Mac si unì alla squadra che aveva il compito di rintracciare le ultime auto nella lista dei possibili sospettati. L’Impala di un genitore, parcheggiata in un supermercato, era senza un graffio e la copertura in plastica delle frecce appariva vecchia. La Malibu di uno studente, con le ruote bloccate, si trovava dallo sfasciacarrozze a cui era stata venduta, chiaramente fuori uso da mesi.
Per mezzogiorno, era a buon punto del suo elenco. Spuntò l’indirizzo successivo e uscì dall’auto. Si trattava di una casa piccola e vecchia, ma ridipinta di recente. Il garage era separato dall’abitazione, con una finestrella impolverata sulla porta. Fece finta di passeggiare con nonchalance e diede una sbirciatina. Il veicolo parcheggiato all’interno era una Cavalier blu. Non poteva affermarlo con certezza, ma il cofano appariva asimmetrico. Si sollevò in punta di piedi, allungando il collo per vedere meglio.
«Ehi!» gridò qualcuno. «Che cazzo fa?»
Mac si voltò di scatto. Un uomo tarchiato con una barba di due giorni se ne stava fermo sotto il portico della casa e lo fissava. Indossava un paio di jeans e una vecchia T-shirt. Era scalzo. Mac gli andò incontro lentamente, tirando fuori il distintivo dalla tasca.
«Dipartimento di polizia di Minneapolis,» annunciò. «È sua l’auto nel garage?»
«Certo che lo è,» grugnì l’uomo. «A meno che mio figlio non sia tornato a casa con quella di qualcun altro. Perché lo vuole sapere?»
«Potrebbe controllare?» domandò Mac.
«Per quale motivo?»
«È stato denunciato un incidente,» rispose Mac facendo molta attenzione alle parole, «in cui potrebbe essere coinvolta un’auto di uno degli studenti della Roosevelt. Vorrei accertarmi che non sia questa.»
«Mio figlio non mi ha parlato di nessun incidente,» borbottò l’uomo, scendendo gli scalini con riluttanza. «Lo concerò per le feste se me l’ha scassata.»
«Si tratta dell’auto che suo figlio usa normalmente?»
L’uomo annuì. «Quasi sempre. A volte gli danno un passaggio gli amici. Sa, ha appena compiuto diciotto anni. Non va in giro molto spesso.»
«Le dispiacerebbe aprire la porta del garage?» chiese Mac con tono casuale. Non poteva insistere, ma l’uomo, pur borbottando, lo accontentò. Guardò l’auto.
«Sì. È proprio la mia. Non sembra danneggiata.»
«Le dispiace se do un’occhiata davanti?»
L’uomo scrollò le spalle. «È tutta sua.»
Mac si fece strada a fatica tra le scatole impilate accanto alla Cavalier e raggiunse il suo muso. La copertura del fanale anteriore sinistro era rotta, con un piccolo spicchio mancante. Il paraurti anteriore sullo stesso lato presentava una modesta ammaccatura e il parafango destro era anch’esso piegato. Mac esaminò più da vicino, senza toccare nulla. Nella scarsa illuminazione del garage, era impossibile affermare con certezza se il danno fosse recente, ma le sue pulsazioni si impennarono di colpo. Sembrava proprio l’auto giusta.
«Qui davanti c’è un piccolo danno,» disse, uscendo dal garage. «Sa dirmi a quando risale?»
«Non ne ho idea.»
«Signor Peterson,» continuò Mac con urgenza. «Devo far venire qui una squadra per esaminare meglio quest’auto in modo da capire se si tratta di quella coinvolta nell’incidente.»
L’uomo tarchiato sbatté le palpebre, accigliandosi. «Non voglio che Zach finisca nei guai.»
«Se questo non è il veicolo che cerchiamo, suo figlio può stare tranquillo.»
«E se invece lo è?» L’uomo sputò per terra. «L’incidente… è stato qualcosa di serio?»
«Sì.»
«Quanto?»
«Sono rimaste coinvolte delle persone.»
«E il tizio non si è fermato?» chiese Peterson.
«No.»
«Allora non può essere Zach,» asserì il padre. «A volte il mio ragazzo è una spina nel culo, ascolta la musica a palla e non studia molto, ma non lascerebbe mai qualcuno ferito a terra.»
«Forse alla guida c’era un amico o forse si è spaventato.»
«O forse ancora non è stato lui.» L’uomo tossì e sputò di nuovo. «Va bene. Potete controllare la macchina. Ma state prendendo un granchio.»
