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– Uno gnomo!– urlò Bob. – Ci spiava!
Ma prima che gli altri si girassero, l’omino era sparito.
– Se n’è andato! – strillò nuovamente Bob facendo un balzo in avanti. – Forse è ancora nel cortile.
Corse verso la finestra seguito da Pete e da Jupiter. La finestra si apriva tra due scaffali di libri. Aveva già sollevato la mano per aprirla quando di colpo si fermò.
– È uno specchio! – disse Jupiter. – Hai visto qualcosa nello specchio.
Bob si girò esterrefatto. La signorina Agawam si alzò dalla sedia ed indicò la parete di fronte.
– È lì la finestra – disse. – Si riflette nello specchio e mi piace questo gioco ottico perché fa sembrare la stanza più grande.
I ragazzi corsero verso la finestra, l’aprirono e Jupiter si sporse per guardare nel cortile.
– Non si vede nessuno – disse.
– Il giardino è completamente deserto – aggiunse Pete.
– Sei sicuro di aver visto qualcuno, Bob?
Allibito Bob si affacciò alla finestra e vide il giardino deserto e le alte mura del teatro che delimitavano, su quel lato, il giardino stesso. Nulla: non si vedeva nessuno gnomo barbuto.
– Forse ha girato l’angolo della casa – disse. – Sono certo di averlo visto; dobbiamo cercarlo in giardino. Non può essere uscito dal cancelletto perché è chiuso.
– Mi spiace deludervi, ma se era uno gnomo, non lo troverete – disse la padrona di casa. – Dopo tutto hanno dei poteri magici.
– Dobbiamo cercare – rispose Jupiter. – Vi è un ingresso sul retro?
La signorina Agawam attraversò un corridoio e li condusse ad una porta sul retro della casa che dava su un piccolo porticato. I ragazzi corsero fuori. – Pete, tu vai a sinistra – urlò Jupiter. Io e Bob andremo a destra.
Non vi era molto da cercare. Nel piccolo cortile vi erano soltanto alcuni arbusti sparsi qua e là. Era delimitato da un’alta e solida staccionata, dietro la quale vi era un vicoletto. L’unico cancelletto della staccionata era chiuso a chiave. Sulle mura del teatro vi era un’uscita di emergenza costituita da una porta in ferro che oltre ad essere chiusa era talmente arrugginita che sembrava non fosse stata aperta da anni.
– Non è passato di qui – disse Bob.
Bob e Jupiter frugarono tra i cespugli, poi diedero un’occhiata alle finestre della cantina che erano tutte chiuse e polverose. Ispezionarono anche la siepe. Era talmente compatta che nessuno, nemmeno un bambino, avrebbe potuto attraversarla. La strana creatura che Bob aveva visto sembrava essersi dissolta. Pete li raggiunse. Aveva scoperto esattamente le stesse cose… Cioè nulla.
– Vediamo se ci sono delle orme sotto la finestra – disse Jupiter. Andarono sul luogo. Il terreno in quel punto era molto compatto ed asciutto. Era difficile, se non impossibile, rilevare delle orme.
– Nessuna impronta – constatò Jupiter con disappunto. – Tuttavia vi è un altro mistero.
– E quale? – chiese Bob.
Jupiter si fermò e chinandosi prese da terra qualcosa.
– Guardate qui. Un pezzetto di terra umida che sembra essersi staccata dalle scarpe di una persona.
– Oppure da una delle cassette di fiori – intervenne Bob.
– Forse – rispose Jupiter. Comunque guardate quelle finestre. Il davanzale è più alto delle nostre teste. Tu dici di aver visto un piccolo essere, vero, Bob?
– Uno gnomo alto un metro circa – rispose Bob. – In testa aveva un berretto a punta, sulla spalla un piccone ed aveva una barba lunga e sporca. L’ho visto dalla cintola in su. Ci stava osservando e sembrava molto arrabbiato.
– Ma come può – chiese Jupiter – uno gnomo alto un metro starsene a guardare attraverso una finestra che è alta almeno due metri da terra?
La domanda li lasciò di stucco: poi Pete parlò.
– Una scala, naturalmente. Stava su una scala.
– Magari retrattile e pieghevole – aggiunse Jupiter con ironia – che si è messo in tasca prima di sparire nella quarta dimensione, passando attraverso un buco.
Pete si grattò la testa e Bob aggrottò la fronte.
– Gli gnomi fanno delle magie – disse Bob infine. – Qui deve trattarsi di qualcosa di soprannaturale.
