Gli altri erano tutti normali?
Non posso nemmeno permettermi di farmi schifo.
– Senti ma a che ora arriviamo? Ah, quindi faremmo in tempo per il soundcheck.
Tanto comunque non lo faccio. Già è dura salire sul palco, figurati al soundcheck con tutti quegli imbucati a slumarti mentre sei lí nudo come un verme. Hanno quello sguardo del menga che da un lato ti dicono io «posso» stare qui dentro «adesso» e dall’altro ti fissano come lo stronzo che hanno appena rilasciato e che ballonzola dritto nell’acqua del water. Studiano la consistenza, la forma, le dimensioni, il colore, ricordi di cibo ed eventuali tracce di sangue, capito?
– Quanti erano ieri sera, duemila? Sembravano contenti, cosa dici?
Erano proprio gasati, te lo dico io. Boh, magari sono davvero bravo. O magari ho beccato una canzone e buona lí.
E quando mi verrà una di quelle crisi del cazzo durante un concerto? Perché è chiaro che prima o poi mi succede, sono sempre piú frequenti. È già un miracolo che non se ne sia ancora accorto nessuno. Boh. Vedremo allora. E se me ne parte una durante un’intervista? O alla radio? O in tv? Forse sarebbe meglio confessarlo pubblicamente prima che mi succeda ma… un rapper con le crisi di panico? Piú xanax di cosí non posso. Mah.
Comunque forse sul palco le schivo. Perché poi è vero: se da un lato per un’ora e mezza vorrei essere dappertutto meno che lí – è come se ogni volta alzassi una mano per avere qualcosa da dire e tutti si voltano; a quel punto bisogna «davvero» avere qualcosa da dire per tutto quel tempo – dall’altro quelli urlano e cantano e mi sembra di sentire una specie di «protezione» o minchiate simili. O magari è la mia reazione ai «fregauncazzodite» che mi salva.
I «fregauncazzodite» ci sono ogni sera – ogni sera diversi, eh? – e io devo averci un radar perché li becco sempre in mezzo a tutti gli altri. Se ne stanno lí con quello sguardo cosí a dirmi che sfiga ha voluto che gli toccasse accompagnare la tipa e adesso gli sto rovinando la digestione del panino con la porchetta. E allora mi concentro su di loro e diventa una battaglia a «fregauncazzodite». Vinco sempre io. Perché c’ho il microfono. E mentre gli sbatto in faccia che non me ne frega un cazzo che non gliene freghi un cazzo, io prendo l’applauso. Loro no. Ne ho già abbastanza durante il giorno di gente che mi guarda storto.
Eccolo lí, il Rancio. Beato lui che non ne sa una fava di crisi di panico. Sta bene al mondo, è nel giro, poca pressione addosso. Com’è che mi tocca vederlo sempre di nuca? Mi piacerebbe sedermi lí davanti, che ci si parla volentieri. Ma credo che mi tocchi stare qui. La prima volta che sono salito su sto volvo non sapevo dove mettermi, ho pensato che dietro fosse piú corretto, che gli altri facessero cosí. Lui non ha fatto una piega e allora ho capito che i posti sono assegnati e sono questi. Peccato.
È che non so mai come comportarmi, cazzo, è un mondo complicato questo qua. Sono un pivello ma non posso fare la figura di non sapere una sega. A trentaquattro anni, ci sono arrivato a trentaquattro anni. Roba da non crederci. Se penso a come si sono infilate tutte le cose, tutte in una volta e tutte perfette… C’è un dio? Qualcuno che mi vuole bene? Qui intanto piove a gavettoni.
– Hai sentito per caso mia moglie? Come? Ti ha chiamato verso mezzanotte? C’era qualche emergenza?
Perché devo sentirmi una merda anche se non l’ho mai tradita? Forse perché so che lei la vedrebbe diversamente? Dài, lo so benissimo perché mi sento una merda. Perché lo sono.
– Fra un paio d’ore riaccendo il telefono e la chiamo.
