Capitolo 16

“Non nascondere i tuoi talenti, perché essi sono fatti per essere usati.

Cos’è una meridiana nell’ombra?”

- Benjamin Franklin

Jennifer

La pioggia batteva contro il tetto quando Billy passò a prendermi sabato mattina. I giorni di pioggia erano i miei preferiti perché i cibi caldi avevano un sapore migliore nei giorni di pioggia.

A mia mamma non era piaciuta la mia decisione di andare a Nashville. Ci volle un po’ per convincerla ma alla fine acconsentì. Disse che era solo perché non avevo eventi o apparizioni speciali in programma. Ma la verità era che non le avevo lasciato molta scelta. La sola cosa che mi faceva sentire un po’ in colpa era che dovetti cuocere, decorare e congelare le torte ordinate parecchi giorni in anticipo. Le torte non sarebbero state fresche come al solito, ma erano finite e pronte per essere consegnate.

Con un po’ di fortuna, la loro personalità non ne avrebbe risentito.

Scappai da casa mia abbastanza facilmente, con Billy che reggeva un ombrello sopra le nostre teste, ma poi mi arrestai nel vialetto. Il pick-up di Billy non si vedeva da nessuna parte. Al suo posto c’era un’impressionante berlina Lincoln nera. La prima cosa che notai della macchina - oltre a marca, modello e colore - era che aveva le porte a vento e sembrava essere vintage.

«E questa?» chiesi.

«È la macchina di Cletus. Ci ha chiesto di venire con questa.»

Beau era appoggiato alla macchina e alzò la testa dal cellulare con cui stava trafficando. Il rosso mi rivolse un gran sorriso di benvenuto, poi alzò e abbassò le sopracciglia, allusivo. «Hai portato qualche muffin?»

Io ridacchiai e arrossii, perché avevo scoperto che in effetti muffin era usato come eufemismo per un’altra cosa. L’avevo controllato sul mio portatile. Mio padre avrebbe visto la ricerca nella cronologia, ma non mi importava. Prima o poi una ragazza decisa a sposarsi doveva capire certe cose. L’ignoranza non mi sembrava poi una gran benedizione, ultimamente.

Billy rivolse un’occhiataccia al fratello, ma io mi intromisi prima che potesse redarguirlo. «Niente muffin per te.»

«Cosa? Perché?»

«Perché sono una pasticciera che non cucina con chiunque.»

Billy esplose in una risata. E quando Beau si fu ripreso dallo shock, anche lui rise.

Solo una volta sistematici in macchina e partiti, mi venne in mente di chiedere: «E Cletus? Passiamo a prenderlo?»

«No. Solo noi andiamo in macchina. Ieri sera ho dovuto lavorare e Beau ha dovuto badare all’officina. Tutti gli altri sono andati ieri con, uhm, l’aereo di Sienna.»

«Sienna ha un aereo?»

Beau rispose dal sedile posteriore. «L’ha affittato, per volare da Knoxville a Nashville.»

«Oh.» Dovetti assimilare quest’informazione. Non avevo mai conosciuto qualcuno che affittasse un aereo. Mi ci volle un momento per accettare la cosa. «Allora chi è partito ieri?»

«Tutti. Jethro e Sienna, Duane e Jess, Ashley, Drew e Cletus, naturalmente. Roscoe è già a Nashville, studia veterinaria, per cui ci incontrerà là.»

«Non sapevo che stesse diventando un veterinario.» Lanciai uno sguardo sopra la spalla a Beau.

«Avete la stessa età, voi due, giusto?» Billy controllò lo specchietto laterale e si immise in autostrada.

«Esatto. Eravamo insieme nel coro della chiesa.» Tralasciai che io e lui non ci eravamo mai parlati per tutte le nostre vite, ma era una cosa normale quando si era la reietta di una piccola città.

Roscoe il birbante, così la moglie del pastore lo chiamava. Diventare veterinario e lavorare con gli animali si addiceva al suo spirito vivace.

«Non ti riconoscerà.» Il commento di Billy attirò il mio sguardo su di lui, mi osservava con un cipiglio pensieroso.

«Sono sicura che anche lui è cambiato.»

«Non molto.» Beau rise. «È praticamente sempre lo stesso. Tu, invece, sei diventata un cigno negli ultimi due mesi. Cosa ti è preso all’improvviso?»

«Jennifer è sempre stata adorabile.» Billy lanciò un’occhiataccia a Beau dallo specchietto retrovisore e il modo in cui aveva preso le mie difese suonò quasi… beh, quasi fraterno. Mi ricordò Isaac e questo mi rese felice e triste.

«Non volevo dire questo, Billy» rispose Beau, piccato. Mi batté sulla spalla e io mi girai per guardare la sua espressione convinta. «Non mi stavo riferendo al tuo aspetto fisico, Jenn. Tu sei cambiata. Finalmente parli con le persone. È un bene.»

