39

Panorama di predatori

Madame Anastasia e Madame Curie arrivarono su un lussuoso jet privato della Compagnia, arredato con molta opulenza, che sembrava più una villa tubolare che un aereo.

«Un regalo di un fabbricante di aerei» spiegò Madame Curie. «La Compagnia riceve anche gli aerei a titolo gratuito.»

Nella manovra di avvicinamento, il jet descrisse un arco intorno all’isola galleggiante, offrendo ad Anastasia una vista mozzafiato. Ovunque, lussureggianti giardini si alternavano a edifici di cristallo splendente e titanio bianco brillante. Al centro dell’isola, c’era un’enorme laguna circolare, aperta al mare. L’“occhio” dell’isola. Era il punto di arrivo dei sommergibili e pullulava di imbarcazioni da diporto. Al centro dell’occhio, separato da tutto, c’era il complesso del Consiglio mondiale delle falci, collegato alla terraferma tramite tre ponti.

«È addirittura più impressionante che nelle foto» commentò Anastasia.

Madame Curie si sporse per guardare fuori dal finestrino. «Ci sono stata tante volte, eppure Endura non smette mai di emozionarmi.»

«Quante volte?»

«Forse una dozzina. Per vacanza, perlopiù. È un posto in cui nessuno ti guarda in modo strano. Non hanno paura di noi. Non si girano tutti a guardarci quando entriamo in una stanza. A Endura, torniamo a sentirci esseri umani.» Ma Madame Anastasia aveva il sospetto che anche lì la Signora della Morte fosse una celebrità.

La torre più alta, isolata su una collina, era quella del fondatore, spiegò Madame Curie. «È la sede del Museo della Compagnia, con la Camera delle Reliquie e dei Futuri, nonché il cuore che ha dato il nome all’isola.»

Ancora più impressionante era una serie di sette torri identiche, disposte a intervalli regolari intorno all’occhio centrale dell’isola. Una per ciascuna delle Grandi Falci del Consiglio mondiale, i loro assistenti e il nutrito personale di servizio. La sede del potere della Compagnia era formata da una rete amministrativa, come l’Interfaccia dell’Autorità, ma senza l’appoggio del Thunderhead a garantirne la fluidità di funzionamento. L’amministrazione avanzava a passo di lumaca, accumulando mesi di ritardo nella lavorazione delle pratiche. Solo le più urgenti venivano spostate in cima alla pila, come quella dell’inchiesta sull’elezione midmericana. Anastasia si sentiva un po’ lusingata per aver sollevato un polverone tale da attirare l’attenzione del Consiglio mondiale delle falci. E per il Consiglio, un’attesa di tre mesi era come viaggiare alla velocità della luce.

«Endura è aperta a tutte le falci e ai loro ospiti» le disse Madame Curie. «Se volessi, la tua famiglia potrebbe vivere qui.»

Anastasia provò a immaginare i suoi genitori e Ben in una città di falci, e le venne il mal di testa.

Una volta a terra, furono accolte da Maestro Seneca, il primo assistente di Senocrate, la cui veste grigio-bruna contrastava con lo scenario luminoso. Anastasia si domandò quante falci midmericane avesse portato con sé Senocrate. I suoi tre assistenti erano scontati. Se ne avesse portate un numero eccessivo, avrebbe voluto dire che era aumentata la necessità di apprendisti, e questo avrebbe potuto comportare un maggior afflusso di falci del nuovo ordine.

«Benvenute sull’isola del Cuore Duraturo» le salutò Seneca, con la solita mancanza di entusiasmo. «Vi accompagno all’hotel.»

Come il resto dell’isola, l’hotel era modernissimo, con lucidi pavimenti di malachite verde, un gigantesco atrio cristallino e un corposo personale di servizio per soddisfare ogni esigenza degli ospiti.

«Mi ricorda un po’ la Città di Smeraldo» commentò Anastasia, ripensando a una favola per bambini risalente all’era mortale.

«Sì» confermò Madame Curie, con un sorriso malizioso. «E una volta mi sono fatta tingere gli occhi del colore della mia veste.»

Seneca fece in modo che evitassero di registrarsi alla reception, dove si era formata una fila di impazienti falci in vacanza. Tra queste, un uomo infuriato con una veste di piume bianche se la stava prendendo con il personale incompetente, incapace di soddisfare le sue richieste con la dovuta sollecitudine. Alcune falci non sopportavano l’idea di non essere al centro dell’attenzione.

«Da questa parte» le invitò Seneca. «Manderò un fattorino a prelevare i vostri bagagli.»

Fu nel momento in cui vide un bambino che aspettava l’ascensore in compagnia della famiglia che Anastasia comprese ciò che aveva notato inconsapevolmente al suo arrivo.

Il bambino indicò la porta di uno dei due ascensori e si rivolse alla madre: «Che vuol dire “fuori servizio”?».

«Vuol dire che l’ascensore non funziona.»

Ma il bambino non riusciva ad afferrare il concetto.

«Come può non funzionare un ascensore?»

