Fintanto che potevo sentire la sua voce ero completamente persa, completamente cieca, e completamente fuori di me.
- Anaïs Nin
Era dura stringere Sienna tra le braccia.
No.
Ho detto una scemenza.
Ero duro mentre stringevo Sienna tra le braccia. Stringere Sienna tra le braccia era paradisiaco.
Così va meglio.
Le accarezzai ripetutamente la schiena, giù fino alla pelle di seta delle sue floride e seducenti cosce, e risalendo al suo sedere magnificamente rotondo, purtroppo ancora coperto dalle mutandine di pizzo. Le sue curve soffici come la seta sotto le mie dita non aiutavano per niente la turgida situazione sotto la mia cintura. Ma andava bene così. Nutriva una diversa dipendenza.
Ora che l’avevo toccata, guardata e sentita venire, stavo organizzando mentalmente il resto della mia vita. Questo l’avrei fatto ogni giorno. Toccarla, in questo momento, dopo il suo orgasmo acuto in modo gratificante e animato in modo spettacolare, mi calmava anche se attizzava un impellente fuoco di desiderio. Volevo toccarla ovunque. E per sempre.
«A cosa stai pensando?» Chiese, stringendosi a me e infilando la gamba tra le mie. Il suo movimento mi permise di avere migliore accesso alla sua coscia, e in particolare alla porzione più interna della sua soffice pelle.
«Probabilmente sarò un fidanzato che ti terrà sempre le mani addosso» dissi contro la sua fronte, approfittando della nuova posizione per passare le nocche tra le sue gambe. Il suo respiro accelerò.
«Cosa ne pensi del manifestare il proprio affetto in pubblico?»
Sienna rispose con un sussurro. «Stai parlando di tenersi per mano o di qualcosa che potrebbe farci arrestare?»
«Una via di mezzo tra le due».
«Jethro, se continui a fare quello che stai facendo, non mi importa se lo facciamo con me a pecora sul red carpet, basta che sia con te».
Beh, ora quello mi faceva venire in mente mille immagini piacevoli.
So che non è educato commentare lo stato delle mutandine di una signora, ma la mia donna era bagnata e morbida, tumefatta ed eccitata. I miei pensieri scivolarono naturalmente su quanto sarebbe stata soddisfacente la sensazione di lei attorno a me, in questo preciso istante, così com’era. Specialmente considerato anche lo stato della mia testa, in questo preciso istante.
«Cazzo» gemetti.
«Okay, sono pronta» disse lei.
Risi. Estraendo, con riluttanza, le dita dalle sue gambe strinsi una bella manata del suo sedere. «Questo qui me lo bacerò».
Lei ridacchiò e mi mordicchiò il collo. «Dovresti. Ogni giornata dovrebbe iniziare con te che mi baci il sedere, sia metaforicamente che letteralmente».
Risi di nuovo, baciandole la fronte e stringendo il mio braccio attorno alle sue spalle.
Ma poi lei disse: «Dico davvero. Presento una petizione ufficiale: io e te dovremmo iniziare a dormire insieme. Come potremmo fare per realizzare la cosa?»
Mi irrigidii, perché dire che l’idea mi piaceva, e molto, sarebbe stato dir poco. Ma io stavo cercando di procedere con cautela nella storia tra noi.
Schiarendomi la gola, iniziai con prudenza: «Allora, io costruisco delle cose. Lavoro con il legno».
«Mi piacerebbe lavorare con il tuo, di legno» mormorò e io capii che stava cercando di fare una battuta. Sentii della vulnerabilità in quella battuta, nel modo in cui lei evitava il mio sguardo. Era chiaramente nervosa, forse sentiva di essersi svelata troppo con la sua petizione ufficiale, che era stata troppo diretta.
Mi tirai indietro perché potesse vedermi sorridere, ma anche per poter vedere e valutare la sua reazione mentre parlavo. «In quanto carpentiere, so per certo che se vuoi costruire qualcosa che duri, allora devi costruirlo perché duri. Se vogliamo gettare le basi di qualcosa che duri, non possiamo costruire le fondamenta solo sul lato fisico».
