José Augusto Ramón Pinochet Ugarte, alias Ramón Ugarte, alias José Pinochet, alias Mister Escudero, alias J.A. Ugarte, solo per citare alcuni dei tanti pseudonimi usati per aprire conti correnti milionari nelle banche di Stati Uniti, Jersey, Grand Cayman, Svizzera e Hong Kong, è morto senza pena né gloria, così come ha vissuto i suoi novantuno anni di miserabile vigliacco, a cui si riconoscevano solo tre talenti: tradire, mentire e rubare.

Quando era all’apice della sua effimera gloria e sognava di gettare le basi di un nazionalcattolicesimo alla cilena, non potendo proclamarsi caudillo secondo l’esempio di Franco (Pinochet fu l’unico straniero a piangere ai funerali dell’ometto di El Ferrol), si autoproclamò «Capitano Generale Benemerito della Patria», chiese a uno stilista che disegnava uniformi di aumentare di cinque centimetri l’altezza del suo berretto, vi aggiunse un sinistro mantello alla Dracula e infine si fece dare un bastone da maresciallo di lager nazista. Nel frattempo, però, diede anche ordine di assassinare diversi preti, Antonio Llidó, André Jarlan e Joan Alsina, rovinando così il suo piano di fare del Cile un paese confessionale, perché la Chiesa cattolica si mise per lo più dalla parte dei perseguitati, dei torturati, dei familiari che cercavano e continuano a cercare oltre tremila cilene e cileni usciti dalle loro case per non farvi mai più ritorno. L’11 settembre 1973 Pinochet tradì il giuramento di fedeltà alla costituzione e all’ultimo momento – i vigliacchi sono sempre indecisi – si piegò al golpe pianificato, finanziato e diretto da Henry Kissinger (premio Nobel per la pace), all’epoca segretario di Stato del presidente Richard Nixon. Erano altri i traditori della costituzione cilena che avrebbero dovuto guidare il golpe e assumere il ruolo di dittatore: si chiamavano Gustavo Leigh, capo delle forze aeree cilene, e Toribio Merino, capo della marina militare. A loro si univa un soggetto intellettualmente più che limitato, un certo Mendoza, capo dei Carabineros, ma Kissinger volle che la dittatura fosse gestita dal traditore più controllabile, dal più maneggevole, dal più fedele agli interessi degli Stati Uniti durante la Guerra Fredda.

In breve tempo, dopo che Salvador Allende morì difendendo la costituzione e le istituzioni democratiche, Pinochet spalancò le fogne perché le belve dell’orrore s’impadronissero del paese. I delatori che denunciavano attività della resistenza avevano diritto a una parte dei beni sequestrati ai «sovversivi», i soldati avevano diritto di saccheggiare, ovvero di rubare dalle posate alle galline, e gli ufficiali amministravano il bottino di guerra appropriandosi di abitazioni, veicoli, risparmi, in una misura che non sarà mai possibile determinare. Ogni soldato, ogni poliziotto, ogni ufficiale fece fortuna trafficando con l’orrore. Una madre voleva sapere se il figlio arrestato era ancora in vita? In cambio dell’atto di proprietà della sua casa, riceveva un mucchio di bugie, come per esempio che il figlio era stato visto in Europa e presto si sarebbe messo in contatto con lei. Non ci fu un solo uomo in uniforme che non avesse partecipato al saccheggio, nemmeno uno ha le mani pulite.

A questi si aggiunsero i giudici che per sedici anni mancarono al loro dovere, che legittimarono le ruberie e assicurarono l’impunità agli assassini, e anche la destra cilena, che pur di prendere parte al saccheggiamento delle ricchezze naturali, legname, pesce e risorse minerarie, permise di trasformare il Cile, che fino al 1973 esportava manufatti molto quotati sul mercato mondiale – prodotti dell’industria tessile per esempio –, in un paese dipendente da tutto e da tutti, perché oggi non si produce uno spillo, e ogni cosa, dalla prima all’ultima, è importata.

In Cile, più che una vittoria di Pinochet si ebbe il trionfo di Milton Friedman, che sperimentò per la prima volta la sua teoria dell’economia di mercato su un paese indifeso, rovinandolo e trasformandolo in una tipica nazione da Terzo mondo che esporta solamente frutta, vino e minerali grezzi. Mentre le basi dell’economia, della cultura e della storia sociale venivano distrutte attraverso privatizzazioni, comprese quelle di sanità e istruzione, qualunque tentativo di protesta era schiacciato con assassinii, torture, sequestri o l’esilio. Pinochet non ci lascia altro che questo, un paese in bancarotta e senza futuro.

