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– Mamma mia! – esclamò la signorina impallidendo. – Che cosa è successo?

Poi da sola si diede la risposta.

– Il mio ritratto si è staccato dalla parete – disse.

I tre ragazzi corsero nel punto in cui un grande quadro con una cornice dorata giaceva sul pavimento, coricato su un lato. Pete e Jupiter lo raddrizzarono e videro che si trattava di un bel ritratto della padrona di casa quando era giovane.

– Me lo fece, tanti anni fa, il pittore che illustrò i miei libri – spiegò l’anziana scrittrice.

Era stata ritratta seduta in un prato, intenta a leggere un libro e circondata da gnomi e folletti che l’ascoltavano.

Il quadro era appeso con un cavetto ad un gancio posto in alto vicino al soffitto. Il cavetto si era rotto e Jupiter ne esaminò i due capi. Poi solennemente affermò:

– Questo cavetto non si è rotto, è stato quasi del tutto limato. Presto o tardi doveva cadere.

– Oh! – esclamò la signorina passandosi il fazzoletto sul viso. – Gli gnomi! Devono essere stati loro. L’altra notte quando… Oh, ma non siamo ancora arrivati a questo punto.

– Mentre ci racconta il resto della storia – disse Jupiter – possiamo aggiustare il cavetto e riappendere il quadro. Sollevò il quadro con cura e Pete, che era particolarmente portato per questi piccoli lavori manuali, annodò le due estremità rotte del cavetto.

Bob prendeva appunti mentre l’anziana scrittrice continuava a raccontare la sua storia. Era chiusa in cantina da alcuni minuti quando era arrivato il nipote Roger; era entrato in casa con la chiave in suo possesso. Allora lei aveva urlato e picchiato sulla porta, e lui l’aveva liberata. Dopo avergli raccontato la storia, aveva capito che il nipote, pur dimostrandosi comprensivo, non ne credeva una parola. Era certa che egli supponeva si trattasse di un incubo o di un caso di sonnambulismo.

– Ci scusi un attimo, signorina – intervenne Jupiter. – Appendiamo il quadro e poi potrà proseguire il racconto. Pete si mise in piedi su una sedia e Jupiter gli porse il quadro.

Improvvisamente gli occhi di Jupiter brillarono. Bob sapeva bene che cosa ciò significasse. Jupiter aveva avuto un’idea!

– Che c’è, Jupiter? – chiese Bob mentre Pete scendeva dalla sedia.

Jupiter sembrava alquanto soddisfatto.

– Credo di aver risolto il mistero della Cintura d’Oro – sussurrò.

– Davvero? Perbacco! Racconta! – disse Bob quasi urlando. – Come hai fatto a risolverlo proprio ora?

– Ogni momento è buono per trovare la chiave di un enigma – dichiarò Jupiter – Ne parleremo più tardi. Ora dobbiamo aiutare la signorina.

Bob sospirò. Sapeva che Jupiter non avrebbe aggiunto altro. Cercò di immaginare che cosa avesse portato l’amico alla soluzione del mistero, ma non venne a capo di nulla. Agatha Agawam riprese la sua storia.

– Roger mi ha chiesto di andare ad abitare con lui nel suo appartamento, ma io ho rifiutato – disse. – Quella notte si è trattenuto per un po’, ma poi, vedendo che tutto era tranquillo, se n’è andato. Non è accaduto più nulla durante quella notte. Ma il giorno dopo ho udito ancora degli strani rumori. Avrei voluto telefonare a Roger… ma non mi sono azzardata dopo che, soltanto il giorno prima, aveva insinuato che il mio era stato un incubo. Non volevo fargli credere ch’ero una visionaria!

«Allora, piano piano sono scesa al pianterreno dove ho udito chiudersi la porta che dà sul porticato posteriore. Entrata nella biblioteca ho trovato alcuni quadri che erano caduti sul pavimento. Tutti i miei libri erano stati tolti dagli scaffali e ad alcuni erano state strappate delle pagine. Gli gnomi intendevano dunque dimostrarsi cattivi e maligni con me. Deve essere stato allora che hanno limato

il cavetto del mio quadro.