La madre, non sapendo cosa rispondere, gli diede una merendina per distrarlo.

Anastasia ripensò al loro arrivo. L’aereo aveva fatto alcuni giri prima di atterrare, per un probabile problema con il sistema di controllo del traffico. E aveva notato un graffio sulla fiancata di una publicar all’uscita del terminal. Non aveva mai visto una cosa del genere prima. E la fila alla reception dell’hotel. Aveva sentito uno degli addetti dire che il server delle prenotazioni “aveva dei problemi”. Come faceva un computer ad avere dei problemi? Nel mondo che Anastasia conosceva tutto funzionava e basta. Il Thunderhead vigilava su quello. Non si vedeva mai un cartello FUORI SERVIZIO, perché nell’istante in cui qualcosa smetteva di funzionare, interveniva subito una squadra di riparatori. Nulla restava mai fuori servizio abbastanza a lungo da giustificare un cartello.

«Che falce sei?» chiese il bambino, strascicando le parole. Anastasia immaginò che fosse del Texas, sebbene anche in altre parti meridionali dell’EstMerica avessero quell’accento.

«Sono Madame Anastasia.»

«Mio zio è il Venerando Maestro Howard Hughes» annunciò il piccolo. «Così, abbiamo l’immunità! Sta dando un sinfonio su come spigolare con un coltello Bowie.»

«Simposio» lo corresse la madre.

«Ho usato un coltello Bowie una sola volta» gli disse Anastasia.

«Dovresti usarlo di più» replicò il bambino. «Ha due lame sulla punta. Molto efficiente.»

«Sì» concordò Madame Curie. «Di sicuro più efficiente di questi ascensori.»

Il bimbo cominciò ad agitare la mano in aria, come se stesse impugnando il coltello. «Da grande voglio essere una falce!» esclamò, il che era una garanzia che non lo sarebbe mai stato. A meno che le falci del nuovo ordine non avessero preso il controllo della sua regione.

Un ascensore arrivò, e Anastasia fece per entrare, ma Maestro Seneca la fermò.

«Questo sale.»

«Non saliamo?»

«Certo che no.»

Anastasia guardò Madame Curie, che non pareva minimamente sorpresa.

«Ci mettono nello scantinato?»

Maestro Seneca rise sprezzante, senza degnarsi di rispondere.

«Dimentichi che siamo su un’isola galleggiante» sottolineò Marie. «Almeno un terzo della città è sotto il livello del mare.»

La loro suite era al settimo piano sotto l’oceano e ospitava una finestra panoramica che andava dal pavimento al soffitto, oltre la quale nuotava una miriade di pesci tropicali multicolori. La vista spettacolare era parzialmente nascosta da una figura.

«Ah, siete arrivate!» esclamò Senocrate, facendosi avanti per salutarle.

Né Madame Curie né Madame Anastasia avevano molto in simpatia l’ex Suprema Roncola. Anastasia non gli aveva mai perdonato di averla accusata dell’assassinio di Maestro Faraday, ma doveva essere diplomatica e mettere da parte i rancori personali.

«Non ci aspettavamo che venisse di persona ad accoglierci, eccellenza eminentissima» disse Madame Curie.

L’uomo strinse loro la mano tra le sue, in quel suo modo caloroso. «Sì, be’, non potevo ricevervi nel mio ufficio, mi avrebbero accusato di favoritismo per la questione della nuova Suprema Roncola della MidMerica.»

«Eppure, lei è qui» fece notare Anastasia. «Questo significa che ci appoggia nell’inchiesta?»

Senocrate sospirò. «Ahimè, la Suprema Roncola Mondiale Kahlo mi ha chiesto di astenermi. Ritiene che io non possa essere imparziale, e temo che abbia ragione.» Soffermò lo sguardo su Madame Curie e per un momento fu come se avesse abbassato le difese. Sembrava sincero. «Tu e io non abbiamo sempre visto le cose allo stesso modo, Marie, ma non c’è dubbio che Goddard sarebbe un disastro. Spero davvero che tu esca vincitrice dall’inchiesta e, sebbene non abbia diritto di voto, farò il tifo per te.»

Cosa che, pensò Anastasia, non sarebbe servita a nulla. Non conosceva le altre sei Grandi Falci, se non per quello che le aveva raccontato Madame Curie. Due sostenevano gli ideali del nuovo ordine, due erano contrarie e due non si erano ancora pronunciate. L’esito dell’inchiesta era imprevedibile.

Anastasia distolse lo sguardo dalle falci, incantata dalla vista. Era una distrazione gradevole in quel momento. Le sarebbe piaciuto essere come uno di quei pesci, non avere nessuna preoccupazione se non sopravvivere e confondersi nel banco. Essere parte del tutto, piuttosto che un singolo individuo in un mondo divenuto ostile.

