– Ti capita mai di perdere l’ombra?

– Ogni terzo mercoledí del mese.

– Io non ci scherzerei troppo sopra.

– Tu non scherzeresti mai su niente.

– In effetti non mi sembra cosí necessario.

– Che cosa?

– Scherzare. È un processo accessorio.

– Non mi stupisce che tu la veda cosí. Continuo a preoccuparmi per te ma non mi stupisco.

– Non sopporto quando dici che ti preoccupi per me. Sentiamo: a cosa serve veramente scherzare?

– Di solito a produrre una delle poche cose che ci distingue da tutte le altre specie animali. Cioè ridere.

– Anche fare bungee jumping ci distingue dalle altre specie animali. Eppure non mi sembra cosí... imperdibile.

– Hai ragione.

– Anche fare snowboard.

– Vero.

– Anche guardare Jackass.

– Cos’è Jackass?

– Gente che finisce in televisione perché beve il vomito di qualcun altro. Oppure si fa pungere da centinaia di api. Oppure si fa chiudere in un bagno chimico stracolmo e con una gru rovesciano il bagno con lui dentro a farsi coprire da tutto il liquame e poi esce trionfante a fare vedere che l’operazione è riuscita.

– A quanto pare l’hai guardato bene.

– In effetti l’ho studiato. Anche fare parapendio.

– Fare parapendio ci distingue dagli altri animali ma è anche un modo per imitarli.

– Vedo che stai attento.

– Ti dispiace se vado avanti a leggere tuttosport?

– Ti sono sempre stato antipatico, vero papà?

– Solo da quando hai cominciato a parlare.

– Tu invece non mi sei antipatico.

– Grazie ma ho paura che questo non cambierà i miei sentimenti nei tuoi confronti.

– Prima hai detto che continui a preoccuparti per me. Quindi il tuo è uno stato d’animo costante?

– Quando riesco a non pensare a te no.

– Qual è l’origine vera della tua preoccupazione nei miei confronti?

– Il fatto che non sei normale, figlio mio.

– Quindi essere normali sarebbe la giusta aspirazione? Proprio tu che fai il cantautore, mi parli di normalità? Come se tu la conoscessi la normalità, che cosa ne puoi sapere? Chi scrive e canta canzoni non può essere normale.

– Cosí piccolo e cosí già fregato dalla mitologia.

– Questa è la pura verità. Tu non sei normale e io sono la tua naturale conseguenza.

– Conosci qualche beduino a cui ti possa vendere? Magari anche solo darti in prestito con diritto di riscatto. Perché, a proposito, avrai capito che vorrei finire l’articolo sulla campagna acquisti del torino.

– Comunque non l’ho chiesto io di essere precoce.

– Neanche io e tua madre te l’abbiamo chiesto. Tantomeno te lo abbiamo trasmesso. E poi un conto è essere precoci, un conto è essere come te a cinque anni.

– Un sacco di altri padri sarebbero orgogliosi di me.

– Non ne sarei cosí sicuro.

– È davvero illogico che tu sia in ansia per il mio potenziale. Avrò meravigliosi strumenti interpretativi del mondo.

– Chi ha troppi strumenti per interpretare il mondo di solito sbrocca prima.

– Sono sicuro che non sarà la mia sorte.

– Se mi stai dicendo che sei anche veggente ti caccio di casa.

– No, non sono veggente. Però so che non andrà cosí.

– Senti, se non sei veggente non venirmi a dire cosa succede e cosa non succede. Hai solo cinque anni.

– E comunque sappi che non è vero che non rido.

– Be’, se lo fai, lo fai mooolto dentro.

– Per esempio tutta la cosa del sesso mi fa ridere.

– E allora com’è che chiedi sempre i massaggini a tua madre?

– Quelli non c’entrano.

– Non metterti a fare l’ingenuo con me che non attacca. O sei ingenuo sempre o non lo sei mai.

– Hai appena finito di dire che ho solo cinque anni.

– Non attacca.

– Fare sesso a me sembra stupido.

– Il fare sesso non ha mai avuto particolari ambizioni d’intelligenza.

– Allora?

– Ripassa quando avrai cominciato e mi saprai dire.

– Come mai tu e la mamma vi tradite cosí tanto?

– Non succede poi cosí tanto.

– Dài, papà.

– Succede.

– Sí ma come mai?

– Perché non lo vai a chiedere a tua madre?

– Perché sto parlando con te. Poi siamo dello stesso sesso, forse mi sarà piú facile capire.

– Senti: non lo so. Forse ognuno ha i propri motivi. Non lo so.

– Va bene. Raccontami i tuoi.

– Intanto se vado con qualcun’altra non corro il rischio di mettere al mondo una replica di te. Ecco, per esempio, un buon motivo: il sollievo.

– E poi ti lamenti che non rido. Conosci qualcuno che riderebbe per questa? Dài, raccontami i tuoi motivi.

– Ti ho detto che non li so. La vedi quella montagna? Perché è lí? Perché sí. Il sesso è cosí.

– In realtà ci sono molteplici dati di geofisica a spiegare la presenza di quella montagna.