«Ero veramente sconvolta. Il mattino seguente ho telefonato a Roger che si è subito precipitato qui. Non ha però creduto che tutto quello scompiglio fosse stato opera degli gnomi. Con molto tatto ha cercato di convincermi che ero stata io, e mi ha suggerito di andarmene per un po’ di tempo in vacanza. L’ho letteralmente cacciato di casa! Dopo tutto ero certa di quello che era accaduto! Non sono né una sonnambula né una visionaria. Ma che cosa vuol dire tutto questo? – chiese la signorina torcendosi le mani. – È tutto così misterioso. Non capisco.» Anche Pete e Bob non capivano. L’ospite aveva un’aria così convincente che stentavano a non credere alla sua storia. D’altra parte il racconto sembrava assurdo.

– La prima cosa da farsi – affermò finalmente Jupiter che, ovviamente, era rimasto perplesso – è quella di cercare delle prove sull’esistenza di questi gnomi ed accertarci che la stanno molestando.

– Certamente – rispose la donna stringendosi le mani. – Sapremo anche il perché agiscono così nei miei confronti.

– Dobbiamo tender loro una trappola – replicò Jupiter.

– Che genere di trappola? – chiese Pete.

– Uno di noi passerà qui la notte e cercherà di acchiapparne uno – rispose Jupiter.

– Oh, faremo così? E chi di noi resterà?

– Tu, Pete. Penso che tu sia quello più adatto.

– Aspetta un attimo – protestò Pete. – Non voglio trasformarmi in un’esca umana per gnomi. Questo tipo di lavoro non m’interessa. Anche se non credo negli gnomi, non voglio correre rischi.

– Deve restare qui uno che è forte, e svelto e coraggioso – disse Jupiter. – Io sono forte ed abbastanza coraggioso… ma non sono svelto. Bob è agile, ora che gli hanno tolto la fasciatura dalla gamba – si riferiva ad una fasciatura elastica che Bob aveva dovuto portare a lungo in seguito ad una brutta frattura – ed ha il coraggio di un leone, ma non è molto forte. L’unico ad avere questi tre requisiti sei tu, Pete.

Pete deglutì. In quel momento non si sentiva affatto coraggioso.

– Perché non rimaniamo tutti e tre? – chiese. – Tre cervelli lavorano meglio di uno solo. Potremmo vegliare a turno.

– Questa sera devo andare con i miei genitori a far visita ad una zia – disse Bob. – Perciò non contate su di me.

– Tu, Jupiter, non hai alcuna scusa – proseguì Pete. – Domani è domenica ed il deposito di tuo zio rimane chiuso. Perché non restiamo noi due?

Jupiter si mordicchiò il labbro.

– Va bene – rispose. – Forse non è una cattiva idea. Senza dubbio in due potremo affrontare meglio la situazione. Signorina Agawam, ha niente in contrario se Pete ed io passiamo qui la notte?

– Oh, no! – esclamò contenta l’interpellata. – Ne sono felice. Vi metto a disposizione la stanza di fronte alle scale. Siete però sicuri di volerlo fare? Non voglio che corriate dei rischi.

– Gli gnomi non vi hanno fatto alcun male – disse Jupiter – e non credo che intendano farvene. È, necessario che questi gnomi vengano visti anche da noi. L’ideale sarebbe che riuscissimo a catturarne uno. Ora ce ne andiamo; torneremo quando sarà più buio. Cercheremo di entrare senza farci notare, così nessuno saprà che in casa sono arrivati degli aiuti.

– Benissimo – disse la signorina. – Vi aspetterò. Suonate il campanello e vi aprirò subito.

Quando i ragazzi furono in strada, Pete con enfasi disse:

– Jupiter, secondo te è una visionaria quella donna?

– Non lo so – rispose Jupiter pensieroso. – Forse. È certo però che non si comporta come una nevrotica. Forse ha proprio visto degli gnomi.

– Suvvia! – disse con scherno Pete. – Nessuno più crede agli gnomi.

