Capitolo tre

Quel mattino, quando come sempre la sua sveglia suonò alle sei in punto, Turquoise non poteva immaginare che la giornata che stava iniziando sarebbe stata una delle piú importanti della sua vita. Canticchiando allegramente, fece un’ottima colazione scozzese, composta da abbondante porridge di avena, alcune fette di pane e marmellata Briar’s Rose all’uva spina, e una squisita aringa affumicata. Aveva già indossato il grazioso grembiulino da lavoro di cotone stampato a mazzetti di miosotis, a proteggere il pigiamone di flanella con i pinguini, necessario durante il rigido inverno scozzese. Era ancora buio e la stufa scoppiettava allegra quando entrò nello stanzino adibito a laboratorio, dove conservava e preparava le sue marmellate. Il giorno prima le avevano portato un paio di cassette di pere, uno dei pochi frutti reperibili anche durante il rigido inverno scozzese, e aveva intenzione di mettersi subito al lavoro. Ma non aveva ancora cominciato a sbucciare la prima pera Kaiser che sentí suonare il campanello.

Chi poteva essere? Erano appena le sei e trenta di una gelida mattina di dicembre! Chi aveva affrontato il rigido inverno scozzese per suonare alla sua porta? Turquoise se lo domandò a lungo mentre il campanello continuava a squillare, e poi comprese che la cosa migliore era accostarsi allo spioncino per osservare gli intrusi. E con enorme stupore e disappunto, vide che si trattava di Angus Keiller, colui che aveva da poco finito di tormentare i suoi sogni. Angus, piú che mai seducente nel disinvolto capo spalla in cachemire blu notte, che indossava noncurante della fitta nevicata che imbiancava quell’alba scozzese. Sui suoi lucenti capelli scuri i fiocchi stavano rapidamente formando una montagnola bianca, ma Angus continuava a suonare, ben deciso a non allontanarsi dalla graziosa villetta fino a quando la ancor piú graziosa proprietaria non gli avesse aperto. Turquoise fremette di sdegno. Come poteva aprire ad Angus indossando il pigiamone di flanella a pinguini e il grembiule stampato a miosotis? Per un attimo, pensò di correre a indossare il suo nuovo abitino di morbido jersey pervinca, con la cintura tempestata di strass e il drappeggio sulle spalle, ma poi si rese conto con lancinante disappunto che non aveva un paio di scarpe adatte all’abito. Per la verità le aveva viste la settimana precedente a Dundee, un paio di décolleté tacco nove in vernice fucsia, ma fino alla prossima gita in città all’abito nuovo poteva accoppiare soltanto le sue ballerine nere col fiocco, e Turquoise sapeva, anzi, sentiva, che non ci si poteva presentare a un uomo come Angus Keiller in ballerine con fiocco. Perciò, proprio mentre le prime dita di Angus iniziavano a congelarsi, prese una decisione: che la vedesse in pigiamone, tanto a lei quel brutale, irresistibile uomo dagli occhi verdi non interessava per niente.

Quando si trovò davanti Turquoise in un delizioso pigiamino di pile con i pinguini e grembiule a miosotis, Angus provò una fitta di desiderio talmente intensa che le dita parzialmente congelate si riscaldarono all’istante. Quella donna lo faceva impazzire. Ma era un uomo abituato a controllare i propri sentimenti, perciò la salutò con cortese distacco.

– Buongiorno, Miss Leicht.

– Come sarebbe buongiorno Miss Leicht? Lei ieri mi ha schizzato addosso l’intero contenuto di una pozzanghera!

– Io? Quando? – Poi Angus ricordò che il giorno prima, correndo da Turquoise, aveva inavvertitamente innaffiato una donna davanti a una vetrina. Possibile che fosse… Ah, perché ieri era uscito senza lenti a contatto?

– Mi spiace. Non è mia abitudine schizzare le pozzanghere, ma avevo molta fretta. Posso entrare?

– Se lo scorda. Sono le sei e trenta di mattina, e lei si permette di attaccarsi al campanello di casa mia? Se ne vada!

– A parte che ormai sono le sei e quarantuno visto che sono undici minuti che suono, le consiglio di farmi entrare, perché ho una proposta molto interessante da farle.

