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La cavalla continuò la pazza corsa tra i filari delle viti, dirigendosi verso il margine roccioso della montagna sul lato di ponente della valle. Pete, incapace del benché minimo movimento, occupato com’era a tenersi aggrappato saldamente, vide che c’era una pista stretta ma non troppo ripida che deviava verso il pendio. L’animale spaventato la scelse istintivamente e Pete sperò che la salita facesse rallentare il galoppo. Così fu, ma soltanto di quel poco che gli permise di sistemarsi meglio in sella e non essere disarcionato. Arrischiò di volgere il capo per guardarsi dietro e vide che Jensen, risalito sulla jeep, lo stava inseguendo. La piccola vettura, lanciata in una corsa irregolare attraverso i campi, si fermò bruscamente dove la stretta mulattiera s’inerpicava sulla montagna. Jensen scese e tese minacciosamente il pugno verso Pete.

Subito dopo il ragazzo vide avanzare Bob e Chang, evidentemente corsi in suo aiuto quando avevano visto l’improvviso imbizzarrirsi di Nelly.

I due ragazzi evitarono con uno scarto Jensen e si arrampicarono per l’erta salita. Chang, in sella al nero stallone Ebano, era in testa e incitando continuamente l’animale accorciava sempre più la distanza che lo divideva da Pete. Bob, in sella alla placida cavalla, era rimasto un po’ indietro e perdeva terreno.

Un improvviso scarto di Nelly, mentre aggirava uno spuntone di roccia, per poco non fece cadere Pete che si aggrappò saldamente al pomo della sella. Quando la nervosa cavalla raggiunse un punto in cui la salita erano meno ripida aumentò la velocità, ma proprio allora Pete udì un rumore di zoccoli dietro di sé; Chang lo raggiunse e affiancatosi coraggiosamente sulla stretta pista afferrò e trattenne le redini di Nelly proprio vicino al morso. Rallentata così l’andatura dei cavalli, Nelly si fermò, quasi avesse improvvisamente deciso di por fine alla corsa pazza. Ebano le si fermò al fianco e i due animali, madidi di sudore, ansimanti, cominciarono a riprender fiato.

– Grazie Chang, grazie davvero – disse Pete con calore.

– Questa cavalla si comportava come se volesse volare in cima alla montagna – aggiunse poi, ma così dicendo notò che Chang lo fissava con uno sguardo strano. – Che cos’hai, Chang? Ho fatto qualcosa di male?

– Oh, no! Stavo pensando al perché Jensen ha fatto imbizzarrire il tuo cavallo.

– Non lo ha fatto scappare – rispose Pete. – Stava gridando contro di me e mi dava del ladro. Era molto infuriato.

– Quando sono passato vicino a lui – disse Chang – il suo viso era tanto alterato da sembrare la maschera di uno spirito maligno. Era in preda a una furia cieca e accennava a impugnare la rivoltella con cui uccide i serpenti annidati fra le rocce, come se avesse l’intenzione di spararti addosso.

– Ciò mi sorprende – commentò Pete, grattandosi il capo. – Perché mai può essere tanto sconvolto? Perché ho preso a prestito una vecchia lampada tascabile senza alcun valore? – Così dicendo sfilò dalla cintura la torcia elettrica e la levò in alto. Chang la guardò stupito. – Questa non è la lampada di Jensen! – esclamò. – Voglio dire che non è quella che di solito tiene nella jeep, quella che mi ha prestato iersera.

– Eppure era nella cassetta degli attrezzi – precisò Pete

– ed era l’unica, cosicché l’ho presa, poiché tu mi avevi detto che potevo farlo.

– Può darsi che io mi sbagli – replicò Chang – ma, per favore, mi fai vedere quella lampada?

Pete la porse a Chang che la tenne in mano soppesandola. – È molto leggera – osservò – si direbbe che non ci siano dentro le pile.

– In tal caso sarebbe inservibile – disse Pete, deluso. – Ma allora perché il signor Jensen s’infuria tanto per una cosa che non vale nulla?

– Forse… – cominciò a dire Chang, ma proprio in quel momento Bob sopraggiunse. Era senza fiato, più per l'emozione che per altro; la sua modesta cavalcatura non aveva voluto correre su per la collina, anzi aveva rallentato sino a prendere il passo. – Sei qui! – disse il ragazzo a Pete, con accento di sollievo, ma poi notò la strana espressione dei due e si allarmò di nuovo: – Che c’è, qualcosa che non va? – Stiamo per scoprire ciò che ha fatto infuriare Jensen – rispose Chang con molta calma, svitando la base della torcia. Vi frugò dentro e ne estrasse un pacchetto, un piccolo involto di carta velina.