«Impressionante, non è vero?» disse Senocrate, andando a mettersi di fianco a lei. «Endura funge da barriera corallina artificiale e la vita marina nel raggio di venti miglia brulica di naniti che ci consentono di controllarla.» Prese un tablet dalla parete. «Osserva.» Diede qualche colpetto, e i pesci variopinti si allontanarono come un sipario che si apre. In un attimo, l’oceano davanti ai loro occhi si riempì di meduse, ingannevolmente pacifiche, mentre ondulando si avvicinavano all’enorme vetrata. «Puoi cambiare il panorama vivente come preferisci.» Senocrate le porse il tablet. «Tieni, provaci.»

Anastasia prese il tablet e mandò via le meduse. Poi, nel menu, trovò quello che stava cercando. Uno squalo si fece avanti, seguito da un altro e un altro ancora, fino a riempire tutta la vetrata. Un enorme squalo tigre catturò l’attenzione dei presenti e, mentre passava loro davanti, li fissò con occhi di ghiaccio.

«Ecco» disse Anastasia. «Una visione molto più precisa della nostra situazione attuale.»

La Grande Falce Senocrate non pareva divertita. «Nessuno ti taccerà mai di ottimismo, Citra Terranova» ribatté, rivolgendosi a lei con il suo nome di origine, come se fosse un insulto. Distolse lo sguardo dalla vetrata piena di squali. «Ci vediamo domani per l’inchiesta. Nel frattempo, vi ho organizzato una visita privata della città e per la serata vi ho prenotato due ottime poltrone all’opera. Aida, credo.»

E, sebbene né Anastasia né Marie fossero nello stato d’animo adatto, non declinarono l’offerta.

«Forse una giornata di piacevoli distrazioni è quello che ci serve» concluse Marie, dopo che Senocrate se ne fu andato. Poi, prese il tablet dalle mani di Anastasia e fece disperdere il panorama di predatori.

Dopo aver lasciato Madame Anastasia e Madame Curie, sua eccellenza eminentissima la Grande Falce Senocrate esaminò con lo sguardo il suo dominio dall’attico, dotato di pareti e tetto di vetro, in cima al grattacielo nordmericano, che aveva ricevuto con il suo nuovo mandato di Grande Falce. Era una delle sette residenze con le stesse caratteristiche, una per ciascuna delle Grandi Falci, tutte situate all’ultimo piano dei grattacieli che circondavano l’occhio centrale di Endura. Dal cuore dell’occhio arrivavano e partivano sottomarini di lusso; i taxi acquatici traghettavano la gente da una parte all’altra; le imbarcazioni da diporto andavano e venivano. Adocchiò su una moto d’acqua una falce con la veste, il che non era affatto una buona idea. Il tessuto fece da vela, sollevando l’uomo dalla sella e lanciandolo in acqua. Che idiota. La Compagnia era afflitta dagli idioti. Magari erano saggi, ma il buonsenso era una caratteristica del tutto assente.

Il sole entrava dalla vetrata del tetto e Senocrate chiese al maggiordomo di abbassare le tende. Ma la tenda che avrebbe dovuto schermare il sole non funzionava e far intervenire un tecnico era quasi impossibile, anche per una Grande Falce.

«È una cosa recente» gli spiegò il maggiordomo. «Dal suo arrivo, le cose non funzionano più come dovrebbero.» Come se quella serie di malfunzionamenti fosse colpa di Senocrate.

Aveva ereditato il maggiordomo dalla Grande Falce Hemingway. Solo le falci agli ordini di Hemingway avevano dovuto autospigolarsi con lui; il personale di servizio era rimasto lo stesso. Si garantiva in quel modo una certa continuità, anche se Senocrate aveva in mente di rimpiazzarlo, per non avere sempre la sgradevole sensazione di essere paragonato al precedente datore di lavoro.

«Trovo ridicolo che il tetto di questa residenza sia fatto di vetro» si lamentò Senocrate, per l’ennesima volta. «Ho l’impressione di essere sempre in mostra agli aerei e agli zaini a razzo che passano.»

«Sì, ma i pinnacoli che con il loro aspetto cristallino svettano sui grattacieli sono belli, no?»

Senocrate sbuffò. «La forma non dovrebbe rispondere a una funzione?»

«Non nella Compagnia» rispose il maggiordomo.

Senocrate aveva raggiunto il picco splendente del mondo. Il culmine di tutte le ambizioni della sua vita. Eppure, anche in quel momento, stava già pensando al suo prossimo traguardo. Un giorno, sarebbe stato nominato Suprema Roncola Mondiale; avrebbe però dovuto aspettare che tutte le altre Grandi Falci si autospigolassero.

Anche in quella nuova alta carica, ritrovava un senso di umiltà che non si era aspettato. Dalla posizione di falce più potente della MidMerica, era entrato nel Consiglio mondiale, ma come ultimo arrivato; sebbene le altre sei Grandi Falci avessero approvato la sua nomina, non era certo detto che fossero disposte a trattarlo come un loro pari. Anche a quel livello così elevato, aveva degli obblighi da adempiere e il rispetto da guadagnarsi.

