II
Lord Brannoch Dhu Crombar, ammiraglio terziario della flotta, gran nobile di Thor, ambasciatore della lega di Alfa Centauri presso il governo solare, non assomigliava ad un dignitario di nessun pianeta civile. Era gigantesco: alto un metro e novantacinque, tanto largo di spalle da apparire quasi quadrato. La criniera gialla dei capi thoriani gli scendeva al di sotto delle orecchie dalle quali pendevano anelli ingemmati che andavano a toccare le clavicole massicce. Gli occhi erano blu e gai sotto la foresta dei due archi sopracciliari; il volto ottuso, pesante e riarso dal sole, cosparso di vecchie cicatrici. La veste da camera che indossava era di taglio centauriano, completa di pantaloni e di una stoffa dai colori sgargianti.
Una collana di diamanti gli cingeva il collo. Era anche conosciuto come sportivo, cacciatore, duellista, libertino e buontempone, con un'esperienza ineguagliata fatta negli atterraggi su dozzine di mondi. L'appartamento che il suo corpo sembrava riempire, era zeppo di colori, di ornamenti e trofei, ma fra tante suppellettili, a mala pena si poteva scorgere qualche libro.
Tutto questo ciarpame si addiceva perfettamente al carattere dell'uomo, ma serviva anche da paravento, dandone una impressione sfalsata, a una delle menti più sottili dell'universo conosciuto.
Si sarebbe potuto anche osservare che la bevanda che stava sorseggiando, mentre era intento a rilassarsi sul balcone, non era la pessima birra che si usava sul suo pianeta, ma il prodotto delle migliori cantine venusiane che Brannoch sembrava apprezzare assai. Ma nessuno era là che potesse vederlo, tranne quattro mostri in una vasca, ma quelli non se ne curavano.
Il primo sole lo colpì coi suoi raggi, inondando le cupole aeree e le vie sospese, flessibili di Lora, sotto un cielo terso. Brannoch viveva, come si addiceva al suo rango, al livello superiore della città la cui voce giungeva sino a lui come un sussurro col ronzare remoto delle macchine che ne erano cuore e mente, nervi e muscoli. Solo laggiù, dove la città s'adagiava come su una collina in lieve pendio verso i grandi parchi, s'interrompeva l'armonia del metallo e della plastica colorata. Le poche figure di esseri umani sulle terrazze e sulle strade sospese apparivano come formiche, quasi invisibili a quella distanza, poiché, le cupole svettavano ad oltre milletrecento metri di altezza. Un robot di servizio sorpassò gli esseri umani, certo incaricato di un servizio troppo complesso per un semplice schiavo di carne e ossa.
Brannoch si sentiva rilassato e tranquillo. Tutto procedeva nel modo migliore e le sue sorgenti d'informazione operavano egregiamente. Già sapeva tante cose dell'impero solare, e sarebbero state di valore inestimabile quando fosse venuta la guerra. Aveva introdotto una spia nel gabinetto africano del ministro Tanarac; aveva vinto una somma enorme l'ultima volta che era stato al casinò, sulla luna; aveva acquistato una ragazza dalla bellezza sorprendente pochi giorni prima. L'ultima corrispondenza da Alfa Centauri riferiva che i suoi possedimenti su Freya avevano dato un ottimo raccolto... Certo la notizia era già vecchia di quattro anni,2 ma era pur sempre la benvenuta. La vita poteva riservare di peggio.
Il suono discreto del campanello del robot di servizio si fece udire interrompendo le sue divagazioni. Troppo pigro per levarsi, fece scorrere la sedia sino all'apparecchio. Qualcuno che conosceva il suo numero speciale, segreto, stava chiamando, ma molte persone conoscevano quel numero. Col pollice fece scattare il pulsante e un volto a lui sconosciuto apparve, salutando nella forma rituale, chinando il capo e coprendosi gli occhi; poi, con voce umile: – Chiedo scusa a lei, mio signore.
– Ora? – chiese Brannoch.