«Non parlo con molte persone» dissi, e pensai ad alta voce. «Solo voi, in realtà. Cletus mi ha...» Mi fermai e guardai Billy.

«Questo non è un appuntamento, per cui sentiti libera di parlare di Cletus quanto vuoi.» Abbassò la testa con un cenno di incoraggiamento.

Io gli rivolsi un sorriso di gratitudine. «Cletus mi è stato di grande aiuto e anche tuo fratello qui presente.» Indicai Billy con il pollice. «Credo fossi rimasta impantanata. Anche voi tutti siete cresciuti qui, sapete com’è. Tutti pensano di conoscere tutti, ma non è così. Non per davvero. Prendete la mia famiglia, Isaac, per esempio. Se qualcuno, cinque anni fa, avesse predetto che sarebbe finito a girare con gli Iron Wraiths, credo che tutti avrebbero detto che quella persona era matta.»

«Parlate ancora? Tu e Isaac?» La linea delle sopracciglia di Billy si era fatta severa, preoccupata.

Scossi la testa, cercando di ignorare il dolore sordo nel mio petto. «L’ho visto in giro per la città. Ma lui fa finta che io non esista.» Fissai fuori dal finestrino e diedi voce ai miei pensieri come venivano. «La sua indifferenza è stata dura, all’inizio, e mi confondeva. Sapete quanto siamo cresciuti protetti. Mamma ci teneva occupati e abbiamo avuto una buona educazione, ma mentirei se dicessi che non ci sentivamo soli a volte. Isaac era mio amico, il mio unico amico, in realtà, se escludiamo i miei amici di penna. E io ero la sua. Era sempre così serio e severo e io lo facevo ridere.»

Beau mi posò la mano sulla spalla e me la strinse. «Vedrai che cambierà idea.»

«Oppure no.» Il tono di Billy era severo e il suo sguardo tempestoso schizzò verso il riflesso di Beau. «Oppure diventerà uno di loro e si perderà per sempre.»

Beau sospirò rumorosamente. «Ehi, grazie Billy. Vinci il premio per l’uscita più deprimente di questo viaggio. Magari la prossima volta tieni tutti questi arcobaleni e raggi di sole per te.»

«No. Non c’è problema.» Diedi un paio di pacche alla mano di Beau, appoggiata sulla mia spalla. «Penso sia stato un bene per me quando Isaac se n’è andato. Mi mancava e mi manca ancora. Ma ho iniziato a sentirmi irrequieta solo quando si è arruolato. Se avesse fatto come volevano i miei genitori, andare all’università a studiare marketing e poi unirsi all’azienda di famiglia, non so se avrei mai cercato l’aiuto di Cletus. La disperazione è fonte di tanta motivazione.» Risi e Beau mi strinse ancora la spalla.

«Quindi hai cercato l’aiuto di Cletus?» La curiosità nel tono di Billy mi fece pentire delle mie parole.

«Io… Uh… Sì. Gli ho chiesto di aiutarmi a, uhm, capire come uscire dal mio guscio e a incontrare persone. E lui ha detto sì.» Piegai le labbra tra i denti, sperando non mi chiedessero i particolari.

«Sono sorpreso» fece Beau.

«Io no.» Gli occhi di Billy si erano rannuvolati, come se stesse richiamando alla memoria un ricordo specifico.

Prima che potessi chiedere a Billy perché non fosse sorpreso, Beau parlò. «Non sei sorpreso? Gli piace ficcare il naso negli affari nostri e aiuta le persone con i loro problemi alle auto e così via. Ma dopo quello che è successo...»

«Beau.» Il tono di Billy era tagliente ed esigente. «Attento a cosa dici.»

Io passai lo sguardo tra i due fratelli, conscia di avere gli occhi spalancati dalla curiosità e dall’aspettativa. «Dopo che è successo cosa?»

Billy si agitò sul sedile, la mascella gli si contrasse. Non mi guardò. «Cletus una volta, sai, perdeva spesso le staffe quando eravamo piccoli.»

Questo lo sapevo, ma solo per sentito dire. «Mio padre parlava di Cletus, ogni tanto, a cena. Diceva che era un ragazzo pericoloso, faceva sempre a botte e che noi avremmo dovuto evitarlo.»

«Cletus detesta i bulli» intervenne Beau, ma non offrì nessuna altra spiegazione, nonostante percepissi il suo desiderio di chiarire la sua affermazione.

Le labbra di Billy si strinsero in una lieve smorfia. «Detesta i bulli» ripeté. «Faceva a botte perché gli teneva testa, invece di farsi gli affari suoi.»

«Continua ancora a tenere testa ai bulli» mormorò Beau. «Solo, adesso lo fa in modo molto più subdolo.»

Billy si grattò la guancia, le sue sopracciglia si strinsero in una V mentre studiava la strada. «Dovremmo cambiare argomento.»

