Se mai dovessi decidere di cercare ancora i desideri del mio cuore, non guarderò più in là del mio cortile, perché se non sono lì, allora non li ho neanche mai persi.
- L. Frank Baum, Il meraviglioso mago di Oz
Potrei aver sorriso come uno scemo.
Potrei anche aver osservato Sarah dallo specchietto retrovisore mentre mi allontanavo in macchina. Lei era rimasta immobile come una statua, guardandomi andare via, con un lato della bocca volto all’insù in un invitante, piccolo sorriso.
La prima volta che ci eravamo incontrati ero maledettamente arrugginito. Ma dire paroline dolci e sconce a una donna era come andare in bicicletta. Ciò detto, non l’avevo nemmeno guardata quella bicicletta, per oltre cinque anni.
Naturalmente, il fatto che avessi pensato a lei tutta la settimana aveva aiutato. Mi ero immaginato intere conversazioni nell’eventualità che fossi stato abbastanza fortunato da incontrarla di nuovo.
Non intendevo andare su a casa di Hank, non dopo che la settimana scorsa avevo visto quanto fosse circospetto riguardo l’identità della sua ospite, per cui ero stato costretto ad aspettare il momento giusto. Sia ringraziato il cielo per il suo terribile senso dell’orientamento. L’avrei vista quella sera attorno alle sette, e la mattina dopo alle cinque. Supposi che avrei avuto abbastanza tempo per riuscire a infilare nel discorso un invito a cena.
Stavo ancora sorridendo quando mi rimisi sul sentiero di Cooper Road e parcheggiai il pick-up ai piedi del pendio che portava alla baita dei ranger. Radunando le mie cose, notai che Sarah aveva dimenticato la sua tazza da viaggio nel porta bicchieri. Lo misi nella tasca a rete del mio zaino, per lavarla prima di andare a prendere Sarah quella sera, poi mi arrampicai lungo la collina fino alla stazione.
Quando entrai, trovai Drew seduto sul divano a scacchi rossi e oro. Aveva acceso il fuoco, come faceva nelle mattine fredde e quando entrai non alzò lo sguardo. Però chiese: «Cos’è che fischietti?»
Mi fermai, nel senso che smisi di muovermi e fischiettare, perché non mi ero reso conto che stessi fischiettando. Cercai di pensare alla melodia, ma non mi venne in mente alcun titolo. «Non lo so».
Cletus apparve da qualche parte alla mia sinistra e suggerì: «Sembra quella canzone francese cantata da quella tipa francese. Si chiamava Pilaf qualcosa».
«No, scemo. La cantante è Edith Piaf, non Pilaf. Pilaf è il riso». Roscoe, il mio fratello più piccolo, era seduto al tavolo quadrato nell’angolo. Non avevo notato nemmeno lui entrando. Chiaramente avevo la testa tra le nuvole. «E la canzone si chiama La Vie en Rose». Roscoe pronunciò il titolo come se sapesse parlare francese.
«Da quando parli francese?» Cletus guardò sospettoso il nostro fratellino e sorseggiò una cosa che odorava sia di caffè che di melassa da una tazza smaltata bianca e blu.
«Cosa diavolo stai bevendo, Cletus?» Era abbastanza vicino a me, per cui mi sporsi e annusai l’aria attorno alla tazza.
«Caffè con melassa nera grezza e aceto di sidro di mele. Dovresti provarlo. Aiuta la digestione». Cletus alzò la tazza verso di me.
Dietro di lui Roscoe fece una faccia disgustata, stringendosi la tazza di caffè al petto come a proteggerla.
«Cletus, hai ventisette anni. Dubito seriamente che tu abbia problemi di digestione». Andai al lavandino sul retro e presi la tazza di Sarah dallo zaino per lavarla.
«Infatti non ne ho. Le mie tubature funzionano benissimo, grazie dell’interessamento. Ma un giorno li avrò. E quando succederà, sarò pronto. Inoltre, bere questa roba mi dà un argomento di discussione con gli anziani. Parlano sempre della loro digestione».