– Be’, sappi che non c’è nessun dato di geofisica a spiegare il sesso.

– Immagino che anche questa volesse essere una battuta.

– Lo vedi che faccio bene a preoccuparmi per te?

– Mi puoi spiegare almeno un’altra cosa?

– Ti sembra che abbia una qualche scelta?

– Come mai tu e la mamma, che sapete benissimo i tradimenti l’uno dell’altra, continuate a fare quei buffi teatrini per tenere tutto nascosto?

– Ti ho già detto che il sesso non se la sente di interagire a tutti i costi con l’intelligenza.

– Vi amate tu e la mamma?

– Ci prendi in un periodo buono.

– E non fate sesso?

– Ogni tanto.

– E perché non lo fate solo fra voi?

– Ti ricordi l’esempio della montagna?

– Io ti ho detto che la montagna ha i suoi buoni motivi.

– E io ti ho detto che i miei non li so.

– Anche questa è una parte stupida del sesso. Tutto questo non dire. O dire troppo.

– Allora non ti fidi di me. Se non te ne parlo è perché... non… lo... so.

– L’altro giorno mi è venuto in mente che il sesso è un po’ come le canzoni.

– Senti, quoziente d’intelligenza altissimo o no, hai appena fatto un accostamento molto azzardato.

– Dài, lo sai pure tu che anche i geni, i cervelloni, gli intellettuali piú dotati cedono di fronte alle canzoni piú stupide. Anche loro si trovano a canticchiarle senza volerlo.

– È vero ma non basta a tenere in piedi l’accostamento.

– Per me sí.

– Delle canzoni è piú facile farne a meno.

– Ecco finalmente una riflessione interessante. Specie se fatta da uno che con le canzoni ci mangia e mi dovrebbe mantenere.

– Non ti dovrebbe mantenere ma ti mantiene, cocco. Comunque davvero non so come ringraziarti. Mi crivelli di domande, pretendi che apra nuove strade alla filosofia, ho un mal di testa che promette faville, non c’è modo di avere due minuti miei per tuttosport ma alla fine sono riuscito a darti una riflessione interessante. Dici che posso morire contento, ora? Comunque rispetto alle canzoni parlavo per me come ascoltatore. Forse per altri è piú facile fare a meno del sesso.

– Sarebbero casi ancora piú interessanti. C’è qualcosa che mamma non ti concede o che tu non concedi a lei che possa spiegare i vostri tradimenti?

– Non ho nessuna intenzione di farti la cronaca delle nostre intimità.

– Perché non ci scrivi una canzone?

– Perché tu piuttosto non vai un po’ a esplorare il mondo da solo? Non staremo in pena, te lo giuro. Aspetteremo che ritorni sano, salvo e cresciuto fra tredici quindici anni.

– Lo vedi come diventate buffi? Vi rifiutate di parlare davvero di sesso.

– Domani ti porto da quel mio amico che fa le lobotomie.

– Adesso avrei dovuto ridere?

– Avresti dovuto terrorizzarti.

– Perché tu e la mamma mi avete chiamato Massimo?

– Perché era il meno peggio fra i nomi venuti in mente a tua madre.

– Sei sicuro?

– Deve essere andata piú o meno cosí.

– Davvero davvero?

– Cosa c’è? Cosa stai per dire? Cosa c’entra il nome, adesso?

– Il nome c’entra moltissimo. È il canale entro cui si muove una persona. Per alcuni è il destino stesso della persona. Per altri è quantomeno un augurio. Tu e la mamma mi volevate cosí.

– Conosco almeno altri due Massimo la cui imbecillità fa scuola.

– Andiamo, papà, perché non ammetti che corrispondo al tuo progetto?

– Credo che dovresti imparare la meditazione. Interiorizza, interiorizza, figliolo. E poi niente mezze misure, fammi davvero il monaco zen: in silenzio dodici tredici ore al giorno e le altre le dormi. Vedi quanto ti fa bene.

– Chi è che sostiene che faccia bene?

– Qualcuno. Non lo so.

– Quante cose non sai per i tuoi trentatre anni.

– E tu quante ne sai per i tuoi cinque.

– Insomma ti capita di perderla o no?

– Che cosa?

– L’ombra.

– Ce l’ho adesso?

– Perché? Non la vedi?

– Eccola lí la risposta. Non la vedo perché non mi va di farci caso. Non la noto. Se c’è, avrà i suoi buoni motivi. Se non c’è, ne avrà altrettanti.

– Io credo che andrebbe sempre tenuta controllata.

– Tu sei un bambino di cinque anni che non dovrebbe nemmeno averla, l’ombra.

– Guai se fosse cosí.

– Ma perché non giochi mai?

– Vorresti forse chiedermi se ho la morosina all’asilo? se la maestra mi tratta come gli altri? se picchio per un posto sull’altalena? se mi faccio picchiare? se reagisco quando mi picchiano?

– Tu non sai quanto.

– Ti voglio bene, papà.

– Anch’io piccolo. Ora vai pure a sterminare tua madre.