«Buona idea.» Beau diede una manata al sedile di fianco a sé. «Perché non parliamo dei muffin di Jennifer e di come posso fare per averne un altro assaggio?»

«Oh santo cielo.» Ridacchiai, incurante del fatto che mi avesse fatto bruciare le guance dall’imbarazzo.

«Beau.» La voce di Billy era colma di ammonimento, ma anche di divertimento. «Perché non parliamo del Ringraziamento? Che piani hai per le vacanze, Jenn?»

«Oh, di solito non facciamo granché. La settimana prima è un periodo impegnativo per me e la mamma. Lo scorso Ringraziamento devo aver fatto oltre cinquecento torte alla banana e ogni anno ne devo fare sempre di più. Per cui mio padre va a casa di un amico a guardare la partita di football, quel giorno. Mamma resta allo chalet e lavora.»

Billy mi guardò di sbieco, visibilmente orripilato.

Ma fu Beau a parlare. «Diavolo no. Quest’anno vieni a casa nostra a festeggiare il Ringraziamento. E mangerai delle torte. Una montagna di torte.»

«E non cucinerai niente» ordinò Billy.

«Non saprei.» La sola idea di passare il Ringraziamento con i Winston mi sembrava davvero fantastica, ma anche terrificante. «Non vorrei disturbare.»

«Non lo faresti assolutamente.» Beau ne sembrò certo. «È deciso.»

«Inoltre» aggiunse Billy con una sicurezza e un bagliore di qualcosa di simile alla malizia, «sono sicuro che Cletus avesse già intenzione di invitarti. Gli abbiamo solo fatto un favore.»

Il nostro viaggio terminò troppo in fretta e quando arrivammo a destinazione sentivo un certo affetto per Billy e Beau Winston.

Cosa diceva di me questo? Ero condannata a vivere tutta la vita sviluppando sentimenti di affetto per ogni nuova persona con cui mi trovavo a parlare per più di un’ora? In quel caso, forse i miei genitori avevano fatto bene a tenermi chiusa in casa.

In più, non riuscivo a impedirmi di paragonare questo nuovo affetto per Billy e Beau ai sentimenti per Cletus. Era diverso, ma non riuscivo bene a capire perché. Quel che provavo per Cletus era… travolgente, mentre il mio affetto per Billy e Beau era una sensazione quieta.

La questione mi divenne chiara quando Cletus e Claire salirono sul palco per il talent show.

Tutta la baracca si teneva al vecchio Teatro Marzipan a Nashville. La location poteva accogliere un pubblico di circa cinquemila persone, un numero impressionante, ma ben lontano dai numeri di una grande arena. Beau mi spiegò, mentre prendevamo posto, che il teatro aveva avuto ospiti famosi come Elvis Presley e Johnny Cash, al tempo, ma poi era andato in rovina. Era stato restaurato magnificamente di recente e il talent show era stato pensato per rilanciarlo come location di primo piano.

Cletus e Claire erano i terzi ad esibirsi su una scaletta di dieci artisti. Quando apparve Cletus, il mio cuore prese il volo, bloccandomi la gola e mi ritrovai seduta sulla punta della sedia, ad aspettare con il fiato sospeso che iniziassero il loro set di tre canzoni. Cominciarono a suonare, e il pubblico si fece silenzioso: avevano scelto una tormentata canzone d’amore come apertura, una che non avevo mai sentito prima.

Cletus non suonò il banjo durante quella prima canzone, bensì la chitarra acustica e cantava in duetto con Claire. Non l’avevo mai sentito cantare prima per cui il fiato che avevo sospeso divenne un respiro trattenuto e poi un sospiro di totale meraviglia e piacere. Aveva una voce notevole, profonda e ricca, e come la sua risata mi ricordava il cioccolato temperato.

Quando Cletus e Claire finirono la prima canzone, accolti da un rombo di applausi, decisi che la differenza tra Cletus e i suoi fratelli era che Billy e Beau non turbavano le mie emozioni. Mi ispiravano calore e tenerezza; sentimenti benevoli, innocui.

Cletus, invece, mi faceva vorticare come una trottola. Turbava ogni singola mia emozione. Mi faceva sentire tutta sottosopra qua e là. Non avevo mai realizzato che fosse possibile provare così tanto tutto insieme.

Cletus prese il suo banjo per la canzone successiva, una cover allegra I will wait dei Mumford and Sons. Claire suonava la chitarra e cantava.

Io lanciai un’occhiata alla fila di Winston e dei loro partner e mi riscaldò il cuore vedere ognuno di loro sorridere verso il palco, con varie gradazioni di adorazione e orgoglio dipinte sui loro volti. Non ero invidiosa, però provavo desiderio. Proprio questo, davanti ai miei occhi, era il motivo per cui volevo una grande famiglia.