«Non ho mai sentito nessun anziano parlare della sua digestione». Non alzai gli occhi al cielo, ma avrei voluto farlo.
«Perché la domenica non giochi a bocce da tavolo. Se giocassi a bocce da tavolo la domenica, allora parleresti della tua digestione e sapresti ogni cosa che succede in città e altrove».
«Non ho alcuna voglia di sapere ogni cosa che succede in città e altrove».
«La cosa che non capisco è perché bevi caffè da una tazza termica di Hello Kitty». Cletus sembrava sia interessato che seccato. «E perché non ne hai comprata una per me? Sai che mi piace Hello Kitty».
«Non è mia». Il suo commento mi spinse a studiare la tazza da viaggio davvero molto rosa tra le mie mani. Aveva ragione. Era una tazza di Hello Kitty. E non avevo molta voglia di spiegare di chi fosse, per cui cambiai velocemente discorso. «E comunque, cosa ci fate voi due qui?»
«Prima di passare a questo, non dimenticarti che questa settimana iniziano i nuovi turni. Io cucino giovedì e tu venerdì». Cletus si riferiva ai nostri turni per cucinare la cena.
Ciascuno di noi cinque uomini – sei, ora che Roscoe era tornato per le vacanze estive – cucinava la cena una volta a settimana. A ciascuno toccava una sera. Di solito la mia era il giovedì, ma avevo fatto a cambio con Cletus perché, ora che era arrivata l’estate, il venerdì doveva andare prima del solito al centro comunitario per la sua jam session.
Drew si dispiegò dal divano e si alzò, attirando la mia attenzione sulla sua figura imponente. «Per quanto riguarda la tua domanda, Roscoe sarà con me per i prossimi tre mesi».
Mi ricordai vagamente che il mese scorso Drew mi aveva detto qualcosa a questo proposito. Aveva senso che il mio fratello più piccolo affiancasse Drew, visto che Roscoe era stato ammesso alla facoltà di veterinaria. In quanto guardiacaccia della zona, Drew rappresentava la legge federale. Tutti gli animali, umani e non, all’interno del Parco nazionale rientravano nella sua giurisdizione.
«E Cletus è qui per aiutarti». Drew indicò Cletus con il cappello. «Si è offerto volontario».
«Volontario? Per aiutarmi a fare cosa? Possiamo occuparci Daniels e io dei tizi della pedologia». Li guardai da sopra la spalla, dividendo la mia attenzione tra Drew e mio fratello. Daniels era un altro ranger della forestale ed era previsto che ci incontrassimo con il responsabile delle rilevazioni del suolo della MLRA per tutta la settimana per esaminare i dati topografici.
«Ho chiesto a Daniels di occuparsene. È saltato fuori qualcos’altro». Drew mi guardò accigliandosi, poi posò lo sguardo sul suo cappello. «È arrivata una, uhmm, richiesta. E penso che tu sia il più adatto per questo lavoro. Ma avrai bisogno anche di Cletus».
Chiudendo il rubinetto, misi la tazza a lato del lavandino e mi asciugai le mani sui pantaloni. Avevamo finito la carta assorbente. «Che lavoro?»
Drew iniziò a tergiversare, senza proferire parola, il che non era da lui. Di solito era una persona molto diretta.
Nel frattempo, Cletus sorseggiava il suo intruglio offensivo. Rumorosamente. I suoi occhi guizzavano tra Drew e me.
Per tranquillizzare il mio capo, rivolsi alla stanza il mio sorriso rassicurante e alzai le spalle. «Lo farò, qualunque cosa sia. Non ti preoccupare per me».
«Sono quei tizi del cinema» sputò fuori Drew, arricciando il naso con lieve disgusto.
«Vogliono che qualcuno faccia loro da referente, e quel qualcuno sei tu». Cletus alzò la tazza verso di me e risucchiò un altro rumoroso sorso, alzando e abbassando le sue sopracciglia.
«Il loro referente? Ma pensavo avessero nominato qualcuno del Dipartimento di Agricoltura, qualcuno dell’ufficio federale».