«La ringrazio.» Mac prese il cellulare e chiamò Oliver. Ci vollero venti minuti prima che arrivasse l’esperta della scientifica, durante i quali Mac rimase a fissare l’auto sforzandosi di non toccarla compromettendo così le prove. La donna si fece strada nel garage, diede un’occhiata ai danni e scattò alcune fotografie. Dopodiché iniziò a raccogliere i campioni.
«Ehi, detective,» chiamò alla fine. «Ho qualcosa per lei.» La donna se ne stava in piedi nella fioca luce del garage tenendo in mano un pezzo di carta, con una piccola macchia di sporco. «Questo proviene dal parafango sinistro,» spiegò. «Guardi. Ho usato il Luminol.» Sotto la luce scura, la striscia si illuminava leggermente.
«Sangue,» commentò Mac.
«Esatto. Poco, ma è già qualcosa. E il danno al gruppo fari è recente, non c’è quasi sporco ai bordi. Dobbiamo rimorchiare l’auto al deposito per esaminarla da cima a fondo, ma è molto probabile che abbiamo fatto centro.»
«Merda,» mormorò Mac. Aveva iniziato a chiedersi se fossero sulla pista giusta, ma quello era decisamente molto di più. Si mise al telefono ancora prima di uscire dal garage. Organizzò lo spostamento del veicolo con un carro attrezzi a pianale, in modo da essere certi di non compromettere le prove. Hanson si trovava nei pressi della scuola e avrebbe prelevato Zach Peterson per l’interrogatorio, facendo il tutto nel modo più discreto possibile nel caso ci fossero state altre persone coinvolte. Il fatto che il ragazzo aveva diciotto anni rendeva la questione molto più semplice. Il padre di Zach era fermo sotto il portico, a controllare i loro movimenti. Mac mantenne l’uomo nel suo raggio visivo per essere certo che non chiamasse il figlio. Ma il signor Peterson si limitava a starsene lì, lievemente ricurvo, a fissarli. Quando Hanson chiamò per avvisarlo di avere il ragazzo, Mac raggiunse il padre.
«Signor Peterson, devo chiederle di venire con me alla centrale,» disse in tono gentile. «Forse c’è una spiegazione per tutto questo. Magari è stato qualcun altro a usare la macchina. Se può dirci dove è stato suo figlio nelle ultime sere, forse potremo scagionarlo.»
«Non so dov’è stato,» rispose l’uomo. «Gliel’ho già detto, mio figlio se ne va quasi sempre in giro per conto suo. Ma non credo proprio che abbia fatto del male a qualcuno.» Assottigliò lo sguardo. «Quanto male si è fatta l’altra persona?»
«È morto un uomo.»
«Merda.» L’uomo si guardò i piedi. «Okay, d’accordo. Mi faccia mettere le scarpe e vengo con lei.»
Mac scortò Peterson padre in una stanza con Johansson, che si prese il compito di interrogarlo in merito ai movimenti suoi e di suo figlio. Mac aveva escluso il coinvolgimento del padre non appena gli aveva dato il permesso di esaminare l’auto. Se avesse saputo qualcosa, si sarebbe rifiutato. Non sembrava per niente il tipo che giocava a fingersi innocente. Tuttavia, avrebbe potuto far luce sulle attività del figlio.
Mac si trovava dietro il falso specchio quando Hanson e Oliver fecero entrare Zach Peterson nella stanza. Il ragazzo era una versione più giovane del padre: ben piazzato, ma con i muscoli al posto del grasso. Era alto più di un metro e ottanta, i capelli scuri dal taglio corto aggressivo e il viso addolcito da una mascella arrotondata e da un velo di acne sulle guance. Appariva confuso e preoccupato. Oliver gli mostrò una sedia.
«Adesso ti leggerò di nuovo i tuoi diritti.» Oliver gli lesse i suoi diritti affinché venisse messo agli atti. «Hai compreso questi diritti così come li ho spiegati?»
«Sì. Credo di sì,» rispose il ragazzo. La sua voce era più profonda di quella del padre. «Volete dirmi che cosa è successo?»
«Ci arriveremo tra un attimo,» gli disse Oliver. «La conversazione verrà registrata in modo che non ci siano incomprensioni in futuro su ciò che è stato detto in questa stanza. D’accordo, Zach?»
«Sì.»
Oliver elencò i nomi dei presenti perché fossero messi agli atti mentre si sedeva di fronte al ragazzo. Hanson si appoggiò invece contro la parete.