– A... a... all'istante, m... m... mio ssssignore. – Quel balbettare sarebbe stato inteso come il nervosismo che afferra un inferiore alla presenza dell'augusta persona di un nobile, e ciò per il caso in cui la linea fosse sotto controllo, e Brannoch sapeva benissimo che lo era. Intanto, il sistema di ripetizione delle lettere era un metodo per l'identificazione di colui che parlava: questo era Varis t'u Hayem, un segretario del governo e capitano 2 La stella Alfa Centauri è la più prossima alla Terra e ne dista quattro anni-luce.
militare e tecnico del servizio segreto solare, ora vestito in abiti civili, il volto coperto da una maschera. Varis non avrebbe mai chiamato di persona se non si fosse trattato di cosa urgentissima. Brannoch lo sottopose alle domande di norma richiedendolo del nome e della professione prima di dirgli di entrare, poi staccò il circuito e solo allora si permise di aggrottare la fronte.
Alzandosi, controllò attentamente la robopistola e la pistola ad ago che teneva sotto la tunica. Poteva essere anche un attentato, se le spie di Chanthawar avevano scoperto qualcosa. Oppure... poteva...
Rapido Brannoch ripensò al passato di t'u Hayem e un sorriso mesto, misto a pietà gli distorse i lineamenti. Era così facile, terribilmente facile rovinare un uomo!
Aveva incontrato quell'aristocratico ambizioso il cui vero, unico torto era costituito dalla giovinezza e dall'inesperienza, a qualche ricevimento e l'aveva affascinato con la massima facilità grazie alla nobiltà della nascita e all'alto grado conseguito. I suoi agenti, introdotti nel servizio segreto gli aveva fornito il dossier riguardante Varis e lui aveva deciso che si trattava di un giovane promettente, così ne aveva coltivato l'amicizia ma non in modo appariscente. Eppure una attenzione discreta era compromettente se si era nobile di alto rango, e ammiraglio e ambasciatore per di più. Per lui aveva manovrato qualche filo, l'aveva introdotto nella migliore società, con le sue donne bellissime, la grande cultura, le splendide case e i vini rari dandogli l'impressione di averlo introdotto là dove si facevano, piani capaci di sconvolgere le stelle. Naturalmente, l'uomo, grato, gli aveva usato qualche favore, ma niente che fosse contrario al giuramento prestato; solo aveva dato qualche chiarimento, qua e là...
L'aveva portato in case di piacere condotte con grande immaginazione, l'aveva fatto giocare e dapprima l'aveva fatto vincere somme enormi, poi aveva manovrato in modo da averlo alla propria mercé.
In pochi giorni Varis t'u Hayem aveva visto svanire la propria fortuna ed era piombato nei debiti per somme incredibili, i suoi superiori si erano fatti sospettosi per la sua amicizia con Brannoch, i suoi creditori, tutte creature di Brannoch, si attaccavano alla sua proprietà e anche a sua moglie. Da tre anni, ormai, era la spia di Brannoch in seno al servizio segreto e Brannoch lo sosteneva ed aveva anche la possibilità di ricattarlo. Qualche giorno, se gli avesse reso un servizio davvero importante, avrebbe anche potuto ricomprargli la moglie che amava sempre alla follia, e ridargliela, o almeno prestargliela, sotto certe condizioni.
Era molto facile. Brannoch non provava né gioia, né pena nel rendere un uomo uno strumento e null'altro; faceva parte del suo incarico. Se provava qualche dispiacere nel vedere che i suoi uomini erano stati spezzati in quel modo, era stato solo perché li aveva visti troppo vulnerabili.
La porta esterna dell'appartamento controllò automaticamente le impronte digitali e retinali di t'u Hayem e poi si aperse per farlo passare.
L'uomo entrò e s'inchinò, pronunciando i saluti di rito. Brannoch non l'invitò a sedere, limitandosi a chiedere:
– Ebbene?
– Molto radioso signore, ho informazioni che potrebbero essere di grande interesse per lei. Ho pensato che fosse la cosa migliore recarle personalmente.
Brannoch rimase in attesa. Il volto, che stava dinanzi a lui, ebbe un'alterarsi dei lineamenti che parve quasi patetico.