Alla nostra riunione di squadra la settimana scorsa, il giorno dopo la mia festa a sorpresa, Drew aveva aggiornato i ranger riguardo al film. Come aveva detto lo sceriffo James al Jeanie’s, il film sarebbe stato girato a Cades Cove, all’interno dei confini del Parco nazionale. Ci era stato detto che il Dipartimento dell’Agricoltura avrebbe mandato un qualche specialista di Hollywood per gestire le relazioni con i tipi del film.
Ci avevano avvisato che il Dipartimento avrebbe potuto chiedere ad alcuni di noi di occuparsi di controllare la folla nei giorni in cui sarebbero state usate le comparse. Ma a parte quello, ci avevano assicurato che non avrebbero interferito con il regolare svolgimento delle nostre funzioni.
«Beh, già, il tipo che ci hanno mandato non sa come vedersela con gli orsi neri». Il tono di Drew era piatto e irritato.
«Perché avrebbero mandato un tizio che non sa come vedersela con gli orsi neri?» Roscoe fece l’ovvia domanda, tenendo ancora stretto al petto il suo caffè. «Mi sembra un errore da principianti».
«Immagino che destreggiarsi con un branco di animali hollywoodiani preoccupi il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti più degli animali del parco» disse Cletus, scherzando.
«Ho ricevuto una chiamata prima dell’alba, mi hanno segnalato una mamma orsa e i suoi due cuccioli. Mangiavano delle bacche fuori dalla cabina di John Oliver mentre il team di produzione cercava di montare il set. Questo significa che tocca a me o a te assicurarsi che questa gente non rovini l’ecosistema della prateria. E non sarò di certo io». Drew era abbastanza noto per essere una persona solitaria, che preferiva la compagnia di nessuno piuttosto che nuove compagnie.
«Okay». Annuii, riorganizzando mentalmente la mia giornata e la mia settimana. Al tempo stesso, realizzai che c’era una buona chance di rivedere Sarah prima di sera. In effetti, c’era un’ottima chance che l’avrei vista qua e là per tutto il giorno, per tutti i giorni delle prossime settimane.
«Perché quel sorriso?» Il tono di Cletus mi fece capire che si era insospettito. Ma d’altronde Cletus era sempre sospettoso.
Ignorando mio fratello, chiesi a Drew: «Allora che farà Cletus mentre io mi occupo degli orsi?»
«Hanno un paio di trattori, roba davvero preistorica, e hanno bisogno di una mano per continuare a farli funzionare. Immagino che il loro fornitore non sapesse che volevano che le macchine si muovessero e che non servivano solo ad abbellire lo sfondo» rispose Cletus al posto di Drew.
«Va bene. D’accordo». Non stavo veramente ascoltando Cletus, e il suo trafficare con i motori non mi interessava molto. Se gli si dava corda, era capace di parlarne per ore. «Allora, quando iniziamo?»
«Oggi, più o meno». Drew si mise il cappello in testa. «Devi incontrare la regista lunedì prossimo a mezzogiorno, tra una settimana. Si chiama Tabitha Johnson. Fino ad allora, pattuglierai il perimetro, tenendo gli orsi fuori dalla prateria. Prendi le trappole e usa la Bestia per spostarle».
Le trappole erano state forgiate su ordinazione, in base a un progetto di Drew: intrappolavano gli orsi senza fargli male. La Bestia era un pick-up Ford 350 Super Duty.
«Inoltre, meglio se fai scorta di ketamina» aggiunse Drew, facendo cenno a Roscoe di raggiungerlo.
«Certo, ma credo che bastino le trappole». Mi misi le mani sui fianchi: non volevo sedare gli orsi, a meno che non fosse stato assolutamente necessario.
«La ketamina non è solo per gli orsi». Drew mi rivolse un’occhiata solidale e poi girò veloce i tacchi e se ne andò con Roscoe alle calcagna.
«Credo si aspetti che la usi sui tizi del film». Ridacchiai, sapendo che Drew non diceva sul serio. Ma, se non era una battuta, poco ci mancava. Ero fiero del mio capo: raramente faceva battute.
