Capitolo due

Aelita si svegliò con un curioso senso di aspettativa. Come la mattina di Natale, solo che a Natale mancava ancora piú di un mese. Poi capí: era la neve! Tutto era silenzio intorno a lei.

Effettivamente, tutto era sempre silenzio attorno a lei, perché la sua camera nella antica dimora dei Keiller dava su uno dei cortili interni, e anche se avesse dato sull’esterno, fuori c’era il parco dei Keiller, ove al massimo cinguettavano i merli e bramiva qualche cervo a primavera. In quella gelida mattina invernale nulla avrebbe comunque cinguettato o bramito, ma si sa che il silenzio della neve è un silenzio speciale, e cosí disse Aelita alla sua cameriera McGlee, quando costei venne a portarle il vassoio della colazione:

– Il silenzio della neve è un silenzio speciale, vero Makky?

– Oh signorina, lei è sempre cosí poetica…

La cameriera versò il tè, e Aelita si alzò e andò alla finestra: oh meraviglia! Tutto era bianco e ricoperto di neve! Ogni cosa era avvolta nella neve, la neve era ovunque, e i tetti di Kirriemuir non si distinguevano piú da tutto il resto, essendo anche loro completamente coperti di neve.

– Ha nevicato tanto, – osservò infatti Aelita.

In quel momento udí bussare alla porta, e sentí la maschia voce profonda di suo fratello Angus che chiedeva il permesso di entrare.

– Ciao Angus! Hai visto? Ha nevicato tanto!

– Ho visto, Tortorella mia. Che programmi hai per oggi?

– Vado a scuola, naturalmente. Nella mia simpatica classe alle superiori di Kirriemuir. E nel pomeriggio, se smette di nevicare, mi lancio col paracadute.

Angus sorrise indulgente. Da che non era piú una bambina, Aelita adorava gli sport estremi, e spesso si lanciava col paracadute, o giú per le cascate in una piroga, o saltava dai ponti con un elastico attaccato alla caviglia.

– Allora devi essere in forze. Fai una buona colazione. Magari con questa, è la nuova marmellata della Briar’s Rose. Me l’hanno data ieri per scusarsi di quella scaduta.

– Ma Angus! Te l’ho detto, non è colpa del negozio. È quella deficiente di Glorietta che l’ha tenuta in casa dei mesi prima di regalarmela.

– Perché parli cosí di quella che diventerà tua sorella?

Mentre Angus le rivolgeva questa sensata domanda, Aelita aveva aperto il barattolo di marmellata e ci aveva ficcato dentro un dito, che poi leccò con gusto.

– Mmm… lo sai che è fantastica, questa marmellata? Super. Provala.

Distratto, Angus assaggiò un cucchiaino della confettura, e dovette convenire che era ottima. Poi incrociò lo sguardo mortificato di Aelita.

– Oh, Angus… ci ho provato ancora. Anche iei sera. Con la numero 9, quella col profumo di aringa. E… niente.

Angus si trattenne a fatica dal mollare alla sorella un ceffone che la facesse girare come una banderuola col maestrale. Era il temperamento ardente dei Keiller, in lui controllato grazie al corso di Meditazione Ascetica che aveva seguito a Oxford. Quel pessimo scherzo della natura maligna perdurava, dunque. Aelita, sua sorella, erede come lui dell’Impero delle marmellate Keiller, continuava a non sopportare la marmellata d’arancia!

Proprio quella a cui la Keiller doveva fama e prosperità! Difatti parlando di «marmellata Keiller» ci si riferisce alla marmalade, la marmellata di arancia, che la Keiller produceva in diciannove varianti. E nessuna di queste incontrava il gusto di Aelita, a cui ogni tipo di marmellata di arance faceva schifo, e che sui suoi toast delicatamente abbrustoliti spalmava marmellate di fragole o ribes, ciliegie e pomodori, fichi e limoni, mirtilli, albicocche, pesche o prugne o uva spina, ogni cosa ma niente marmalade, anche a costo di spezzare il cuore del padre, della madre e del fratello.

Ora che il padre e la madre erano morti motu proprio, Aelita faceva soffrire soltanto Angus, che però cercava di non far pesare la cosa alla sorellina, e anche questa volta tradí il proprio disappunto soltanto con una smorfia, un corrugar della fronte, un lieve pugno al vassoio e un pestone sul parquet di acero biondo.

