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Chang li guidò all’ingresso posteriore della galleria che, da dentro, risultò piuttosto grande. Poi illuminò con la torcia l’ingresso di un’altra galleria che molti anni addietro era stata una miniera. Le vecchie travi erano ancora lì a sostegno della volta, nonostante il franamento di alcuni massi.

– Ora vi spiegherò qual è il mio piano – disse. – C’è un’intera rete di gallerie, qui sotto. Quando venni in questo paese, le vecchie miniere mi affascinavano. C’era un tipo curioso di nome Dan Duncan, un vecchio ometto grinzoso che vi aveva trascorso la vita a cercare piccole pepite d’oro. Egli conosceva le gallerie come voi conoscete le vie della vostra città. Adesso è ricoverato all’ospedale, ma prima di ammalarsi mi aveva mostrato ogni angolo di questo suo mondo nascosto. Ora lo conosco bene anch’io e so che in questa galleria si apre un passaggio che porta fino alle cantine dall’altro lato della montagna.

– Perbacco! – esclamò Pete. – Vuoi dire che attraverso la miniera stiamo ritornando vicino ai luoghi dove Jensen e i suoi ci stanno cercando all’esterno?

– Esattamente – disse Chang – e penso che molti dei nostri operai debbono essere in combutta con lui, ma per mezzo di questo passaggio usciremo a un miglio dalla casa e potremo raccontare la nostra vicenda prima che qualcuno ci possa fermare. Nel tragitto, però, ci sono due punti difficili attraverso i quali possono passare soltanto un ragazzo o un uomo molto piccolo; o, almeno, ci si poteva passare fino a quando lo feci io, sei mesi fa. Bob deglutì; gli sembrava di essere da molto tempo sotto terra e l’oscurità era paurosamente intensa. Mise una mano in tasca e le sue dita toccarono il pezzo di gesso verde. – Non dovremmo segnare il nostro cammino? – domandò. – Se ci perdessimo potremmo trovare la via del ritorno.

– Noi non ci smarriremo – disse Chang – ma se Jensen trovasse i segni potrebbe seguirci senza difficoltà. – Il ragazzo sembrava molto sicuro di sé, ma tanto Bob quanto Pete sapevano bene che ci si può smarrire quando meno lo si aspetta.

– Ascolta – interloquì Pete – il nostro segno segreto è un punto interrogativo. Supponi che segniamo il nostro percorso con quei segni ma tracciando anche delle frecce orientate in direzioni diverse; soltanto noi sapremo quali segni indichino il giusto cammino. Chiunque venisse dopo di noi perderebbe molto tempo nel seguire i segni inesatti.

Chang approvò. – Comunque – soggiunse – Jensen non sa nulla della miniera e del fatto che essa si unisce con le cantine. Hai ragione, potremmo anche smarrirci; tuttavia non lasceremo nessun segno nell’ingresso. Sarebbe come rivelare dove siamo. Cominceremo a fare segni soltanto quando saremo all’interno della galleria. Così dicendo cominciarono a inoltrarsi nella vecchia miniera. Il passaggio era molto stretto e spesso anche la volta era bassa. Ogni tanto giungevano a una galleria che si riuniva o s’intersecava con altre gallerie in cui anni prima i minatori erano andati alla ricerca dei filoni auriferi. Bob segnò il cammino che percorrevano con punti interrogativi, ai quali aggiunse frecce indicanti direzioni errate. Le tracce che lasciò avrebbero senza dubbio confuso chiunque non fosse a conoscenza del trucco. Arrivarono ad un punto della galleria dove lo scavo era stato interrotto; massi e pietrisco ostruivano quasi completamente il passaggio. Chang si fermò e disse: – Da qui dobbiamo andare avanti carponi. Io vi precederò. – Tirò fuori qualcosa dalla camicia e la porse a Pete. – Ecco la vecchia torcia che contiene le perle – proseguì. – Te le affido e abbine cura. Mi sarebbero d’impaccio se dovessi scavare.

– Stai tranquillo – rispose Pete, e fece scivolare la lampada col suo prezioso contenuto sotto la cintura, che strinse forte per maggior sicurezza, mentre soggiungeva: – Vorrei proprio aver una torcia efficiente, però.

– È un problema, dato che abbiamo soltanto due lampade – convenne Chang, meditabondo. Poi decise: – Bob, è meglio che tu dia la tua a Pete; io andrò avanti per primo con la mia, tu mi seguirai e Pete seguirà te. In tal modo potremo avere luce tutti e tre perché la torcia alle tue spalle ti illuminerà il percorso.

