Capitolo 21

Non piangere. Qualsiasi cosa tu perda, torna in altra forma.

- Rumi

Jethro

«Ho promesso a Dave che avresti riportato Sienna a casa prima delle otto, quindi nessuna deviazione al campo di Hawk per sbaciucchiamenti in macchina».

«Cletus» lo ammonii, avvolgendo le braccia attorno a Sienna da dietro e tirandomela contro il petto. Non potevo irritarmi troppo con lui. Era merito suo se Sienna era venuta a casa in primo luogo, suo e del suo mettersi in mezzo.

La serata era passata da okay a buona, da buona a fantastica, da fantastica a spiacevole e da spiacevole a miracolosa.

Billy e io eravamo tornati insieme sul portico. Non è che ci tenessimo per mano o cantassimo Kumbaya, ma non ci lanciavamo nemmeno insulti.

Nessuno commentò l’uscita infuriata di Billy. Venne servito il dessert, durante il quale Billy fece in modo di sedersi di fianco a Sienna e scusarsi da vero gentiluomo. Rise anche a tutte le sue battute. Anche se evitò il mio sguardo per il resto della serata, io sapevo che le cose tra noi dovevano essere cambiate, perché raccontò una storia di quando io e lui eravamo piccoli.

Ci eravamo intrufolati nella discarica dello sfasciacarrozze, il signor Tanner, per rubare dei copriwater. Li avevamo ricoperti di pellicola di plastica e messi nei bagni pubblici. Tutti ridevano, io più di tutti. Mi ero scordato di quell’incidente. Eravamo uniti da piccoli, prima di tutte le cose brutte che accompagnano il diventare adolescenti e il volere combinare marachelle di un genere più distruttivo.

Era bello ricordare, ed era anche bello che non avesse dimenticato.

Ora eravamo radunati sul portico anteriore. Cletus, Billy, Beau, Roscoe, Drew e Ashley erano diretti alla jam session al centro comunitario. Duane e Jess da qualche altra parte. Io mi preparavo a riportare Sienna a casa sua. Non pensavo che Green Valley fosse pronta per la presenza di Sienna Diaz a una jam session. Non ancora. Ma ci si poteva adoperare affinché lo diventasse.

«Ora, lasciami finire, Jethro». Cletus protestò di fronte alla mia interruzione. «Non è educato interrompere una persona mentre è nel bel mezzo di una frase. Come stavo dicendo, non andate al campo di Hawk, è troppo lontano. Andate al nido d’amore di Duane e Jessica, in fondo alla strada, vicino al promontorio Wright. Nessuno conosce quel posto e scommetto che Duane cambia regolarmente le lenzuola».

Jess mi rivolse un occhiolino e disse: «Lo facciamo entrambi e non c’è di che».

Duane invece brontolò. «Grazie tante, Cletus. Ora tutti sanno di quel posto».

«Non tutti» disse Cletus con noncuranza. «Non ne ho parlato a Jackson, il fratello di Jessica». Girandosi verso Sienna, Cletus prese la sua mano e le baciò il dorso. «Grazie della sua presenza, signorina Diaz. Spero che intenda ritornare presto a farci visita».

«Grazie, Cletus. Sarò felice di ritornare ogni volta che sarò invitata».

«Sei sempre invitata» mormorai nel suo orecchio, facendole istintivamente piagare la testa quando le solleticai il collo con la barba. Il suo corpo rabbrividì, di un tremore appena percettibile, ma fu abbastanza per ricordarmi quanto fossi andato vicino a prenderla contro un albero.

Giusto per la cronaca, molto vicino.

Alla fine Cletus le lasciò la mano, aggiungendo distrattamente: «Se verrà mercoledì prossimo, le farò assaggiare la mia salsiccia».

Feci un profondo respiro per trovare la pazienza e strinsi la vita di Sienna.

«Ecco che ricomincia» disse Drew scambiando uno sguardo d’intesa con mia sorella.

Nel frattempo Beau aveva alzato gli occhi al cielo e sbuffato di disgusto. «Non di nuovo».

«La rinomata salsiccia di Cletus è famosa» aggiunse opportunamente Jess, facendo su e giù con le sopracciglia. Aveva già iniziato a ridacchiare.

Senza perdere un colpo, Sienna chiese: «Come la prepari? Al forno?»