Finirono il set con Tennessee di Johnny Cash, ma Claire cambiò ragazza dagli occhi azzurri in ragazzo e donna divenne uomo. Funzionava alla perfezione. In quest’ultima canzone usò una voce profonda e roca, rivelando la sua impressionante estensione vocale. Inoltre, la sua voce aveva una qualità nitida che mi fece venire la pelle d’oca lungo la schiena. Lei era eccezionale.

Quasi come Sienna e la sua aura gravitazionale, la presenza di Claire sul palco era allo stesso tempo naturale ed elettrizzante. Lo stesso valeva per Cletus. Forse ero un poco di parte, ma pensai che fosse bravo tanto quanto Claire… eccetto che, lui si stava trattenendo. Era circospetto, come se imporre al pubblico di puntare l’attenzione sulla sua cantante fosse il suo obiettivo primario. Persino sul palco, Cletus sembrava determinato a nascondersi dai riflettori, a nascondere la meraviglia che era. Questa realizzazione mi lasciò turbata. Lui aveva qualità fuori dal comune, eppure era deciso a convincere la gente che fosse mediocre.

Terminata la loro esibizione, la sala esplose, tutti i cinquemila e più spettatori saltarono in piedi. Claire rise e si spostò all’indietro i capelli, mimando un grazie e lanciando baci. Cletus, nel frattempo, raccolse i suoi strumenti, fece un breve inchino e se ne andò dal palco.

Duane, seduto di fianco a me, rise fragorosamente di fronte alla rapida uscita di Cletus, così come Jessica, accanto a lui.

Beau, vicino a me dall’altro lato, rise anche lui e mi diede una gomitata sul braccio, urlando per sovrastare la folla esuberante: «Non gli importa del talent show, non per se stesso. Ha fatto tutto questo per portare Claire lassù sul palco e comprare una macchina».

«Per comprare una macchina?» chiesi, confusa. «Intendi con i soldi del premio?»

Scosse la testa. «No. Uno dei giudici, una produttrice discografica importante, possiede una Buick Riviera del 1971. Ha il lunotto posteriore diviso in due, fa sembrare che abbia un po’ la forma di uno squalo. Lui ne ha già una, ma per un qualche motivo ne vuole anche un’altra. Intende scambiarla con la Lincoln e spera di far leva su Claire.»

Storsi il naso di fronte alla ridicola spiegazione e anche per il fatto che Cletus stesse usando la sua amicizia con Claire per mettere le mani su una macchina.

Beau, che a quanto pare indovinò la direzione dei miei pensieri, scosse la testa, si sporse più vicino e mi parlò direttamente nell’orecchio: «È tipico di Cletus, prendere due piccioni con una fava. Claire si merita di essere su quel palco, ma aveva bisogno di una spinta. Se non fosse stato per lui, non l’avrebbe mai fatto. Lui l’ha fatto perché le vuole bene. Tutti noi le vogliamo bene. Cletus le ha appena fatto ottenere un contratto discografico, che lei lo voglia o no starà solo a lei deciderlo, ma riuscirà anche a estorcere qualcosina da un tizio potente contemporaneamente».

Beau si allontanò, incontrando il mio sguardo e guardandomi mentre elaboravo le sue parole. Si piegò nuovamente al mio orecchio, aggiungendo: «La sua mente opera in modo misterioso,» Beau scrollò le spalle, «ma quell’uomo ottiene sempre quello che vuole».

«Oh buon Dio. Ti prego, dimmi che non hai usato le parole da un punto di vista accademico mentre davi consigli alla dolce Jennifer.»

«Potrei aver pronunciato queste parole.» Gli occhi di Cletus scattarono nei miei e poi si allontanarono. «Non ricordo.»

«Sei un cane a mentire, Cletus Winston. E te lo ricordi benissimo. Te lo ricordi, hai usato proprio queste parole e non vuoi ammetterlo.»

Io arrossii, mi feci color peperone, mentre i miei occhi saltavano tra Cletus e Claire. Noi tre eravamo in un camerino, a dividerci una bottiglia di champagne e un vassoio di stuzzichini lussuosi. Era la prima volta che bevevo champagne e mi sentivo la testa leggera.

Poco dopo la fine del loro set, una maschera era venuta a cercarmi tra il pubblico e mi aveva detto che mi attendevano dietro le quinte. Io mi ero congedata dalla fila dei Winston e avevo seguito la maschera in un labirinto di corridoi. Si era fermata davanti a una porta con un pezzo di carta fissato con lo scotch, con su scritto McClure & Winston.

La maschera aveva bussato, Claire mi aveva accolta con un abbraccio e poi mi aveva tirata dentro la stanza. «Cletus mi ha spiegato tutto» aveva detto, passandomi il braccio attorno alle spalle. «Sono qui per aiutarti. Ora siamo buone amiche e puoi chiedermi qualunque cosa tu voglia.»

Ecco tutto. E così, Claire McClure, Cletus Winston e io stavamo parlando di sesso dietro le quinte di un importante talent show.

