17

Erano trascorsi sei giorni da quella domenica. Dopo che Jupiter aveva detto “È tutto!“ i ragazzi avevano dovuto rispondere a migliaia di domande. La polizia diede loro atto ch’erano stati veramente in gamba nell’impedire ai ladri di fuggire col denaro rubato all’Agenzia n” 3 della Banca dei Commercianti. Gli uomini della polizia si mostrarono all’inizio invece scettici sulla storia degli “gnomi”, ma finirono per credervi quando Agatha Agawam confermò il loro racconto.

La polizia non era riuscita però ad arrestare i ladri. Rawley, Ciccia e Trivella avevano preso il largo dopo che era improvvisamente scesa una leggera nebbiolina, e mentre i ragazzi stavano ancora parlando con gli agenti. Per quanto riguarda i nani che avevano interpretato la parte degli gnomi, gli astuti omini avevano negato nella maniera più convincente. La polizia s’era recata alla pensione dove alloggiava un gruppo di essi. Ognuno aveva un amico pronto ad avallare e confermare le sue parole. La polizia non era quindi riuscita a smontare i loro alibi, e pertanto era stato impossibile eseguire degli arresti. Durante quasi tutti questi sei giorni, Jupiter era apparso triste ed abbattuto. Era molto arrabbiato con se stesso. Era vero che s’era reso conto immediatamente che gli gnomi erano dei nani travestiti, e che pochi minuti prima d’essere catturato aveva capito che si trattava di un furto alla banca. Però era stato Pete a lasciare quella traccia importante sul muro del teatro; era stato Bob che l’aveva scoperta; erano stati Bob ed Hans che li avevano liberati. La verità era che Jupiter Jones, l’Investigatore Capo, non aveva brillato molto in questa indagine, o per lo meno in questo era convinto. A peggiorare le cose, anche la sua idea sul presunto nascondiglio della Cintura d’Oro s’era rivelata errata. Per Jupiter questa era stata una pillola amara da ingoiare. Anche i caldi elogi della signorina Agatha non erano serviti molto a risollevargli morale. Qualcosa doveva accadere perché Jupiter ritornasse alla normalità, e Bob e Pete speravano che ciò avvenisse al più presto. Quel sabato pomeriggio, dopo aver lavorato sodo nella “Bottega del Ricupero”, i tre ragazzi decisero di riposarsi un po’ nella loro piccola officina, che pomposamente chiamavano “laboratorio”. Il pesante lavoro manuale aveva un po’ risollevato il morale di Jupiter. Assieme a Pete aveva raccontato a Bob dettagliatamente l’avventura all’interno del Teatro Moresco.

– Sono sorpreso che la polizia non sia ancora riuscita a rintracciare Rawley, o almeno il suo amico Trivella – disse Pete. – Presto o tardi l’Interpol li scoverà. Dopo tutto il particolare fisico di Trivella, cioè quel dente davanti d’oro, dovrebbe rendere l’identificazione più semplice.

– Vi sono tante persone con denti d’oro – disse Bob. – Anche un piccolo “lupetto” incontrato al museo ne aveva uno. Ma… Jupiter che ti succede?

Jupiter improvvisamente s’era alzato e stava guardando Bob come se non lo avesse mai visto prima.

– Hai visto un “lupetto” con un dente d’oro? – chiese, con la faccia rossa dall’emozione.

Si appoggiò al torchio e vi picchiò i pugni sopra.

– Perché non me lo hai detto prima? Perché non me lo hai detto?

– Che cosa? D’aver visto un “lupetto” con un dente d’oro? – chiese Bob, sorpreso dalla strana reazione di Jupiter. – Non pensavo che fosse così importante… almeno non l’ho pensato fino ad ora.

– Ma non ti rendi conto? – disse Jupiter. – Se me lo avessi detto avrei potuto…

In quel momento furono interrotti dalla forte voce di zia Mathilda che annunciava una visita. Era il ragazzo giapponese, Taro Togati, il quale appariva piuttosto abbattuto.