«Neanche per idea. Quel calore non va bene. Perché la salsiccia si stagioni, le serve il giusto tipo di calore e la giusta applicazione. Il calore deve arrivare da tutti i lati e un calore umido e bagnato è la cosa migliore».

«Sei davvero pessimo» disse Billy, anche se un lato della sua bocca si era sollevato. «Questa battuta non mi stanca mai». Jess ora rideva tanto forte da doversi tenere lo stomaco, con le lacrime agli occhi.

«Inizia a farlo quando la devi sentire ogni mese, per dieci anni» si lamentò Duane, ma non riuscì ad accigliarsi come voleva.

«La mia salsiccia è una cosa seria» disse Cletus torvo, agitando il dito in aria come se fossimo noi gli immaturi.

«Allora la grigli!» Lo fomentò Sienna, riportando la conversazione sull’argomento.

«Esatto».

«Bene». Annuì con un cenno, come persa nei pensieri. «Allora, insisto, devi assolutamente provare le mie cosce e il mio petto».

Quelle parole, pronunciate con calma e serietà, ci lasciarono tutti senza parole. Incluso Cletus.

Credo davvero che fissammo tutti Sienna in uno stato collettivo di attesa paralizzata, nessuno sapeva come reagire alla sua offerta.

Sentii le sue spalle tremare, per cui mi spostai di fianco a lei, per vedere la sua espressione. Le sue irresistibili fossette le illuminavano il volto a tutta forza e lei ridacchiava mentre spiegava: «Conosco una ricetta per fare un ottimo pollo al mojo. Possiamo grigliare pollo e salsiccia insieme». Poi, rivolgendosi a Cletus, disse: «Ti aiuterò con il calore bagnato».

Io alzai lo sguardo al paradiso, nascosto dal tetto del portico. «Dio, grazie di avermi mandato questa donna».

Nel frattempo Cletus sbatté le palpebre, come se fosse stato colto di sorpresa, ma poi un lento ghigno si formò sul suo volto solitamente solenne.

Beau, tenendosi una mano sul cuore, abboccò: «Sienna, sarei onorato di assaggiare le tue cosce e il tuo petto».

Gli lanciai un’occhiataccia d’avvertimento. «Non parlarle così». Ma neanche io riuscivo a mantenere un’espressione seria.

«Perché? Cos’ho detto?» Beau cercò di sembrare offeso. «Parlavo del suo pollo. Ovviamente».

Il sorrisetto di Cletus si era allargato in un sorriso immenso, mentre il suo sguardo passava sulla mia donna con chiara stima. «Mano ben giocata, signorina Diaz, ben giocata».

In effetti, tutti noi o ridevamo o sorridevamo. Lanciai un’occhiata a ciascuno dei miei fratelli più piccoli e a mia sorella, cercando di ricordarmi l’ultima volta che ci eravamo ritrovati tutti insieme e avevamo riso. Lo scorso Natale ci eravamo andati vicini. Prima di quello, era stato qualche giorno prima della morte della mamma. Ci aveva chiesto di raccontarle delle barzellette, per cui avevamo fatto del nostro meglio per farla divertire.

Ma questo era diverso. Diverso perché nessuno si era imposto di comportarsi in modo educato. Nessuno fingeva per amore degli altri. Ognuno di noi era semplicemente se stesso. Ci godevamo la nostra compagnia e quella della nostra famiglia che si allargava: Drew, Jess e da quel momento anche Sienna, speravo. Non riuscii a non pensare che fosse un momento perfetto. E poi, come al solito quando le cose andavano più che bene, non potei impedirmi di pensare che non meritavo di farne parte.

«Devo ammettere che speravo mi portassi al campo di Hawk o nel nido d’amore di Jess e Duane» disse Sienna sospirando, non appena entrai sulla strada di ghiaia che correva attorno Bandit Lake.

Le sue parole fecero apparire un sorriso sul mio volto. «Posso sempre fare inversione».

Sienna sospirò di nuovo. «No. Domani devo prendere un volo presto. Devo essere in piedi e in aeroporto per le quattro di mattina».

«Dove vai?» Sapevo che sarebbe partita, avevo sentito per caso le persone sul set parlare della sua assenza durante il weekend.

«Ho un incontro a Los Angeles per parlare di una sceneggiatura che ho finito qualche settimana fa. Stanno già procedendo con il casting. Sarà un viaggio breve, domenica notte sarò di nuovo qui». Si imbronciò fissando casa di Hank, mentre entravamo nel vialetto. «Mi chiamerai? Mentre sarò via?»