«Dunque, Zach,» iniziò Oliver, «puoi dirmi dove ti trovavi lunedì dopo la scuola?»
«Lunedì? Mmm, avevo l’allenamento di football fino alle cinque,» rispose Zach. «Poi sono tornato a casa, in macchina. Sono rimasto quasi sempre in camera mia. Ho studiato e ho anche ascoltato musica con l’iPod.»
«Hai studiato tutta la sera?»
«Sì. Beh, non proprio studiato, sa. Voglio dire, i miei libri erano aperti, ma stavo… sì, insomma, facendo altre cose.»
«Tipo?»
«Tipo leggere l’ultimo numero di Sports Illustrated, stare su Facebook… cose così.»
«Non ti sei mosso dalla tua stanza per tutta la sera?» insistette Oliver, scettico. «Nemmeno per cenare?»
«Mi sono scaldato qualcosa al microonde, credo.»
«A che ora?»
«Non me lo ricordo.» Il ragazzo scrollò le spalle. «È stato sul tardi. Ha importanza?»
«Tuo padre ti ha visto in qualche momento della sera?» domandò Oliver.
«No. Non lo so. Forse.»
«Non sei mai uscito? Nemmeno per fare un salto da qualche parte?»
«No.»
«Hai usato la macchina per andare a casa di un amico o in un negozio?»
«No,» ripeté Zach. «Gliel’ho già detto. Sono rimasto a casa. Non sono mai uscito. Perché mi state facendo tutte queste domande?»
«Perché ci stai mentendo!» tuonò Oliver, sporgendosi verso il viso del ragazzo. «Sei stato fuori per metà della sera, in auto. Ecco perché tuo padre non ti ha visto.»
«Non è vero! Sono rimasto a casa.»
«Stronzate!» esclamò Oliver. «Se ti dicessi che qualcuno ti ha visto? Continueresti a mentirmi?»
«Potrebbe avermi visto mentre tornavo a casa da scuola!» abbaiò Zach, la disperazione nella voce. «Non mi sono più mosso dopo essere tornato a casa. Può chiederlo a mio padre!»
«Mi sembrava di aver capito che non ti avesse visto.»
«Magari invece sì!»
«Dove sei andato?»
«In nessun posto. Non sono andato da nessuna parte!»
«Stai dicendo che i nostri testimoni sono dei bugiardi?» Oliver sbatté la mano sul tavolo. «Credi forse che sia stupido?»
«Ehi,» intervenne Hanson in tono più calmo. «Calmati ora. Forse il ragazzo è uscito solo per un minuto, per qualcosa di cui non vorrebbe parlare. È così, Zach? Sei uscito a prenderti una birra? Non ti arresteremo per un paio di birre.»
«No. Non sono andato da nessuna parte.»
«Okay,» disse Oliver, piano. «Sei rimasto a casa e la tua auto non ha mai lasciato il garage. È questo ciò che stai dicendo?»
«Sì!» insistette Zach.
«Sta mentendo,» mormorò una voce alle spalle di Mac. Mac si voltò e vide Loes. Inarcò un sopracciglio. «Abbiamo fatto tombola con le schegge di plastica,» lo informò il collega, gli occhi fissi verso la stanza degli interrogatori. «È la nostra auto.»
«Allora come spieghi,» chiese Oliver fissando il ragazzo, «che dei frammenti appartenenti alla tua macchina sono stati rinvenuti sulla scena di un incidente lunedì sera?»
Mac vide il ragazzo balzare all’indietro e deglutire nervosamente.
«Non è vero,» mormorò.
«Oh, sì invece.»
«Ero a casa,» disse Zach. «Lo giuro, sono rimasto a casa.»
«Davvero?» Una pausa. Il ragazzo si voltò verso Hanson, in una muta richiesta di aiuto, poi tornò a guardare Oliver. «Dimmi,» esclamò Oliver con fare meditabondo, «cosa pensi dei gay?»
«Cosa?» Zach appariva confuso. «Non sono gay!»
«Certo che non lo sei.» La voce di Hanson alle sue spalle era rassicurante. «Nessuno qui lo sta insinuando. Però là fuori ce ne sono, di questi froci. È disgustoso, vero, quando se ne vanno in giro tenendosi per mano e tutto il resto.»
Mac sapeva che Hanson ci stava solo girando intorno, usando una via traversa per arrivare all’incidente, ma non per questo era meno convincente. Le sue parole si erano conficcate come pezzi di ghiaccio nel petto di Mac. Forse stava solo recitando. O forse Hanson era davvero di quell’opinione.