Avanti, piccola, aiutami a non farti del male. Ce la possiamo cavare. È una cosa mia ma sto per risolverla. Ha a che fare con la pressione, l’inadeguatezza. Ma figurati se te ne posso parlare.
– Sei sicuro, Rancio, che con il portiere siamo a posto?
Che vergogna, cazzo, chissà cosa pensano questi. Già, cosa vuoi che pensino?
– Secondo te, la ragazzina sta zitta? Comunque sarebbe sempre la sua parola contro la mia, no?
La notte intera abbracciati. Tutto lí. Coccole e baci.
Palpeggiamenti sopra i vestiti, perché non ci siamo neanche spogliati. A un certo punto mi guardava come un marziano ma io oltre a quello non vado. Non lo tiro mai fuori, capito? Anche se le palle a un certo punto mi diventano mongolfiere a me va bene cosí, ok? Non so se per Michael Jackson era lo stesso ma se sí lo capisco.
Ho qualcosa che non va? Certo che sí, ci arrivo anch’io, cazzo. Sono fermo alla terza media e non so perché e allora? Come la mettiamo? Intanto però, a parte me, non faccio del male a nessuno.
– Magari la chiamo e le prometto che se sta zitta ci rivediamo. Meglio di no, eh? Comunque tante diventano donne prestissimo, vero?
Questa lo era di sicuro. Era proprio delusissima.
– Da quanto tempo non scopi, Rancio?
Buttiamola sulla complicità virile, va’, non voglio che mi pensi come realmente sono. Meglio che gli racconti un po’ di balle su cose che non ho fatto. Passare per quasi pedofilo piuttosto che per un alieno. Pensa te come sono messo. Devo proprio smetterla, perché è vero che è sempre la loro parola contro la mia ma se esce qualcosa, qua, non solo salta tutto quanto ma soprattutto il mio sputtanamento diventa nazionale.
– Oh, comunque grazie di tutto Ran…
– … cio, soprattutto per la lealtà.
Minchia che giramento di testa. Non me ne starà mica partendo una, eh? Nononono, per favore nooo… Non adesso… No, dài, forse no. Sembra di no. Direi di no. No.
C’ho questa vampata che mi sta cuocendo dentro ma è il segnale di pericolo scampato. Meno male, va’. A posto. Tutto a posto.
Anche la nuca il Rancio ce l’ha bella in ordine. Limiti di velocità mai superati, cintura allacciata, tabella di marcia rispettata. Che grande che è. Questo ne ha viste di ogni e le fa sembrare normali. E chi si immaginava che mi davano uno cosí a risolvere tutti i miei problemi. «Tutti» un gran paio di uova: «parte» dei miei problemi. Che per «tutti» i miei problemi nemmeno lourdes.
– Cioè, voglio dire, meno male che ci sei. Perché, e chissà quante volte l’hai visto prima di me, i casini qui fioccano. Che poi guai a lamentarsi del successo ma, insomma, ognuno pretende qualcosa da te e passi per stronzo in un attimo e ti vedono come vogliono loro e finisce che ci si isola un po’, no?
O mi vuoi dire che sono l’unico fulminato fra quelli che hai portato in giro? Gli altri erano tutti normali? Per loro era sempre una passeggiata? Anche i miei amici pensano che me la tiro ma sono poi loro a chiedermi come vanno le cose e io minimizzo pure quando rispondo però a quanto pare non basta, cosa devo fare? Sembra che stia rubando qualcosa a qualcuno.
Se sapevo cantare cantavo, è per questo che faccio rap. Sarà mica una colpa. Lo vedo anch’io ai concerti che le altre mie canzoni cercano di farsele piacere ma… insomma… quella lí mi è venuta proprio bene. Ero particolarmente incazzato, quel giorno, e ho scritto con quell’incazzatura addosso, tutto lí. Ma vedi come hanno imparato a memoria le parole? Come le sentono loro? Come le ributtano fuori? Sicuro, gli altri rapper in circolazione sono tutti piú bravi di me. Ma la mia canzone… la mia canzone non ce l’hanno.