– Jupiter-san – disse facendo un lieve inchino – Bob-san, Pete-san. Vengo per dire addio. Mio padre in disgrazia. Torniamo in Giappone.

– Cosa è successo, Taro? – chiese Jupiter. – La mostra dei gioielli verrà chiusa?

– Oh, no! – rispose il ragazzo giapponese scuotendo il capo. – La Cintura d’Oro non trovata. Non era dentro il museo come tu intelligentemente suggerito. Custodi provato loro innocenza e trovato nessuno sospetto. Così Compagnia Gioiellieri di Nagasami licenziato mio padre. È molto in disgrazia. Quasi uomo mezzo morto.

Ai ragazzi spiacque sentire questa notizia. Taro era un ragazzo simpatico. Sapevano che suo padre aveva fatto del suo meglio, solo che… la banda che aveva fatto il colpo era stata troppo in gamba.

Jupiter però continuava ad avere un comportamento strano. Si mordicchiava il labbro, indice che aveva messo la sua mente al lavoro. I suoi occhi luccicavano. La sua tristezza sembrava svanita.

– Taro! – disse. – Domani è l’ultimo giorno della mostra, vero?

– Sì assentì Taro. – Chiude domenica sera. Domenica sera io e mio onorevole padre voleremo in Giappone. Così venuto oggi per dire addio ai miei soli amici americani.

– Mi pare d’aver letto sui giornali che domani è di nuovo la giornata dedicata ai ragazzi, vero? – chiese Jupiter – Quelli al di sotto di dodici anni potranno entrare gratis, gli altri a metà prezzo.

– Sì – rispose Taro. – L’ultima volta essere stato, come voi dite, grosso affare. Così fare altra giornata per ragazzi.

– Non abbiamo tempo da perdere! – disse Jupiter. – Taro, ho una idea. Tuo padre sarà disposto a collaborare con me?

– Collaborare? – ripeté Taro che non aveva capito il significato della parola.

– Lavorerà con me?

– Oh, sì disse Taro scuotendo il capo vigorosamente. – Mio padre disperato. Polizia non risolto nulla, ora tenterà con ragazzi.

– Allora andiamo – disse Jupiter balzando in piedi. – Hai la macchina?

– Mio padre mandato me con autista.

– Bene. Bob. Pete… aspettatemi. Starò via tutto il pomeriggio. Tu, Bob, continua a scrivere il tuo rapporto sul caso, lo daremo al signor Hitchcock. Pete, tu continua a grattar via la ruggine dalla falciatrice, la venderemo a dieci dollari. Chiedete ai vostri il permesso di passare la notte qui, potrebbe essere necessario che restiate. Dopo di che se ne andò trascinandosi dietro Taro e lasciando Bob e Pete a bocca aperta.

Ci volle un buon minuto prima che Bob e Pete si riavessero dalla sorpresa.

– Ebbene? – disse Pete. – Cosa sta succedendo?

– Magari lo sapessi – rispose Bob. – D’improvviso sembra che una vespa lo abbia punto. Quello che possiamo fare è attendere il suo ritorno.

Il mistero s'infittì quando più tardi ricevettero una telefonata da Jupiter.

– Provate tutte le entrate segrete, eccetto Emergenza Uno e Porta Quattro – ordinò riferendosi alle entrate e alle uscite della roulotte che venivano usate solo in casi di estrema emergenza. – Entrate e uscite più volte dall’Entrata Verde, dal Tunnel Due, dalla Porta Rossa e dall’Ingresso Tre. Assicuratevi che funzionino bene.

