Diciassette
Cinquemila sono i bambini piú o meno ufficialmente censiti in Aktion T4 come sterminati, cinquemila madri non sono censite, ma prima o poi l’avranno capito che cosa hanno firmato.
Nessuno è stato ucciso senza il consenso dei genitori.
Cosa succede quando capisci che hai firmato una condanna a morte per tuo figlio? Cosa succede dopo che hai ricevuto quella lettera? Nessuno ce lo ha raccontato.
Chi ha scritto quelle lettere? Per i bambini scrivevano gli ospedali, e i medici come Faltlhauser e Pfannmüller nei referti indicavano morte per cause naturali. Per gli adulti scrivevano delle impiegate che assistevano i medici nel lavoro burocratico nei centri di uccisione; le chiamavano segretarie di conforto. Un mestiere poco invidiabile: dovevano personalizzare le lettere per fare in maniera che non si assomigliassero. Ma erano migliaia, migliaia di lettere. Le segretarie di conforto probabilmente erano le uniche persone letterate all’interno di quella organizzazione; dormivano in caserma insieme agli autisti, ai facchini e ai fuochisti, perché quella società, Aktion T4, di fatto nelle sue sei sedi di attività non teneva contatti con l’esterno. Ci sono cronache dettagliate di come passavano il tempo. Io immagino che dovessero sfogarsi, immagino anche che avere un posto remunerato lontano dal fronte in tempo di guerra fosse considerato una buona soluzione per cavarsela. Avevano anche un albergo in montagna a disposizione per le vacanze: vacanze T4.
Immagino che dopo un po’ la gestione di quello che restava dei pazienti trattati – ceneri, vestiti e un certificato di morte – fosse ordinaria amministrazione. Avere all’interno di ogni centro di uccisione un’anagrafe e un ufficio di polizia permetteva di sbrigare le pratiche in modo discreto. Ma non tutto andava fatto cosí in fretta.
A termini di regolamento, non si potevano reclamare gli effetti personali oltre i quattordici giorni dalla data del decesso. Le lettere venivano mandate in ritardo, cosí quasi nessuno riusciva a reclamare nulla. E io mi ero chiesto a chi potessero interessare le povere cose contenute nella valigia di un bambino avviato a un centro di cura per le malattie o di uno che ha passato la vita in manicomio. A chi potevano interessare gli stracci, i quattro poveri vestiti di questa gente? Poi ho pensato alle cataste di scarpe di Auschwitz, alle cataste di capelli di Auschwitz, alle cataste di cappotti di Auschwitz, e ho pensato che in un’economia di scala queste cose sono commodities, materie prime di un’economia di guerra. Ma c’è un’altra cosa che ho pensato: che la cosa piú preziosa di queste persone non la portavano nei vestiti, nei denti d’oro; la cosa piú preziosa erano i loro cervelli, o altre parti del loro corpo donate alla scienza.
Mai la scienza medica, la ricerca medico–scientifica ha avuto a disposizione una simile quantità di campioni umani, parti anatomiche, cervelli. Sono stati impiegati nella ricerca di cure mediche, anche per identificare e battezzare patologie fino ad allora poco studiate, erano pezzi senza valore: molto di ciò che sappiamo sul caldo e sul freddo dipende dagli esperimenti fatti nei campi di concentramento, con cavie fatte morire per saperne di piú sui limiti di resistenza in condizioni estreme.