La punta di vulnerabilità che sentii mi fece venire voglia di stringerla a me e rassicurarla con baci lenti e ponderati. Il problema era che se l’avessi stretta a me, mi sarei detto che un paio di baci non sarebbero stati sufficienti. Avrei voluto un assaggio del suo petto e delle sue cosce e non parlavo della sua ricetta del pollo al mojo.

«Naturalmente». Le lanciai un sorriso tranquillo, poi le porsi il mio cellulare, dopo averlo sbloccato. «Scrivi il tuo numero».

Passai attorno al pick-up fino alla sua portiera mentre lei salvava la sua scheda contatto. Quando aprii la portiera, lei prese la mia mano e mi lasciò aiutarla a scendere, intrecciando le nostre dita e continuando a tenere il mio telefono.

«Ci serve un posto con della buona luce» disse distrattamente, accigliandosi all’oscurità della sera appena scesa. «Vieni su, sul portico».

Lasciai che mi trascinasse dietro di sé conducendomi su per le scale. Aveva chiaramente un obiettivo in mente e io, dalla mia posizione alle sue spalle, avevo un’ottima vista del suo sedere e delle sue gambe. Ogni fruscio della sua gonna mi ricordava che le sue calze finivano a metà delle sue cosce. E mi ricordavano la sensazione di toccare la sua pelle.

Quando arrivammo al portico e lei accese le luci, avevo completamente dimenticato che avesse il mio telefono. Sienna si girò, aprì la bocca per dirmi qualcosa, ma la fermai afferrandole il labbro inferiore con i denti.

Il suo respiro accelerò.

I suoi occhi si spalancarono.

Il suo corpo si tese.

Mi piaceva che l’avessi sorpresa, potevo sentirlo nell’aria tra noi.

Le leccai il labbro e feci scivolare la mano attorno ai suoi fianchi, afferrando in una mano il suo sedere. Avevo bisogno del suo sapore sulla lingua e della morbidezza del suo corpo tra le mani. Non le avrei alzato la gonna sul portico, ma potevo dimostrarle quanto avrei voluto farlo.

Sienna mugugnò, le sue lunghe ciglia scesero fino a chiudersi completamente e si rilassò contro di me, mentre faceva guizzare all’infuori la lingua per invitarmi. Si inarcò, tese il suo corpo contro il mio, premendomi le tette contro il petto e il suo sedere tondo nel mio palmo. Ovunque i nostri corpi si incontravano, il calore si diffondeva come un incendio. Lame di caldo e freddo mi risalivano la schiena e scendevano giù per le gambe, facendomi muovere il bacino con un ritmo istintivo.

Staccando la bocca dalla mia, Sienna disse con un sussulto: «Jethro, questa è davvero una pessima idea».

Stavo per chiederle se voleva che mi fermassi quando affondò le unghie nel mio scalpo e abbassò la mia bocca sul suo collo. «Non fermarti».

I suoi segnali contraddittori mi fecero sorridere contro la sua pelle. Forse era una pessima idea limonare sul portico di casa di Hank Weller dove tutti potevano vederci. Beh, chiunque fosse passato di là, almeno, cosa che di solito non succedeva mai. O forse ci avrebbero sorpresi le sue guardie del corpo, cosa più probabile. Ma non volevo lasciarla.

«Voglio toccare il tuo, di calore». Mordicchiai il bordo inferiore della sua mascella, dicendole cosa avrei voluto fare, ma che non potevo realizzare in quel momento. Non ancora. «Infilarci dentro le dita».

«Cazzo, adoro il tuo accento» mormorò in un ansito, una cosa tipo cazzoadoroiltuoaccento. «Di’ qualcos’altro».

«Cosa vuoi che dica?»

«Qualsiasi cosa! Qualsiasi cosa ti faccia eccitare».

«E se invece facesse eccitare te?»

«Credo proprio che qualunque cosa faccia eccitare te farà eccitare anche me».

«Va bene, allora, voglio lasciare dei succhiotti qui». Le presi in mano i seni e iniziai a massaggiarli, muovendo il pollice in un lento movimento circolare attorno al suo capezzolo. Volevo succhiare tra i denti la sua pelle e calmarne il pizzicore con la mia lingua. «Ti voglio sentire sotto di me, ansimante, gemente...»