– Mio signore, come lei sa, sono di base a Mesko Field. Ieri l'altro, una strana astronave è entrata nell'atmosfera terrestre ed è stata costretta ad atterrare. – T'u Hayem tolse di sotto la tunica una spola che inserì in un proiettore. Le sue mani tremavano. – Qui può vederne l'immagine.
Il proiettore formò un'immagine tridimensionale, in alto sul tavolo.
Brannoch emise un fischio per la sorpresa. – Fulmini! Che razza di astronavè è mai quella?
– Incredibilmente arcaica, mio signore. Osservi: usano ancora razzi di propulsione, una pila a fissione di uranio per l'energia, la massa reagente espulsa sotto forma di ioni.
Brannoch aumentò le dimensioni dell'immagine e la studiò attentamente.
– Uhm! Sì. Da dove viene?
– Non lo so, signore. Abbiamo rivolto questa domanda al Technon stesso, divisione registrazioni, ed abbiamo ottenuto in risposta che il tipo è uno dei primi che apparvero nei primi tempi dei viaggi spaziali, ben prima che fosse scoperto il sistema di controllo della gravità. Forse proviene da una delle più vecchie colonie, ormai perdute.
– Uhm! Dunque le persone dell'equipaggio dovrebbero essere considerate fuorilegge. Non riesco ad immaginare esploratori che partono dal loro mondo sapendo che non potranno ritornarvi per migliaia di anni.
Cosa mi sai dire dei componenti l'equipaggio? – Senza attendere risposta, Brannoch girò un pulsante e la immagine successiva che apparve fu quella di tre umani in strane uniformi grigie, accuratamente rasati, coi capelli tagliati corti come usavano i ministri del Sistema Solare. – Questo è tutto?
– No, mio signore. Se fosse stato tutto, non avrei considerato la cosa tanto importante. Ma coi tre umani, vi era un essere non umano, una razza sconosciuta a tutti, anche alla divisione registrazioni. Ne abbiamo ottenuto una fotografia, ma scattata in fretta.
Lo strano essere vi appariva in fuga. Era una grossa bestia, di circa due metri e mezzo, inclusa la lunga coda, un bipede a stazione semieretta, con pendenza in avanti e due forti braccia muscolose. Era un maschio e lo si vedeva; forse un mammifero ed era ricoperto da un pelame liscio e del colore del mogano. La testa era quasi felina, dalle orecchie appuntite sulla sommità, baffi ispidi attorno alla bocca e agli occhi gialli, oblunghi.
– Mio signore, – riprese t'u Hayem – quando sono scesi essi sono stati arrestati in attesa che fossero espletate le indagini sul loro conto. L'essere sconosciuto è fuggito immediatamente ed essendo più forte di un essere umano, è riuscito nell'intento calpestando tre uomini nella sua fuga. Pistole anestetizzatrici gli sono state puntate addosso e avrebbero dovuto immobilizzarlo, ma non hanno sparato semplicemente. Io stesso gli ho sparato col disintegratore portatile ma il circuito non ha funzionato; non è accaduto nulla. Molti altri mi hanno imitato, ma con lo stesso successo.
Nemmeno un piccolo proiettile-robot è riuscito a colpirlo. L'abbiamo fatto inseguire da un aereo da caccia pilotato, ma le armi di bordo non hanno funzionato quando il pilota aperse il fuoco. Un uomo che venne a trovarglisi vicino, gli ha puntato contro un paralizzatore neurale, ma l'arma si è inceppata sino a quando lo strano essere non è uscito dalla sua portata.
Da quel momento non abbiamo ancora smesso di ricercarlo. Vi sono pattuglie che gli danno la caccia in tutto il distretto, ma ancora non l'hanno scoperto. Mio signore, sembra impossibile!
Il volto di Brannoch era tanto impassibile da sembrar scolpito nel legno.
– Benel – esclamò, gli occhi fissi all'immagine immobile. – Ed è completamente nudo. E disarmato, niente di manufatto su di lui. E la distanza alla quale può esercitare... i suoi poteri strani, quale sarebbe?
– Cinquecento metri, approssimativamente, mio signore. È questa la distanza, all'incirca, alla quale le nostre armi hanno fatto cilecca. L'essere era anche troppo veloce perché si potessero usare armi di maggior portata ed è mancato anche il tempo di usarle, in quei pochi secondi.
