Martedì

Alle ore 9 tredici di noi sono presenti nella saletta del Circolo dei Lettori. Siamo, perché negarlo, tutti piuttosto eccitati, ansiosi di sentire cosa ne pensa la signora Forneris di ciò che le abbiamo inviato.

Mancano Giovanna, la mamma di Biella, e Consolata, una signora molto elegante sui quarantacinque, che ieri è stata piuttosto silenziosa e ha preso appunti. Aveva l’aria di una dama collinare, ovvero quelle signore che nella città di Torino abitano in eleganti ville sulla collina circostante, e sto parlando di ville vere, non di casette indipendenti vecchie e scalcagnate come la mia. Queste signore, in caso inizino a scrivere, solitamente si dedicano a romanzi autobiografici sulle loro famiglie, in particolare le nonne. Ieri, al termine della lezione, Consolata si è fermata un attimo a parlare con Leonora Forneris, poi si è allontanata salutandoci tutti con altezzosa affabilità, se può esistere qualcosa del genere.

Mentre rifletto sulla misteriosa Consolata, arriva Giovanna, trafelata, borbottando qualcosa sui bambini, Biella, un casello dell’autostrada... per fortuna è lievemente in ritardo anche la nostra insegnante, che arriva in quel momento, con una pila di cartelline colorate sotto il braccio. Saluta, e ci comunica che proseguiremo il nostro percorso in quattordici. Infatti Consolata ha rinunciato. Stop. O meglio, sarebbe stop se Paola non osasse chiedere perché. Anche se oggi non indossa il giubbotto da aviatore, bensí una giacca di tweed con le toppe ai gomiti, Paola è sempre il mio eroe. Noto che è seduta vicino a Vittorio, e che è una vicinanza intenzionale. Lo capisco grazie a un mio piccolo dono, direi quasi un minuscolo Superpotere che ho fin dalla piú tenera età. Mi accorgo quando la gente si piace. Quando a uno piace una, o viceversa. Non so se è un sesto senso, non so nemmeno se sia un senso, ma io ce l’ho.

– Non si riconosceva nel progetto, – spiega la signora Forneris. – Voleva scrivere un Melody con protagonista italiana. E precisamente, con protagonista sua nonna, che da giovane è stata costretta dalla famiglia a sposare un notaio, e poi recatasi alle terme per curare una lieve forma di psoriasi, ha ivi conosciuto un prestigiatore ungherese, di cui si è perdutamente innamorata. Una storia inadatta a un Melody per molteplici ragioni. Ma non pensiamoci piú, e veniamo invece a queste.

Sventaglia sul tavolino di fronte a lei quattordici cartelline di quattordici diversi colori. Dove le avrà trovate? In nessuna cartoleria di mia conoscenza vendono cartelline di quattordici colori diversi: blu pavone, azzurro madonna, celeste baby, turchese, rosso rubino, arancione, giallo margherita, giallo canarino, verde smeraldo, verde pisello, verde muschio, rosa confetto, fucsia, lavanda.

– Ho stampato ciò che mi avete mandato, e creato una cartellina a nome di ciascuno di voi, in cui man mano inserirò il vostro lavoro. Soltanto tre di voi mi hanno mandato un capitolo completo…

Pausa. Lancia uno sguardo vacuo in giro, dal che capisco che non associa ancora le facce ai nomi, e quindi non sa chi sono i tre. Non sa che uno sono io, ma io lo so, e mi sento gonfiare di orgoglio. Soltanto tre! Su quindici! E una ha mollato! Mi sbircio attorno furtiva, cercando di individuare gli altri due.

– … e con loro parlerò in separata sede. Iniziamo da… – prende la cartellina verde muschio, che per fortuna non è la mia, essendo un colore per il quale provo avversione. – … da Renata…

Renata è una trentenne bellicosa e molto truccata che è seduta proprio vicino a me. Ha addosso dei vestiti stranamente rumorosi, frusciano e scrocchiano piú del normale, e sembra piuttosto incarognita. Mastica una gomma in modo truce e quando la signora Forneris la nomina, fa un brutto sorrisino.

E presto capisco perché. La signora Forneris spalanca la cartellina verde muschio sotto i nostri occhi, e ce ne mostra il contenuto: vuota.

– Renata ha scelto di scrivere un Melody Junior, ma da lei non ho ricevuto assolutamente niente. Perché?