«O potremmo usarla su di noi». Cletus bevve d’un fiato il resto del suo caffè, schioccando le labbra prima di aggiungere. «Se quella gente del film è pazza come Drew crede che sia, possiamo prenderne finché non sveniamo. È sempre una buona idea avere un piano di fuga».
Ero contento di avere Cletus con me.
Non sarei riuscito a spostare le trappole da solo. Cletus era di buona compagnia, quando non aveva qualche secondo fine. Il problema era che Cletus di solito aveva sempre qualche secondo fine, per non dire dei terzi e quarti fini.
Per fortuna, quel giorno era uno dei rari giorni in cui riuscivamo a condividere spazio, tempo e lavoro senza che mi dovessi preoccupare che stesse tramando la mia rovina.
«… allora andiamo a Nashville per aprire il concerto. Ora devo solo convincere Claire a cantare, perché non riuscirò mai a convincere Billy o Drew a farlo». Cletus si riferiva al suo trio bluegrass.
Mio fratello suonava il banjo ogni venerdì sera al centro comunitario durante la jam session settimanale. Lui e due dei suoi compari musicisti avevano formato da poco una band bluegrass, ma erano ancora alla ricerca di un cantante.
«Hai provato a ricattarli?»
Annuì. «Sì, ho provato con Billy. Ma è stato irremovibile».
«E non con Drew?»
Cletus mi fissò con sguardo inquisitorio. «E in quali circostanze riuscirei mai a ottenere un risultato ricattando Drew Runous? È tanto onesto quanto l’era Mesozoica è lunga».
«Immagino non si possa, ora che ci penso». Feci un sorrisetto, riconoscendo la validità della sua valutazione. «E Ashley, invece?»
Cletus alzò un sopracciglio, tenendo la base della trappola perché io potessi aprirne l’innesco con la manovella. «E Ashley, invece, cosa?»
«Beh, è tornata in città da quasi due mesi e ha una bellissima voce. Se ti va male con Claire, puoi chiedere ad Ash».
«Uuuuh». Cletus annuì lentamente. «Potrei chiederlo ad Ash. E scommetto che accetterebbe immediatamente, per giunta. Bell’idea, grazie».
«Nessun problema». Il mio ghigno si allargò.
Arrivare a questo punto con Cletus, al punto in cui mi parlava con tono realmente socievole invece di complottare continuamente la mia rovina, aveva richiesto cinque anni e uno sforzo notevole. Ogni suo ringraziamento con un qualsiasi grado di sincerità era una piccola vittoria che ero felice di aver conquistato.
Lavorammo in silenzio per un po’, finendo di sistemare la prima trappola dopo quarantacinque minuti all’opera. La Bestia poteva portare solo quattro trappole alla volta, per cui nel corso della settimana avremmo dovuto fare un totale di dieci viaggi. Volevo avere tutte le trappole pronte e ispezionarle almeno una volta prima di incontrarmi con la regista.
«Stai fischiettando di nuovo» mi fece notare Cletus mentre risalivamo nel pick-up.
«Davvero?»
«Già. È quella canzone fru-fru di prima, quella col titolo che Roscoe riesce a pronunciare senza sembrare uno del Tennessee».
«Non so neanche dove l’abbia sentita». Accesi il motore, controllando lo specchietto retrovisore.
«La ascoltava la mamma quando eravamo piccoli. Ce la faceva ballare con lei ogni volta che la passavano».
«Oh, già...»
Grazie all’aiuto di Cletus la mia memoria si mise in moto e mi regalò un’immagine di mia madre, davvero troppo giovane per avere una nidiata di bambini che distruggevano ogni cosa nella sua elegante, vecchia casa. Lei e mia nonna avevano fatto del loro meglio per renderci civili, con lezioni di portamento e liste di letture obbligatorie, per non parlare della danza per casa a ritmo di dischi francesi.
«È una canzone d’amore».
«Davvero?» Chiesi, imboccando la accidentata strada sterrata.
«Sì. Quindi perché la fischietti così tanto?»
Alzai le spalle. «Non lo so».
Ma non era vero.
In realtà sapevo il perché.