– Probabilmente, Bob, tu non l’hai visto – suppose Jupiter. – Dopo tutto hai una forte immaginazione.
– L’ho visto! – esclamò Bob con calore. – Ho persino notato i suoi occhi. Erano di un rosso fuoco.
– Uno gnomo con occhi di fuoco – esclamò Pete. – Ohi, ohi. Perché non cambi idea ed ammetti di essertelo immaginato?
Bob sembrò confuso. Dopo tutto la visione era durata un attimo.
– Beh, non so – disse. – A me sembra di averlo visto, ma forse avete ragione. In quel momento stavo pensando al disegno di uno gnomo visto sull’enciclopedia e… probabilmente l’ho solo immaginato.
– Se te lo sei immaginato è inutile che lo cerchiamo – affermò Jupiter. – Ma se hai visto veramente qualcuno, questi deve avere il dono di rendersi invisibile perché in giardino non c’è sicuramente. Faremo meglio a rientrare – proseguì poi. – Sentiremo che cosa ha da dirci la signorina Agawam.
Risalirono i pochi gradini e l’anziana signorina aprì la porta.
– Non l’avete trovato, vero? – chiese.
– No – rispose Bob. – È svanito, scomparso.
– Lo temevo – dichiarò la donna. – Gli gnomi sono fatti così. È molto raro però vederne uno durante il giorno. Prendiamo un po’ di tè e così vi racconterò che cosa mi sta succedendo. Sono sicura che sarete in grado di aiutarmi – proseguì servendo il tè da una teiera in porcellana cinese. – Hitchcock mi ha detto che avete già risolto dei casi intricati.
– Solamente due casi, finora: sono stati tutt’e due piuttosto interessanti – disse Pete prendendo una tazza di tè al quale aggiunse con abbondanza zucchero e latte.
– Jupiter è quello che li ha risolti, non è vero, Bob?
– All’ottanta per cento – acconsentì Bob. – Però anche noi siamo stati di aiuto, vero, Jupiter?… Jupiter! Jupiter, che stava sbirciando un giornale appoggiato sul divano, sobbalzò.
– Che cosa? – chiese.
Quando Bob ripeté la domanda, rispose:
– Lavoriamo tutti assieme; non avrei concluso niente senza l’aiuto di Pete e di Bob.
– Ho notato che stavi leggendo i titoli di quella strana storia successa ieri al museo – disse la signorina Agawam, offrendogli dei dolcetti che Jupiter accettò con piacere. – Il mondo è pieno di misteri, non è vero?
Jupiter perse tempo per poter mandar giù un biscotto, poi disse:
– Eravamo proprio al museo quando è stata rubata la Cintura d’Oro, e siamo rimasti veramente colpiti da questo singolare furto. Abbiamo offerto il nostro aiuto ma… siamo stati ritenuti troppo giovani.
– Ci hanno detto di andare a casa – disse Pete indignato.
– Sono certa che hanno commesso un errore – dichiarò la signorina. – Però egoisticamente parlando sono lieta che non siate occupati in un’altra indagine. Ma finiamo il nostro tè prima di parlare del mio problema. Non mi piace parlare di cose serie mentre mangio.
Versò dell’altro tè ed offrì ancora dei biscotti. Bob e Pete avrebbero preferito una bibita, ma anche il tè con molto zucchero non era niente male. I dolcetti poi erano deliziosi.
Questo mi ricorda i bei tempi – disse allegramente la padrona di casa. – Ogni settimana davo un tè per i miei gnomi, elfi e folletti.
Bob quasi si strozzò con un biscotto. Poi Jupiter parlò.
– Vuol dire che ogni settimana lei invitava i bambini del vicinato per un tè? – chiese. – E che usava chiamare i bimbi gnomi, elfi e folletti?
– Certamente – rispose la donna sgranando gli occhi. – Sei molto intelligente. Come hai fatto a capirlo?
– Semplice deduzione – disse Jupiter indicando le fotografie sulle pareti. – Ha molte vecchie fotografie di bambini. La maggior parte portano anche una dedica: “A Miss Agatha con affetto”.
«Inoltre, vicino alla porta, vi è uno scaffale pieno di libri scritti da lei; il signor Hitchcock mi ha detto che lei è una scrittrice. Ho notato alcuni titoli: “La Vacanza Felice degli Gnomi” e “I Sette Piccoli Gnomi”. Ho dedotto che le piaceva scrivere su queste creature immaginarie e che perciò i bambini a lei cari li chiamava gnomi, elfi e folletti.» Pete e Bob guardarono Jupiter a bocca aperta. Anche loro avevano visto le fotografie e i libri, però non avevano tratto le deduzioni di Jupiter.