Comunque, caro il mio Rancio, come si fa a non approfittarsi di te? Fai troppo comodo. Ok, mi dispiace farti portare la coca ma è per le emergenze, quando i miei casini sono troppa roba, l’avrai capito, no? Cosa facciamo, vuoi che la trovino addosso a me? E… sí, scarriolare mia madre è davvero un extra.
Vorrei sentirmi in pace con tutte le puttanate del successo, vorrei sentirmi di meritarlo, vorrei sentirmi meno esposto. Vorrei non sentire che la catastrofe incombe ogni minuto di ogni giorno di ogni settimana. Magari è una roba che si può imparare. Se te ne lasciano il tempo. Perché l’anno prossimo potrebbe essere già finita. È vero che i cantanti pop fanno concerti alle feste di piazza anche trent’anni dopo il loro momento, ma col cazzo che succederà lo stesso in futuro per chi fa rap. Me ne verrà un’altra di canzone cosí?
– Come? È il boss? Sí, sí, passamelo pure. Pronto. Ciao capo. No, il mio lo riaccendo sempre prima di sera, dimmi pure.
Gli piace farsi vivo quando le cose vanno bene. Magari una volta o l’altra viene pure a vedere lo show.
– Esatto, il soundcheck lo salto. Ma no, i tecnici sono bravissimi e fanno funzionare tutto comunque. Sí, lo so che farlo è una forma di rispetto verso il pubblico ma ti dico che non serve. Ormai siamo rodatissimi. Non ti fidi di me? Come? È arrivata qualche lamentela in agenzia sull’audio dei nostri show? Ah. Vabbè, dài, ricomincio a farlo.
L’unico modo per sentire decentemente nei palazzetti in cui suono è abbattere i palazzetti. Abbiamo le risorse?
– Hai sentito? Bella serata. Perché per qualcuno che si lamenta per l’audio ce n’è poi un bel po’ che godono e basta. Sí, sí ogni sera sono sempre di piú e mi sembrano anche piú infoiati. A parte ad Ancona, ma magari lí il promoter ha pubblicizzato poco e male. Come va con Rancio, dici? È solido come una roccia. Pensa a tutto lui.
E tu non sai quanto.
– Sí, mia moglie sta bene, perché?
Non te n’è mai fregato una cippa, cosa ti prende?
– No, no, ti dico: proprio tutto bene. Be’, non potrei prenderla sempre con me, anche lei ha il suo lavoro, ma in questo tour un paio di volte è venuta.
Ho già mollato il mio, di lavoro, un anno fa, manca solo che facciamo il salto nel vuoto. Ma come mai tutto questo interesse? Che cosa sai? Chi ha parlato?
– No, scusa, che cosa ho fatto la notte scorsa saranno cazzi miei. Cosa sei, mia madre?
Abbiamo un accordo economico, ciccio, non sentimentale. Manca solo che ti devo fare il resoconto delle mie notti. Dici che per fortuna non sei mia madre? Che stai solo cercando di capire se onorare il tuo contratto con me o no? Oh, ma vaffanculo.
Quattordici anni, mi dici, quella lí ha quattordici anni. Lo so, minchione, al contrario di te io so tutto. Come sarebbe che ha registrato tutto col telefonino? Non ci credo. Hai saputo che è solo un file audio ma basta e avanza per fare scoppiare la bomba. Ommerda… certo che sí. Sto male. Devo vomitare.
Sei riuscito con un colpo di culo a metterci le mani sopra prima che finisse in rete ma secondo te è un miracolo se una cosí non dice niente.
– Se voglio fare il cantante o la mina vagante? Il cantante, il cantante.
Mi dici che me lo auguri e riattacchi. È già finito tutto? Oppure è appena cominciata la slavina di merda che farà finire tutto?
– Grazie, Rancio, ti chiamerò Alberto volentieri.
Il tuo vero nome? Mi proponi una maggiore confidenza fra noi? In questo momento?
Allora sei stato tu a parlare, pezzo di merda.