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Fra gli strati di pietra ed i livelli, la città respira, si muove, arranca come una vecchiaccia dalle ossa fradicie e indolenzite. Là sotto, il moto della storia, la memoria del marmo e delle rocce. Viscere di strade, cunicoli e pareti sopravvivono nell’oscuro silenzio millenario. Sopra la sua scorza coriacea, Roma occulta segreti e misteri e non c’è sasso, rovina o monumento, splendido e fastoso, che non abbia ricevuto il battesimo del sangue. Tutti custodiscono un’anima sudicia di morte; arene, obelischi e fontane.
Le fontane, sì, perché Roma è la regina delle acque, e i fiumi, il mare, i torrenti le sono sacri. Da venti secoli l’Acquedotto Vergine macina, spinge, insiste, convoglia piogge, sorgenti e diluvi sin dentro i confini del centro. Una vergine, si racconta, mostrò agli uomini di Agrippa i luoghi delle sorgenti dell’acqua da allora detta Virgo. Nei suoi tratti profondi e cavernosi il passaggio è largo due metri, in cemento, muratura e reticolato, oppure si snoda attraverso compatti banchi di tufo scavati a farne gallerie sino ai quaranta metri di profondità. Cunicoli trasversi alle falde prendono le acque sorgive attraverso blocchi di pozzolana, sgorgano in polle e ruscelli e bacini artificiali.
L’acquedotto di Agrippa ancora serpeggia petroso, a distribuire fluidi ai monumenti, placando la sete dei Quattro fiumi di piazza Navona e della Barcaccia a piazza di Spagna. Arriva fino a sua maestà la fontana di Trevi e lì, a poche centinaia di metri dai giochi di scogli e di cavalli, ma sottoterra, c’è un caseggiato, una domus patrizia, il vicus caprarius. Oggi il suo nome è Città dell’Acqua, perché l’effetto che ne ricava il visitatore di questo museo è quello di un piccolo quartiere sprofondato in cui ancora sgorga acqua dal sottosuolo stillando tra le mura in laterizio. C’è anche un enorme serbatoio idrico, il Castello dell’acqua, puntellato da pali e da transenne. Nel sito i lavori di manutenzione sono continui e ogni tanto il museo chiude.
Come stanotte.
Tra le madide spoglie di quel mondo sommerso, il boia degli scavi attirerà il suo ultimo uomo nel silenzio. È qui, tra mura, cisterne, edifici, che condurrà a giudizio la sua vittima, che condannerà il suo carnefice. Nel modo più terribile gli imporrà il buio e il silenzio della notte perenne, rotti solo dal pigro gorgoglio dell’acqua.
Perché tutto inizia e finisce nell’acqua.