Pensavo a Sarah e ai suoi occhi castani e alle sue labbra piene. Era la canzone che mi veniva in mente ogni volta che pensavo a lei. Mi sembrava appropriata.
«No, lo sai». Cletus sembrava irritato. «Semplicemente non vuoi dirmelo».
Osservai mio fratello per un istante, cercando di decidere se condividere con lui la verità o no. Alla fine decisi di dirglielo, anche se avrebbe potuto usare la cosa contro di me.
Drew, che era diventato un mio buon amico, mi aveva raccomandato più di una volta che dovevo mostrare fiducia nei miei fratelli per guadagnarmi la loro. Per cui, mettendo a tacere i miei istinti contrari, mi schiarii la gola e ammisi: «Ho incontrato una persona».
La cabina del pick-up rimase silenziosa per circa mezzo minuto prima che Cletus ripetesse: «Hai incontrato una persona?» Avvertii il suo sguardo sveglio esaminarmi prima che chiedesse: «Vuoi dire che hai incontrato una donna?»
Annuii velocemente, controllando lo specchietto retrovisore senza motivo. Andavamo a meno di dieci chilometri orari attraverso la prateria deserta. Le possibilità di incrociare un altro veicolo erano pari a zero.
«E allora è per questa donna che fischietti canzoni d’amore?»
«Suppongo di sì» iniziai a dire, evasivo, ma poi mi corressi. «Voglio dire, sì. Questa donna mi fa fischiettare canzoni d’amore».
Osservando Cletus, fui sorpreso di vedere un raro sorriso incurvargli le labbra. «Beh, ma è fantastico». Annuì, reiterandosi a bassa voce: «È fantastico». Per gli standard di Cletus, era un incoraggiamento molto espansivo. Mi lasciò confuso. Per cui, quando iniziò a tempestarmi di domande, io risposi con franchezza.
«Allora, come si chiama?»
«Sarah».
«E dove l’hai conosciuta?»
«La settimana scorsa si era persa risalendo la montagna per andare alla casa di Hank Weller. Io l’ho portata fin lassù».
«Quindi è sua la macchina quella a cui Duane ha fatto il pieno e che ha spostato durante la tua festa a sorpresa?»
«Sì, esatto».
«E sta con Hank?»
Scossi la testa. «No. Non sta con Hank a casa sua, sta alla baita al Bandit Lake».
«Ah. Beh, allora cosa fa? Chi è?»
«Una scrittrice. Ha scritto la sceneggiatura del film».
Cletus si fece immobile e silenzioso. Quando gli gettai una nuova occhiata, stava fissando fuori dal parabrezza e la sua espressione tradiva la sua confusione.
«Cosa? Che ti prende?» Chiesi.
«Ha detto di chiamarsi Sarah?»
«Già».
«Ne sei sicuro? Sarah?»
«Sì».
«Ti ha detto il suo cognome?»
«No. Ma ancora non l’ho chiesto».
«E l’hai vista solo quella volta?»
Qualcosa nella nuova serie di domande di Cletus mi fece raddrizzare un poco sul sedile. «No. Stamattina si è persa di nuovo, allora l’ho accompagnata sul set e le ho detto che sarei passato a prenderla stasera, così non si dovrà preoccupare di trovare la strada di casa. Perché?»
«Che aspetto ha?»
Gli rivolsi un’espressione torva. «Perché?»
I suoi occhi si spalancarono in due tondi innocenti. «Sai che mi interesso di cinema, cercavo solo di capire se avessi sentito parlare di lei o dei suoi lavori precedenti e cose così, visto che non conosci il suo cognome».
«Va bene. È alta, un metro e settantadue o più. Formosa. Capelli scuri, occhi scuri, fossette».
Quando dissi fossette, Cletus sbuffò stizzito.
Ignorandolo, continuai: «Scrive commedie, ha vinto un concorso quando andava al college».
Cletus esitò, poi affermò, più che domandare: «Un concorso di cabaret».
«Sì. Come fai a saperlo?»
Lui scrollò le spalle, sfuggendo ora al mio sguardo. «Ho tirato a indovinare. E hai detto che ha scritto lei questo film?»
