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Bob Andrews si svegliò dolcemente. Il sole inondava la sua stanza. Era domenica e per un po’ indugiò tra le lenzuola assaporando quegli attimi che passano tra il sonno e la veglia. Poi, improvvisamente, come se fosse stato punto da un calabrone, balzò dal letto. Jupiter e Pete! Cosa era accaduto loro durante la notte? Avevano scoperto qualcosa? Avevano telefonato? In fretta si vestì ed automaticamente si mise in tasca il suo radiotelefono. Scese in cucina dove sua madre stava cuocendo delle frittelle. Il profumino che emanavano gli solleticò il naso.

– Nessun messaggio da parte di Jupiter? – chiese a sua madre.

– No, non ha telefonato nulla. Puoi tranquillamente sederti e mangiare le tue frittelle. Andrai dopo al cortile dei rottami.

– Il deposito di Titus Jones si chiama “Bottega del ricupero” e non cortile dei rottami – la corresse Bob, mettendosi nel piatto alcune frittelle.

Dato che Jupiter non aveva ancora chiamato, le cose dovevano andare bene. Forse avevano passato una notte tranquilla e stavano ancora dormendo. O forse avevano lasciato un messaggio nella roulotte-ufficio, sede del loro Quartier Generale.

Mangiò con calma e, presa la bicicletta, si diresse al deposito di Jones. Il cancello era aperto ed Hans era nel cortile che lavava il camioncino.

– Nessuna chiamata da Jupiter? – chiese Bob.

– No, tutto è tranquillo, credo – rispose Hans.

– Dovrebbero essere alzati a quest’ora – affermò Bob aggrottando la fronte. – Li chiamo io, poi andremo a prenderli. Oggi dobbiamo andare in piscina.

Entrò nell’ufficio e formò il numero della signorina Agawam. Il telefono squillò, squillò, ma con sua sorpresa nessuno rispose. Provò ancora: niente. Bob cominciò a preoccuparsi.

– Non risponde nessuno – disse ad Hans. – Dove possono essere? La signorina Agawam, almeno, dovrebbe essere in casa.

Hans improvvisamente divenne serio.

– Sono andati alla caccia degli gnomi. Forse gli gnomi li hanno catturati – disse con una smorfia.

– Sarà meglio che andiamo a vedere che cosa succede laggiù – decise Bob. – Andiamo di corsa!

– Certo – fu d’accordo Hans.

In quel momento il telefono squillò.

– Forse sarà Jupiter – esclamò Bob, correndo a rispondere.

– Pronto? – disse.

– Scusi, prego, Jupiter-san essere lì? – domandò una voce di ragazzo che Bob riconobbe; era infatti Taro Togati.

No, è fuori per un’indagine. Qui è Bob Andrews.

Per favore dire a Jupiter-san questo messaggio. Mio padre e custodi guardato museo tutto, tutta la notte per trovare la Cintura d’Oro. Guardato anche dietro quadri.

– L’hanno trovata? – chiese Bob con ansia.

– Ahimè, no! Hanno trovato niente. Mio padre ancora arrabbiato con sé per aver ascoltato sciocchezze di ragazzi. Anch’io sono in disgrazia, ma penso che Jupiter-san avuta buonissima idea. Prego dire lui che cintura non trovata.

– Va bene, glielo dirò quando lo vedrò – disse Bob. Riappese.

Uscì e salì sul camioncino. Questa notizia non avrebbe fatto piacere a Jupiter: secondo il suo ragionamento, infatti, la cintura si trovava ancora nel museo. Forse questa volta s’era sbagliato.

Partirono di corsa verso la città. Il traffico sull’autostrada per Los Angeles era meno intenso del solito. Mantennero un’andatura talmente alta che il camioncino sembrava sul punto di scoppiare. Quarantacinque minuti dopo erano davanti alla casa della signorina Agawam. Bob balzò fuori prima ancora che il motore fosse fermo. Suonò il campanello a lungo ma non ebbe alcuna risposta. Ora Bob era seriamente preoccupato. Chiamò Hans. Notarono che il cancelletto non era chiuso: lo spinsero e raggiunsero di corsa la porta. Suonarono ancora a lungo. Silenzio. – Spingi la porta – suggerì Hans. – Forse sono là dentro trasformati in sassi.

Hans sembrava convinto di quello che diceva. Bob spinse la porta e questa, con sua meraviglia, si aprì. Entrarono e chiamarono varie volte. Rispose solamente una debole eco.

Presi ormai dall’ansia e dalla disperazione, Bob ed Hans cercarono in tutta la casa, anche in cantina. Non vi era alcuna traccia di Jupiter, di Pete e della signorina Agatha. Le uniche cose che trovarono furono le borse.

– Jupiter e Pete devono aver visto qualcosa fuori, e devono essere usciti. La signorina li deve aver seguiti e forse sono stati fatti prigionieri tutti e tre. Cerchiamoli ancora – disse Bob.

– Gli gnomi li hanno presi – mormorò Hans amaramente. Era ovvio che Hans credeva negli gnomi e nelle loro magie.

– Dobbiamo cercare – disse Bob preoccupato.

Non credeva certo di trovarli trasformati in pietre, però era sicuro che doveva essere accaduto qualcosa di grave.

– Cerchiamoli prima nel giardino – disse.

Frugarono in ogni angolo del giardino senza risultato. Finalmente Bob vide la macchina fotografica di Jupiter che penzolava da un ramo di un cespuglio, e l’afferrò.

– Jupiter è passato di qui – esclamò. – Deve aver fotografato qualcosa; vediamo!

In un secondo estrasse la fotografia già sviluppata e rimasero tutti e due a bocca aperta nel vederla. Era la fotografia di uno gnomo, dal truce sguardo, orecchie pelose e denti simili a zanne. Stava guardando da una finestra.