– Non ero sicura, – dice Renata in tono aggressivo.

Mi fa specie che si possa dire «non ero sicura» in tono aggressivo, eppure si può.

– Avevo una storia in mente ma…

– Ce ne parli. Stamattina ci occuperemo di raddrizzare gli spunti difettosi, e inoltre vi fornirò gli elementi per il secondo capitolo. Di che storia si tratta?

– Veramente… non so… pensavo a una ragazza, magari californiana, come nome avrei scelto Lyssiana, e questa Lyssiana, insomma, ha sempre vissuto con la madre in California, e a 17 anni… non so… forse 18… 16… comunque, va a stare da suo padre separato a New York, e suo padre è un riccone, faccia conto un banchiere, e invece lei con sua madre viveva un po’ da hippie, e adesso si trova in questo mega attico su Central Park… e insomma va a scuola lí, e si trova male tra tutti quei fighetti, lei è una pura, no, una giusta, ma poi si innamora del ragazzo dell’ascensore, un portoricano.

Cala un silenzio carico di tensione. Noi che ieri siamo stati attenti, capiamo che Renata si sta mettendo in un vicolo cieco. Se il ragazzo dell’ascensore è portoricano, probabilmente è un vero ragazzo dell’ascensore, che vive con sette fratelli in due camere. E quindi non potrà mai avere una storia d’amore Melody con la ragazza dell’attico. Attendiamo col fiato sospeso l’intervento di Leonora, che però dà corda a Renata.

– E poi?

– E poi il padre ha un crac, tipo 2009, e perde tutto, e allora lei e il ragazzo possono essere felici insieme, hanno un’idea, non so, potrebbe essere che aprono un chiosco di hot dog in società. Dopo magari il padre e la madre si rimettono insieme, e il chiosco fa fortuna… però, insomma, non ero sicura che andasse bene.

Con voce di ghiaccio, cosí fredda che si forma la condensa sui vetri, Leonora chiede: – E dov’è il sogno?

– Il sogno? – ripete Renata.

– Il sogno, certo. Cos’ha da sognare, una ragazza che leggesse il tuo Melody? Di diventare la tenutaria di un chiosco di hot dog a Central Park insieme a un portoricano? Ma per favore, su. Chi è veramente il ragazzo dell’ascensore?

Renata tace.

La signora gira lo sguardo attorno a sé. – Qualcuno di voi ha qualcosa da suggerire a Renata?

– Il nipote di un famoso dittatore? – propone, invitante, Carlo.

– Niente politica.

– È il ragazzo dell’ascensore, ma vince la lotteria? – suggerisce Angela.

– È l’erede al trono di un regno caraibico che lavora per non crescere viziato? – mi lancio, incoraggiata dal fatto di essere Uno Dei Tre.

– Niente lotteria, che modificherebbe il censo ma non lo status. Niente regno caraibico. I regni sono soltanto europei o arabi. Altre idee?

Alza la mano una bella ragazza bionda, un po’ spessa, seduta in fondo. Me la ricordo, è una di quelle che hanno protestato con maggiore veemenza quando si è scoperto che il corso prevedeva un giorno in piú. È infermiera, se non sbaglio, e per lei era un problema cambiare i turni. Ma alla fine si è rassegnata, e ha scelto di scrivere un Melody Medical.

– Sono Laura, e pensavo che il ragazzo dell’ascensore potrebbe essere il figlio del proprietario del palazzo, che ha sposato una portoricana. Gli fa fare il ragazzo dell’ascensore per punirlo perché va male a scuola. Grazie all’amore della ragazza, lui ritrova la voglia di studiare, e di amministrare il patrimonio immobiliare del padre.

– L’enorme patrimonio immobiliare del padre, – precisa Leonora, annuendo, ma Renata non è d’accordo.

– Scusi sa, ma non vorrei che Lyssiana finisse con un palazzinaro.

– Tu. Ma Lyssiana? Lei lo vorrebbe? Certo. E la lettrice di Melody, lo vorrebbe? Certo. Grazie, Laura. Il tuo è un ottimo suggerimento. Renata, procedi pure.

Renata non è un tipo che cede su tutta la linea: – Posso fare che lui vuole studiare medicina e il padre alla fine si convince?