Al momento della sua conferma, per esempio, il giorno dopo che Maestro Hemingway e i suoi assistenti si erano autospigolati, la Suprema Roncola Mondiale Kahlo aveva espresso una lapidaria osservazione nei confronti di Senocrate davanti a tutte le altre Grandi Falci.

«Quel tessuto così pesante deve essere un bel fardello» gli aveva detto, alludendo alla veste. «Soprattutto, a queste latitudini.» Poi, aggiunse, con un abbozzo di sorriso: «Devi trovare il modo di levarne un po’».

Naturalmente, non si stava riferendo a un tessuto più leggero per la veste, ma al fatto che ne servisse una grande quantità per vestirlo. Era diventato tutto rosso, e Kahlo aveva riso.

«Sembri un cherubino, Senocrate.»

Quella sera, aveva chiamato un esperto del benessere per farsi regolare i naniti e accelerare il metabolismo. Quando era Suprema Roncola della MidMerica, gli era convenuto mantenere un buon peso. Aveva un aspetto imponente, e il peso lo rendeva maestoso. Ma lì, tra le Grandi Falci, si sentiva come un bambino obeso, l’ultima scelta di una squadra sportiva.

«Se configuriamo il metabolismo al massimo, le ci vorranno dai sei ai nove mesi per raggiungere il peso ideale» gli aveva spiegato l’esperto. Troppo tempo, data la sua scarsa pazienza, ma non aveva molta scelta. Be’, almeno non doveva frenare l’appetito né fare esercizio, come accadeva nell’era mortale.

Mentre rifletteva sulla lentezza con cui avrebbe visto ridursi l’addome e sulle bizzarrie delle falci in vacanza, il maggiordomo tornò, un po’ agitato.

«Mi scusi, eccellenza eminentissima. Ha una visita.»

«È qualcuno che voglio vedere?»

Il pomo d’Adamo del maggiordomo sobbalzò visibilmente. «È Maestro Goddard.»

Era l’ultima persona che aveva voglia di vedere. «Digli che sono occupato.»

Ma, prima che il maggiordomo potesse andare a riferire il messaggio, Goddard irruppe nella stanza. «Eccellenza eminentissima!» lo salutò con giovialità. «Spero di non essere arrivato in un momento inopportuno.»

«Sì, invece» commentò Senocrate. «Ma è già qui, per cui non c’è nulla che io possa fare.» Congedò il maggiordomo con un gesto della mano, rassegnato a non poter evitare quell’incontro. Com’era il detto dei tonisti? “Non c’è modo di evitare ciò che deve accadere.”

«Non ho mai visto l’appartamento di una Grande Falce» disse Goddard, passeggiando per il soggiorno, esaminando ogni cosa, dagli arredi alle opere d’arte. «È entusiasmante!»

Senocrate non aveva tempo per le fesserie. «Volevo farti sapere che, quando sei riapparso, ho fatto in modo che Esme e sua madre si rifugiassero in un luogo sicuro dove tu non potrai trovarle. Quindi, se il tuo obiettivo è usarle contro di me, non funzionerà.»

«Ah sì, Esme» disse Goddard, come se si ricordasse di lei per la prima volta dopo un’eternità. «Come sta la tua adorata figliola? Cresce come una pianta infestante, immagino. O più come un cespuglio. Quanto mi manca!»

«Perché sei qui?» chiese Senocrate, infastidito dalla presenza di Goddard. E da quel sole accecante che lo costringeva a strizzare gli occhi, e dall’aria condizionata che faceva a modo suo.

«Per rivendicare il giusto tempo di parola, eccellenza eminentissima. So che hai incontrato Madame Curie, stamattina. Mi è parso che fosse un po’ di parte incontrare lei e non me.»

«Ti è parso di parte perché lo è» confermò Senocrate. «Non mi piacciono le tue idee né le tue azioni, Goddard. Non intendo più nasconderlo.»

«Eppure, ti sei ricusato dall’inchiesta di domani.»

Senocrate sospirò. «È stata la Suprema Roncola Mondiale a chiedermelo. Ora, ti ripeto la domanda, perché sei qui?»

Ancora una volta, Goddard si concesse il lusso di girare intorno alla questione. «Volevo solo porgere i miei rispetti e scusarmi per la mancanza di tatto che ho talvolta dimostrato in passato. Per ripartire con il piede giusto, noi due.» Poi, aprì le braccia, con i palmi rivolti verso il cielo, in un gesto estatico, in modo che Senocrate ammirasse il suo nuovo corpo. «Come vedi, sono un uomo cambiato. E, se diventerò Suprema Roncola della MidMerica, sarà nell’interesse di entrambi essere in buoni rapporti.»

Goddard si piazzò davanti all’immensa vetrata ricurva come Senocrate aveva fatto pochi minuti prima. Ammirò il panorama, come se tutto ciò che vedeva sarebbe stato suo, un giorno. «Mi piacerebbe sapere quali venti soffiano nel Consiglio» disse.

«Non lo sai?» ironizzò Senocrate. «Il vento non soffia a queste latitudini.»