Questo è quanto disse. Riattaccò prima ancora che gli altri potessero fare una sola domanda. Quello che Jupiter aveva in mente era alquanto oscuro, ma obbedirono. Entrarono dall’Entrata Verde (due assi della staccionata dipinte in verde), strisciarono nel Tunnel Due. Provarono la Porta Rossa. Questa consisteva in tre assi dipinte in rosso e raffiguranti l’incendio di San Francisco del 1906. Un cane, seduto, guardava la scena; premendo un occhio del cane un’asse si sollevava. S’infilarono sotto e sopra cataste di materiale che sembrava messo lì alla rinfusa, fino a raggiungere la botola che dava alla roulotte del Quartier Generale.

L’Ingresso Tre era il più semplice. Una grande porta di quercia, ancora con i cardini, era appoggiata a una catasta di legna. Una grossa ed arrugginita chiave era nascosta in un altrettanto arrugginito bidone. Aperta la porta vi era un angusto passaggio, ricavato tra il legname, che portava alla porta della roulotte che serviva da Quartier Generale. Questo passaggio veniva usato solo quando il cortile era deserto.

Né Bob né Pete furono contenti di eseguire gli strani ordini di Jupiter, ma dopo tutto lui era il capo. Provarono ogni entrata tre volte. Poi attesero. La cena era pronta già da un’ora quando Jupiter arrivò. Aveva un’aria trionfante. Con loro grande sorpresa giunse in taxi. L’autista si fermò davanti alla porta dell’abitazione degli Jones. Jupiter scese e pagò. Bob e Pete, con grande sorpresa, videro il taxi girare sul retro della casa, fermarsi di nuovo e dalla porta posteriore discenderne Taro che sgattaiolò subito in casa.

– Mamma mia – esclamò zia Mathilda non appena Jupiter entrò. – Cosa mai stai combinando? Indossi la tua giacca nuova, e già ti è stretta. Sei decisamente grasso. Jupiter non sopportava d’essere chiamato grasso. Non s’offendeva se lo definivano robusto o muscoloso, ma grasso… no. Ma non disse nulla.

– Se ti sei ancora impegolato in qualche furto in una banca – disse lo zio Titus Jones, un uomo di piccola statura con dei grossi baffi, che amava parlar forbito – allora decisamente mi oppongo. In altre parole, non approvo. Per essere più esplicito, te lo proibisco.

– Sto semplicemente cercando di aiutare Taro – disse Jupiter posando una mano sulle spalle del ragazzo giapponese. – Suo padre è nei pasticci, ha perso una cintura ed io sto aiutandolo a rintracciarla.

– H uni! – Titus Jones rimuginò questa frase lino a quando fu servito l’arrosto con patate. – Ha perso una cintura. Ci ho pensato sopra e non mi pare vi sia nulla di pericoloso nel rintracciarla. Puoi proseguire nelle tue ricerche.

La cena proseguì senza intralci. Jupiter e Taro sembravano distratti, e Jupiter non diede alcuna spiegazione a Bob e a Pete. Inoltre teneva sempre la giacca ben abbottonata, sebbene fosse una giornata calda. Appena cominciò a farsi buio, Jupiter si alzò.

– Se ci scusate – disse rivolto agli zii – andiamo nel cortile dove terremo una riunione.

– Ah, voi e il vostro club – disse zia Mathilda, che ancora credeva che i ragazzi facessero parte di un club. – Andate pure, io e zio Titus faremo i piatti.

– Spero riusciate ad aiutare il padre di questo ragazzo – disse zio Titus. – Bene, andate pure.

– Per motivi particolari – disse Jupiter – vogliamo che nessuno sappia che Taro è qui. Perciò chiederò ad Hans e a Konrad di aiutarmi a trasportare Taro dentro uno scatolone.

Questo sembrò molto strano a Bob e a Pete. Gli zii invece

non fecero alcun commento, essendo ormai abituati alle stranezze di Jupiter.

I tre ragazzi, seguiti da Hans e Konrad che portavano uno scatolone, raggiunsero il loro laboratorio. Lo scatolone fu posato a terra e Taro ne uscì fuori.

Appena Hans e Konrad se ne furono andati, Jupiter fece strada ai ragazzi nell’interno della roulotte, passando attraverso il Tunnel Due. Una volta dentro, Jupiter chiese:

– Avete eseguito i miei ordini? Pete e Bob annuirono.