Mentre Pete e Bob osservavano attentissimi, Chang aprì delicatamente il pacchetto svolgendone tutta la carta. Qualcosa brillò ai raggi del sole.

– Le Perle Fantasma! – gridò Pete.

– È stato Jensen a rubarle! – fece eco Bob.

Per un po’ le labbra di Chang rimasero strettamente serrate, poi il giovane disse gravemente: – Sì, a quanto pare le ha rubate Jensen. O più probabilmente sono stati i suoi uomini a rubarle per lui, che le. ha tenute nascoste finora in questa vecchia torcia, nella cassetta degli attrezzi. Quale migliore nascondiglio? Una torcia è proprio di giusta misura e non desta alcun sospetto anche se è in mezzo ad altri attrezzi. Lui poteva quindi uscire tranquillamente dalla valle senza correre il rischio di dover riprendere le perle da qualche nascondiglio più in vista.

– La trovata era veramente ottima – commentò Bob. – Certo non poteva immaginare che avremmo avuto bisogno della sua torcia.

– No. Non poteva vedere che eravamo nella cava, e non c’era anima viva nei dintorni. Né aveva motivo di supporre che qualcuno sarebbe potuto arrivare fin lì mentre egli si trovava nello stabilimento – disse Chang. Quindi soggiunse: – Ma mi domando che cosa stesse facendo là dentro con quegli uomini. Forse complottava. In verità, comincio ad avere diversi dubbi, fra l’altro se Jensen non ne sappia più di quanto ci ha detto sui vari incidenti, come quello del vino rovinato e altri fatti analoghi accaduti in questi ultimi mesi.

– Dite un po’ – lo interruppe Pete. – Non sarebbe meglio che tornassimo a casa con le perle e raccontassimo tutto al signor Carlson, alla zia Lydia e allo sceriffo, in modo che questi possa dargli la caccia?

– La cosa può non essere semplice come sembra – disse lentamente Chang. – Jensen è un uomo pericoloso e sa essere brutale e violento. Non ci permetterà di rivelare la sua colpa senza tentare d’impedircelo.

– Che cosa può fare? – chiese Bob, ansioso.

– Penso che anzitutto sarebbe bene dare un’occhiata in giro – proseguì Chang, smontando da Ebano. – Tu, Bob, resta qui e bada ai cavalli. Io e te, Pete, scenderemo il pendio fino al punto donde si può vedere la vallata.

I due ragazzi porsero a Bob le briglie delle loro cavalcature, quindi si avviarono per la mulattiera verso lo sprone roccioso che nascondeva la valle. Si rannicchiarono e scrutarono i dintorni, che da lì si vedevano benissimo. Due uomini stavano al capo della pista, dove cominciava la salita, come di sentinella. Intanto la jeep correva verso il piccolo villaggio all’estremità della valle. Inoltre i ragazzi scorsero le vetture che avevano sostato presso lo stabilimento avviarsi verso i campi coltivati, che percorsero con grandi sobbalzi imboccando poi la salita. Una delle due avanzò per un tratto sul pendio e si fermò bloccando il passaggio, l’altra fu disposta dietro e di traverso in modo da formare una barriera.

– Jensen è andato in cerca di cavalli – sospirò Chang – e ha fatto sbarrare il passaggio dai suoi uomini in maniera che noi non si possa scendere e oltrepassarli. Se noi tornassimo giù, ora, dovremmo smontare per superare le auto ed essi potrebbero assalirci.

– Vuoi intendere che ci ha intrappolati? – chiese Pete.

– Crede d’averlo fatto perché non possiamo tornare indietro. Ma se noi proseguiamo e superiamo la cima potremo scendere dall’altra parte e sbucare nel canyon Hashknife, che è un aspro burrone incassato fra le montagne. Da una dell’estremità non v’è via d’uscita, mentre dall’altra c’è un sentiero che si evolve in una strada accidentata e alla fine si congiunge con la nazionale per San Francisco. Se prendiamo quella strada Jensen ci seguirà facilmente, e manderà i suoi uomini con le auto per bloccare l’uscita. Egli fa sicuramente conto di catturarci e riprendersi le perle.

– Ma non potrà andarsene con le perle! – esclamò Pete.

– Anche se riuscisse a impadronirsene nuovamente può esser certo che non staremo zitti.