Goddard lo ignorò. «So che la Suprema Roncola Mondiale Kahlo e la Grande Falce Cromwell non appoggiano gli ideali del nuovo ordine, al contrario delle Grandi Falci Hideyoshi e Amundsen…»

«Se lo sai già, perché me lo chiedi?»

«Perché le Grandi Falci Nzinga e MacKillop non hanno ancora espresso la loro opinione al riguardo. Spero che tu voglia mettere una buona parola.»

«E perché dovrei farlo?»

«Perché» rispose Goddard, «nonostante il tuo egocentrismo, so che sei, nel profondo del tuo cuore, una falce onorevole. E il dovere di un uomo d’onore è servire la giustizia.» Fece un passo verso Senocrate. «Sai bene quanto me che questa inchiesta non è stata affatto avviata all’insegna dello spirito di lealtà. Credo che con le tue formidabili qualità di diplomatico potrai persuadere i membri del Consiglio a mettere da parte le loro convinzioni personali per prendere una decisione giusta e obiettiva.»

«Perché, lasciare che tu sia nominato Suprema Roncola della MidMerica dopo un anno di assenza e per giunta con solo il 7 per cento di ciò che resta di te sarebbe giusto e obiettivo?»

«Non chiedo questo… Chiedo solo di non essere escluso prima che i voti siano conteggiati. Lasciamo che la Compagnia midmericana si esprima. Che la sua decisione sia rispettata, qualunque essa sia.»

Senocrate sospettava che Goddard fosse così magnanimo solo perché in un modo o nell’altro sapeva di aver vinto l’elezione.

«È tutto?» chiese Senocrate. «È tutto qui quello che dovevi dirmi?»

«Veramente, no» rispose Goddard, e finalmente arrivò allo scopo della sua visita. Invece di parlare, infilò la mano in una tasta interna della veste ed estrasse un’altra veste piegata e annodata in un fiocco, come se fosse un regalo. La lanciò a Senocrate. Era nera. La veste di Maestro Lucifero.

«Tu… tu l’hai catturato?»

«Non solo l’ho catturato, ma l’ho portato qui a Endura perché venga processato.»

Senocrate strinse la veste. A Rowan aveva lasciato intendere che non gli importava se lo avessero preso o no. Era vero: una volta saputo che stava per diventare una Grande Falce, la cattura di Rowan gli era sembrata una questione insignificante. Meglio lasciarla al suo successore. Ma ora che lo aveva Goddard, cambiava tutto.

«È mia intenzione portarlo davanti al Consiglio alla seduta di domani, come gesto di buona volontà» dichiarò Goddard. «La mia speranza è che possa essere un fiore all’occhiello per te, e non una spina nel fianco.»

A Senocrate non piacque quel discorso. «Che cosa intendi?»

«Be’, da un lato, potrei dire al Consiglio che sono stati i tuoi sforzi a permettermi di catturarlo. Che stavo lavorando secondo le tue direttive.» Poi, spinse un fermacarte su un tavolo, facendolo dondolare avanti e indietro. «Oppure, potrei puntare il dito sull’apparente incompetenza della tua indagine… Ma è stata davvero incompetenza? Dopotutto, Maestro Costantino è considerato il miglior investigatore di tutte le Meriche… e il fatto che Rowan Damisch ti abbia fatto visita ai tuoi bagni pubblici preferiti induce a pensare come minimo a una collusione tra voi due, se non a un’amicizia. Se poi la gente sapesse di quell’incontro, potrebbe ipotizzare, tra le altre cose, che ci sia tu dietro tutti questi crimini, fin dall’inizio.»

Senocrate prese un profondo respiro. Si sentiva come se avesse ricevuto un pugno in pieno stomaco. Riusciva già a vedere Goddard che lo cancellava con un tratto di penna. Poco importava che la visita fosse stata un’iniziativa di Damisch e che lui non avesse fatto assolutamente nulla di male. L’insinuazione era sufficiente per screditarlo.

«Esci di qui!» gridò Senocrate. «Vattene, prima che ti scaraventi fuori dalla finestra!»

«Oh, sì, per favore!» esclamò Goddard, divertito. «Questo mio corpo adora saltare nel vuoto!»

Senocrate non si mosse e Goddard scoppiò a ridere. Non una risata fredda, crudele, ma una risata di cuore. Amichevole. Afferrò la Grande Falce per la spalla e la scosse un po’, come se fossero vecchi amici.

«Non ti devi preoccupare» lo rassicurò. «Qualsiasi cosa accadrà domani, non ti accuserò di nulla e non racconterò a nessuno della visita di Rowan. Ti confesso che, per precauzione, ho già spigolato l’inserviente dei bagni pubblici che stava diffondendo la voce. Stai tranquillo, che l’inchiesta mi sia favorevole o no, il tuo segreto è al sicuro perché, malgrado quello che pensi di me, anch’io sono un uomo d’onore.»

Detto questo, Goddard uscì con passo disinvolto. Anzi, pavoneggiandosi. Un effetto della memoria muscolare del giovane di cui aveva preso il corpo.

