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Il trialogo
Un tempo la chiamavano cattedrale. Le alte colonne ricordavano una foresta calcarea. Le vetrate raccontavano la mitologia dell’ascesa e della caduta di un dio dell’era mortale.
Ora la veneranda struttura era un sito storico che alcuni volontari, dottori di ricerca in scienze umane dei mortali, facevano visitare per sette giorni alla settimana.
In rarissime occasioni l’edificio era chiuso al pubblico e si trasformava in un centro riservato ad affari particolarmente delicati.
Senocrate, la Suprema Roncola della MidMerica, la falce più importante della regione, percorreva la navata centrale della cattedrale con il passo più leggero che la sua corporatura gli consentiva. Le decorazioni d’oro dell’altare impallidivano se paragonate alla sua veste, ornata di broccato scintillante. Un giorno, un’assistente aveva paragonato Senocrate a una decorazione natalizia caduta da un abete gigantesco. Da quel momento, la donna non era più riuscita a trovare un impiego.
Senocrate amava la sua veste, salvo nelle rare occasioni in cui il peso diventava problematico. Come, per esempio, quando era quasi annegato nella piscina di Maestro Goddard, intrappolato tra le numerose pieghe della sua tunica dorata. Ma aveva preferito dimenticare quell’orribile momento.
Goddard.
In fin dei conti era lui il responsabile della situazione che si era venuta a creare. Anche da morto seminava il caos. La Compagnia risentiva ancora delle scosse di assestamento seguite al terremoto provocato da quell’uomo spietato.
All’estremità anteriore della cattedrale, oltre l’altare, si trovava il parlamentare della Compagnia, una piccola falce antipatica incaricata di assicurarsi che le regole e le procedure venissero pedissequamente applicate. Alle sue spalle, tre cabine riccamente intagliate erano collegate tra loro, ma separate da divisori.
«Il prete si sedeva nella parte centrale» spiegavano i volontari ai turisti. «Ascoltava i penitenti dal confessionale di destra, poi da quello di sinistra, in modo che la processione di fedeli avanzasse più celermente.»
Il confessionale era caduto in disuso, ma la struttura a tre scompartimenti era perfetta per un trialogo ufficiale.
I trialoghi tra la Compagnia e il Thunderhead erano rari. Così rari che Senocrate, da anni Suprema Roncola, non vi aveva mai partecipato. Non era molto contento di dover iniziare quel giorno.
«Si deve accomodare nello scompartimento di destra, eccellenza» gli spiegò il parlamentare. «L’agente Nimbus, il rappresentante del Thunderhead, si siederà a sinistra. Quando entrambi vi sarete accomodati, farò entrare l’Interlocutrice che prenderà posto al centro.»
Senocrate sospirò. «Che seccatura.»
«Sua eccellenza può ricevere udienza dal Thunderhead solo per procura.»
«Lo so, lo so, ma avrò pure il diritto di considerarla una seccatura.»
Senocrate prese posto nello scompartimento di destra, trovandolo terribilmente angusto. Gli uomini mortali erano così malnutriti da entrare in un cubicolo del genere? Il parlamentare dovette fare pressione sulla porta per chiuderla.
Qualche istante dopo, la Suprema Roncola sentì l’agente Nimbus accomodarsi nello scompartimento opposto, poi, dopo un tempo interminabile, l’Interlocutrice si sedette in quello centrale.
Una finestrella, troppo piccola e troppo bassa perché si riuscisse a vedere qualcosa, si aprì, e l’Interlocutrice prese la parola.
«Buongiorno, eccellenza» lo salutò una donna dalla voce gradevole. «Io sarò la sua intermediaria presso il Thunderhead.»
«L’intermediaria dell’intermediario, vuole dire.»