«Va bene. Ho usato le parole “dal punto di vista accademico”» Cletus ammise con riluttanza. «Passiamo ad altro...»

«Questo è un problema, Cletus. Non c’è niente di accademico nel fare l’amore.»

«Mi permetto di dissentire...»

«Ti prego, smettila di parlare per favore, e lasciami chiarire le idee a questa ignara donna. Smettila di contaminarla con i tuoi punti di vista accademici

Lui fece per alzare gli occhi al cielo ma si fermò. Invece, prese una carota dal vassoio degli spuntini e la spezzò coi denti. «Va bene. Spiegale tu allora.»

«Lo farò. Preparati a restare a bocca aperta.»

Lui si accigliò, come se avesse odorato qualcosa di puzzolente. «Non so se voglio che tu mi lasci a bocca aperta, quando l’argomento è il sesso.»

«Allora puoi andartene.»

Cletus portò il suo sguardo assottigliato su di me e poi lo distolse, si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia. «Rimango. Per ora.»

Claire rise di lui, come se lo trovasse fantastico e spiritoso, cosa che era, poi spostò il suo sguardo caloroso sul mio, il sorriso le si addolcì mentre mi osservava.

Quando parlò, lo fece come se fossimo davvero delle buone amiche, la sua voce era gentile e confidenziale. «Mi ricordo di quando hai vinto la fiera dello stato per la prima volta, con la tua torta alla banana. Tua mamma era così orgogliosa e felice, ma tu sembravi paralizzata dal terrore.»

«Lo ero» ammisi senza problemi.

«Quanti anni avevi?»

«Sedici.»

«E da allora hai vinto ogni anno?»

Annuii.

La fronte le si increspò mentre spostava gli occhi su di me, valutandomi con aria pensierosa. «Non sei mai stata baciata, o così ha detto Cletus.»

Annuii nuovamente, lieta che glielo avesse detto, così non avrei dovuto farlo io. «So che l’ignoranza dovrebbe essere una benedizione, ma mi sembra sempre più una gabbia, in questi giorni.»

Un angolo della sua bocca si alzò, ma i suoi occhi sembravano un pochino tristi. «L’amore è… beh, interessante. Può essere magnifico, ma anche rovinoso. Capisco la tua lealtà verso i tuoi genitori, credimi. Ma hai ragione. Sei in gabbia e stai cercando un modo per uscire. Non affrettare le cose. C’è tempo. Io ero l’opposto di te, a dire il vero. Quando avevo diciannove anni ero un uccello in cerca di una gabbia. Che tu mi creda o no, la tua situazione è migliore della mia.»

Annuii solennemente, perché conoscevo la sua storia. Tutti in città sapevano di Claire, sapevano che era nata col nome di Scarlet St. Claire, l’unica figlia di Razor Blade St. Claire, presidente degli Iron Wraiths. Era cresciuta in un club di biker e non doveva proprio aver avuto una vita facile.

A quindici anni era sparita, per poi rispuntare a Green Valley tre anni dopo fidanzata con Ben McClure, il figlio del capo dei pompieri della zona. Si erano sposati quando lei aveva diciannove anni. Lui era partito per la guerra, lei per l’università. E quattro anni dopo, lei aveva la sua laurea, ma Ben era morto oltreoceano. Aveva insegnato al liceo di mio padre, musica e teatro, e si era presa cura dei genitori di Ben. Proprio l’estate scorsa, si era trasferita a Nashville per insegnare all’università pubblica. Ma se Beau aveva ragione, questa sera avrebbe potuto accettare un contratto discografico, invece.

Appariva indecisa su cosa dire dopo, e quando parlò, iniziò lentamente. «Lascia che ti racconti una storia. Mio marito...» Claire si interruppe, i suoi occhi scattarono su Cletus per una frazione di secondo, poi via. Le guance le si arrossarono, ma lei si schiarì la gola e superò qualunque vampata di emozioni l’avesse momentaneamente presa in ostaggio. «Mio marito, Ben, quando era vivo, adorava giocare a baseball con suo padre. Si allenavano nei lanci. Lui lo adorava. Quando si arruolò e venne mandato in missione, insieme a lui c’era un giocatore professionista di baseball. Per cui ebbe l’occasione di giocare a baseball con un vero professionista. Voglio dire, questo tipo era fantastico, uno dei migliori al mondo. Ma quando chiesi a Ben di parlarmene, sapete cosa disse?»

«No» rispose Cletus di botto, senza che ce ne fosse bisogno.

Gli occhi di Claire volarono su di lui e gli scoccò uno sguardo piatto e contrariato, prima di continuare. «Disse: “Sai, Claire, è stato divertente. Ma se potessi scegliere di giocare a baseball con chiunque al mondo, sceglierei comunque mio padre”.» Fece una pausa, lasciandoci riflettere a fondo sulla risposta di Ben, e poi aggiunse: «Questa è la differenza che fa l’amore. Per cui Cletus, da una parte, ha ragione. Avere esperienza, una buona tecnica, delle buone mosse, sono tutte cose importanti. Se fai sesso per divertirti o lo pratichi come uno sport a livello professionale, allora queste diventano cose fondamentali. Ma se fai l’amore, allora l’esperienza e le buone mosse sono un bonus, ma non sono poi così importanti. È la persona, non la tecnica, che fa sì che ne valga la pena».