Avevo il volto ancora seppellito nel suo collo, mentre le mie dita tiravano il bordo della sua maglietta per scoprirle la pelle della spalla, quando sentii un debole “click”.

Mi irrigidii; un nuovo tipo di adrenalina, intrisa di frustrazione e paura, mi pulsava nelle vene. Alzai immediatamente la testa, alla ricerca della fonte del suono. Mi preparai a spaccare sia le fotocamere che le facce di qualsiasi guardone si nascondesse nelle vicinanze, ma la mia prima perlustrazione non rivelò nessuno a parte noi.

Sienna mi guardava con espressione inebetita ma sublimemente felice. E il suo braccio era alzato da un lato, lo schermo del telefono rivolto verso di noi. Con la fotocamera attiva.

Mi ci volle quasi un minuto intero per capire che Sienna aveva usato il mio telefono per farci una foto.

«Cos’hai...»

«Guarda. Ora la imposto come foto profilo per me nel tuo telefono». Si prese il labbro inferiore tra i denti e mi rivolse un sorriso birichino, poi mi mostrò lo schermo. Nella foto ci baciavamo, la sua testa rovesciata all’indietro, il collo e la spalla nudi ed era davvero, davvero sconcia. Sienna continuò con un sussurro seducente: «Così ogni volta che ti chiamerò...»

Scossi la testa, amando e odiando contemporaneamente la sua idea. «Sei proprio una cattivona».

«Se sono tanto cattiva, perché sorridi, ranger?»

Le rubai un altro bacio, strusciando ritmicamente il bacino contro il suo, perché ora sapevo che le piaceva e aspettai finché non sentii il suo corpo irrigidirsi dal desiderio, poi mi staccai e le strappai il telefono dalle dita. Camminando all’indietro, mi godetti l’immagine di lei e del suo petto ansante con profondi respiri, mi piaceva come i suoi occhi fossero velati e affamati. Con un largo sorriso, la lasciai sul portico e le lanciai la mia risposta da sopra una spalla, mentre mi allontanavo rilassato. «Perché sei anche molto, molto brava».

Ero nei guai. La mia compagnia telefonica mi informò domenica pomeriggio tardi che avevo quasi finito la mia quota di messaggi mensile. Sospettai che i settantacinque messaggi o più che avevo scambiato con Sienna da venerdì sera ne fossero la causa.

Per cui chiamai e passai a un piano illimitato. Ma non era per quello che ero nei guai. Ero nei guai perché non ero mai stato il tipo da scrivere messaggi. Per come la pensavo, se qualcuno aveva qualcosa da dirmi e si aspettava che io prestassi attenzione, era meglio che fosse qualcosa di importante. E se era importante, allora o si chiamava o lo si diceva di persona. Ci vollero solo tre minuti e un veloce scambio con Sienna sabato mattina perché cambiassi idea.

Sienna: Che fai?

Jethro: Taglio i contrafforti per la rimessa dei carri. Tu?

Sienna: Ti penso.

Già, bastò solo questo. Lessi e rilessi le parole per almeno un minuto intero, forse di più. Le due parole sul telefono ricambiavano il mio sguardo, erano la prova che quanto c’era tra noi non era unilaterale.

Duecentododici messaggi e trentasei ore dopo, ci ero rimasto sotto di brutto; bevevo il whiskey dei messaggi e aspettavo la dose successiva. Naturalmente il fatto che ogni volta che lei mi mandava un messaggio potessi godermi la sua foto profilo che aveva messo di fianco al nome, aiutava. Inoltre, era altrettanto irresistibile per messaggio che di persona.

Sienna: Se cambi le lettere di Jethro si può ottenere “Oh Jet!”

Sienna: Anche “Oj Reth”, “Thor Je” e “JT Hero”. Tutti ottimi nomi per un DJ.

Jethro: Invece dalle lettere del tuo nome puoi ricavare “Seni”.

Sienna: Anche “iena”.

Sienna: Quindi, attento!

Sienna: ;-)

Ridacchiai, coprendomi la bocca con la mano. Per tutta la giornata mi mandò varie foto di lei mentre faceva cose divertenti. In una posava assieme a un tipo sull’Hollywood Boulevard vestito come Smash-Boy ed entrambi facevano smorfie arrabbiate, con la didascalia: «Quando non mandi foto di te senza maglietta, Smash si arrabbia».