Non farò mai coming out.
«Credo di sì,» disse il ragazzo. «Non conosco nessun gay. Voglio dire, c’è il professor Hart a scuola. Lo chiamano checca, ma non ha mai fatto nulla di che.»
«E se lo facesse? Stai guidando tranquillamente e poi vedi questi due finocchi che si toccano, in pubblico. Perché non provare a spaventarli, giusto un po’, con la tua macchina?»
«Non saprei,» disse Zach. «Sarebbe una cosa disgustosa, ma… non l’ho mai fatto.»
«Un tuo amico, magari,» suggerì Hanson. «Potresti aver lasciato guidare un tuo amico. Lui l’ha trovata una cosa schifosa e ha pensato bene di spaventarli.»
«Io non…»
«Hai prestato l’auto a qualcuno?» tuonò Oliver, il viso a pochi centimetri da quello dello studente. «Sei andato in giro a spassartela un po’ con un amico? Come ci è finita la tua auto sul luogo dell’incidente?»
«Non lo so!» Il ragazzo si tirò indietro il più possibile, respirando affannosamente. «Forse qualcuno l’ha rubata!»
«E poi te l’ha riportata indietro e l’ha parcheggiata in garage senza andare per errore contro tutta quella merda che tenete lì dentro?»
«Magari è andata proprio così!»
«Stronzate!» ringhiò Oliver. «Nient’altro che stronzate, cazzo.» Si voltò disgustato. «Hanson, arresta questo idiota con l’accusa di omicidio di primo grado. Non abbiamo più bisogno di sentire la sua versione della storia.»
«Omicidio!» rantolò Zach. «No, aspettate! Non ho mai ucciso nessuno. Non potete farlo!»
«Certo che possiamo,» abbaiò Oliver. «La tua auto ha investito due persone e ucciso una di loro lunedì sera. Tu eri al volante. Le tue impronte digitali devono trovarsi ovunque nell’auto. È lampante.» Andò alla porta e mise una mano sulla maniglia.
«Aspettate!» disse ancora il ragazzo. «Forse ho… può essere che l’auto non fosse nel garage lunedì, ma non sono stato io a guidarla!»
«Convincimi,» sbottò Oliver. «Dimmi perché non dovrei sbatterti in una cella e chiudere il caso.»
«Se ve lo dico,» iniziò Zach voltandosi verso Hanson, «dovete promettermi che lui non lo saprà. Nessuno deve sapere che sono stato io a dirvi tutto.»
«Chi non deve saperlo?» domandò Hanson con gentilezza.
«Il tizio a cui ho prestato la macchina,» ammise Zach.
Mac fu sicuro che gli altri avessero tirato un piccolo sospiro di sollievo. Erano vicini. Mancava poco alla verità.
«Chi è?» chiese Oliver con trasporto, sedendosi di nuovo di fronte a Zach. «A chi l’hai data?»
«Dovete promettermelo,» squittì Zach, come se di colpo fosse tornato bambino.
«Niente promesse,» disse Hanson, «ma cercheremo di lasciare fuori il tuo nome da questa storia. Dicci che cosa è successo.»
«È venuto da me e mi ha chiesto se poteva prendere la mia auto per quella sera. Doveva uscire con una ragazza. Il padre lo odia e la sua Mustang si sarebbe sentita a chilometri di distanza. Voleva usare la mia perché è silenziosa e il padre della ragazza non si sarebbe accorto che era lui.»
«Il nome,» ripeté Oliver.
«Brad Parker.»
Nella stanza buia dietro il vetro, Loes disse a Mac: «Ci penso io. Ti porto tutto ciò che riesco a trovare su Parker nel computer.» Mac ringraziò il collega con un cenno del capo mentre lasciava la stanza per mettersi alla ricerca dei dettagli su Parker.
«Chi è Brad Parker?» domandò Hanson.
«Il running back della squadra di football. È bravo, davvero forte.»
«Siete amici?»
«Non proprio. Io sono all’ultimo anno e lui al terzo. Se ne va in giro con altra gente, ma facciamo parte della stessa squadra. Perciò non ho problemi a prestargli la macchina. In ogni caso, mi ha promesso che…» Zach si ammutolì di colpo.
«Cosa?» volle sapere Hanson. «Ti ha pagato?»
«Non proprio. Non si trattava di soldi.» Zach esitò. «Ha detto che mi avrebbe procurato qualcosa. In ogni caso, non l’ha fatto, quindi non ha importanza.»