Leonora accetta, argomentando che uno studente di medicina figlio di un milionario diventerà facilmente primario, e Renata si placa.

Anche la cartellina giallo canarino è vuota. Carlo, uno dei tre maschi, si è arenato con il suo Detective Melody, ancora prima di salpare. Non sa se fare della sua protagonista la detective o l’indagata.

– Sono stato su fino alle tre, guardi, fino alle tre, ma niente. Prima ho pensato che lei, la ragazza, Ursula, fosse una detective privata, sa, una tipa sportiva, pistola, chewing gum. A Detroit. Però non mi veniva fuori il lato romantico. Scusi sa per il paragone ma mi sentivo come un tubetto di lucido da scarpe vecchio, quando si forma quel tappino duro in cima e spremi spremi non esce niente…

– Io li buco con la punta dei lacci della scarpe da tennis, – dice una voce dal fondo. È una signora sui quaranta senza caratteristiche particolari. Non la calcoliamo, e Carlo va avanti noiosamente a descrivere tutti i suoi tentativi falliti di fare della sua protagonista una detective, finché Leonora Forneris guarda l’ora e dice:

– Ho capito. In effetti, la protagonista detective è impegnativa, non adatta ad autori alle prime armi. Si attenga allo schema della figlia, che funziona sempre.

Carlo chiede spiegazioni, deludendo in maniera evidente la signora Forneris che, ormai l’ho capito, vorrebbe piú intuito da parte di noi tutti.

– La sua protagonista è la figlia di un uomo ingiustamente accusato di qualcosa di aziendale. Roba grossa, titoli, inside trading, ha presente, no?

– Sí. Sono un operatore di Borsa.

– Ottimo. A indagare e scagionarlo ci metta il padrone dell’azienda, innamorato della ragazza. Qualcuno cerca di ucciderli.

– Chi?

– Non lo so, veda lei. Si metta al lavoro, che se no mi resta troppo indietro.

Gli altri nove hanno mandato tutti almeno una sinossi, e per un’ora la signora Forneris legge, commenta, aggiusta, sottolinea, distrugge e incoraggia. E finalmente, quando gli altri undici sono chini sulle loro opere, si rivolge a noi tre, che siamo: io, Nicola e la signora sui quaranta che buca i tubetti di lucido da scarpe coi lacci delle scarpe da tennis. Si chiama Manuela.

Nicola a quanto pare appartiene alla categoria dei prodigi: non solo ha scritto il primo capitolo del suo Melody History ambientato nel Galles, ma ha pronta anche la sinossi del secondo. Questo gli causa una terribile reprimenda da parte della nostra insegnante: non si può procedere a casaccio, senza aver ricevuto le istruzioni che lei ci darà, capitolo per capitolo. Questa non è una corsa nei sacchi, ci avverte, non è la gara dell’uovo nel cucchiaino, che bisogna arrivare primi.

– Nessuno deve scrivere il secondo capitolo fino a quando io non avrò spiegato gli sviluppi previsti per il secondo capitolo, e cosí via, scriverete il terzo soltanto dopo aver appreso come dovete scrivere il terzo. È chiaro una volta per tutte?

Nicola è meno battagliero di Renata, e si dimostra mortificatissimo. Sarebbe disposto a fare Seleziona Tutto e poi Elimina del secondo capitolo senza un attimo di rimpianto, ma Leonora Forneris conosce anche l’arte della magnanimità, e gli dice di aspettare: può darsi che qualcosa se ne potrà salvare. Poi si ritira con lui in una saletta adiacente, dove sostano per 15 minuti, durante i quali Manuela mi racconta che lei ha scritto il primo capitolo di un Second Chance in cui la protagonista, Fibian, è una giovane vedova australiana, che lasciata dal marito defunto nella piú nera miseria, per mantenere se stessa e il suo bimbo neonato, va a lavorare come caporedattrice nel piú importante quotidiano di Melbourne.

– Ha studiato da giornalista? – chiedo, perché per me essere pignola è naturale come respirare.

– Non saprei, non credo, perché col giovane marito ucciso da un fulmine vivevano nella steppa australiana coltivando rari cactus che vendevano ai mercati.

– La steppa australiana?

– Sí. Purtroppo, proprio nei giorni precedenti alla morte del giovane marito, gli opossum avevano divorato tutta la piantagione di cactus.