«Sì» dissi a denti stretti, cominciavo a irritarmi. «Cos’è che non mi stai dicendo, Cletus? Ne hai sentito parlare o no?»
Lui alzò le spalle. «Credo di averne sentito parlare. Ha scritto un film intitolato Martedì: Taco qualche anno fa, ha fatto un’ottima impressione e circa un miliardo di dollari in tutto il mondo. Ha lanciato la carriera dell’attrice protagonista. Il suo cognome è Diaz. Uhm, la Diaz ha appena vinto un Oscar come migliore attrice, quest’anno. Probabilmente è in cima alla lista delle celebrità di serie A, lo è da circa due anni a questa parte. Una grossa star».
Quest’informazione mi sorprese. «Uhm, ma pensa».
«Pensa cosa?» Chiese Cletus, masticandosi il labbro inferiore.
Presi nota di quell’azione perché lui si masticava il labbro solo quando era agitato.
«Beh, Sarah non mi ha detto niente di tutto questo quando le ho parlato stamattina. È stata molto modesta riguardo la sua carriera da scrittrice». Il che me l’aveva fatta piacere ancora di più. «È affascinante sentire come abbia praticamente lanciato la carriera di un’altra e non se ne sia vantata per niente».
Cletus non rispose a quest’osservazione, continuò solo a masticarsi il labbro inferiore e a fissare fuori dal parabrezza. Passammo alcuni momenti in contemplativo silenzio, durante i quali decisi che avrei dovuto cercare il curriculum cinematografico di Sarah alla prima occasione. D’altronde, no, forse non l’avrei fatto. Forse avrei semplicemente lasciato a lei il compito di parlarmi di sé quando fosse stata pronta, lasciando che le cose progredissero naturalmente.
«Beh, in ogni caso» dissi, dato che il silenzio prolungato di Cletus mi turbava e dovevo dire qualcosa, «la incontrerai stasera. Come ho detto, la vado a prendere a fine giornata. Per cui apprezzerei se ti sforzassi di essere gentile».
Mio fratello si agitò sul sedile. «Se fischietti canzoni d’amore, significa che ti piace veramente, eh?»
Annuii con un cenno. «Esatto».
«Di solito sei capace di leggere le donne» disse, più a sé che a me. Poi si rivolse a me. «Immagino che lei ti abbia dato motivo di farti credere che l’interesse è reciproco, vero?»
Feci un largo sorriso, annuendo. «Esatto».
I suoi occhi saltarono ai miei, poi distolse lo sguardo. «È passato tanto tempo, Jethro. Non che stia tenendo il conto, dico in generale. Ma non hai mai mostrato nessun particolare interesse in una donna, o nelle donne, per oltre cinque anni».
«Esatto». Dissi per la terza volta, sentendo la necessità di aggiungere: «Ma tu sai perché, perché non l’ho fatto».
«Immagino di sì». La voce di Cletus era gentile, profonda in un modo che trasmetteva preoccupazione. «È solo… so che non ti rendiamo la vita facile, ma lo vediamo che stai provando a farti perdonare… da tutti noi. I tuoi sforzi non sono passati inosservati».
Sbattei le palpebre. Non mi aspettavo di finire a parlare di queste cose. Premetti il freno, facendo fermare il pick-up e rimasi immobile. Il momento mi pareva delicato e io volevo assicurarmi che lui sapesse che facevo sul serio. «Apprezzo che tu lo dica, Cletus» dissi, con molta attenzione. «Ma non ho intenzione di deludere questa ragazza. Non sono più quel genere di persona. Non è ancora successo niente, ma non le farei la corte se le mie intenzioni non fossero oneste».
Cletus sospirò, scuotendo la testa, con aria lievemente frustrata. «Questo lo so, scemo».
Fissai mio fratello, confuso. «Allora qual è il problema?»
Lui non rispose. Neanche quando premetti di nuovo l’acceleratore e ci condussi al punto successivo in cui piazzare la trappola. Rimase fermo sul sedile con aria pensierosa e si morse il labbro fino a farlo sanguinare.