«Intendi sulla lussuria».
Sogghignai per la delusione nel suo tono. «Sì, immagino di sì. Anche se tra me e te, c’è abbastanza lussuria da gettare le fondamenta per un’intera città».
Questo mi valse un veloce sorriso, ma lei insistette. «Non dobbiamo fare niente, possiamo dormire e basta. Abbracciati».
«Quante pensi siano le chance che dormiremmo e basta? Perché io non penso siano molto alte».
«Sono pronta a correre il rischio».
«Io no».
Un altro ghigno, veloce e sorpreso, si impossessò delle sue labbra, rivelando le sue fossette e illuminandole lo sguardo. «Allora mi trovi irresistibile?»
Risposi immediatamente, con brutale onestà. «Sì».
Il suo ghigno si allargò, poi lei cercò di cancellare la felicità eccitata dal suo volto rimpiazzandola con la serietà. «Credo in te, Jethro. Credo che tu possa resistere. Non sottovalutarti». Ora mi punzecchiava.
«Ti sbagli». Io non la stavo provocando e sentivo una pressione premermi alla base del cranio, perché stavo per rivelare una cosa che avrebbe potuto farla scappare a gambe levate.
Lei continuò a punzecchiarmi. «Dormo con un pigiama intero. Ne ho tre paia. Nessuno è sexy con addosso un pigiama intero».
«Sienna...»
«E ho una quantità di maschere di bellezza verdi che posso mettermi prima di venire a letto. Credo che una si chiami persino repellente. Puzza di cane bagnato».
«Sono cinque anni che non sto con una donna».
«E io...» balbettò, si fermò e mi fissò. Sienna sbatté le palpebre e si allontanò di un centimetro, le sue labbra si spalancarono come i suoi occhi. «Cosa? Cos’hai detto?»
«Non sto con una donna da cinque anni».
«Vuoi dire che non hai relazioni da cinque anni?»
Studiai la sua espressione mentre parlava, alla ricerca di un qualsiasi segno che mi rivelasse quanto fosse importante per lei questa cosa. «Beh, anche questo è vero. Non ho una ragazza dal liceo, a dire il vero. Ma quello che volevo dire è che, uhm, non vado a letto con una donna da cinque anni».
«Oooh! Oooh...» Il suo primo oooh era un risucchio d’aria, un sussulto. E il secondo era un’esalazione, un sospiro.
La osservai, mantenendo saldo lo sguardo. Anche se i suoi occhi scuri erano espressivi, facevo fatica a capire cosa stesse pensando.
D’improvviso, tolse la sua gamba da mezzo alle mie, si tirò giù la gonna per coprirsi e domandò: «Ma perché? Perché fare una cosa simile? Non solo a te stesso, ma anche a tutte le ragazze single?»
«Perché non volevo fare del male a nessuno». Appoggiandomi su un gomito, le misi una mano sulla guancia, spingendo le mie dita nei suoi capelli e accarezzando la pelle liscia e dorata del suo collo. «Avevo un problema, trattavo le donne come usa e getta».
«Il sesso era come una droga, per te?»
Mi accigliai sentendo la sua domanda: non avevo mai considerato quella possibilità, prima, ma poi la scartai. «No. Non credo. La mia droga era lo stile di vita, non una cosa in particolare. Anche se droga forse non è la parola giusta. Meglio dire che era la sola vita che conoscevo. Usare le donne faceva parte dello stile di vita del club. Quando ne uscii, dovetti cambiare tutti quegli schemi e abitudini. Smisi di bere, di fare sesso occasionale, di rubare macchine, di mentire, imbrogliare, truffare. Tornai a scuola, cominciai a lavorare e rimasi con il culo sulla sedia a casa ogni sera finché non mi creai nuove abitudini. Migliori. Finché non mi fidai di me stesso».
«Adesso bevi?»