L’idea non soddisfece molto Bob. Laggiù, in quella completa oscurità, la lampada era qualcosa che infondeva sicurezza e sulla quale poteva contare. Ma riconobbe tuttavia che il ragionamento di Chang era sensato e senza obiettare porse la sua torcia a Pete, compiacendosene infine perché si sentiva più libero nei movimenti. Il passaggio era lungo un centinaio di metri ma sembrava non avesse mai fine. Chang doveva ogni tanto mettersi carponi e far forza sulle gambe per proseguire e Pete, che si teneva dietro Bob e gli faceva luce, procedeva allo stesso modo. Strisciavano come vermi. Più volte Chang dovette fermarsi per allargare un’apertura o rimuovere i detriti che ostruivano il cammino.

A un certo punto Bob urtò col capo contro l’alto del cunicolo e ne fece cadere un frammento che gli cadde sulla schiena, incastrandolo in modo da impedirgli i movimenti. S'impaurì, ma Pete gli si accostò strisciando e lo liberò dalle pietre.

– Grazie, Pete – borbottò Bob e continuò ad avanzare contorcendosi. Affiancandosi a lui, Pete, che era più robusto, si prese cura di rimuovere le macerie per evitare che si potesse ripetere l’incidente. Bob era ansante quando finalmente giunsero a un punto dal quale poterono avanzare tenendosi in piedi contro la parete di roccia. Le torce illuminavano le vecchie travi, curve sotto il peso della volta. Ma poiché avevano resistito per tanti anni non era il caso di pensare che dovessero cedere proprio in quel momento. Sostarono un po’ per riprender fiato e Chang ne approfittò per precisare: – Questo è il punto peggiore; ce n’è un altro molto difficile ma non come questo. Una cosa è certa – commentò con un risolino – Jensen non potrà mai seguirci attraverso queste gallerie. È troppo grosso!

Mentre riposavano, Chang aggiunse altre spiegazioni sulla rete di gallerie della miniera che stavano percorrendo. Raccontò come le miniere fossero state messe in attività per la prima volta verso il 1849, quando era stato scoperto l’oro in California; quando i primi filoni furono esauriti i cercatori si erano trasferiti altrove ma taluni erano rimasti a lavorare sodo continuando a scavare per la ricerca di altre vene aurifere, e a poco a poco le gallerie si erano estese. Tuttavia la valle era sempre vissuta delle vigne e della produzione vinicola e dopo la morte di Mathias Green la madre della signora Lydia aveva potuto comprarle, cominciando a impiantare le cantine e lo stabilimento. Ma poi, quando nel 1919 venne instaurato il proibizionismo, e divenne illegale vendere vino e bevande alcooliche, l’azienda era andata quasi in malora. Gli operai e i contadini, non avendo di meglio da fare, si trasformarono in cercatori d’oro e ripresero a scavare alla ricerca del prezioso metallo. Tuttavia le avversità non erano ancora finite: alla fine del 1929 una memorabile crisi provocò la depressione economica. In quel periodo nessuno aveva denaro e le miniere furono freneticamente frugate da ogni uomo valido, come le sole fonti possibili di guadagno. Poi, quando le cose ricominciarono a migliorare, intorno al 1940, le miniere vennero abbandonate. Ormai il proibizionismo era stato abrogato e il vigneto prosperava nuovamente. Ma gli scavi condotti per tanti anni avevano lasciato una vera ragnatela di gallerie abbandonate.

– Non c’è più oro, adesso? – domandò Bob con interesse.

– Ce n’è ancora un poco, ma bisognerebbe fare uso del piccone e della dinamite per trovarlo – spiegò Chang. – Bene, ragazzi, ora riprendiamo il cammino; dev’essere piuttosto tardi e zia Lydia sarà in pensiero.

Bob ricominciò a segnare il percorso con i punti interrogativi, aggiungendovi delle frecce false. Giunti in un luogo dal quale iniziavano tre nuove gallerie, Chang sembrò in imbarazzo e alla fine scelse quella di destra, ma dopo circa trecento metri scoprirono che era senza uscita.

– Abbiamo sbagliato strada – mormorò il giovane, mentre dirigeva la luce della torcia verso il suolo. – Ma guardate! – esclamò. Delle ossa biancheggiavano nel cono di luce. Per un attimo Bob e Pete ebbero l’agghiacciante impressione che si trattasse di uno scheletro umano, ma poi si resero conto che appartenevano a qualche animale rimasto imprigionato nella cava.