Senocrate capì che Goddard non mentiva. Avrebbe tenuto fede alla sua parola. Non lo avrebbe denigrato né avrebbe rivelato al Consiglio che aveva lasciato andare Rowan Damisch. Lo scopo di Goddard non era ricattarlo, ma semplicemente fargli sapere che avrebbe potuto…

Il che voleva dire che anche lì, all’apice della Compagnia, in cima al mondo, Senocrate non era altro che un insetto che Goddard teneva con cura tra dita non sue.

La guida che faceva visitare i più bei posti dell’isola a Madame Curie e Madame Anastasia viveva su Endura da oltre ottant’anni. Si vantava di non avere mai lasciato nemmeno un giorno l’isola galleggiante per tutto quel tempo. «Quando si trova il paradiso, che senso ha andare a cercarlo altrove?» diceva.

Anastasia era sbalordita da ciò che vedeva. Sontuosi giardini su colline terrazzate che sembravano paesaggi naturali, passerelle aeree che univano i numerosi grattacieli e passeggiate sottomarine di vetro – ognuna circondata da un proprio ecosistema di vita marina – che collegavano un edificio all’altro nel ventre dell’isola.

Nel Museo della Compagnia si trovava la Camera del Cuore Duraturo. Anastasia ne aveva sentito parlare, ma fino a quel momento non aveva mai creduto che esistesse davvero. Il cuore, che galleggiava in un cilindro di vetro, era collegato a elettrodi fusi biologicamente. Batteva a un ritmo regolare che un impianto di amplificazione diffondeva nella sala, perché tutti potessero udirlo.

«Si potrebbe dire che Endura è viva, perché ha un cuore» affermò la guida. «Questo cuore è l’organo umano vivente più antico della Terra. Cominciò a battere nell’era mortale, verso l’inizio del ventunesimo secolo, durante le prime sperimentazioni dell’immortalità, e da allora non si è più fermato.»

«Di chi è il cuore?» chiese Anastasia.

La guida rimase di stucco, come se non le avessero mai fatto quella domanda. «Non lo so. Probabilmente, un soggetto preso a caso, immagino. L’era mortale è stata un’epoca barbarica. Agli inizi del ventunesimo secolo non si poteva nemmeno attraversare la strada senza rischiare di venire rapiti per essere sottoposti alla sperimentazione.»

Ma per Anastasia, il momento più emozionante della visita fu la Camera delle Reliquie e dei Futuri. Non era un luogo aperto al pubblico, anche le falci dovevano avere un permesso speciale da una Suprema Roncola o una Grande Falce per poterla visitare, permesso che fu loro concesso.

Era una sala cubica di acciaio, sospesa magneticamente all’interno di un cubo più grande, come una scatola rompicapo. Era accessibile tramite uno stretto ponte retraibile.

«Per il progetto della sala centrale si sono ispirati al caveau di una banca dell’era mortale» spiegò la guida. «Le quattro pareti in acciaio massiccio sono spesse trenta centimetri. La porta da sola pesa quasi due tonnellate.» Mentre attraversavano il ponte per entrare nella camera più interna, la guida ricordò loro che non era permesso scattare foto. «La Compagnia è molto rigorosa su questo punto. Fuori da tali mura, questo luogo deve esistere solo nella memoria.»

La camera interna misurava sei metri quadrati. Un lato era allestito con dei manichini d’oro che indossavano antiche vesti da falci. Una di seta variopinta ricamata, un’altra di raso blu cobalto, un’altra ancora di un leggero pizzo d’argento… tredici in totale. Anastasia soffocò un grido di stupore. Non poté farne a meno, perché le aveva riconosciute dai suoi studi di storia. «Sono le vesti dei padri fondatori?»

La guida sorrise e proseguì, indicandole una a una. «Da Vinci, Gandhi, Saffo, King, Laozi, Lennon, Cleopatra, Powhatan, Jefferson, Gershwin, Elisabetta, Confucio, e, naturalmente, la Suprema Roncola Mondiale Prometeo! Le vesti di tutti i padri fondatori sono conservate qui!» Anastasia notò con soddisfazione che ogni falce di sesso femminile aveva un solo nome, come lei.

Anche Madame Curie rimase sbalordita di fronte a quello spettacolo. «Trovarsi al cospetto di una tale grandezza lascia davvero senza fiato!»

Anastasia era così incantata dalle vesti dei padri fondatori che le ci vollero alcuni secondi prima di accorgersi di ciò che era esposto sulle altre tre pareti.

Diamanti! File e file di diamanti. La sala scintillava di tutti i colori dello spettro rifratti dalle gemme. Si trattava delle pietre che erano state montate sugli anelli delle falci, tutte della stessa forma e dimensione e tutte avevano lo stesso nucleo scuro.

«Le pietre sono state tagliate dai padri fondatori e sono conservate qui» spiegò la guida. «Nessuno sa come siano state fabbricate; la Compagnia ha perso memoria della tecnologia. Ma è inutile preoccuparsi, ci sono abbastanza gemme per adornare quasi quattrocentomila falci.»