Oliver lanciò un’occhiata a Hanson. Decisero di lasciar correre, per il momento. «Riepilogando, ha preso in prestito la tua auto lunedì pomeriggio?»
«Sì. Siamo andati a casa mia. Ha lasciato la sua sulla strada e se ne è andato via con la mia.»
«Che ore erano?»
«Le cinque, cinque e mezzo. Dopodiché sono rimasto sempre a casa, nella mia stanza, proprio come vi ho detto.»
«A che ora te l’ha riportata?»
«Beh, in verità non l’ha fatto.»
Oliver si raddrizzò. «In che senso?»
«È arrivato alle undici circa, con un taxi. Ha detto di aver investito un cervo mentre era in giro con la sua ragazza, ma che non dovevo preoccuparmi perché avrebbe riparato il danno.»
«Ma poi non l’ha fatto?»
«Ecco…» ammise Zach. «È stata una decisione mia. Sulle prime ho avuto paura, perché mio padre mi avrebbe ucciso se l’auto era conciata male. Ma Brad ha detto che non era nulla di che, solo un paio di ammaccature. Mi ha proposto di portarla da un tizio che ci sapeva fare con le macchine, in modo da sistemarla e riverniciarla. Gli ho detto che non era necessario se la guida non era compromessa, visto che è un catorcio. Ma Brad ha insistito. La mattina dopo però ci ho pensato su. Il denaro è più utile di un’auto in buone condizioni. Sono andato sul presto a parlare con il tizio che doveva ripararla e gli ho proposto di dividere i soldi che Brad gli avrebbe dato per la riparazione. Poteva tenerne metà senza riparare un bel niente, se mi dava l’altra. All’inizio ha rifiutato, ma quando gli ho dimostrato che quella era davvero la mia macchina, ha accettato.»
«Quanto hai guadagnato?»
«Seicento dollari. Brad ha un sacco di soldi, sa. Suo padre lo riempie sempre di contanti. Non sarebbe stato un problema per lui. Aveva pagato per riverniciarla da cima a fondo. Il tizio non aveva ancora iniziato a lavorarci, quindi me la sono riportata a casa.»
Oliver spostò lo sguardo verso lo specchio, quasi incontrando gli occhi di Mac. Lui sapeva che stavano entrambi pensando alla stessa cosa: c’era mancato davvero poco e le loro prove sarebbero state per sempre seppellite sotto una nuova mano di vernice. Grazie al cielo, Dio aveva creato l’avarizia. In più di un caso, aveva tolto Mac dagli impicci.
«Ma oggi non hai usato l’auto per andare a scuola,» puntualizzò Hanson.
«Beh, no,» disse Zach. «Brad si è offerto di venirmi a prendere con la sua Mustang per un paio di giorni e di lasciarmela guidare. In ogni caso…» Esitò. «Brad è un tipo strano. Voglio dire, a volte si incavola per cose da nulla. Non credo che se la prenderebbe per il denaro se notasse che la mia macchina non è stata riparata, ma non si può mai sapere. Perciò ho pensato fosse meglio non guidarla fino a quando Brad non si fosse dimenticato di questa storia. Mai farlo incazzare.»
«Perché?» chiese Oliver. «Che cosa potrebbe fare?»
«È subdolo. Non prenderebbe mai qualcuno a pugni in pubblico, soprattutto uno della sua stessa stazza, ma è il tipo che si vendica. Prendete l’anno scorso. C’era un ragazzo che ci aveva provato con la tipa di Brad. E, guarda caso, un giorno dal suo zaino è caduta una siringa di steroidi, proprio di fronte a un professore. Hanno trovato altri farmaci illegali nel suo zaino. Il ragazzo è stato arrestato e buttato fuori a calci dalla squadra.»
«E credi che sia stato Brad?»
«Oh, sì. Perché ha detto certe cose e poi…» Tutto d’un tratto serrò le labbra, stringendo forte.
«E poi cosa?»
«Niente.»
«Avanti, Zach,» insistette Hanson. «Ci hai detto quasi tutto. Non puoi fermarti ora.»
«Non è il caso di far arrabbiare Brad.»
«Fa uso di steroidi?» domandò Oliver. «È per questo che ti fa paura?»
«Probabilmente,» convenne Zach. «Diavolo, metà squadra li prende.»
«Ma non sei sicuro al cento per cento su Brad.»
«Già, credo.»
