Giorno 15
Gli uccelli che baccagliano sono gazze bianco-nero-blu che nidificano liberamente sull’albero vicino alla mia finestra. Sto qua da poco più di due settimane, che mi sembrano due anni.
Ho i miei sensi che quasi mi travolgono. Questi odori del passato: l’aroma intenso, forte, della torta al cioccolato di mamma, la zaffata tosta di ammoniaca del piscio del Piccolo Davie che ti faceva venire le lacrime lì seduto davanti alla tv.
Sick Boy mi fa schiantare. Di sera si veste tutto in tiro, come se dovesse andare in disco, e puzza da morire di dopobarba. Di giorno, calzoni della tuta e magliette. Passiamo tutti e due un sacco di tempo alla lavatrice per via del sudore. Lì ho visto Molly dopo colazione, per lavare la biancheria. Lei non mi piace mica, ma solo quella vista è bastata che ho dovuto tornare in stanza e spararmene una. Per tutto lo sbrodo secco, la moquette sembra il pattinaggio di Murrayfield.
Molly è nel gruppo di meditazione, come anche Sick Boy, che non la smette mai di raspare nelle sue difese. «Dopo Brandon, ho finito coi maschi» la sento che dichiara. E lui ribatte: «Questo non hai il diritto di dirlo. Tu hai un cuore e un’anima, e una vita emotiva. Sei una bella ragazza, con tante cose da dare. Un giorno incontrerai il ragazzo giusto» proclama alla fine, mantenendo quello sguardo di profonda onestà. Che la costringe a mettersi le dita nei capelli sussurrando: «Lo pensi veramente?»
«Lo so» risponde lui, tutto pomposo.
È il gruppo di riesame del percorso a ricordarmi perché mi drogo. In teoria dovremmo esaminare come interagiamo tra noi qui al centro, ma di solito degenera in scontri a chi urla e insulta di più, risolti inevitabilmente con abbracci ipocriti istigati da Tom o da Amelia. Però, lo stesso, somiglia al Lenny, al Vine o al Volley all’ora di chiusura. Il riscontro positivo che ci stimola a darci a vicenda, sembra piuttosto una beata illusione, o il falso elogio che in realtà è una critica. Per esempio, la meglio cosa che Molly riesce a dire di Johnny in una delle loro riconciliazioni da teatro è che le piace la sua maglia da rugby a righe blu. Il loro principale pomo della discordia è il fatto che Johnny spaccia, cosa che gli procura un bel po’ di lavate di capo. Alla fine si alza e annuncia: «Vaffanculo. ’Sta merda non la ingoio. Me ne vado».
Mentre fa per allontanarsi, Tom lo implora: «Voglio andarmene significa voglio fare uso. Non fare così, Johnny. Non scappare. Rimani con noi».
«Sì, bella» risponde lui, uscendo e sbattendosi la porta alle spalle.
«Quando cominciamo a portare via noi stessi, adottando una condotta di isolamento, è allora che rischiamo la ricaduta» spiega Tom. L’incontro si conclude nella confusione e nel disordine. Tom ritiene che abbiamo «fatto progressi» definendo «sano» il fatto che i conflitti escano allo scoperto.
Per citare le parole immortali del Cigno Bianco: «Sì, bella».
Ci hanno permesso di registrare delle cassette da suonare in sala tempolibero. Swanney, che trovo lì seduto da solo dopo la sua uscita a sinistra del palco, ha portato una C45 con Heroin dei Velvet, Cocaine di Clapton, Comfortably Numb dei Pink Floyd, Sister Morphine degli Stones, The Needle and the Damage Done di Neil Young e altre figate. Il lato 2 contiene fra le altre Suicide is Painless (il tema di MASH), Seasons in the Sun di Terry Jacks, Ode to Billie Joe di Bobbie Gentry, Honey di Bobby Goldsboro, e The End dei Doors. Smilza Quattrocchi la confisca istantaneamente per «inopportunità».
Adesso passo quasi ogni mattina fuori, sotto il portico dietro. In un angolo c’è una rastrelliera con dei manubri di pesi diversi. Seeker il motardone è l’unico stronzo che li utilizza adopera, quindi comincio anch’io. Fa un freddo cane porco, ma dopo un po’ non te ne accorgi più perché sudi come non so cosa.
Per pranzo pollo arrosto. Lo mangio.
Seghe e lettura quasi tutto il pomeriggio. Son quasi pronto da andare a dormire quando Swanney, cogli occhi sgranati come se fosse fatto, mi entra di colpo in stanza e si siede sul letto che comincia a menarla. Vengo a sapere che Raymie sta a Liverpool (o a Newcastle?) e Alison «ha smesso e si è tirata fuori».
«Sai, era venuta la polizia e ha rivoltato tutta casa. Meno male che c’era carestia e han potuto incastrare il Cigno Bianco solo per un po’ di roba personale e un ciccetto di anfe. Che mi hanno offerto questo accordo del cazzo. È la prova del nove, qua, Rent Boy» fa. «Io non posso ripulirmi. Mi giran troppo i coglioni per tutte le menate quotidiane, senza skag. Ce l’ho proprio bisogno!»
«Capisco cosa vuoi dire.»
«Però non so quale stronzo ha fatto l’infame. Quella irruzione là della polìs, c’aveva tutti i segni di una soffiata da manuale, son sicuro. Però, chi? ho pensato. Be’, a me non mi acchiappa lo sport di fare nomi, non è lo stile del Cigno Bianco, che preferisce discendere elegantemente le acque di quel fiume di amore e illuminazione... però chi è l’unico stronzo che ultimamente l’han beccato e non è andato al gabbio né l’han mica messo qua dentro?»
Io capisco subito dove va a parare, ma preferisco fare il finto tonto.
«Quello stronzetto furbino di Connell, ecco chi è. Lo so che Matty è un tuo socio, Mark, c’avete quel vecchio legame del Forte e così, però sta sempre in zona a fare tutti i tipi di domande, tipo che vuol sapere da dove mi arriva la roba e cazzi vari.»
Penso a una vecchia foto di me e Matty in piedi davanti alle mura del Forte con la maglietta degli Hibs. Avremo avuto otto anni. «Lui è un ladro. Voleva solo infilarsi nella tua attività, Johnny. Non è uno che informa la polìs.»
Sono sincero. Come quasi tutti mi è sembrato assurdo che Matty s’era beccato la sospensione pochi giorni di cazzo colla condizionale, invece che del gabbio serio o la disintossicazione, ma come infame non ce lo vedo.