«Be’, sì, l’agente Nimbus alla mia destra ha tutta l’autorità di parlare per conto del Thunderhead in questo trialogo.» Si schiarì la voce. «La procedura è davvero molto semplice. Io riferirò all’agente ciò che lei mi dirà. Se l’agente riterrà, rispondendo, di non violare la legge di separazione tra falci e Stato, allora io le trasmetterò le sue parole.»
«Molto bene» disse Senocrate, impaziente di procedere. «Porga all’agente Nimbus i miei più cordiali saluti e il mio augurio affinché tra le nostre rispettive organizzazioni si possano instaurare delle buone relazioni.»
La finestrella si richiuse, per riaprirsi dopo qualche secondo.
«Mi dispiace» affermò l’Interlocutrice. «L’agente Nimbus sostiene che ogni forma di saluto rappresenta una violazione e che alle vostre rispettive organizzazioni non è consentito intrattenere alcun tipo di relazione. Pertanto, il suo augurio è inappropriato.»
Senocrate imprecò a voce abbastanza alta da essere sentito dalla donna.
«Devo trasmettere il suo disappunto all’agente Nimbus?»
La Suprema Roncola si morse il labbro. Desiderava solo che quella bizzarra riunione terminasse il più presto possibile. E, per arrivare rapidamente alla fine, doveva entrare subito nel vivo della questione.
«Vorremmo sapere perché il Thunderhead non ha preso provvedimenti per la cattura di Rowan Damisch. Si è reso responsabile della morte definitiva di numerose falci in diverse regioni mericane, ma il Thunderhead non ha fatto nulla.»
La finestrella si richiuse bruscamente. La Suprema Roncola attese e, quando la finestrella si riaprì, l’Interlocutrice gli trasmise la risposta: «L’agente Nimbus desidera ricordare a sua eccellenza che il Thunderhead non ha alcuna giurisdizione sulle questioni interne della Compagnia. Intervenire sarebbe un’ingerenza indebita».
«Questa non è una questione interna della Compagnia, perché Rowan Damisch non è una falce!» gridò Senocrate.
L’Interlocutrice gli consigliò di abbassare la voce. «Se l’agente Nimbus la sente direttamente, se ne andrà» gli ricordò.
Senocrate si riempì i polmoni più che poté in quello spazio stretto. «Si limiti a trasmettere il messaggio.»
La donna lo fece e poi riportò la risposta. «Il Thunderhead la pensa in maniera diversa.»
«Cosa? Come può pensare qualcosa? Non è altro che un sopravvalutato programma informatico.»
«Le suggerisco di non insultare il Thunderhead, se desidera proseguire questo trialogo.»
«Molto bene. Dica all’agente Nimbus che Rowan Damisch non è mai stato ordinato falce dalla Compagnia midmericana. Era solo un apprendista che ha dimostrato di non essere all’altezza dei nostri requisiti, nient’altro. Pertanto, ricade sotto la giurisdizione del Thunderhead, non sotto la nostra. Dovrebbe essere trattato come qualsiasi altro cittadino.»
L’Interlocutrice ci mise un po’ prima di tornare da lui. Senocrate si chiese cosa lei e l’agente si stessero dicendo per impiegarci così tanto. E, quando arrivò, la risposta non fu meno irritante delle precedenti.
«L’agente Nimbus desidera ricordare a sua eccellenza che, sebbene la Compagnia abbia l’abitudine di ordinare nuove falci in occasione dei suoi conclavi, si tratta appunto solo di un’usanza e non di una legge. Rowan Damisch ha terminato l’apprendistato e ora è in possesso di un anello da falce. Il Thunderhead pensa che ci siano tutte le condizioni per considerare Rowan Damisch una falce. Pertanto, continuerà a lasciare alla Compagnia l’incombenza di catturarlo e punirlo come giudicherà opportuno.»
«Non riusciamo a prenderlo!» esplose Senocrate. Ma sapeva quale sarebbe stata la risposta prima ancora che l’Interlocutrice riaprisse quell’odiosa finestrella e dicesse: «Non è un problema del Thunderhead».