– Angus… – iniziò Aelita titubante. – C’è una cosa che ti voglio dire da… – fece un rapido conto sulle dita, – quattordici anni e mezzo.

– Ma tu hai solo sedici anni, Tortorella.

– E difatti, ho cominciato a volertela dire a un anno e mezzo. Naturalmente allora avevo un vocabolario limitato, ma ricordo che il pensiero era già ben formato. Solo che non ho mai trovato il coraggio. Adesso, però, l’ho trovato. Ascoltami bene.

Aelita guardò il fratello negli occhi, inspirò e disse: – Perché la Keiller non produce anche altri tipi di marmellate, oltre a quella d’arance? Cosí anche io mangerei le nostre, invece di quelle della concorrenza, e ci metteremmo tutti il cuore in pace.

Angus la fissò, completamente sconvolto.

Affondando fino a metà coscia nella neve, Turquoise arrivò finalmente al negozio, dove Shannara la attendeva fresca come una rosa. La sua amica, infatti, abitava sopra la bottega, ed era scesa a lavorare senza neanche mettere il naso fuori. I fiocchi turbinosi che avevano ripreso a cadere con violenza non le davano nessun fastidio.

– Hola, Turquoise, – salutò l’amica. Shannara aveva imparato un po’ di spagnolo come omaggio al suo sconosciuto padre.

– Hola una bella maniglia, – disse Turquoise, ricorrendo a una tipica espressione scozzese che indica disappunto. – Con questa neve ci ho messo mezz’ora ad arrivare da casa mia.

– Pueco mal. No emportas. Gli affari vanno a rilento. Hai notato che quando c’è molta, molta neve in giro, la gente esce meno a comprare dolcetti e marmellate?

Turquoise non le rispose, e Shannara vide che la sua amica era appoggiata alla finestra con aria sognante. Shannara sorrise fra sé e sé: sapeva che la sera prima Turquoise era uscita con Jamie, e di sicuro lui le aveva chiesto di sposarlo, e lei gli aveva detto di sí. Solo una proposta di matrimonio poteva spiegare quell’espressione incantata.

– Ehi, Turk, a me non la fai. Ti ha chiesto di sposarlo, vero?

– Eh? Ma figurati… ci conosciamo appena…

– Come sarebbe, vi conoscete appena, tu e Jamie uscite insieme da quasi sei anni, fin da quando tu, appena diciassettenne, giungesti qui orfana e sola per ereditare la casa di tua zia, e avviasti questo fortunato negozio!

– Jamie? Ah, parlavi di Jamie… no, non mi ha chiesto niente. Abbiamo avuto un incidente con la macchina, causato dalla neve. Abbiamo sbattuto contro un banco di neve, solo che non era un banco di neve, era la Rolls-Royce color luna d’argento di Angus Keiller.

– Ah, lui. Avete parlato ancora della marmellata?

– Certo. Insieme a lui c’era quel pesce secco intonacato della sua fidanzata, con un vestito di Cosimiri che su di lei sembrava un copricostume della Standa, e le ho detto…

– Aspetta un po’. Non ti è simpatica, Lady Glorietta?

– Puah. E le ho detto che non la passava liscia, a dar la colpa a noi per quella marmellata scaduta, e allora lui… oh, Shannara, lui… lui…

E Turquoise scoppiò a piangere. Come poteva confessare a Shannara che per tutta la notte si era voltata e rivoltata nel letto come un arrostino allo spiedo, pensando alla elegante e sensuale figura di Angus, alla sua bocca che prometteva baci di fuoco, ai suoi occhi che la spogliavano con i potenti raggi ics dell’impertinenza? Come poteva confessare ciò a Shannara, la sorella di Jamie, il bravo ragazzo che da un momento all’altro le avrebbe chiesto di sposarla? E lei cosa avrebbe risposto? Poteva mandare tutto all’aria per una improvvisa passione senza futuro, in quanto Angus era fidanzato con Lady Glorietta, e comunque mai un Keiller avrebbe sposato una misera pasticcera senza famiglia?

Shannara la guardò piangere per un po’, poi scartò un lecca lecca e glielo porse: – Tieni, i Lemontops fanno miracoli. E comunque non prendertela, lo so che quello lí ti è antipatico, ma presto sarai la moglie di Jamie, e allora sí che starai allegra!