“Abbiamo davvero bisogno di quattrocentomila falci?” si interrogò Anastasia.

«Perché hanno quell’aspetto?» chiese invece.

«Di sicuro i padri fondatori lo sapevano» rispose allegramente la guida, eludendo la domanda. Poi, cercò di impressionarle descrivendo in dettaglio il meccanismo di chiusura della camera.

Per concludere la giornata, Madame Curie e Madame Anastasia andarono al teatro dell’opera di Endura per assistere a una rappresentazione dell’Aida di Verdi. Non c’era nessun pericolo che venissero eliminate né c’erano vicini pronti a adularle. In effetti, molti dei presenti erano falci in vacanza, cosa che le obbligò a superare lo sbarramento delle voluminose vesti per raggiungere i loro posti.

La musica era estasiante e drammatica. Riportò subito Anastasia all’unica opera a cui aveva assistito, anche quella volta di Verdi. La sera che aveva conosciuto Rowan. Era stato Maestro Faraday a farli incontrare. Non aveva pensato nemmeno per un istante che le avrebbe chiesto di diventare sua apprendista; Rowan invece lo sapeva, o almeno lo sospettava.

L’opera era facile da seguire: un amore impossibile tra un comandante militare egizio e la regina di un paese nemico, che si concludeva con l’eterna sepoltura dei due. Molte storie dell’era mortale finivano con la morte. Era come se fossero perennemente ossessionati dalla limitatezza della loro vita. Be’, almeno la musica era bella.

«Sei pronta per domani?» chiese Marie, mentre scendevano la scala del teatro, al termine della rappresentazione.

«Sono pronta a difendere la nostra causa» rispose Anastasia, sottolineando il fatto che non era solo la sua causa, ma la loro. «Non sono sicura, però, di essere pronta ad affrontarne il possibile esito.»

«Anche se l’inchiesta avesse esito negativo, potrei ottenere un numero sufficiente di voti per aspirare a diventare Suprema Roncola.»

«Immagino che lo sapremo presto.»

«Comunque vada, la prospettiva è entusiasmante. Non ho mai desiderato diventare Suprema Roncola della MidMerica. Be’, forse da giovane, all’epoca in cui brandivo la mia daga per sgonfiare l’ego dei potenti. Ma ora non più.»

«Quando Maestro Faraday prese Rowan e me come apprendisti, ci disse che il non desiderare la missione era il primo segnale del fatto che la meritavamo.»

Marie sorrise, malinconica. «Siamo sempre vittime della nostra saggezza.» Poi, il suo sorriso si spense. «Se sarò Suprema Roncola, sai che, nell’interesse della Compagnia, dovrò catturare Rowan e consegnarlo alla giustizia.»

E, sebbene l’addolorasse più di quanto potesse esprimere a parole, Anastasia assentì con stoica rassegnazione. «Se è la tua giustizia, allora lo accetterò.»

«Le nostre scelte non sono facili né devono esserlo.»

Anastasia volse lo sguardo sull’oceano e osservò il riverbero della luna che giocava sulle onde, fino in fondo all’orizzonte. Non si era mai sentita così lontana da se stessa come in quel momento. Né così lontana da Rowan. Così lontana da non riuscire nemmeno a contare i chilometri che li separavano. Forse perché non ce n’erano.

Nella casa delle vacanze di Maestro Brahms, non lontano dal teatro dell’opera, Rowan era stato portato in uno scantinato ammobiliato con la vista sulle profondità marine.

«È un trattamento molto migliore di quello che ti meriti» gli aveva detto Goddard, quando erano arrivati quella mattina. «Domani, ti consegnerò alle Grandi Falci e, con il loro permesso, ti spigolerò con la stessa ferocia con cui mi hai tagliato la testa.»

«Non sono ammesse spigolature a Endura» gli aveva ricordato Rowan.

«Per te, di sicuro faranno un’eccezione.»

Quando Goddard se ne era andato, dopo averlo chiuso dentro, Rowan si era seduto e aveva fatto il bilancio della sua vita.

La sua infanzia non era stata niente di speciale, attraversata da momenti di intenzionale mediocrità, nel tentativo di non farsi notare. Come amico, era straordinario. Pensava di essere un passo avanti agli altri quando si trattava di prendere la decisione giusta, anche quando la decisione giusta era stupida, e spesso lo era, altrimenti non si sarebbe trovato nei guai fino al collo come in quel momento, per esempio.

Non era pronto a lasciare questo mondo, ma dopo aver affrontato la morte così tante volte negli ultimi mesi, non aveva più paura dell’eternità. Voleva vivere abbastanza solo per vedere Goddard annientato una volta per tutte ma, se questo non fosse stato possibile, allora gli stava bene finirla lì. Così, si sarebbe risparmiato le filosofie distorte con cui Goddard avrebbe sottomesso il mondo. Non rivedere Citra, invece… quello sarebbe stato molto più difficile.