E ora è morto godendosi la sua impunità con tutto il cinismo che ha sempre sfoggiato. Nel 1998, quando era stato arrestato a Londra per ordine del giudice Baltasar Garzón, avemmo l’occasione di processarlo per i suoi crimini, ma ricevette l’incomprensibile aiuto dei governi di Aznar in Spagna, di Blair nel Regno Unito e di Eduardo Frei in Cile, che fecero di tutto per evitare la sua estradizione.

Tuttavia è morto senza pena né gloria, rifiutato persino dalla destra cilena dopo che erano stati resi noti i suoi innumerevoli conti segreti in diversi paradisi fiscali, e pianto solo dal lumpen che finora ha goduto delle briciole del saccheggio: i militari e i loro familiari, questo odioso Stato dentro lo Stato, che è padrone per mandato costituzionale del dieci per cento delle esportazioni di rame.

Di lui non resta assolutamente nulla degno di essere ricordato, forse il fetore, che ben presto sarà disperso dai venti leali del Pacifico.

Storie ribelli
9788823519992-cov01.xhtml
9788823519992-presentazione.xhtml
9788823519992-tp01.xhtml
9788823519992-cop01.xhtml
9788823519992-occhiello-libro.xhtml
9788823519992-fm_1.xhtml
9788823519992-p-1-c-1.xhtml
9788823519992-p-1-c-2.xhtml
9788823519992-p-2-c-3.xhtml
9788823519992-p-2-c-4.xhtml
9788823519992-p-2-c-5.xhtml
9788823519992-p-2-c-6.xhtml
9788823519992-p-2-c-7.xhtml
9788823519992-p-2-c-8.xhtml
9788823519992-p-2-c-9.xhtml
9788823519992-p-2-c-10.xhtml
9788823519992-p-2-c-11.xhtml
9788823519992-p-2-c-12.xhtml
9788823519992-p-2-c-13.xhtml
9788823519992-p-2-c-14.xhtml
9788823519992-p-2-c-15.xhtml
9788823519992-p-2-c-16.xhtml
9788823519992-p-2-c-17.xhtml
9788823519992-p-2-c-18.xhtml
9788823519992-p-2-c-19.xhtml
9788823519992-p-2-c-20.xhtml
9788823519992-p-2-c-21.xhtml
9788823519992-p-2-c-22.xhtml
9788823519992-p-2-c-23.xhtml
9788823519992-p-2-c-24.xhtml
9788823519992-p-3-c-25.xhtml
9788823519992-p-3-c-26.xhtml
9788823519992-p-3-c-27.xhtml
9788823519992-p-3-c-28.xhtml
9788823519992-p-3-c-29.xhtml
9788823519992-p-4-c-30.xhtml
9788823519992-p-4-c-31.xhtml
9788823519992-p-4-c-32.xhtml
9788823519992-p-4-c-33.xhtml
9788823519992-p-4-c-34.xhtml
9788823519992-p-4-c-35.xhtml
9788823519992-p-4-c-36.xhtml
9788823519992-p-4-c-37.xhtml
9788823519992-p-4-c-38.xhtml
9788823519992-p-4-c-39.xhtml
9788823519992-p-4-c-40.xhtml
9788823519992-p-4-c-41.xhtml
9788823519992-p-4-c-42.xhtml
9788823519992-p-4-c-43.xhtml
9788823519992-p-4-c-44.xhtml
9788823519992-p-4-c-45.xhtml
9788823519992-p-5-c-46.xhtml
9788823519992-p-5-c-47.xhtml
9788823519992-p-5-c-48.xhtml
9788823519992-p-5-c-49.xhtml
9788823519992-p-5-c-50.xhtml
9788823519992-p-5-c-51.xhtml
9788823519992-p-5-c-52.xhtml
9788823519992-p-5-c-53.xhtml
9788823519992-p-5-c-54.xhtml
9788823519992-p-5-c-55.xhtml
9788823519992-p-5-c-56.xhtml
9788823519992-p-5-c-57.xhtml
9788823519992-p-5-c-58.xhtml
9788823519992-p-5-c-59.xhtml
9788823519992-p-5-c-60.xhtml
9788823519992-p-6-c-61.xhtml
9788823519992-p-6-c-62.xhtml
9788823519992-p-6-c-63.xhtml
9788823519992-p-6-c-64.xhtml
9788823519992-p-6-c-65.xhtml
9788823519992-p-7-c-66.xhtml
9788823519992-p-7-c-67.xhtml
9788823519992-p-7-c-68.xhtml
9788823519992-p-7-c-69.xhtml
9788823519992-p-7-c-70.xhtml
9788823519992-p-8-c-71.xhtml
9788823519992-p-8-c-72.xhtml
9788823519992-p-8-c-73.xhtml
testonote_1.xhtml
testonote_7.xhtml
testonote_12.xhtml
testonote_19.xhtml
9788823519992-ind01.xhtml
Il_libraio.xhtml