Sentii il mio sorriso crescere sempre più mentre lei parlava, era diventato un sorriso a trentadue denti per quando ebbe finito.

Lo sguardo sveglio di Claire sostenne il mio. «Per cui, non preoccuparti della tua mancanza di esperienza. Aspetta, se vuoi, perché quando il ragazzo giusto arriverà, non gli importerà della tua tecnica o della mancanza di essa, e a te non importerà della sua. A lui importerà di te. Vi prenderete cura l’uno dell’altra.»

Della musica, i suoni smorzati di un’esibizione, invasero il nostro spazio, ma io non ci badai. Le parole di Claire erano state un balsamo per i miei nervi. Senza pensare, mi voltai verso Cletus, forse per ringraziarlo di avermi portato dietro le quinte, per aver reso possibile questa chiacchierata rubata con Claire, ma immediatamente le parole mi rimasero bloccate in gola.

I suoi occhi erano già su di me e l’espressione che aveva mi colpì dritta in petto, una lama rovente di consapevolezza. Era un altro di quei rari scorci del vero Cletus Winston, senza maschera, al naturale, ma stavolta non sembrava arrabbiato. Sembrava famelico.

La sensazione rovente si diffuse più in basso, fino al mio addome e ancora più in basso, alla mia… altra… zona.

Arrossii, mi sentii soffocare dal caldo. Il suo sguardo bruciava ed eppure io mi sentivo anche stranamente liquefatta sotto di esso, slegata e alla deriva.

I suoni soffocati si dissolsero, come se fossi stata trascinata dentro un tunnel in cui solo lui e io esistevamo, Cletus e il suo famelico appetito e i suoi occhi azzurri fiammeggianti.

Ma poi sobbalzai, feci una smorfia e strappai via lo sguardo da lui, perché un inaspettato colpo fragoroso si sentì alla porta. Passò un momento in cui nessuno parlò e io non riuscivo a vedere, ma il clamore invadente della musica dal vivo giunse alle mie orecchie seguito dal suono di ovazioni e applausi.

«Apro io» disse Cletus. Aveva la voce rauca, come se non la usasse da giorni.

Io lo guardai alzarsi, lo guardai andare alla porta, le sue larghe spalle si alzarono e abbassarono quando prese un ampio respiro. Notai che le sue mani erano strette a pugno e i suoi avambracci erano scoperti. Si era arrotolato le maniche fino al gomito. Cercai di ricordarmi se avessi mai visto le sue braccia prima di d’ora. E se sì, perché ora mi distraevano così tanto?

Un colpetto gentile contro il mio polpaccio mi fece riportare lo sguardo su Claire. I suoi occhi erano spalancati, era rimasta a bocca aperta. Mimò, senza parlare: Tu e Cletus?

Scossi rapidamente la testa.

Lei socchiuse le palpebre e mi percorse rapidamente con lo sguardo. Annuì col capo, affermando nuovamente senza parlare: Tu e Cletus. Quella volta non era una domanda.

Sentii lo stomaco fluttuare per una vertigine indotta dal panico. Scossi nuovamente la testa, sussurrando: «Non c’è niente tra noi,» proprio mentre Cletus apriva la porta.

«Signor Winston. Una bella performance» esclamò una voce femminile sconosciuta, attirando la mia attenzione di nuovo verso la porta.

«Signor Platt, signorina Flom. Immagino vogliate parlare con la mia partner?» Cletus incrociò le braccia, alzando il mento e adottando un tono di voce che non gli avevo mai sentito usare prima. Il suo accento era quasi sparito del tutto. Sembrava uno yankee.

«Dov’è l’incantevole signorina McClure? Vorremmo fare anche a lei le nostre congratulazioni, magari parlare di qualche cosetta. Ha ricevuto lo champagne che vi abbiamo mandato?» chiese una voce, che immaginai appartenesse al signor Platt.

Cletus annuì con un cenno. «L’ha ricevuto.»

«Bene. Bene. Allora magari potremmo...»

«Non perdiamo tempo in chiacchiere.» Cletus si appoggiò allo stipite della porta e un sorriso amichevole gli incurvò le labbra, ma da dove ero seduta vedevo che i suoi occhi erano distaccati e notevolmente scaltri. «Voglio la sua Buick, signorina Flom. Lei vuole far firmare un contratto a Claire McClure. Sono sicuro che riusciremo a raggiungere un accordo equo, che lasci soddisfatti tutti i partecipanti.»

