazzi. I minori di diciotto anni entrano a metà prezzo mentre gli scout in uniforme, con i loro accompagnatori, entrano gratuitamente.

– Noi non abbiamo nessuna uniforme e perciò siamo fuori causa – disse Pete.

– Questa settimana però abbiamo guadagnato qualche cosa in più – ricordò Jupiter. – Inoltre abbiamo del tempo libero. È una occasione ideale per andare ad Hollywood a dare un’occhiata ai Gioielli dell’Arcobaleno nel Museo Peterson. Almeno vedremo finalmente dei veri gioielli; chissà, forse un giorno potrebbero domandare il nostro aiuto per recuperarne qualcuno rubato.

– Ho la sensazione – Bob mormorò a Pete – che la maggioranza stia per perdere due contro uno.

– Ehi! Ho un’idea! – esclamò Pete improvvisamente interessato alla cosa. – So come potrebbe avvenire il furto. I gioielli sono pietre, non è vero? Bene, che cosa si fa con le pietre?

– Si studiano al microscopio – disse Jupiter.

– O si lanciano contro i barattoli vuoti – rispose Bob.

– Certo – acconsentì Pete. – Ma c’è qualcosa d’altro che si può fare se non sono troppo grosse. Lanciarle con una fionda. Ecco come potrebbero essere trafugati i gioielli. Qualcuno rompe la bacheca di vetro, con una fionda lancia le pietre attraverso la finestra aperta, dei complici le raccolgono e le fanno sparire in fretta.

– Grande! – disse Bob.

Jupiter sembrava pensieroso. Poi lentamente scosse il capo.

– Vi sono due punti deboli nel piano – disse. – Primo, i complici potrebbero allontanarsi con i gioielli ma il ladro verrebbe certamente preso dai custodi di guardia. Ma

– proseguì – vi è un punto ancora più debole. I gioielli non potrebbero essere lanciati con una fionda attraverso la finestra perché… – e qui volutamente fece una pausa.

– Ebbene, perché? – chiese Pete con impazienza.

– Sì, perché? A me sembra una buona idea – s’intromise Bob.

– Perché – riprese Jupiter – nel Museo Peterson non esistono finestre.