– Ah sí? Beh, la risposta è no. Non uscirò mai con lei!

Angus si permise una risatina sardonica, anche se avrebbe voluto afferrarla, stamparla contro il muro, e ricoprire di baci tutto ciò in lei che non fosse pile.

– Credo che mi abbia frainteso, Miss Leicht. Si tratta di una proposta di affari.

Diffidente ma stuzzicata, Turquoise lo fece entrare, e lo portò nella sua allegra cucina cosí dolce, intima, femminile, cosí piena di biscotti, fatine di ceramica, calendari con gattini e simpatiche scatole in latta che Angus si sentí immediatamente a casa. Ah, come sarebbe piaciuta quella cucina alla piccola Aelita, sua sorella, di soli sei anni, invece della super moderna e gelida cucina di casa loro, abitata soltanto dalla arcigna McPherson, la cuoca, e da una dozzina di sguattere.

– Gradisce un Nescafé? – chiese Turquoise, decisa a essere fredda ma ospitale.

Mentre preparava la bevanda per l’ospite, osservò senza farsi notare lo splendido maglione in shetland che avvolgeva quel torace forte, senza formare alcun rigonfiamento su un ventre che si indovinava piatto e muscoloso. Sentendosi rimescolare tutta come una maionese, Turquoise invitò Angus a farle questa famosa proposta.

– Non ho molto tempo da dedicarle, signor Keiller. Stavo preparando la marmellata di pere.

– Ed è appunto di questo che desidero parlarle, Miss Leicht. Ho avuto modo di assaggiare le marmellate da lei prodotte, e le ho trovate squisite.

– Ah sí? – disse sardonica Turquoise. – Non erano scadute?

– La prego, non torniamo su quell’increscioso incidente. Ho assaggiato tutte le varietà da lei confezionate, e sono veramente eccellenti. Pertanto, le propongo l’acquisizione del suo marchio, comprese ricette e metodologie, allo scopo di iniziare la produzione di marmellate Keiller di genere diverso.

– Diverso da cosa?

– Dal normale. In poche parole, voglio produrre marmellate non d’arance.

Se sul suo consiglio di amministrazione questa decisione aveva avuto l’effetto di una bomba, Angus poté notare che invece lasciava del tutto indifferente Miss Leicht.

– Ah sí? Bravi, era ora. Mi sono sempre chiesta come poteste andare avanti solo con la marmellata d’arance. Quando ho visto che siete arrivati alla Marmellata di arance aromatizzata al salmone, ho capito che avevate veramente raschiato il fondo del barile.

– Il fondo del nostro barile è ancora lontanissimo. Abbiamo in preparazione altri sei tipi di marmellata all’arance da lanciare il prossimo anno. Ma questo non la riguarda. Quanto vuole per la Briar’s Rose? Le basta una paccata di milioni?

– AH AH AH! – rise sgangheratamente Turquoise, che da anni aveva voglia di ridere sgangheratamente, ma tra una cosa e l’altra non ne aveva mai avuto l’occasione. – La Briar’s Rose non è in vendita. E ora, se vuole posare quella tazza sul tavolo e andarsene, sarò lieta di aprirle la porta.

Nessuno aveva mai riso sgangheratamente in faccia ad Angus Keiller. In particolare, nessuna donna. Per tutta la sua vita di maschio adulto Angus aveva avuto le donne ai suoi piedi come grappoli di polvere a fiocco. Le aveva prese o respinte, amate e schiaffeggiate, possedute e deposte, ma mai, mai aveva provato un senso di rabbia impotente come quella che suscitò in quel momento in lui Turquoise sghignazzando. Senza neanche rendersi conto di quello che faceva, la prese per un braccio, la strinse a sé e si impossessò della sua bocca.

Quel bacio li percorse entrambi come un fulmine a ciel sereno. Angus si sentí liquefare il sangue nelle vene, mentre una forza prorompente invadeva la sua mascolinità, e quel bacio si trasformava nell’esperienza piú voluttuosa della sua esistenza. Invano Turquoise tentò di respingerlo: come dotate di vita propria, le sue labbra restavano avvinghiate a quelle dell’uomo, e ogni fibra del suo essere urlava silenziosamente di piacere. Solo pensando intensamente a Suor Mary Cathleen, la sua insegnante delle elementari, che urlava «Satana vi brucerà come tizzoni di torba!» riuscí a sottrarsi a quel bacio. Ansimante e sconvolta, urlò: – Se ne vada, e non si azzardi piú a farsi vedere.