– E i tre esseri umani?
– Ne sembrano tanto sbalorditi quanto noi, mio signore. Erano disarmati e non hanno tentato di resistere, loro. Parlano una lingua sconosciuta. Al momento, sono sottoposti a psico studio, ciò che include, credo, un corso di lingua solare. Io non posso partecipare a queste sedute, ma la divisione registrazioni ci dice che la loro lingua è... – t'u Hayem cercò nella sua memoria. – È americano antico. I documenti vengono tradotti, ma non mi è stato riferito nulla su quel che contengono.
– Americano antico – mormorò Brannoch. – Ma quant'è vecchia quella nave, comunque? E quale altro materiale è in tuo possesso?
– Copie di documenti e fotografie di tutto quanto si trovava a bordo della nave, mio signore. Non... non è stato facile procurarseli.
Brannoch brontolò, indifferente. – Ed è tutto?
T'u Hayem rimase a bocca spalancata. – Tutto, mio signore? E che altro avrei potuto fare?
– Molto – rispose seccamente Brannoch. – Fra l'altro, voglio un rapporto completo su quel che verrà appurato negli interrogatori e, preferibilmente, le copie originali. Inoltre, voglio conoscere le disposizioni esatte prese in seguito a questo caso, rapporti giornalieri sui progressi compiuti nella caccia all'essere sconosciuto... Sì, anche questo.
– Mio signore, io non ho l'autorità per...
Brannoch gli diede un nome e un indirizzo. – Va' da questo amico e spiegagli la faccenda... Subito. Ti dirà a chi ti devi rivolgere alla base e come potrai esercitare le pressioni necessarie.
– Mio signore... – T'u Hayem giunse le mani, supplichevolmente. – Pensavo che, forse... Lei s...sa, mio signore. M...mia moglie...
– Ti pagherò la solita somma per questo lavoro, e contro il tuo debito. Se risulterà di qualche importanza, ti darò un premio supplementare... Puoi andare.
T'u Hayem s'inchinò, in silenzio, ed uscì.
Brannoch rimase seduto, immobile, per qualche tempo dopo che il terrestre se ne fu andato, poi incominciò a scorrere le fotografie che erano ottime: immagini chiare, pagine e pagine di scritto, ma con caratteri a lui sconosciuti. Devo farlo tradurre, pensò, e alla mente gli tornò il nome di uno studioso che avrebbe potuto tradurle e tenere la bocca chiusa.
Rimase a spulciare i documenti di cui era venuto in possesso per qualche minuto ancora, poi andò alla parete nord della stanza. Su di essa appariva una trama stereo prettamente convenzionale, ma dietro di essa era situata una cisterna di idrogeno, ammoniaca e metano alla pressione di mille atmosfere e alla temperatura di meno cento gradi. Alla cisterna erano collegati apparati ottici ed acustici.
– Ehi, voi, Thrimkas – esclamò giovialmente Brannoch. – Eravate in ascolto?
– Lo ero – rispose una voce metallica. Che fosse stato Thrimkas 1, o 2, o 3 oppure 4, non avrebbe potuto dire, ne gli interessava saperlo. – Ora siamo tutti in comunicazione.
– Che ne pensate?
– Apparentemente, questo essere strano possiede poteri telecinetici – rispose la voce, con accento privo di emozione. – Pensiamo si tratti semplicemente di superflusso elettronico poiché si nota che tutto quel che rese inservibile era materiale elettronico. Sarebbe bastata poca corrente telecinetica per far cadere le correnti elettroniche nel vuoto, a suo piacere, e controllare, così, l'intero apparato.
– Con ogni probabilità, questo significa che è telepatico, poco o tanto.
Sensibile agli impulsi elettrici e neutrali e in grado di provocare impulsi simili in altri esseri. Comunque, è difficile che abbia potuto leggere nella mente delle sue guardie e in questa eventualità si deve credere che la sua azione sia intesa a farlo rimaner libero sino a quando potrà formarsi un'idea esatta della situazione. Ciò che farà in seguito, è impossibile prevedere, sino a quando non si saprà di più sulla sua psicologia.