«Che subdolo bastardo» sentii sussurrare a Claire e tornai a guardarla. Non sembrava arrabbiata. In effetti, sorrideva.

«Lo sapevi?» Mi sporsi verso Claire, per non interrompere i negoziati sulla porta del camerino.

«Beau mi aveva avvisata» disse con un sussurro.

«Cosa intendi fare?»

Il suo sguardo si soffermò nel mio e vi vidi indecisione, ma anche eccitazione. «Beh, Cletus vuole quella macchina.» Claire sorrise e scrollò le spalle. Io ricambiai il mio sorriso, ridacchiando piano.

Lei sospirò felice, e la sua attenzione tornò sull’uomo in questione.

Seguii il suo sguardo, ripetendo le parole che Beau mi aveva detto meno di un’ora fa. «E Cletus ottiene sempre quello che vuole.»

Cletus concluse le negoziazioni preliminari con la signorina Flom e il signor Platt, e poco dopo io tornai al mio posto. Loro sarebbero dovuti uscire di nuovo sul palco per la premiazione.

Claire e Cletus si piazzarono al primo posto. Conoscere la verità – ovvero che non importava che vincessero o no, perché Claire era già sulla buona strada per firmare un contratto con una casa discografica e Cletus era riuscito a negoziare con successo l’acquisto dell’auto che voleva – era un po’ come gettare un’occhiata al Mago di Oz dietro la sua tenda.

La realtà non annullava il trionfo della loro vittoria, ma i festeggiamenti che seguirono mi sembrarono meno incentrati sul successo e più sul desiderio di voler semplicemente festeggiare con la propria famiglia. Anche se il matrimonio di Jethro e Sienna era a sole tre settimane di distanza, e si sarebbero rivisti tutti per l’occasione, i fratelli e le loro metà sembravano lanciarsi su ogni occasione di festeggiare insieme. Amavo questa cosa dei Winston.

Grazie all’influenza di Sienna, l’intero secondo piano del miglior ristorante barbecue della città era stato riservato. Billy si trovava alla mia destra e Beau alla mia sinistra. Claire era in fondo dall’altra parte e parlava con Sienna e Jethro. Roscoe era seduto proprio di fronte a me, Cletus era di fronte a Beau, e Jessica davanti a Billy. Duane sedeva a capotavola.

Di fianco a Cletus c’era la signorina Flom e sembrava intenzionata a monopolizzarne l’attenzione. Un fatto che mi rendeva irritata e sollevata al tempo stesso. Non volevo trovarmi a incontrare un altro dei suoi sguardi famelici e dover poi affrontare i desideri confusi che li accompagnavano. Non sapevo cosa significassero e non avevo esperienze simili su cui basarmi. Pertanto restai seduta in silenzio, evitando il contatto visivo con Cletus e mi immersi nel mio ruolo di osservatrice di persone. Era interessante studiare le varie dinamiche in atto.

I dirigenti dell’etichetta erano stati invitati a unirsi alla nostra cena e il signor Platt era intento ad adulare Sienna. Anche i camerieri le ronzavano attorno. Persino quando prima eravamo davanti al ristorante, lei era stata riconosciuta e circondata da una ressa di estranei nel bel mezzo della strada.

«Cosa stai fissando?» chiese Billy, cercando di seguire la linea del mio sguardo.

Io indicai con la testa Sienna, che sorrideva cortesemente. «Sienna Diaz.»

Lo sguardo di Billy viaggiò su di me. «Cosa?»

«Come riesce a farlo? Ovunque vada le persone, gli estranei, le vogliono parlare. Io odierei una cosa del genere.»

«Lo odieresti?» Billy sembrò sorpreso.

Beau mi diede un colpetto con il gomito, chiaramente stava origliando. «E allora tutta la pubblicità che tua mamma organizza per la Regina della torta alla banana? Non ti metti un costume e fai delle comparsate? E non hai tipo un milione di follower o una follia simile?»

«È la Regina della torta alla banana che ha oltre un milione di follower su Instagram. Jennifer Sylvester ne ha zero.» Iniziai a giocherellare con i miei straccetti di maiale nel piatto.

Beau mi diede un altro colpetto, stavolta con la spalla. «Odio doverti dare la notizia, ma la Regina della torta alla banana sei tu.»

«Non ha l’aspetto della Regina della torta alla banana.»

Sollevai lo sguardo verso la voce che aveva pronunciato quel commento e trovai Roscoe, che mi osservava in modo buffo.

«Ehi, Jenn» mi saluto, sempre guardandomi in modo buffo. «Come va?»

Oltre a qualche saluto cortese all’inizio della serata, non avevo ancora mai rivolto parola a Roscoe. Ma avevo notato i curiosi sguardi che lanciava nella mia direzione.

«Va tutto bene, Roscoe. E a te come vanno le cose?»