– Eravamo incerti, però – disse Pete – poiché vi erano alcuni ragazzi con degli aquiloni sulla strada. Potrebbero averci visto entrare e uscire dagli ingressi segreti.

– Probabilmente erano ragazzi di un altro quartiere – proseguì Bob. – Però tu ci hai ordinato di farlo e noi abbiamo eseguito.

– Benissimo – Jupiter sembrava compiaciuto. – Nessuna organizzazione funziona se non si eseguono gli ordini. Ho avuto un pomeriggio interessante. Ve ne parlerò dopo. Ora raccontiamo a Taro alcune delle nostre avventure.

Il comportamento di Jupiter era sempre più strano, tuttavia Bob e Pete obbedirono. Taro Togati sedeva silenzioso ascoltando i loro racconti, che a quanto pareva lo interessavano molto.

Fuori si faceva sempre più buio. Dal lucernario sopra le loro teste vedevano che il cielo era diventato nero. Allora, solamente allora, Jupiter si slacciò la giacca, e finalmente capirono perché sembrava così grasso.

Jupiter aveva addosso la Cintura d’Oro degli Antichi Imperatori!

Le grosse maglie d’oro e gli enormi smeraldi luccicavano. Jupiter con sollievo se la tolse e la pose sul tavolo.

– L’ho avuta addosso tutto il giorno. È piuttosto pesante. Bob e Pete lo tempestarono di domande. Dove l’aveva trovata? Perché l’aveva addosso? Perché non l’aveva restituita?

Prima che Jupiter potesse rispondere, la botola del Tunnel Due si alzò. Un omino, con un orribile ghigno, li fissò agitando un coltello. Nello stesso attimo, il pannello della Porta Rossa si aprì e apparve un altro omino anch’egli armato di coltello.

Anche l’Ingresso Tre si spalancò e due piccoli uomini, dall’espressione feroce, entrarono puntando dei pugnali contro i ragazzi.

– Ragazzi, siamo venuti a prenderla – uno di essi urlò.

– Datecela.

Nessuna persona adulta sarebbe potuta passare dagli ingressi segreti. Cioè, adulti normali. Ma questi erano dei nani.

Come i quattro nani avanzarono, Jupiter passò all’azione.

– Allarme rosso! Emergenza Uno! Uscita immediata! – urlò.

Prese la Cintura d’Oro e saltò d’un balzo sul tavolo. Spinse in fuori il lucernario, e dall’esterno trasse dentro una corda, con due anelli per infilarci i piedi, che penzolò sul tavolo.

Quella era l’uscita che i tre chiamavano Emergenza Uno.

Taro si arrampicò sulla corda come una scimmia, poi Jupiter gli passò la cintura. Bob e Pete, ancora stravolti dalla sorpresa, lo seguirono. Quando i nani arrivarono al tavolo, anche Jupiter era fuggito sul tetto della roulotte. Sembrò che dovessero rimanere prigionieri lassù. I nani, acrobati, s’erano già gettati all’inseguimento. Urlavano con esultanza poiché erano convinti di averli in pugno. Ma Jupiter aveva previsto tutto.

Un vecchio scivolo, proveniente da un campo giochi di una scuola, era appoggiato alla roulotte. Delle travi di ferro sembrava però che ne impedissero la discesa. Uno ad uno i ragazzi scivolarono a pancia in giù, sfiorando le travi e piombando su della segatura sparsa sul terreno. Poi, schivando alcune cataste di rottami, si diressero verso l’uscita.

Dal tetto della roulotte il primo nano si lasciò andare sullo scivolo all’inseguimento. Invece che a pancia in giù, scivolò seduto; ma a metà percorso batté contro una trave di ferro.

– Tornate indietro – urlò agli altri. – Uscite dalla porta; dobbiamo prenderli.