Ma l’avrebbe vista. Citra sarebbe stata presente all’inchiesta. L’avrebbe vista e lei avrebbe assistito alla sua spigolatura per mano di Goddard. Perché di sicuro faceva parte del suo piano obbligarla ad assistervi. Per ferirla, per distruggerla per sempre. No, non l’avrebbe distrutta. La Veneranda Madame Anastasia era molto più tenace di quanto Goddard immaginasse. Semmai, sarebbe solo servito a rafforzarne la determinazione.

Si era ripromesso che al momento della sua spigolatura le avrebbe sorriso, strizzandole l’occhio, come per dirle: “Goddard può uccidermi, ma non può farmi soffrire”. E quello sarebbe stato l’ultimo ricordo che le avrebbe lasciato. Un atteggiamento di sfida, ascetico, imperturbabile.

Negare a Goddard la soddisfazione di vederlo in preda al terrore sarebbe stato gratificante almeno quanto sopravvivere.

Thunderhead
p000_cover.xhtml
toc.xhtml
p001_il-libro.xhtml
p002_l-autore.xhtml
p003_frontispiece.xhtml
p004_half-title.xhtml
p005_parte-01.xhtml
p006_parte-01_01.xhtml
p007_capitolo-01.xhtml
p008_capitolo-01_01.xhtml
p009_capitolo-02.xhtml
p010_capitolo-02_01.xhtml
p011_capitolo-03.xhtml
p012_capitolo-03_01.xhtml
p013_capitolo-04.xhtml
p014_capitolo-04_01.xhtml
p015_capitolo-05.xhtml
p016_capitolo-05_01.xhtml
p017_capitolo-06.xhtml
p018_capitolo-06_01.xhtml
p019_capitolo-07.xhtml
p020_parte-02.xhtml
p021_parte-02_01.xhtml
p022_capitolo-08.xhtml
p023_capitolo-08_01.xhtml
p024_capitolo-09.xhtml
p025_capitolo-09_01.xhtml
p026_capitolo-10.xhtml
p027_capitolo-10_01.xhtml
p028_capitolo-11.xhtml
p029_capitolo-11_01.xhtml
p030_capitolo-12.xhtml
p031_capitolo-12_01.xhtml
p032_capitolo-13.xhtml
p033_capitolo-13_01.xhtml
p034_capitolo-14.xhtml
p035_parte-03.xhtml
p036_parte-03_01.xhtml
p037_capitolo-15.xhtml
p038_capitolo-15_01.xhtml
p039_capitolo-16.xhtml
p040_capitolo-16_01.xhtml
p041_capitolo-17.xhtml
p042_capitolo-17_01.xhtml
p043_capitolo-18.xhtml
p044_capitolo-18_01.xhtml
p045_capitolo-19.xhtml
p046_capitolo-19_01.xhtml
p047_capitolo-20.xhtml
p048_capitolo-20_01.xhtml
p049_capitolo-21.xhtml
p050_capitolo-21_01.xhtml
p051_capitolo-22.xhtml
p052_capitolo-22_01.xhtml
p053_capitolo-23.xhtml
p054_parte-04.xhtml
p055_parte-04_01.xhtml
p056_capitolo-24.xhtml
p057_capitolo-24_01.xhtml
p058_capitolo-25.xhtml
p059_capitolo-25_01.xhtml
p060_capitolo-26.xhtml
p061_capitolo-26_01.xhtml
p062_capitolo-27.xhtml
p063_capitolo-27_01.xhtml
p064_capitolo-28.xhtml
p065_capitolo-28_01.xhtml
p066_capitolo-29.xhtml
p067_parte-05.xhtml
p068_parte-05_01.xhtml
p069_capitolo-30.xhtml
p070_capitolo-30_01.xhtml
p071_capitolo-31.xhtml
p072_capitolo-31_01.xhtml
p073_capitolo-32.xhtml
p074_capitolo-32_01.xhtml
p075_capitolo-33.xhtml
p076_capitolo-33_01.xhtml
p077_capitolo-34.xhtml
p078_capitolo-34_01.xhtml
p079_capitolo-34_02.xhtml
p080_capitolo-35.xhtml
p081_capitolo-35_01.xhtml
p082_capitolo-36.xhtml
p083_capitolo-37.xhtml
p084_capitolo-38.xhtml
p085_parte-06.xhtml
p086_parte-06_01.xhtml
p087_capitolo-39.xhtml
p088_capitolo-39_01.xhtml
p089_capitolo-40.xhtml
p090_capitolo-40_01.xhtml
p091_capitolo-41.xhtml
p092_capitolo-41_01.xhtml
p093_capitolo-42.xhtml
p094_capitolo-42_01.xhtml
p095_capitolo-43.xhtml
p096_capitolo-43_01.xhtml
p097_capitolo-44.xhtml
p098_capitolo-44_01.xhtml
p099_capitolo-45.xhtml
p100_capitolo-45_01.xhtml
p101_capitolo-46.xhtml
p102_capitolo-47.xhtml
p999_copyright.xhtml