– Alcuni sì – rispose Jupiter. – C’è chi crede, ad esempio nei fantasmi.

– Alcuni anni fa, nel 1938 – s’intromise Bob – alcuni scienziati scoprirono uno strano pesce la cui specie, secondo altri, era estinta da milioni di anni. Il celacanto. Ora gli scienziati hanno scoperto che ve ne sono a migliaia nei mari. Supponiamo – continuò Bob accalorandosi – che esista veramente una razza di piccole creature chiamate gnomi o spiritelli o folletti. Supponiamo che debbano tenersi nascosti sotto terra per paura di essere uccisi e mangiati da noi uomini. Rimarrebbero perciò a noi sconosciuti fino al giorno che almeno uno venisse catturato, come è avvenuto per il celacanto.

– Ragionamento eccellente – disse Jupiter. – Un buon investigatore deve prendere in considerazione ogni aspetto del problema. Questa notte saremo preparati a tutto. Si fermò in mezzo alla strada. Pete, diventato impaziente, disse:

– Andiamo, saliamo sul camioncino e torniamo a casa. È ora di cena ed io ho fame.

– Penso che faremo meglio a fare prima un giro a piedi attorno all’isolato – disse Jupiter. – Prima abbiamo ispezionato la staccionata e la siepe dall’interno, ora faremo la stessa cosa ma dall’esterno.

– Vuoi vedere se esiste un passaggio dal quale uno gnomo potrebbe essere fuggito?

– Certamente – rispose Jupiter. – Da una seconda ispezione può saltar fuori qualcosa che prima non avevamo notato.

Si avviarono verso il vecchio teatro mentre Pete seguitava a brontolare per la fame.

Delle assi erano state inchiodate sulle porte del teatro e sopra vi erano stati incollati dei manifesti pubblicitari. Girarono l’angolo e proseguirono lungo il fianco più lungo del teatro fino a che arrivarono ad un vicoletto.

– Questo vicoletto corre dietro la staccionata della casa della signorina Agatha – disse Jupiter. – Andiamo ad ispezionare la staccionata da questo lato.

Fatti alcuni passi, però, videro sul retro del teatro una porta di metallo. Una scolorita insegna diceva: “Ingresso Riservato Agli Artisti”. Era socchiusa e, inaspettatamente, udirono il brusio di alcune voci provenire dall’interno.

– È strano disse Jupiter. – I cartelli sulla facciata del teatro dicono che è “chiuso” e che è “assolutamente vietato l’ingresso”.

– Mi chiedo come sarà dentro – disse Pete. – Scommetto che deve mettere paura.

Jupiter si sedette su una bassa colonnina in pietra che si trovava accanto alla porta e cominciò ad allacciarsi e a slacciarsi le scarpe cercando di sentire che cosa stavano dicendo all’interno. Ma non riuscì a capire una parola. Solo il bisbiglio di due uomini che parlavano.

– Ascolta! – cominciò Pete.

– Sssh! – disse Jupiter teso. – Ho proprio udito dire le parole: cintura d’oro.

– Cintura d’oro! Mio Dio – mormorò Bob. – Credi che…

– Zitto – Jupiter stava ascoltando attentamente. – Ho sentito la parola: museo.

– Perdinci, forse siamo incappati nel covo dei ladri – Pete mormorò sbarrando gli occhi. – Sarebbe davvero un caso eccezionale.

– Dobbiamo cercare di capire di più, prima di chiamare la polizia – mormorò Jupiter.

I tre ragazzi si avvicinarono alla porta. Chiaramente udirono la parola “museo”. Tutti presi dalla curiosità si addossarono alla porta ancor di più. Questa, che non era del tutto chiusa, si spalancò e i tre ragazzi, perso l’equilibrio, caddero bocconi all’interno.

Mentre tentavano di rimettersi in piedi, vennero agguantati da delle robuste mani ed una voce profonda urlò:

– Spioni! Signor Jordan, chiami la polizia. Ho preso dei ragazzi che volevano intrufolarsi.