«Oh, alla grande. A dire il vero, non avevo capito chi fossi finché non ci hanno fatto sedere per cena. Non ti avevo proprio riconosciuta.» Socchiuse le palpebre per guardarmi più attentamente, poi fece lo stesso con Billy e infine con Beau. «Allora, quale di questi burloni ti ha accompagnata stasera?»

«Sono io» Billy rivolse un sorrisone a bocca chiusa al suo fratello più piccolo.

«Tecnicamente, l’abbiamo accompagnata entrambi.» Beau mi diede un colpetto per la terza volta, rivolgendomi un’occhiata cospiratoria.

«Ma davvero...» Roscoe tornò ad appoggiarsi allo schienale della sedia.

Non ebbi modo di rispondere perché un movimento all’altro capo del tavolo ci distolse tutti dalla nostra conversazione. Claire si era alzata e stava distribuendo abbracci, prima a Jethro, poi a Sienna. Dopo di che, si girò verso il resto del tavolo. Pensai per un momento che volesse fare il giro degli invitati per salutarci tutti, uno alla volta, ma si bloccò di colpo nei suoi movimenti quando i suoi occhi si scontrarono con quelli di Billy. Sentii lui irrigidirsi al mio fianco, lo sentii trattenere bruscamente il fiato. Quasi immediatamente dopo, lei strappò via lo sguardo da Billy.

Io soppressi l’impulso di posare una mano sul braccio di Billy per confortarlo. Le emozioni si emanavano da quell’uomo imponente, selvagge, senza freni e così profondamente tristi. Avrei voluto solo abbracciarlo.

«Devo andare, gente. Domani devo svegliarmi presto.» Il suo sorriso era ampio, anche se a me pareva un poco scosso.

La notizia venne accolta con varie espressioni di disappunto, proteste e auguri. Lei salutò con la mano e soffiò un bacio verso Jessica, che fece finta di afferrarlo con la mano e infilarselo nel reggiseno. Questo fece ridere tutta la tavolata.

Anche Claire rise, poi si girò, e si avviò a passi decisi via dal tavolo. Io la guardai allontanarsi, mi sentivo al tempo stesso triste e felice…

Avrei voluto…

Avrei voluto essermi sforzata di conoscere Claire prima della sua partenza da Green Valley. Lei era decisamente una persona che sarebbe valsa la pena conoscere.

«Che succede, Cletus?» chiese Billy secco, strappandomi ai miei pensieri.

Io spostai lo sguardo tra i due fratelli e mi portai in grembo le dita, che stavo torcendo; era la prima volta che Cletus puntava lo sguardo nelle mie vicinanze sin dalla nostra piccola riunione dietro le quinte e il conseguente sguardo famelico.

«So cosa stai pensando.» Cletus scosse lentamente la testa.

«Te lo assicuro, non lo sai.» La risposta di Billy fu burbera e mi fece rizzare i peli sulla nuca.

«No. Lo so. E ti stai sbagliando.»

La gola si tese quando lui deglutì, il suo sguardo truce era penetrante e infiammato. «Non sono affari tuoi, Cletus.»

«Beh, su questo hai ragione. Non sono affari miei. Sono affari tuoi. Ma ti stai comunque sbagliando. Non puoi conquistare una donna con la forza bruta, o desiderando o implorando, anche se sono sicuro che implorare non fosse nei tuoi piani.»

Gli occhi di Billy lampeggiarono e strinse i denti, i muscoli della sua tempia e della mascella si contrassero in uno spasmo.

«Non puoi prenderla per sfinimento.» Le parole di Cletus si ingentilirono, come se volesse addolcire il colpo.

Realizzai con una certa sorpresa che le persone al nostro fianco a tavola avevano distolto l’attenzione. Roscoe, Jessica e Duane avevano formato un capannello e sentii Duane menzionare l’Italia. Beau era concentrato sulle sue costolette. Gli altri erano troppo lontani per sentire la conversazione di Billy e Cletus. Il rumore del primo piano del ristorante copriva il loro scambio.

Io presi esempio da Beau e indirizzai lo sguardo verso il mio piatto.

«Allora cosa dovrei fare, secondo te?» La domanda di Billy sembrava provocatoria, la sua voce bassa era colma di frustrazione. «Cosa faresti tu?»

«Scoprirei le carte in tavola. Le direi ogni cosa.»

Lo sguardo di Billy si concentrò nel punto in cui Claire era sparita. Poi, inaspettatamente, i suoi occhi si spostarono su di me. Lo vedevo con la coda dell’occhio, e avvertivo il suo sguardo intenso. Rimasi immobile.

«Tu lo faresti, Cletus?» chiese Billy, e riportò la sua attenzione su suo fratello. «Scopriresti le carte in tavola? Le diresti ogni cosa?»

Cletus rimase in silenzio per un istante, prima di rispondere: «Quando sei certo, quando ciò che vuoi sono sia il cuore che la mente, allora scopri tutte le carte in tavola. Ma se non ha alcun significato, se è solo una cosa fisica, allora non c’è niente da dire».