– Sono convinto che ci abbia già pensato. – Il tono sommesso col quale Chang pronunciò queste parole fece correre un brivido per la schiena di Pete. – E farà in modo che non si possa dirlo mai a nessuno. Ricorda che tutti quegli uomini sono suoi complici: quindi nessuno sa che cosa sia accaduto.

Pete comprese e deglutì a fatica.

– Andiamo, su! – disse bruscamente Chang a Pete, spingendolo indietro. Ora sogghignava e i suoi occhi neri splendevano per l’eccitazione. – Ho un’idea! – esclamò.

– Jensen avrà bisogno di tempo per raggiungere il villaggio, procurarsi cavalli e ritornare qui. Egli crede di averci imbottigliati e invece noi ci faremo beffe di lui. Però dobbiamo affrettarci.

Tornarono di corsa dove Bob li aspettava con impazienza e rimontarono in sella.

– Ebbene? – chiese Bob. – Che succede?

– Jensen ci ha tagliati fuori – gli spiegò Pete. – Vuole riprendere le perle e qualsiasi mezzo è buono a tale scopo. Sembra che tutti gli uomini che abbiamo visti operino con lui.

– Ma io ho un piano per beffarlo – disse Chang allegramente. – Dovremo cavalcare fin sulla cresta, ma come vedrete, questa mulattiera conduce a un passo dal quale scenderemo nel vallone. Io farò strada. – Incitò Ebano su per la salita e il poderoso stallone si avviò a passo celere. Chang cercò di procedere con la massima sveltezza, pur senza affaticare i cavalli. Bob lo seguiva e Pete chiudeva la marcia. La pigra cavalla di Bob, cui evidentemente non andava a genio tutto quel movimento, era tuttavia incitata ad affrettarsi dalla nervosa Nelly che la incalzava. In mezz’ora raggiunsero la sommità del passo e poterono guardare giù nel canyon, che appariva aspro, angusto e deserto. Chang sostò per un breve momento, poi cominciò la discesa. Da questa parte il percorso era più facile e in mezz’ora poterono arrestare le ansimanti cavalcature sul fondo roccioso del canyon.

– Il sentiero che porta all’uscita dell’Hashknife va in quella direzione – indicò Chang – e, come vi ho detto, si allarga in una strada che dopo poche miglia si congiunge alla strada principale. Di certo Jensen penserà che noi si prenda quella via, invece noi andremo proprio nella direzione opposta. – Vi indirizzò Ebano e il cavallo si avviò tra le strette pareti rocciose.

– Ora dovremo trovare due massi gialli siti a sei o sette metri d’altezza – riprese Chang. – Debbono essere proprio uno sull’altro.

Cavalcarono per circa dieci minuti, poi Pete, che aveva la vista acuta, fu il primo a scorgere i massi. – Eccoli là – esclamò.

Chang annuì e quando fu proprio sotto le due rocce gialle smontò da cavallo, imitato da Pete e Bob. Improvvisamente Chang diede un colpo agli animali; Ebano sobbalzò e infilò di carriera il canyon, seguito dagli altri.

– Tanto – disse Chang per spiegare il suo gesto – da questo istante andremo a piedi, chini o carponi ed anche strisciando come serpi. Dovete sapere che all’estremità cieca del canyon c’è una piccola pozza d’acqua e i cavalli vi si dirigeranno per bere. Quando Jensen si accorgerà che ci siamo beffati di lui e tornerà indietro per darci la caccia nel canyon troverà i cavalli ma noi saremo già lontani da ore. – Guardò verso l’alto e disse: – Qui c’era un passaggio, ma per nostra fortuna è franato per la maggior parte; quindi ci arrampicheremo per raggiungere la cima di quella prima roccia gialla.

Cominciò la scalata, trovando appigli nella roccia; Bob lo seguì e Pete gli tenne dietro. In un paio di minuti furono in cima e Bob e Pete ebbero la sorpresa di vedere una fenditura nel masso. Un secondo masso la sovrastava, come a formare un tetto.

– È una caverna – spiegò Chang – nella quale molti anni fa un minatore scoprì un ricco filone e perciò prese a scavare una galleria, servendosi della caverna come vestibolo della sua miniera. Ecco dove stiamo andando. In fretta, prima che Jensen e i suoi uomini abbiano la possibilità di individuarci.

Si chinò per entrare nella caverna; Bob e Pete lo seguirono nell’oscurità, senza avere la minima idea di dove stessero andando e di ciò che sarebbe accaduto poi.