– È tutto esatto – affermò deliziata la signorina battendo le mani. – Eccetto una cosa. Dici che gli gnomi sono creature immaginarie. Non è vero. Esistono veramente: ne sono sicura. Vedi, quando ero piccola, mio padre era un benestante e fece venire per me una governante tedesca. Sapeva tutte quelle storie meravigliose sugli gnomi e sugli altri piccoli esseri che popolano la Foresta Nera. Più tardi, quando incominciai a scrivere dei racconti, scrissi tutto quello che a suo tempo mi aveva detto. Mi lasciò anche un suo libro. È scritto in tedesco ma potete capirlo dalle sole illustrazioni.
Si alzò e dallo scaffale prese un vecchio e grosso libro rilegato in pelle.
– Questo libro fu stampato in Germania circa cento anni fa – disse sfogliando le pagine mentre i ragazzi le si avvicinavano. – Fu scritto da un uomo che visse per svariati mesi nella Foresta Nera. Per illustrare il libro, disegnò lui stesso gnomi, folletti ed elfi. Guardate questo disegno.
Si fermò ad una pagina dove era raffigurato un omino orripilante con un berretto di pelle a punta. Aveva orecchie, mani e piedi ricoperti di peli, teneva in mano un corto piccone e i suoi occhi erano feroci.
– È come quello che ho visto alla finestra… credo! – disse Bob.
– Lo scrittore lo chiama il Re Gnomo Malvagio – disse la signorina. – Alcuni gnomi sono malvagi e dispettosi, altri no. Quelli malvagi, a quanto dice lo scrittore, hanno occhi di fuoco.
Bob ebbe un singulto ricordando la visione che aveva avuto… o che credeva di aver avuto.
L’anziana signorina sfogliò altre pagine e fece vedere delle illustrazioni raffiguranti dei normali gnomi, che erano vestiti tutti allo stesso modo, ma che non avevano l’aspetto cattivo del Re Gnomo Malvagio.
– Gli gnomi che ultimamente ho visto sono come questi
– disse chiudendo il libro. – Ecco perché so che si tratta di gnomi e perché sono sicura che esistono veramente. In un minuto vi dirò tutto quello che è successo. Ma prima lasciatemi raccontare dei bei giorni in cui ero una famosa scrittrice di libri sui Piccoli Esseri.
Sospirò. Era evidente che ricordare i vecchi tempi le faceva un immenso piacere.
– Dopo la morte dei miei genitori i miei racconti divennero famosi e guadagnai molto. Naturalmente si tratta di molto tempo fa, quando voi non eravate ancora nati; ma allora i bambini spesso venivano alla mia porta per chiedere una dedica sui miei libri. Mi piacciono molto i bambini e a quei tempi tutti quelli del vicinato erano amici miei.
«Poi l’intero quartiere cambiò aspetto. Le vecchie case ed i grandi alberi furono abbattuti e sostituiti dai negozi. Tutti i miei piccoli amici crebbero e se ne andarono. Molte persone hanno tentato di convincermi a vendere la casa, ma mi sono sempre rifiutata. Ho sempre vissuto qui e, nonostante che tutto intorno sia cambiato, intendo continuare a vivere qui. Capite perché sono così attaccata a questo posto?» I ragazzi annuirono.
– Le cose continuarono a cambiare. – La signorina Agawam sospirò. – Alcuni anni fa anche il vecchio cinema-teatro qui accanto dovette chiudere i battenti. I clienti erano ormai troppo pochi. Nel ricordo dei vecchi tempi ho messo quel cartellino sulla porta che invita gli elfi, i folletti e gli gnomi a fischiare. Ogni tanto qualcuno di loro viene a trovarmi. Ma Santo Cielo! Sono così cresciuti; hanno ormai figli e nipoti! Questo per dirvi quanto tempo è passato.
Fece una pausa.
– Forse dovrei andarmene – aggiunse poi sospirando. – Il signor Jordan, che sta demolendo il teatro per costruire una nuova casa, vorrebbe che gli vendessi la casa per sfruttare il terreno ed ampliare così il suo edificio. Ma io sono nata qui ed intendo rimanere qui indipendentemente dal numero degli edifici che mi costruiranno attorno. Sembrava coraggiosamente ferma nella sua decisione. I ragazzi immaginavano quale antipatia provasse l’anziana signorina per chiunque la sollecitava a vendere la casa. La padrona di casa si versò un’ultima tazza di tè.