Cerco di immaginarmi centinaia di opossum con le spine dei cactus conficcate in gola, e mi viene da piangere.

– Non potresti fare che la piantagione era di… non so… qualcosa che non punga, tipo pomodori?

Manuela mi guarda placida. – Per me è uguale. Sentiamo cosa dice lei. Comunque, appena morto il marito nasce il bambino, e i suoceri cacciano Fibian e il nipotino.

– Come mai?

– Perché il bambino è nero come la pece mentre il giovane marito era bianco. In verità un bisnonno materno del giovane marito era un mandingo, ma la cosa si scoprirà solo nel capitolo sette.

Mi sento un po’ invidiosa della storia di Manuela, mi sembra appassionante e piena di colpi di scena, molto meglio della mia.

– E lui chi è? No, aspetta, non dirmelo: il direttore del giornale.

– Brava. C’hai preso. Si chiama York, e la assume solo per poterle far pagare il tradimento nei confronti del suo migliore amico, lo sposo bianco, poi però a pagina tre si innamora pazzamente di lei con un bestiale desiderio di farla sua.

– Signorina Ceschino.

Sono io! Leonora chiama me! Un po’ emozionata, saluto Manuela e seguo la nostra insegnante nella saletta. La mia cartellina è quella azzurro madonna, un colore che trovo un po’ stucchevole. Personalmente prediligo le sfumature del beige, da quelle piú ardite tipo daino a quelle piú elusive tipo sabbia. È un colore sempre distinto, sempre a posto, estate e inverno, salute e malattia. Ma cartelline beige non ne vedo. Leonora Forneris sembra una donna piú portata alle tinte che hanno fatto una scelta precisa.

Ha in mano la stampata del mio capitolo, e l’esordio non è incoraggiante.

– C’è molto che non va, signorina.

Pausa, che io mi guardo bene dal riempire.

– Ma anche qualcosa che va. Bene il nome della protagonista, malissimo il nome del protagonista. Robbie? Come un ragazzotto. Non va assolutamente per un uomo ricco di fascino irritante.

– Ma è il diminutivo di Robertus.

– Non credo nei diminutivi. I diminutivi vanno bene per i comprimari. Lo chiami Angus.

– Come le bistecche?

– Esattamente. Il subconscio già si configura il toro, il manzo, ci siamo capite. E via, via subito, da non ripetere mai piú, l’allusione letteraria. Cos’è quel Darcy, cos’è quel Georgiana? Vuole fare sfoggio di cultura? Scriva un libro per il premio Strega. A noi non interessa, signorina, sapere che lei ha letto Orgoglio e Pregiudizio. La lettrice di Melody non solo non conosce il Darcy della Austen, non conosce nemmeno quello di Bridget Jones. La lettrice di Melody legge solo Melody. È sufficientemente chiaro? Non voglio trovare mai piú il minimo, il piú irrisorio accenno letterario. Già mi mette subito nelle prime righe quell’autore di Peter Pan. Ringrazi che han fatto il film della Disney, se no glielo farei togliere.

Annuisco, ridotta a un grumo di sottomissione. Ma ce n’è ancora.

– Si decida per la stagione. Nelle prime righe dice che nevica, poi però la protagonista me la veste di cotone coi sandali, e di neve non si parla piú. Se in un Melody nevica, la neve fa storia. Ad esempio, l’incidente tra le due macchine è causato dalla neve, e ogni personaggio nomina di continuo le condizioni atmosferiche. Se invece la gente ha i sandali e fa caldo, tutti bevono limonate fresche e si sventagliano. Ha presente l’espressione «tagliato con l’accetta»?

Annuisco.

– Bene. Tagliato con l’accetta è come lavorava Cellini, in confronto alle situazioni Melody. Veda di ricordarselo. E veniamo all’età della protagonista. Ventisette anni sono assolutamente troppi. Ventisette anni vanno bene per i Second Chance, quelli con vedove e divorziate. La sua protagonista non può avere piú di ventitre anni.

– Ma sono pochi per avere un negozio e tutto il resto.

– Vanno benissimo. Le donne Melody si rimbocano le maniche in giovane età. Turquoise è rimasta orfana a 17 anni.

– Poverina.