Facevamo così da quando era partita, inviandoci stupidaggini a vicenda o semplicemente parlando della nostra giornata.

Jethro: Iena e Sienna… Che coincidenza.

Sienna: Spesso mi chiedo se i miei genitori non l’abbiano fatto apposta.

Jethro: A che ora torni stasera?

Sienna: A mezzanotte passata.

Jethro: Vuoi che ti venga a prendere?

Sienna: No. Hai bisogno di dormire.

Sienna: E sognarmi.

Sienna: Senza vestiti.

Sienna: Voglio dire: tu dovresti dormire senza vestiti. E sognarmi.

Jethro: Ma non devo sognare te senza vestiti?

Sienna: Se entrambi siamo senza vestiti, voglio i dettagli.

Ci eravamo anche scritti delle nostre famiglie. Anche la sua era grande, tre sorelle e due fratelli e sembravano uno spasso. Mettendo il carro davanti a buoi ancora una volta, mi piaceva l’idea che i nostri figli avessero cugini da entrambi i lati, un sacco di zie e zii vicini e tanti da andare a trovare. Sienna era la più giovane e avevo scoperto che la sua manager era la sorella più grande, Marta.

Sienna: Mandami una tua foto, così la faccio vedere a Marta.

Jethro: No.

Sienna: Cosa? PERCHÉ?

Sienna: Voglio dirle di noi. Non posso farlo se non mi mandi una foto. Vorrà di sicuro una prova fotografica.

Jethro: Non faccio certe cose da solo.

Sienna: I tuoi fratelli dicono il contrario...

Sienna: L’HAI CAPITA?

«Cosa c’è di tanto divertente?»

Alzai lo sguardo, trovando Claire che sbirciava dalla cucina, con un sorriso d’attesa sulle labbra.

Era domenica pomeriggio e, come d’abitudine, ero a casa di Claire per assicurarmi che non le servisse niente. Come al solito, mi aveva invitato a restare per cena. E, come al solito, avevo accettato.

«Niente». Scossi la testa, infilando il telefono nella tasca e riprendendo a lavorare sul cassetto della cucina. Stavo riparando la guida.

«Stai ancora sorridendo» mi punzecchiò, mettendosi sulla soglia e piazzando le mani sui fianchi. «Immagino che non abbia nulla a che fare con una certa stella del cinema, vero?»

Le rivolsi la mia migliore imitazione di espressione irritata, ma non ebbe molto effetto, visto che continuavo ancora a sorridere. «Non sono affari tuoi».

Lei mi restituì l’occhiataccia, ma anche la sua non ebbe troppo effetto, visto che anche lei sorrideva ancora. «E dai, Jet. Sto morendo dalla curiosità. Cletus mi ha detto che è venuta a cena da voi?»

«Voi ragazze spettegolate di qualcun altro? O solo di me?»

«Smettila di essere evasivo. Sono davvero contenta per te». Claire sembrava esasperata. «Cletus sembra approvarla e se Cletus l’approva, allora dev’essere fantastica».

«Lo è» dissi senza riflettere, le parole mi uscirono facilmente come un respiro.

«Allora parlami di lei. Come vi siete incontrati? Quant’è seria la storia? Cosa farai quando termineranno le riprese?»

La seguii divertito fino all’ultima domanda e poi sentii il mio sorriso crollare. «Non abbiamo parlato di cosa succederà quanto termineranno le riprese, ma immagino che ci inventeremo qualcosa».

«Immagini? Allora continuerete a vedervi finite le riprese?»

«Lo spero». Lo speravo a dir poco.

«Sono davvero contenta per te». La dolce sincerità del suo tono mi fece sollevare lo sguardo dal cassetto ai suoi enormi occhi blu zaffiro. «Sono così contenta di vederti finalmente rimetterti in gioco. Cominciavo a preoccuparmi che non avresti mai riempito la casa di bambini».

«Ora non correre». Mi alzai, raccogliendo il cassetto riparato e filando oltre lei nella cucina. «Questa storia è appena iniziata. Ancora non è niente di serio».

«E dai, non ti fidi di me?»

Non avevo bisogno di guardarla per sapere che aveva alzato gli occhi al cielo.

«Abbiamo deciso di prendere le cose con calma».