«Sì. Ma non esagero più come prima».
«Quando hai ricominciato a uscire la sera?»
«Qualche anno fa. Ma non lo faccio tutte le sere e mai nei posti in cui i guai potrebbero trovarmi».
Lei mi esaminò stesa sul tappeto, con espressione pensierosa. «Bevi con moderazione, esci con moderazione, allora perché non uscire con qualcuna con moderazione?»
«Perché bere e uscire hanno ramificazioni solo per me. Uscire con qualcuna con moderazione, come dici tu, include la possibilità di ferire un’altra persona».
Nei suoi occhi vidi che aveva capito. «Non volevi illudere nessuna».
Annuii, era proprio così.
«Vuoi dirmi che non hai incontrato nessuna donna che ti piacesse negli ultimi cinque anni?»
«Ho incontrato molte donne che mi piacessero, ma poi decidevo sempre di aspettare un altro po’. Al momento decisivo, trovavo molto facile andarmene».
I suoi begli occhi si spalancarono fino a diventare quasi rotondi.
«Ma non è successo con me?»
«No, con te no».
«Perché?»
Esaminai il suo sguardo, iniziando a perdermi nei suoi occhi.
Ebbi l’impressione che ci stessi mettendo troppo a rispondere alla sua domanda, per cui alla fine ammisi semplicemente: «A dire il vero, non lo so. Per una miriade di piccole cose. Messe tutte insieme, ti rendono impossibile da lasciare, impossibile da dimenticare».
Ed era la verità.
Le sue guance si scaldarono di un soddisfatto rossore alle mie parole. «Jethro». Disse il mio nome con tenerezza, alzando il mento come per baciarmi, ma io fuggii dalla sua bocca.
«C’è dell’altro».
«Dell’altro?» Gli occhi color mogano di Sienna si spalancarono di nuovo, le sue seducenti labbra formarono un cerchio e si imbronciarono. Dovetti mordermi il labbro per impedirmi di morderle.
«Sì». Annuii deciso, stringendo i denti e rafforzando la mia determinazione. «Ho deciso, tanto tempo fa che non avrei… che non avrei più fatto l’amore se non con mia moglie».
Lei mi fissò, i suoi occhi si spalancarono fino all’inverosimile. Di fronte alla mia serietà, lei scattò all’indietro e iniziò a balbettare: «Ma… ma… e allora...» A quanto pareva faticava a pronunciare le parole, per cui Sienna indicò con un cenno il suo corpo, con un movimento forzoso, e poi si fece scappare un: «Allora come lo chiami quanto abbiamo appena fatto?»
Cercai di non far emergere in volto il mio sorriso perché, cazzo, era davvero troppo carina. «Preliminari».
Lei grugnì, alzandosi e puntellandosi sul gomito e mi piantò un dito nel petto. «Beh, a casa mia questo si chiama fare del dolce, dolce amore, bellimbusto».
«Hai ragione, è stato dolce. Ma io sto parlando di andare fino in fondo, e tu lo sai».
Mantenni il mio tono ragionevole e gentile. Lei era sul punto di arrabbiarsi sul serio, i suoi occhi lanciavano fiamme. Allungai la mano per toccarla, lei iniziò ad allontanarsi, ma io proseguii.
Portandomi il suo palmo sul mio cuore, misi tutte le carte in tavola. «Mi sto innamorando di te, Sienna. È così da quando ti ho aiutata a scendere dal mio pick-up il primo giorno, quando ti eri persa. Mi hai toccato la mano e a me è bastato quello, in qualunque modo tu voglia definirlo. Sono stato conquistato. Mi hai conquistato. Potrebbe anche essere un confine arbitrario che mi sono autoimposto, ma mi serviva questa linea per mantenermi sulla retta via. Volere aspettare non significa che non ti voglia».
«Lo so» ammise lei con riluttanza, e la vidi sciogliersi, con espressione a metà tra impotenza e speranza. «Sei veramente crudele a dirmi queste cose adesso, che sono diventata dipendente da te».