Che cosa ti ho detto, Bob? – disse Hans. – Sono stati catturati dagli gnomi.

Forse – rispose Bob che a questo punto non sapeva più cosa rispondere. – Dobbiamo comunque continuare a cercarli. Chiameremo la polizia e…

Esitò al pensiero di dover mostrare quella foto alla polizia. No, per il momento era meglio che lui ed Hans soli proseguissero nelle ricerche.

– Ascolta, Hans – disse Bob in fretta. – Non sono né in casa né in giardino. Ma sono usciti alla caccia di qualcosa e non sono più tornati. Forse hanno lasciato qualche traccia, o qualcuno forse li ha visti. Facciamo un giro attorno all’isolato. Chiederemo notizie a tutti quelli che incontreremo.

Bob si diresse subito verso il teatro. La strada era tranquilla e non incontrarono nessuno a cui chiedere informazioni. Non trovarono nessuna traccia. Ad un certo punto Bob pestò qualcosa che si sbriciolò sotto la scarpa.

Guardò ed emise un grido. Aveva pestato un pezzetto di gesso blu.

– È il gesso speciale di Pete! – disse ad Hans. – Pete era da queste parti, questa notte.

– Guarda! – esclamò Hans. – Vicino al muro vi è un altro pezzetto di gesso blu.

– È come l’altro. Deve essersi rotto in due – congetturò Bob. – Hans, guarda. Vedi? C’è un segno sul marciapiede nel punto in cui è caduto e si è spezzato.

– Caduto? E da dove? – chiese Hans.

Bob era già indietreggiato e stava guardando verso l’alto. Non vi era alcuna finestra né alcun luogo ove Pete potesse essere nascosto…

Poi lo vide. Era quasi invisibile ma c’era. Un punto interrogativo: un enorme punto interrogativo fatto con un gesso blu. Il segnale di Pete.

Significava che Pete, durante la notte ed in qualche modo, si era trovato a metà del muro del teatro! Bob non riusciva a capire come avesse fatto a tracciare il segno, ma questo era lì! Forse voleva dire che Jupiter e Pete erano dentro il teatro?

– Hans, dobbiamo entrare – disse Bob con ansia.

– Va bene, strapperò le assi dalla porta e la abbatterò – e così dicendo Hans si mise a schiodare un’asse ma Bob lo fermò.

– Se sono dentro, forse vi è una porta già aperta – disse Bob. – E credo di sapere qual è.

Condusse Hans lungo l’edificio fino all’angolo dove iniziava il vicoletto che correva dietro al teatro e alla casa.

– Silenzio! – fece Bob. – Da adesso in poi dobbiamo applicare delle misure di sicurezza.

Dal taschino della giacca estrasse uno specchietto rotondo con una impugnatura snodata. Faceva parte dell’equipaggiamento che Jupiter aveva distribuito proprio quella settimana.

Bob, all’angolo della strada dove iniziava il vicoletto, si sdraiò a pancia in giù sul marciapiede. Con cura fece scivolare lo specchietto oltre l’angolo e lo orientò in maniera da vedere tutto il vicolo.

Vi era qualcosa nel vicolo. Un camioncino verde era parcheggiato davanti alla porta riservata all’ingresso degli artisti. Porta che Bob, assieme ai suoi due amici, aveva varcato il giorno prima. Bob guardò nello specchio con ansia crescente. Con sorpresa vide un uomo che, uscito dal teatro, stava caricando sul camioncino un grosso e pesante sacco. Era Rawley.

– Bob, vedi qualcosa? – chiese Hans.

– Vedo il guardiano notturno che sta facendo qualcosa di strano – mormorò Bob. – Forse sta rubando qualcosa; sono certo che Jupiter e Pete sono dentro il teatro.

– Beh, che cosa aspettiamo? Entriamo! – disse Hans gonfiando i muscoli delle braccia.

– No, ci vuole la polizia. Possono essere in tanti, troppi… Ecco altri due uomini che escono con dei sacchi. Corri a cercare qualche agente, Hans, fai presto. Io resto qui a guardare.

– Bene – brontolò Hans, che sarebbe voluto passare subito all’azione.

Bob continuava a guardare. Di tanto in tanto gli uomini davano un’occhiata in su e in giù nel vicoletto. Non si erano accorti però del piccolo specchio. I tre continuarono a caricare sacchi sul camioncino.

Bob cominciò ad essere inquieto. Il tempo stava passando velocemente ed Hans non arrivava con la polizia. Perché?

Ora i tre sembravano aver finito di caricare. Parlottarono tra loro, poi rientrarono nel teatro e questa volta due di essi uscirono trasportando un grosso sacco, più grande degli altri. Il sacco si contorse come se qualcuno volesse uscirne!

I due uomini lo misero nel camioncino, rientrarono e riuscirono con un altro sacco simile al precedente, forse ancora più grosso e più pesante. Anche in questo qualcosa si muoveva.

Bob si sentì inerme. Era certo che dentro quei sacchi vi fossero Jupiter e Pete, ma non poteva far nulla per aiutarli. Se almeno Hans fosse stato lì, avrebbero tentato di far fuggire gli uomini e liberare così gli amici. Ma Hans era andato alla ricerca di qualche agente. Bob si rese conto che da solo non avrebbe potuto fare nulla: se avesse tentato, sarebbe stato fatto prigioniero anche lui. Uno degli uomini chiuse con un colpo la porta posteriore del camioncino. Tutti e tre salirono sul sedile anteriore e dopo un attimo il veicolo si mise in moto. Jupiter e Pete erano su quel camioncino, e lui aveva perso l’occasione per liberarli!