«Ma non stiamo parlando di questo.» Oliver si ammutolì, inarcando un sopracciglio. Poi continuò: «Sei sicuro che sia stato lui perché poteva permettersi di comprare una quantità sufficiente di farmaci illegali da incastrare qualcuno.»
«Forse.»
«Perché li vende?»
«Non l’ho detto!» proruppe Zach. «Non mi avete mai sentito dire una cosa del genere.»
«Ma è la verità.»
Zach continuava a tenere la bocca ben chiusa, scuotendo la testa.
«Avanti,» disse Hanson piano. «Ci hai detto che era alla guida di un’auto che ha ucciso un uomo e ferito il signor Hart. Lo spaccio di farmaci non è niente al confronto.»
La testa di Zach scattò verso l’alto. «Ha investito il professor Hart? Non lo avevate detto… ecco perché martedì era ridotto a uno schifo.»
«Esatto.»
«Cazzo,» bofonchiò Zach. «Cazzo, non è giusto. Perché mai lo avrebbe fatto?»
«Lo spaccio di steroidi, Zach?»
«Sì. È Brad. Almeno, in giro si dice che lui possa procurarti tutto ciò di cui hai bisogno. Io non uso quella merda. Ho già fin troppa acne e non sono poi un gran giocatore. Pomparmi non mi aiuterebbe un granché. Ma se vuoi farlo, dicono che è da Brad che devi andare.» Spostò lo sguardo su Hanson. «Ha davvero ucciso un uomo?»
«Sì.»
«‘Fanculo.» Zach sospirò. «Sono nei guai?»
«No, se firmi una dichiarazione in cui ripeti tutto ciò che ci hai appena detto.»
«Ma mi ammazzerà!»
«Credimi,» sentenziò Oliver con tono più che convincente, «Brad Parker avrà problemi molto più grossi che preoccuparsi di te.»
«Okay.» Zach si nascose il viso tra le mani. «Va bene, firmerò tutto ciò che volete.»
«Stamperemo la dichiarazione e te la porteremo appena è pronta,» lo informò Hanson. «Ci vorrà un po’.» Mac sapeva che avrebbero perso più tempo possibile affinché Zach non ci ripensasse e mettesse mano al telefono per avvisare Brad. «Vuoi bere qualcosa? Una Coca, magari?»
«Certo, sì.»
«Tuo padre è qui,» aggiunse Hanson. «Vuoi che aspetti qui con te?»
«Cazzo,» esclamò Zach, il viso sempre coperto dalle mani. «Mi ucciderà anche lui.»
«No,» lo rassicurò Hanson. «Gli diremo che sei soltanto un testimone in un caso molto importante. Era preoccupato.»
Dopo un attimo, Zach annuì. «Sì, non è una cattiva idea.»
I detective lasciarono la stanza. Poco dopo Oliver raggiunse Mac dietro lo specchio. «Hai sentito?» Oliver era eccitato. «Sei pronto ad arrestare finalmente qualcuno in questo caso del cazzo?»
«È da una settimana che sono pronto,» rispose Mac. «Ma non abbiamo ancora nulla per collegare Parker a Westin.»
«L’avremo presto,» disse Oliver. «Scommetto che, quando avremo le impronte, troveremo una corrispondenza con la busta contenente l’ossicodone rinvenuta nella cattedra di Westin. Cercheremo le sue impronte e il suo DNA nella Cavalier, per andare sul sicuro. Se non altro possiamo arrestarlo per l’omicidio di Landis.»
«Speriamo,» convenne Mac. «Se non troviamo prove fisiche, si baserà tutto sulla sola testimonianza di Peterson. Ma anche con più prove, un buon avvocato potrebbe ridurre la pena a omicidio con omissione di soccorso, a meno che non riusciamo a dimostrare che stava minacciando Hart.»
«Facciamoci dare un mandato per la sua casa, l’auto e l’armadietto,» decise Oliver. «È probabile che non troveremo solo l’ossicodone. Potremmo trovare la carta con cui ha scritto le lettere minatorie, forse è stato così stupido da salvare il testo sul computer. Una volta che sappiamo chi è il nostro uomo, troveremo le prove.»
«Fa parte della squadra di football,» disse Mac. «Oggi pomeriggio hanno allenamento fino alle cinque. Abbiamo un po’ di tempo prima che sparisca dalla circolazione.»
«Non sparirà,» lo rassicurò Oliver. «Metterò un paio di uomini a controllare la scuola e la sua macchina. Brad Parker non andrà da nessuna parte.»