– Storie. È l’età perfetta per restare orfana in un Melody. E a proposito di età, la sorella di Angus non può avere 12 anni. La preadolescente non offre spunti interessanti. Le sorelle Melody o sono piccole piccole e fanno tenerezza, o sono adolescenti e scoprono la propria femminilità grazie alla protagonista, o smettono di frequentare cattive compagnie grazie alla protagonista, o risolvono problemi di alcol droga sesso studio grazie alla protagonista. Una dodicenne è troppo giovane per avere storie d’amore, troppo grande per farsi coccolare, una dodicenne è un essere scorbutico e inutile. Facciamo sedici.

Prendo appunti. Angus. Neve. Sedici. No Austen. E poi?

– E per finire, mi cambi la razza della comprimaria.

La guardo senza capire, una cosa che con Leonora Forneris non si deve fare mai, perché le provoca un nervoso terribile.

– Sí, aspetti… Shannara. Me l’ha fatta mulatta, se ho capito bene, ma non va bene. Abbiamo già un Second Chance in cui un padre bianco genera un mandingo. La faccia mezza spagnola.

E con questo, mi congeda.

Mentre lei convoca Manuela per l’intimo colloquio, io mi metto al lavoro, e studio le correzioni. Ma non posso fare a meno di ascoltare Giovanna e Anita che borbottano di fianco a me.

Giovanna ha problemi con il suo Hot Fire. Vorrebbe iniziare subito con una scena hard, ma Leonora Forneris le ha bocciato un semplice atto di sesso orale praticato dalla protagonista, Olean, nei confronti del protagonista, Kosak. Leonora obietta che al sesso orale ci arriveranno non prima del terzo o quarto capitolo, e che nel frattempo al massimo possono avere un rapporto solo apparentemente casuale nel deposito bagagli della nave da crociera su cui entrambi viaggiano. Solo apparentemente casuale perché in seguito nessuno dei due potrà dimenticare quel momento, e questo impedirà a lui di sedurre, come programmato, la presidentessa della Industrials Union del Canada.

– Che faccio? Lui la rovescia su una Samsonite?

– Troppo dura. Fai uno zaino.

– Troppo hippy. Lei ha le mutande, secondo te?

– Ma certo! Le protagoniste dei Melody non girano senza mutande. Nemmeno quelle degli Hot Fire. Non esagerare, che se no sconfini nel porno, e invece la Forneris ha detto che non bisogna assolutamente sconfinare.

Giovanna sbuffa e ricomincia a scrivere, ma poco dopo è Anita a chiederle consiglio.

– Come lo faccio il primo incontro tra Lori e il re di Malvania? Che lui arriva mentre lei sta uscendo per andare a una festa, e indossa un favoloso abitino da sera che si è fatta con le sue mani e una vecchia Singer?

Giovanna non è convinta, e io neanche. Azzardo:

– E il bambino? Il figlio del principe defunto? A chi lo lascia?

– A un vecchio cowboy suo amico, che vive in una roulotte parcheggiata in giardino. Sarà lui a darle tutti i consigli giusti.

– Bello –. Sono davvero ammirata dalla creatività dei miei compagni di corso, ma sento che questa storia del party non funziona. Se lo schema è Cenerentola, non va bene che lei sia già vestita per il ballo. Prima ci va l’abito marroncino col grembiule, come nel cartone.

Anche Giovanna è perplessa, e propone una soluzione radicalmente diversa.

– Fai che lui arriva mentre lei sta cambiando una ruota alla roulotte del cowboy. È tutta sporca di grasso e ansima per il peso della chiave inglese. Ha i capelli negli occhi e indossa laceri indumenti che mettono in mostra lembi di pelle ambrata. Lui la vede e pur trovandola repellente se ne innamora.

Chiudo gli occhi, e penso che qui, in questa mite saletta del Circolo dei Lettori, apparentemente occupata da quattordici individui abbastanza dimenticabili, in realtà si concentrano principi, serpenti, ballerine, mandinghi, cowboy, fiordi, suore, portoricani, detective… mi sembra quasi di vederli saltellare sul tappeto, ma dev’essere la fame.