I nani si ricalarono nell’interno della roulotte e ripercorsero l’Ingresso Tre.

– Dobbiamo trovarli! – urlò uno di essi con voce squillante. – Hanno la cintura!

I ragazzi, nascosti dietro a una catasta di legna, rabbrividirono vedendo avvicinarsi quattro piccole ombre con dei lunghi coltelli in mano. Poi Bob e Pete ebbero una nuova sorpresa. Si udì un lungo fischio. Un attimo dopo

almeno sei grosse ombre d’uomo si lanciavano sui nani.

I nani urlavano e si dimenavano, ma non riuscirono a sfuggire ai sei uomini della polizia e al signor Saito Togati. Vi fu una breve ma feroce colluttazione ma alla fine i nani furono ammanettati e trascinati dentro una macchina della polizia che stava in attesa.

– Bob, Pete, Jupiter e Taro uscirono dal loro nascondiglio. Taro corse esultante verso suo padre.

– Vedi, padre – urlò. – Il piano di Jupiter-san ha funzionato. La cintura recuperata e piccoli ladri, presi.

– È vero – rispose Saito Togati. – Da piccoli libri possono venire grandi ed utili consigli. Jupiter-san, le mie umili scuse per la mia sgarbatezza usata la prima volta, quando vi ho conosciuto.

– Oh, non fa niente – rispose Jupiter, che balbettava dalla contentezza perché tutto si era risolto come aveva previsto. – Era logico che lei avesse più fiducia nella polizia.

– Figlio mio – aggiunse ancora il signor Togati – sono felice che tu mi abbia convinto ad ascoltare i tuoi giovani amici americani.

Il piccolo Taro arrossì dalla gioia.

– Ora avrò buona cura della cintura – proseguì Saito Togati, toccando le grosse maglie d’oro. – Vale molto. Voi ragazzi avete salvato il mio onore e non lo dimenticherò. Vieni, Taro, dobbiamo andare. Vi penseremo sempre. Togati e suo figlio fecero un inchino e se ne andarono portandosi dietro la Cintura d’Oro. Il capo della polizia Reynolds si trattenne invece un po’ per fare delle domande a Jupiter.

Bob e Pete stavano ancora a bocca aperta e cercavano di capire come si erano svolte le cose. Ma tutto era accaduto così in fretta che non riuscivano a connettere. Lo strano comportamento di Jupiter, l’improvvisa comparsa della cintura, l’invasione dei nani armati nel loro Quartier Generale, la loro fuga, la comparsa della polizia e di Saito Togati. Era troppo!

Finalmente Bob, dopo che il capo della polizia se n’era andato, provò a dire:

– Jupiter, scommetto che quei nani che erano qui stasera alla ricerca della Cintura d’Oro erano gli stessi che aiutarono Rawley a fare il colpo alla banca, vero?

– Sì – rispose Jupiter. – Sono dei veri criminali, e finalmente sono stati presi. Sono sempre riusciti a farla franca con i loro travestimenti da ragazzini.

– Ma… – intervenne Pete. – Sono gli stessi che hanno rubato la Cintura d’Oro?

– Certo. Ho sempre sostenuto che doveva trattarsi di una banda ben organizzata. Si travestirono da “lupetti”; ecco perché non sono mai stati sospettati. Chi avrebbe pensato che dei bambini fossero dei criminali? Se Bob lo avesse detto subito del “lupetto” con il dente d’oro, sarei arrivato alla soluzione molto prima. Comunque la Cintura d’Oro è stata trovata e i ladri sono al sicuro.

Vi erano ancora molte cose che Bob e Pete non capivano, ma erano certi che Jupiter, piano piano e al momento opportuno, avrebbe raccontato tutto. Ora Jupiter aveva l’aria gongolante e soddisfatta. Gli accadeva sempre così quando tutto filava come aveva previsto.

Certo! Aveva ben ragione di essere soddisfatto. Ancora una volta si era dimostrato degno di essere l’Investigatore Capo!