– Ho parlato abbastanza del mio passato. È ora di parlare del presente. Dopo aver scritto per tanti anni sugli gnomi non mi aspettavo di vederli davvero. Invece è accaduto alcune sere fa.
– La prego, ci dica – la incoraggiò Jupiter. – Bob, prendi appunti.
Bob si sfilò dalla tasca un taccuino. A scuola aveva imparato molto bene sia la stenografia che la dattilografia. Contava di diventare un giorno un giornalista come suo padre.
– Normalmente dormo bene – disse la signorina. – Ma alcune notti fa sono stata svegliata verso mezzanotte da uno strano rumore. Sembrava che qualcuno stesse scavando sotto terra con un piccone!
– Un piccone? A mezzanotte? – chiese Jupiter.
– Esatto. Da principio ero certa di essermi sbagliata. Nessuno si mette a scavare a mezzanotte. Nessuno eccetto…
– Gli gnomi – Pete finì la frase.
– Sì, gli gnomi. Mi sono alzata e sono andata dietro i vetri della finestra. Fuori, nel giardino, ho visto quattro piccole figure che giocavano. Erano piccoli omini con degli abiti di pelle che stavano giocando alla cavallina e facendo capriole. Non potevo vederli bene, naturalmente. Ho aperto la finestra e li ho chiamati. Sono scomparsi immediatamente.
Guardò i ragazzi aggrottando la fronte.
– Ero certa che non si trattasse di un sogno, e il giorno dopo ne ho parlato con il poliziotto del quartiere, l’agente Horowitz. Avreste dovuto vedere lo sguardo che mi ha dato. I suoi occhi azzurri lampeggiarono di indignazione. Mi disse che avrei dovuto prender cura della mia salute e mi consigliò di andarmene in vacanza. Giuro che non dirò mai più una parola sugli gnomi alla polizia!
Dopo un momento la signorina Agawam sorrise amaramente.
– Il mio orgoglio è stato ferito – disse. – Le due notti successive mi sono svegliata e li ho sentiti nuovamente, ma ho fatto finta che fosse soltanto la mia immaginazione e non ne ho fatto parola con nessuno. La terza notte però ero certa della loro presenza.
«Sono andata allora al telefono e ho chiamato mio nipote Roger. Abita in un appartamento ad alcune miglia da qui; è scapolo ed è il mio unico parente. L’ho pregato di venire subito ed ha acconsentito a vestirsi ed a partire immediatamente.
«Mentre l’attendevo, ho deciso di guardare in cantina, da dove cioè sembrava provenisse il rumore. Ho disceso le scale della cantina senza fare rumore e senza accendere la luce. Man mano che mi avvicinavo il rumore si faceva più forte. D’improvviso ho acceso la torcia elettrica che avevo con me e… indovinate che cosa ho visto?» I ragazzi erano presi completamente dal racconto. Bob d’impeto chiese:
– Cosa?
La signorina Agawam abbassò la voce, li guardò uno ad uno e disse: – Nulla. Assolutamente nulla. Bob lasciò andare il fiato con disappunto. Era così certo che l’ospite avesse visto… non sapeva cosa, ma qualcosa doveva aver pur visto.
– No – ripeté la signorina. – Non ho visto nulla. Mi sono girata per salire le scale ed attendere Roger ed è stato allora che ho visto qualcosa.
«Ho visto un piccolo uomo alto poco più di un metro. Aveva un berretto a punta, giacca e pantaloni di pelle e delle scarpe appuntite. Aveva una sporca barba bianca ed in mano aveva un corto piccone. Nell’altra mano aveva una candela. Alla luce della candela, ho visto i suoi occhi che mi fissavano. Erano rosso fuoco!»
– Proprio come quello che ho visto io alla finestra – esclamò Bob.
– Si trattava allora di uno gnomo.
Jupiter si stava mordicchiando il labbro e sembrava pensieroso.
– Cosa è successo poi? – chiese.
La mano della Agawam tremò.
– Lo gnomo mi ringhiò e sollevò il piccone come se volesse colpirmi. Ha soffiato sulla candela ed ho udito sbattere la porta sul pianerottolo delle scale. Quando ho trovato il coraggio di muovermi e salire le scale, ho trovato la porta chiusa a chiave. Ero intrappolata in cantina.
I ragazzi la guardarono tutt’occhi. Improvvisamente nell’angolo più lontano della stanza si udì un rumore tremendo. Tutti sobbalzarono impauriti.