Poco dopo, riappare Leonora, con un fascio di fogli in mano. Ci spiega che qui troveremo materia per il secondo capitolo, il quale dovrà contenere, tassativamente:

– L’inizio del conflitto. Se nel primo capitolo di un Melody scatta inesorabile un’attrazione calamitosa, nel secondo capitolo scatta altrettanto inesorabile la tagliola. Qui troverete una serie di possibili ostacoli all’amore dei protagonisti. I piú attenti fra voi, cioè mi auguro tutti, noteranno che sono sempre falsi ostacoli, di evidente inconsistenza. Si tratta di equivoci che basterebbero due parole a dissipare, di incomprensioni ridicole, di supposizioni azzardate senza la minima base, di pregiudizi basati sul nulla. Questo perché? Perché la lettrice deve esser subito certa, in cuor suo, che il lieto fine è assicurato. Lei stessa deve rendersi conto che l’ostacolo non può reggere, e prima o poi se ne accorgeranno anche i due protagonisti…

Leonora tace, e per un attimo vediamo il suo sguardo perdersi nella filosofia. Attendiamo col fiato sospeso: è possibile che questa donna ci riveli qualcosa di significativo, tipo: io stessa ho vissuto una storia scabrosa… mio marito era dentro per strage, quando ci siamo conosciuti.

Attendiamo, ma non succede, e Leonora prosegue, cambiando argomento con una scrollata dei capelli, che però, essendo scolpiti di lacca extraforte, non si spostano di un millimetro.

– Insieme a una prima mappatura degli ostacoli, troverete anche un invito propedeutico allo pseudonimo. Quando mi manderete il secondo capitolo, dovrete anche comunicarmi il vostro, acompagnato da qualche riga di biografia. Leggete con attenzione, non voglio domande stupide.

Soddisfatta del tremito che assale i piú fragili fra noi, la signora Forneris ci passa i fogli.


 

COSA IMPEDISCE

AI PROTAGONISTI DI UN MELODY

DI AMARSI SENZA PROBLEMI

FIN DA PAGINA DUE?

 

 

Situazione Uno.

LEI è immediatamente attratta ma:

– lo disapprova per il suo stile di vita: lei è povera, figlia di onesti e sudati lavoratori, e disprezza profondamente i lussi stravaganti di cui lui si circonda. A tempo debito, scopriremo che questi lussi stravaganti mascherano una intensa beneficienza, o addirittura una doppia identità di volontario delle Pene Altrui, ma nel frattempo, lei lo disprezza senza mai stancarsi;

– lo teme perché lui ha una brutta fama: era lo sciupafemmine del liceo, o lo scapolo piú impenitente del paese, o il duca con piú figli illegittimi della contea;

– lo odia perché ha sedotto e abbandonato qualcuno che lei conosce, meglio se carissima amica. Purtroppo alla fine si scoprirà che l’amica era invidiosa e bugiarda, e a sedurla era stato tutt’altri;

– lo odia perché ha sedotto e abbandonato lei stessa anni prima;

– lo odia perché è il fratello di un tipo altrettanto altolocato ma piú alla mano che l’ha messa incinta e poi è morto;

– lo odia perché ha fatto del male a: suo padre, suo fratello, sua sorella, un caro amico. Naturalmente non è vero, e a fare del male è stato qualcun altro, che lui protegge per buon cuore. Questo schema non ve lo consiglio, però: è un po’ troppo melodramma, e inoltre per farlo funzionare servono un lui e una lei eccezionalmente stupidi.

LUI è immediatamente attratto ma:

– è fidanzato con una del suo rango, che per di piú è amatissima da sua madre (la madre di lui), quindi di lasciarla, almeno per un bel po’ di capitoli, non se ne parla;

– la considera buona solo per l’avventura di una notte, a causa di informazioni sbagliate o qualcuno di quegli equivoci di cui nessun Melody potrà mai fare a meno;

– disprezza e teme tutte le femmine causa ferite precedenti;

– ha motivi dinastici o di potere per non poterla prendere in considerazione;

– la ritiene erroneamente interessata ai suoi soldi o alla sua posizione;

– la ritiene erroneamente una sgualdrinella che si è fatta mettere incinta dal fratello per entrare nella loro ricca, nobile o addirittura reale famiglia.

Situazione Due.

LEI è immediatamente attratta ma:

– lo considera un poveraccio e lo schifa;

– lo considera un poveraccio e ci passerebbe sopra ma ragioni dinastiche o familiari le impediscono di indulgere alla passione;

– lo considera un poveraccio, ci passa sopra perché è nobile d’animo, e se ne fregherebbe anche delle ragioni dinastiche e familiari, ma pensa che lui da lei voglia soltanto soldi, posti di responsabilità, incarichi di prestigio, auto d’epoca, parti nel film, la casa dei nonni;

– lo vede ballare con una cameriera e pensa che quella sia la donna per lui.