Recuperato il controllo, Angus chinò il capo.

– Come crede. La farò contattare direttamente dai miei legali.

Poche ore dopo, mentre sistemava i vasetti di marmellata di pere negli scaffali del negozio, Turquoise comprese che esisteva una soluzione semplicissima al suo problema, e ne parlò a Shannara mentre prendevano il tè delle undici.

– Sai cosa? Penso che sposerò tuo fratello.

– Oh, querida! ... Splendido. Hai finalmente capito che è l’hombre giusto per te?

– No... è che... – Turquoise iniziò a scuotere la testa e mordersi le nocche delle mani, e Shannara comprese che qualcosa la tormentava. Abbracciò l’amica, stando attenta a non spiegazzare la bianca camicetta inamidata che sottolineava il suo fascino semispagnolo.

– Cosa c’è? A me puoi dire tutto, lo sai.

– Io... ecco... io… stamattina verso le sette Angus Keiller mi ha baciata e... mi sono pazzamente innamorata di lui!

– Oddio! E adesso? – Shannara era sconvolta. La sua migliore amica si era innamorata di Angus Keiller! Che, lo sapevano tutti, stava per sposare Lady Glorietta!

– E lui vuole comprare la Briar’s Rose. Ci offre una paccata di milioni!

– Super! – strillò Shannara, che era stufa marcia di quella confetteria sperduta in un paesino scozzese nella regione di Dundee. – Si fa la bella vita! La vida loca! Un dos tres!

– No, Shannara, mi spiace. Io non venderò mai la Briar’s Rose.

– Perché? – chiese Shannara.

A questa domanda, Turquoise non sapeva cosa rispondere. In effetti, vendere la Briar’s Rose per una paccata di milioni sarebbe stato positivo. Ma lei non poteva farlo, punto e basta. Aveva solo 23 anni, ma quella minuscola impresa dolciaria se l’era costruita con le sue mani, e non la avrebbe mai ceduta ai potenti in cambio di una paccata di milioni con cui partire per una lunga, meravigliosa vacanza alle Turks e Caicos. No, lei era una risoluta ragazza scozzese con i capelli rossi, e avrebbe respinto le profferte di quel suo connazionale milionario.

– Perché no. Quell’uomo arrogante e prepotente non può avere tutto quello che vuole. E non può avere me. Sí, mi sono innamorata di lui, ma lo odio e lo disprezzo.

– Perché? – richiese Shannara. In fondo, a parte essere fidanzato con Lady Glorietta, Angus Keiller era bello, intelligente, simpatico, non si drogava, non lo ritrovavano mai ubriaco nei rigagnoli, aveva parecchie splendide macchine e viaggiava in business class. Perché tanto astio nei suoi confronti?

Onestamente, Turquoise non lo sapeva. Sentiva però che una forza superiore, indipendente dalla sua stessa volontà, le imponeva di trovare detestabile Angus, e di non voler avere niente a che fare con lui.

– Crede di poter avere tutte le donne che vuole solo perché ogni anno produce ettolitri di marmellata d’arance che vende a prezzi esorbitanti. Ma con me non attacca. Io sposerò Jamie.

L’intelligenza di Shannara era piuttosto limitata, ma sufficiente a farle capire che quelle di Turquoise non erano motivazioni fortissime.

– Scusa, querida, ma sposi mio fratello solo perché sei innamorata di Angus Keiller?

– Certo! Accanto a lui ritroverò la serenità.

Alcune clienti che nel frattempo si erano radunate nel negozio in attesa di esser servite vociferarono la loro approvazione. L’idea era: Turquoise Leicht sposi chi le pare, basta che si decida finalmente a servirmi i miei due etti di caramelle al miele.