– Era un asinello e doveva servire a qualche minatore – osservò Chang.

Bob guardò il teschio dell’asino e rabbrividì, ben contento di allontanarsi per seguire Chang e Pete. Dopo che ebbe trovato la galleria giusta, Chang sembrò non avere altre perplessità. Li condusse sveltamente attraverso molte gallerie che si diramavano in varie direzioni, e si fermò così bruscamente che Bob andò a sbattergli contro.

– Siamo arrivati alla gola!

– La gola? – echeggiò Pete. – Che cos’è?

– È una faglia rocciosa naturale che attraversa le miniere e arriva dall’altra parte del monte – rispose Chang – ma è piuttosto stretta e disagevole.

Fece luce su un passaggio che appariva come una stretta fessura nella roccia, abbastanza alta perché un ragazzo potesse starvi ritto ma troppo stretta per poter passare in altro modo che procedendo di fianco. – Ora – disse Chang intuendo la muta domanda degli amici – dovremo passare di traverso.

– Ma sei sicuro che vada dall’altra parte? – domandò Bob. Più durava il viaggio sotterraneo e meno la situazione gli piaceva. E il pensiero di dover strisciare lateralmente per quella stretta fessura non gli garbava affatto.

– Certamente! – lo rassicurò Chang. – Io ci sono già passato. Inoltre, non sentite la corrente d’aria? Viene da quella parte. – Era vero; ora potevano sentire un alito d’aria fresca sfiorare i loro volti.

– Non c’è altro da fare – insisté Chang – questo è l’unico passaggio tra i due lati della montagna, e soltanto un ragazzo o un uomo piccolino se ne possono servire. Spero proprio di non essere ingrassato troppo in questi ultimi mesi, e ad ogni modo andrò avanti io. Voi due aspettate finché io sia giunto dall’altra parte. Di lì accenderò e spegnerò la lampada tre volte e allora Bob mi seguirà. Io da una parte e Pete dall’altra illumineremo il cammino in modo che possa vederci meglio. Quando sarà passato, farò il segnale convenuto con i tre lampi di luce intermittente e verrai anche tu, Pete. – Ciò detto, Chang s’inoltrò nella gola tenendo la torcia nella mano destra. Stava bene attento a tenersi sempre di fianco e a non fare movimenti bruschi che avrebbero potuto incastrarlo nella stretta e irregolare fessura.

Pete e Bob potevano vedere soltanto a tratti la luce della torcia di Chang, dato che il corpo del ragazzo la occultava quasi sempre. Chang aveva affermato che, una volta attraversata la gola, sarebbero stati ormai vicini al reparto in cui erano immagazzinati i barili per l’invecchiamento del vino e avrebbero potuto tornare a casa in un’ora. Per quanto la loro guida si fosse mossa sveltamente, ai due amici sembrò che fosse passata un’eternità, quando videro le luci intervallate annuncianti che Chang era passato.

– Benissimo, Bob – notò Pete. – Per te sarà piuttosto facile perché sei il più smilzo.

– Certamente – disse Bob, con la gola un po’ secca – sarà proprio una sciocchezza. Fammi un po’ di luce! – Entrò nella gola e Pete gli illuminò il cammino tenendo il fascio di luce diretto al suolo, mentre dall’altra parte veniva il debole bagliore della lampada di Chang. Pete seguiva il lento procedere dell’amico, ma il corpo di Bob ostruiva la maggior parte della fessura schermando la luce che Chang proiettava dall’altra parte del passaggio. Pete protese la sua torcia in avanti e poi, calcolando che Bob dovesse ormai trovarsi più vicino a Chang, la spense. Attese con molta attenzione i segnali convenuti, ma per qualche strana ragione i tre lampeggi non si vedevano. Udì invece un debole grido seguito dalle parole: “Pete, non…”. Riconobbe la voce di Chang, che si era spenta bruscamente, come se la bocca del ragazzo fosse stata tappata da una mano. Poté intuire ciò che Chang aveva voluto dire: “Non venire”. E attese qualche altro suono o segnale.

Vide finalmente la luce accendersi tre volte; poi, dopo una pausa, altre tre volte, ma i segnali erano diversi e più brevi di quelli fatti da Chang.

Sospettò una trappola: qualcun altro, non Chang o Bob, gli segnalava di andare avanti. Questo particolare, aggiunto al grido, gli diedero un’idea precisa di ciò che era accaduto: Chang e Bob erano stati catturati!