LUI è immediatamente attratto ma:

– il motivo per cui ha scelto di fingersi poveraccio gli impedisce di indulgere alla passione;

– la giudica erroneamente una stronza bastarda arrivista egoista senza cuore di facilissimi costumi e, se madre, pessima madre;

– la giudica correttamente un angelo adorabile che si finge ciò di cui sopra e nasconde un cuore d’oro ma deve purtroppo farle del male per portare a compimento la sua missione;

– ha già una dolce fidanzatina che lo aspetta a casa. Partendo le ha detto: vado, distruggo quella stronza e torno, e siccome è un uomo vero, lo farà.

Situazione Tre.

Sono entrambi immediatamente attratti, e inizia una storia che per le primissime pagine (non piú di un capitolo, mi raccomando, se no la lettrice si annoia) fiorisce armoniosa e piena di passione, ma poi, purtroppo…

– i figli di lei si mettono contro;

– i figli di lui si mettono contro;

– i figli di entrambi si mettono contro;

– una ex fidanzata di lui si rifà viva e lo adesca;

– un ex marito di lei vuole rimettersi insieme e i figli premono in questo senso;

– avviene un terribile incidente tipo che lui mette sotto l’amatissimo cucciolo della figlia di lei e allora lei gli dice «Non potremmo vivere con questa ombra fra noi» e lo caccia;

– avviene un terribile incidente tipo che lei senza volerlo, ma lui crede volendolo, manda a monte il concerto dell’orchestra di disabili che lui dirige con abnegazione.

Nei Melody storici funziona sempre che uno dei due debba sposare qualcun altro per salvare la famiglia dai debiti, un fratello dalla prigione o una sorella dal disonore. A volte, può funzionare anche nei Melody contemporanei. Non dimenticate le offese nel passato, una risorsa sempre utile. E se riuscite a modernizzarli un minimo, anche la madre impicciona o l’amico traditore e bugiardo forniranno ancora degli splendidi ostacoli ai vostri eroi.

Lo pseudonimo Poche parole per guidarvi alla scelta del vostro nom de plume. Non importa se la maggior parte di voi, o forse tutti voi, non vedranno mai questo pseudonimo stampato sulla copertina di un vero Melody pubblicato e venduto nelle edicole. Lo pseudonimo è indispensabile al corretto approccio alla scrittura. Risulterà infatti piú semplice immedesimarsi nelle vicende delle vostre eroine se sarete anche voi americane, inglesi, scozzesi o canadesi come loro. Prendendo un esempio a caso fra voi, come è possibile scrivere un Hot Fire la cui protagonista si strappa di dosso il top di seta per avvinghiarsi a un industriale nudo, chiamandosi Giovanna Mongilardi? E avendo, come note biografiche: ragioniera presso lo studio Becchio di Biella, vive a Chiavazza con il marito Piero e due figli? L’intero castello di carte crollerebbe in un soffio. Attente quindi a scegliere uno pseudonimo che rappresenti fino in fondo la vostra parte Melody, uno pseudonimo che sia il vostro personale sogno. In quanto alle note biografiche, eccovi qualche esempio di vere autrici Melody, a cui potrete ispirarvi:

Leslie Crosy Lleighton vive nel Suffolk, e dedica molto tempo libero alla cura di un cottage ottocentesco di sua proprietà.

Abigail J. Masterfield è un’autrice americana che ama dipingere e viaggiare, e insieme al marito ha visitato numerosi paesi esotici.

Sylvia De La Mar vive a Houston, in Texas, con il marito, quattro figli, e il suo adorabile gatto Scottex.

Una parola sui cognomi: possono essere anche slavi, ispanici o addirittura italiani, basta che sia gente che è andata forte con l’immigrazione negli Stati Uniti. Se il cognome è italiano, però, dev’essere un cognome stereotipato, accompagnato da un nome molto evocativo: Shandeleen Mancuso, ad esempio, piacerà. Lisa Rocchi, mai.

Avete capito, spero. Un bel nome, un particolare simpatico, una residenza anglosassone. Non deludetemi.