E Turquoise, con il cuore in tumulto per quell’attrazione che doveva ad ogni costo combattere, pesò due etti di caramelle al miele per la signorina Pinkberry. Il suo agile corpo scattante, fasciato in un paio di fuseaux neri e in un attillato abitino di mohair color pervinca fremeva al pensiero di quel bacio, e della potente impressione di virilità che aveva provato nell’abbraccio di Angus, ma sapeva che cedere a quell’uomo avrebbe significato diventarne la schiava, e mai, mai Turquoise Leicht sarebbe diventata la schiava di qualcuno! Sí, quella sera aveva in programma di andare al cinema con Jamie, e se lui, come faceva un paio di volte al mese da sei anni, le avesse chiesto di sposarlo, ebbene, questa volta gli avrebbe detto di sí. E a questo pensiero, Turquoise scoppiò in lacrime, disperata.

Quella sera, quando tornò a casa dopo una dura giornata di lavoro, Angus trovò sua sorella Aelita che giocava in giardino, ben imbacuccata in una allegra tutina rossa che la proteggeva dal rigido inverno scozzese.

– Ciao Angus! Hai già scelto il nostro albero di Natale?

– Ciao spennacchiotta. Manca piú di un mese a Natale...

– Oh ti prego! Io sono molto impaziente!

Angus sorrise indulgente alla piccola Aelita, di soli sei anni, tardiva figlia dei suoi genitori, e infatti la povera Lady Keiller era morta di parto, seguita a distanza di poche ore dall’affranto marito. Angus aveva allevato Aelita da solo, fratello, padre e madre tutto insieme. Ma tra poco Aelita avrebbe avuto una vera mamma: Glorietta. Mentre si chinava a salutarla, notò un segno rosso sulla guancia della piccola.

– Cos’è questo?

– Niente, oggi è passata Glorietta a portarmi una bambola di stracci, e siccome le ho detto che non mi piaceva, mi ha dato uno sberlone.

Angus sorrise indulgente. – Ti vuole tanto bene… ha sempre dei pensieri affettuosi per te.

– Non era affettuoso, era una bambola bruttissima fatta dai bambini africani con i fili delle noci di cocco. Si chiama Betty Lebbrosa. Io non la volevo, e allora Glorietta mi ha dato uno sberlone.

Angus continuò a sorridere indulgente, e si avviò verso casa, lasciando Aelita ai suoi giochi.

– Ti vuole tanto bene… sarà una bravissima mammina per te.

Mentre raggiungeva il maestoso portone, gli parve di sentire Aelita che gridava alle sue spalle: – Non sarà una bravissima mammina... mi ha dato uno sberlone e mi ha fatto l’orecchio piatto!

Ma nonostante l’allegria di Aelita e il dolce pensiero di Glorietta, Angus non era un uomo felice, quella sera. Né come essere umano, né come proprietario della Keiller Inc. Si era lasciato andare con quella dannata ragazza, e non era riuscito a convincerla a vendere. In piú, si chiedeva se sarebbe bastato quel bacio rubato a scatenare la maledizione dei Keiller.

Neanche Turquoise era felice, quella sera. Si era preparata con molta cura per uscire con Jamie, e ora si rendeva conto che forse per il cinema parrocchiale di Kirriemuir il suo abito di broccato argento, un Saint Laurent vintage trovato per pochi pence al mercatino dell’esercito (strano, tra l’altro) era un poco esagerato. Ma Jamie la guardava rapito, e Turquoise non rimpianse di aver messo anche i pendenti di perle barocche che le aveva lasciato zia Theodora. Per tutto il tempo, mentre sullo schermo Julia Roberts batteva a Los Angeles, Jamie la fissò adorante. Turquoise avrebbe dovuto essere al settimo cielo, e invece raggiungeva a fatica il secondo. Cosa c’era che non andava? Perché al posto di Richard Gere, sullo schermo continuava a vedere Angus Keiller?

– Jamie, guarda il film.

– A che serve? A Kirriemuir danno soltanto Pretty Woman e I cannoni di Navarone. Li so a memoria.

– Beh, è sempre divertente quando lei…

– Turquoise, scusa se ti interrompo, ma non posso piú aspettare. Sei cosí bella, stasera, con questo abito vintage di broccato argento, che non posso trattenermi. Mi vuoi sposare?

Jamie la fissò impaziente, in attesa di una risposta.