– Sì. È quello che ho pensato anch'io – rispose Brannoch. – E per quanto riguarda la nave, avete qualche idea?
– Una verifica potrà farsi solo dopo la traduzione di quei documenti, ma sembra probabile che la nave non provenga da una colonia separatasi dalla Terra nel passato ormai remoto. Nelle sue peregrinazioni, essa sarà capitata nel sistema di quell'essere sconosciuto e l'avrà preso per portarlo sulla Terra. La distanza di questo mondo sconosciuto dipende dall'età della nave, ma siccome questa sembra datare a circa cinquemila anni or sono, esso non può situarsi a meno di duemilacinquecento anni-luce di distanza.
– Piuttosto distante – commentò Brannoch. – L'universo conosciuto raggiunge a mala pena i duecento.
Le mani dietro il dorso, Brannoch si mise a passeggiare per la stanza. – Dubito che gli esseri umani di quella nave siano di qualche interesse. Se sono terrestri, essi potranno interessare solo dal lato storico. Ma quell'essere sconosciuto... Quel controllo degli effetti elettronici è un fenomeno del tutto nuovo. È facile immaginare che razza di arma sarebbe!
– Gli occhi dell'umano scintillavano a quell'idea. – Le armi del nemico sarebbero rese inutili, forse si rivolgerebbero contro lo stesso nemico...
Anche il Technon sarebbe reso inservibile.
– La stessa idea, senza dubbio, l'hanno avuta le autorità del Sistema Solare – rispose il Thrimka.
– Uh, uh! Ed è per questo che gli danno la caccia con tanto accanimento.
Se loro non riescono a catturarlo, i suoi amici terrestri sapranno come riuscirvi. Anche se riescono a catturarlo, è facile che venga influenzato dai suoi amici terrestri, ciò che rende questi ultimi più importanti di quanto avessi pensato sulle prime. – e Brannoch continuò a passeggiare per la stanza rimuginando nella mente questi pensieri.
Poi di colpo si sentì solo. Aveva sulla Terra i suoi aiutanti, le sue guardie del corpo, le sue spie, ma essi rappresentavano una nullità se raffrontati con i bilioni di esseri ostili di quel sistema. Per far giungere un messaggio sino al suo mondo occorrevano circa quattro anni e mezzo; occorreva un tempo altrettanto lungo perché la flotta giungesse sulla Terra.
Chiaramente rivedeva la sua casa, le montagne ventose di Thor, sibilanti sotto il cielo tempestoso, le brughiere, le foreste e le praterie, i mari grigi ruggenti sotto i contrastanti influssi delle maree provocate da tre lune.
Ricordava la sala degli antenati, fatta di pietre e legno fuligginoso, ricoperto da rastrelliere affumicate del pari ricoperte di bandiere, i suoi cavalli, i cani e l'equipaggiamento da caccia. L'amore, il desiderio del suo pianeta era una spina nel suo cuore.
Ma lui era un capo, e la strada dei re era aspra. E poi, e qui sorrise, sarebbe stato piacevole saccheggiare la Terra, quando il giorno fosse venuto.
La sua missione era ridotta al minimo: doveva trovare l'essere sconosciuto e doveva mandarlo su Alfa Centauri perché i loro scienziati potessero esaminarlo, scoprire l'arcano delle facoltà eccezionali e studiare macchine che sfruttassero quei princìpi per fini bellici. Se non avesse potuto ottenere questo risultato, doveva impedire che i solari riuscissero nello stesso intento, magari uccidendo quella creatura se fosse stato necessario. L'idea di unirsi alla caccia coi suoi uomini fu scartata appena formulata: troppo compromettente, e troppo poche le speranze di successo.
No, meglio lavorare servendosi di quei tre prigionieri.
Ma che influenza avrebbe potuto esercitare su uomini appartenenti a un mondo lontano dal suo di cinquemila anni? Tornato al proiettore, esaminò le altre fotografie. Alcune immagini dovevano essere di oggetti personali.
Vi era anche la fotografia di una donna davvero bellissima.
Subitanea, un'idea gli balenò nella mente. Tornò sul balcone e afferrato il bicchiere, brindò allegramente. Era davvero una bella giornata.