In quello stesso momento, Angus Keiller fronteggiava il consiglio di amministrazione della Keiller, i cui diciotto componenti lo guardavano a bocca spalancata e occhi quasi scaraventati fuori dalle orbite.

– Altre marmellate?– echeggiò debolmente Doneagh Cavendish, l’amministratore delegato, un distinto ottantacinquenne che riluttava ad andare in pensione. – Ma noi non abbiamo mai fatto altre marmellate!

– Lo so! – urlò Angus, e saltò sul tavolo per dare piú forza alle sue parole, – ma è tempo di cambiare, amici miei! Un giorno, un signore coraggioso decise di mettere 14 canzoni tutte sullo stesso lato di un supporto argentato, invece che sui due lati di un supporto nero a righe, e da allora fu CD. Qualcun altro, con altrettanto coraggio, creò misteriosi satellitini sparsi nei cieli e la gente staccò il telefono dal mobiletto nell’ingresso e se lo portò in giro per prati e piazze. Ebbene, anche la Keiller è sull’orlo di un cambiamento epocale! Noi produrremo altre marmellate! Non piú soltanto 19 varianti di marmellata d’arance! È arrivato il momento di diversificare, e di partire verso nuove avventure!

– Ma… ma non sappiamo niente di loro… fragole… albicocche… mirtilli… noi non li conosciamo… – boccheggiò Alastir McKenzie, il capo del reparto vendite.

– Infatti. Ed è per questo che noi acquisiremo la Briar Rose’s, una piccola azienda che produce squisite confetture dei piú diversi frutti.

– Avete già trattato l’acquisizione? – chiese un altro tizio.

– Non ancora. Ma non vedo l’ora di farlo. Quella dannata ragazza tutta curve con scintillanti occhi azzurri e lunghe gambe nervose merita una lezione. Sarà mia!

– Ma non potete, Angus… conoscete bene la maledizione dei Keiller… – esalò McKenzie.

– Mi riferivo alla fabbrica, – rispose bruscamente Angus. Ma sapeva di non esser sincero. Per un attimo aveva dimenticato la terribile maledizione dei Keiller, e aveva sognato di avvinghiarsi a Turquoise fino a fondersi con lei. Invece niente, non poteva, doveva limitarsi ad acquisirne le ricette di marmellate.

– E vado subito a comprarmela, – annunciò al consiglio di amministrazione, – voi proseguite con gli altri punti in agenda. Che abbiamo stamattina?

– La mafia, – sospirò il signor Cavendish. – Hanno sequestrato diecimila tonnellate di arance di Gela.

Angus uscí di corsa, lasciandoli alle prese con le quisquilie della vita aziendale. Anche se la Confetteria era a un paio di chilometri appena dalla sede degli uffici Keiller, decise di non perdere tempo, saltò sulla Ferrari, l’auto che preferiva per le minute incombenze quotidiane, e si diresse a gran velocità verso il centro del paese.

Era impaziente di affrontare Turquoise, o meglio, di rivedere gli scintillanti occhi azzurri, e le ancora piú scintillanti gambe lunghe della ragazza.

Ma era destino che non le rivedesse tanto presto. Mentre Angus si recava tanto rapidamente quanto vanamente alla Confetteria, Turquoise si era presa un’ora di pausa, ed era intenta ad ammirare alcuni fermagli per capelli nella vetrina della locale profumeria-cartoleria-tabaccheria-merceria. Era incerta se acquistare una coppia di pettinini cinesi con le antenne e i cristalloni verdi, e non si accorse della Ferrari che stava arrivando a folle velocità, diretta purtroppo proprio verso la molto grande pozzanghera di fango e neviglio che era accanto a lei. L’impatto fu inevitabile, e solo quando il suo piumino bianco appena comprato fu completamente ricoperto di schizzi marroni, Turquoise incrociò lo sguardo dell’autista. Avrebbe dovuto immaginarlo: a scagliarle addosso tutta quella robaccia era stato lui, il suo persecutore, l’odioso, detestabile, bellissimo Angus Keiller.

l’autrice

Rebecca Jane Glyn vive nell’Essex, in una antica dimora vittoriana. È sposata e ha quattro figli, ma trova il tempo anche per curare la sua serra di erbe officinali.