Una fitta di rimorso, nato dalla preoccupazione che l’avessi inavvertitamente ferita, mi fece accigliare e mi ritirai indietro di un centimetro. «Capisco...»
Lei mi afferrò a piene mani la camicia e mi tirò a sé. «No, no, no. Tu non vai proprio da nessuna parte. Non pensarci neanche».
«Non volevo andare da nessuna parte» dissi, con voce roca. Le spostai una ciocca di soffici, folti capelli dalle spalle, cercando di ignorare il mio desiderio di avvolgerci attorno le dita e tirare, denudandole il collo, per mordere e marchiare per sempre la sua pelle baciata dal sole. «Solo, mi dispiace se ti senti presa in giro».
«No». Scosse la testa. «No, voglio dire… in quale altro momento avresti potuto tirare fuori la cosa prima?»
«Apprezzo la tua comprensione».
La sua bocca si aprì e si chiuse, mentre lei mi fissava, e infine disse: «Lo comprendo, ma non lo capisco. Voglio dire, se hai una relazione seria, e siccome abbiamo discusso la possibilità di un per sempre definirei questa una relazione seria, non vedo la necessità di aspettare fino al matrimonio. È questo che non capisco. Ma considerando quanto mi hai detto del tuo passato, comprendo che tu possa non fidarti di te stesso. E quindi, come hai detto tu, hai imposto a te stesso una linea di confine».
Feci scendere la mano lungo il suo corpo, nutrendo e tormentando il mio bisogno di toccarla, finché le mie dita non trovarono la nuda pelle della sua coscia. «Ho preso questa decisione per evitare di ferire di nuovo qualcuno».
«Certo, okay. Forse. Ci credo. Se sai che il sesso è escluso, allora non sarai motivato dal sesso». Strinse lo sguardo su di me. «O forse è anche un modo per impedire che sia tu a essere ferito. Magari ti dà la possibilità di non perdere il controllo, di non investire completamente in qualcuna che potrebbe poi lasciarti».
La guardai sospettoso. Le sue parole avevano colpito nel segno, ed era uno che mi metteva a disagio. Il mio primo istinto fu di negare la sua conclusione. Naturalmente io non cercavo di proteggere me stesso. Erano solo sciocchezze. Avrebbe reso il mio sacrificio egoista.
Ma più continuava a fissarmi con la sua espressione serena, con pazienza nello sguardo, meglio riuscivo a vedere oltre il mio impulso iniziale. Mi piaceva pensare che mi sarei potuto sistemare cento e più volte in quei cinque anni. Ma non era vero. Avevo una sana dose di autostima e sicurezza in me stesso, forse quasi al punto da essere arrogante. Ma quando si arrivava al sodo, quale donna che valesse la pena avere mi avrebbe voluto per qualcosa di più di un’avventura?
«Cosa pensi?»
Il mio sguardo scattò nel suo, su questa donna bellissima, intelligente e forte, e presi due decisioni. La prima: forse non me la sarei mai meritata davvero, ma mi sarei impegnato ogni giorno per diventare un uomo che la meritasse. Mi sarei impegnato per meritarmi la sua fiducia, la sua lealtà e il suo amore. Me li sarei guadagnati, senza tenere conto di quanto lei sarebbe stata disposta a darmeli liberamente.
La seconda, avrei infranto la mia regola. Avrei fatto l’amore con lei quando sarebbe arrivato il momento. Non sarebbe stato solo sesso e di sicuro non sarebbe stata una semplice scopata senza impegno. Quando sarebbe arrivato il momento giusto, che fossimo sposati o no, avrei corso il rischio.
«Jethro?» Aveva gli occhi spalancati, il volto tirato, in attesa di qualcosa. Il mio silenzio e lo sguardo nei miei occhi dovevano averla innervosita.
«Stavo solo pensando» addolcii la mia espressione, rivolgendole un caloroso sorriso e le baciai la spalla, «dovremmo prendere le ciambelle da Daisy ogni mattina».