Soffiò dal naso, sbuffando. «Beh, adesso so che è una cosa seria. Mi devi promettere che la porterai qui a cena. Io ti prometto che non ti metterò troppo in imbarazzo» disse Claire, e poi aggiunse sottovoce: «Anche se potrei rendermi ridicola io».

Sorrisi, ma continuai a darle le spalle, perché non lo vedesse. «E tu, invece?»

«Non farmi iniziare con me. Magari ho dei progetti che tu ancora ignori».

Infilai il cassetto nel suo alloggiamento, aprendolo e chiudendolo qualche volta per assicurarmi che scorresse senza intoppi prima di voltarmi e punzecchiare la mia amica. «No, no, no. Se io metto in gioco il mio cuore, magari è ora che anche tu faccia lo stesso».

Lei unì le mani sotto il mento e sbatté le palpebre parecchie volte. «Oh, il mio piccolo tortino di mele. Jethro Winston, che mette in gioco il suo cuore. Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato».

«Molto divertente. Ora perché non mi spieghi cosa sta succedendo tra te e Billy?»

Claire si irrigidì. Le mani le precipitarono lungo i fianchi e il suo sorriso si spense. «Cos’hai detto?»

«Mi hai sentito. Perché avresti detto a Billy che io e te avevamo una relazione?»

Il suo sorriso svanì del tutto. Un lampo di rimorso e colpa le passò in volto, talmente veloce che quasi non lo notai prima che riuscisse a nascondere le sue emozioni. Claire era davvero brava in questo, a nascondere le sue emozioni. Era stata una tecnica di sopravvivenza, imparata nel corso di un’infanzia difficile.

«Non gliel’ho mai detto». La sua voce era impassibile e sulla difensiva.

«Hai mai lasciato intendere che stavamo insieme?» Avevo avuto l’intenzione di punzecchiarla un po’ su questa storia tuttavia, vista la sua reazione, feci attenzione a mantenere un tono leggero ma senza giocosità.

Lei non disse nulla, continuò a fissarmi con i suoi occhi blu che custodivano dentro così tanta saggezza che era fisicamente doloroso guardarla. Sapevo che era stata maltrattata da bambina. Era l’unica figlia di Razor, il presidente del club di biker Iron Wraiths. Dire che era stato un cattivo padre sarebbe stato come dire che Cletus era un pochino anticonvenzionale. Era scappata dal club quando era un’adolescente e aveva sposato Ben a diciotto anni.

Ben l’aveva trattata bene, ma sapevo che la sua gentilezza non poteva compensare gli anni di abusi che aveva vissuto in precedenza.

Provai un approccio differente; di solito riuscivo a incantarla, se ce n’era bisogno. «E se non l’hai lasciato intendere, l’hai insinuato?»

Lei fece un sorrisetto pieno di rimorso, un sorriso davvero minuscolo e si voltò. «Mi dispiace».

«Ti dispiace per cosa?»

«Mi dispiace se ho causato dei problemi tra te e tuo fratello».

Fissai la sua schiena a lungo, guardando le sue spalle alzarsi e abbassarsi mentre aspettavo. Lei non disse nulla. Giuro, quella donna era testarda come un mulo.

«Claire, non so cosa stia succedendo, o cosa sia successo tra te e Billy, ma...»

«Non è successo nulla tra me e...» si fermò, strofinandosi gli occhi con la base del palmo e fece un respiro profondo. «Tra me e lui, almeno da un bel pezzo. Da prima di Ben. Da quando eravamo adolescenti».

Da quando eravamo adolescenti… Era una novità per me.

Incrociai le braccia, vedendo sotto un’altra luce la mia buona amica. «Beh, ora mi sembra proprio di meritare delle risposte. Non sapevo che ci fosse mai stato qualcosa tra te e Billy».

Le sue spalle crollarono e lei scosse la testa. «È stato tanto tempo fa, Jethro. Mi dispiace se il mio silenzio al riguardo ti ha causato dei problemi, davvero. Non ho insinuato o fatto intendere niente. Te lo giuro. Solo...» Si portò una mano al petto e si strofinò le costole sotto al cuore, girando la testa per rivolgermi il suo profilo, come se non riuscisse a costringersi a guardarmi in faccia. «Solo non ho negato quando me l’ha chiesto».

«E che diritto ha di chiedertelo?»

«Esatto». Ora mi guardava, i suoi occhi erano duri e il suo sussurro convinto. «Non ne ha alcun diritto».