I lunedì erano sempre frenetici a scuola. Gli studenti erano animati da quello strano mix fatto di energia da inizio settimana e quel leggero stato confusionale dovuto all’essersi svegliati molto prima rispetto al giorno precedente. Tony tenne la sua lezione, si mostrò comprensivo con alcuni e tagliò corto con i commenti inappropriati di altri con la naturalità che derivava dall’esperienza, sebbene la sua mente fosse altrove. Attese fino alla prima pausa per chiamare MacLean. Sentire quella voce familiare all’altro capo del telefono ebbe su di lui un effetto rassicurante.

«Ehi, Mac,» esordì, «sono Tony.»

«Cosa posso fare per te?» La voce appariva cauta e Tony si domandò che cosa si aspettasse MacLean.

«Ho pensato che dovessi saperlo. Mi hanno mandato un’altra lettera d’amore.»

«Merda!» fu la secca risposta, in un tono completamente diverso. «Come l’altra volta?»

«Stesso stile,» disse Tony, tenendo d’occhio gli studenti della seconda ora che iniziavano a entrare in aula. «Contenuto un po’ diverso. La tengo al sicuro per te.»

«Arrivo subito.»

«Vieni a pranzo,» suggerì Tony. «Il mio pranzo, cioè alle dieci e mezzo. Ci sarà meno gente.»

«Va bene.» Mac esitò, poi aggiunse: «Fai attenzione e tieni gli occhi aperti, okay?»

«Come sempre,» ribatté Tony prima di chiudere il telefono. Era bello sapere che qualcuno era preoccupato per lui. Paradossalmente, lo faceva stare meglio.

Mac si presentò alla porta dell’aula in ritardo. Tony era da solo con il suo sandwich e alzò di colpo lo sguardo quando il detective entrò e si chiuse la porta alle spalle.

«Ehi,» lo salutò. «Vuoi un sandwich? Ne ho presi due.»

Mac ignorò i suoi sforzi di comportarsi come se niente fosse. «Dov’è?»

«Qui.» Tony aprì il cassetto della cattedra ed estrasse una busta. «L’ho presa da un angolo, usando un fazzoletto. Non l’ho toccata.»

«Hai fatto bene.» Mac annuì in approvazione, aprì la busta e, facendo molta attenzione, appoggiò il foglio sulla cattedra. Lo osservarono entrambi. Stesso tipo di carattere e di carta. Quella volta c’era scritto “Stanne fuori, se non vuoi che ti schiacci”.

Mac si avvicinò per scrutare meglio una macchia sulla pagina. «Quello è…»

«Un ragno,» confermò Tony. «O almeno lo era.»

«A questo tizio piacciono gli effetti speciali,» commentò Mac asciutto.

«Lo definirei… infantile, non ti sembra?»

«Da dilettanti, in ogni caso,» convenne Mac. «Darti un secondo avvertimento. Ci sono alcuni adulti con uno scarso senso dell’umorismo ma, sì, mi fa pensare sempre di più che si tratti di uno studente.»

«Potrebbe non avere niente a che fare con l’omicidio? Essere semplicemente uno studente che vuole prenderci in giro solo per il gusto di vederci girare a vuoto?»

«È possibile. E sarebbe una buona cosa, nel senso che non costituirebbe una vera minaccia, ma anche cattiva perché, onestamente, i tuoi bigliettini sono i migliori indizi che abbiamo finora. Le altre piste si sono tutte raffreddate.» Rimise la lettera nella busta senza toccarla. «Lo farò controllare. Magari ha lasciato un’impronta sul ragno.»

«E io intanto che cosa faccio?» domandò Tony.

«Potresti sparire a Las Vegas per una settimana,» suggerì Mac. Per un attimo i suoi occhi scuri furono animati da quella stessa intensità che aveva già sorpreso Tony in passato. Poi l’uomo scosse la testa. «Prima di tutto, dimmi quando e dove lo hai trovato.»

«Era sul pavimento quando ho aperto la porta stamattina. Probabilmente lo hanno infilato da sotto, in un momento qualsiasi tra le cinque del pomeriggio di venerdì e le sette e venti di stamattina.»

«Sei rimasto fino alle cinque venerdì?» chiese Mac.

«No,» ammise Tony. «Io… ecco… mi sono portato il lavoro a casa questa volta. Ma Pete Ng pulisce i pavimenti il venerdì, partendo da questo piano. In genere qui finisce verso le diciassette. Se avesse visto la busta, l’avrebbe sicuramente raccolta e messa sulla cattedra.»

«Direi che è stata proprio una buona cosa che tu non fossi qui,» suggerì Mac.

Lo stomaco di Tony si contorse per un attimo. «Nel senso che era venuto per farmi fuori ma, non trovandomi, ha lasciato il biglietto? Però,» aggiunse, «probabilmente aveva preparato questa cosa in anticipo. Credo si trattasse solo di un altro avvertimento.»

«Ho bisogno di sapere con chi hai parlato e cosa vi siete detti. Tutto ciò che riesci a ricordare,» spiegò Mac. «Scrivilo. Voglio l’elenco completo.»

«Proprio tutti?» chiese Tony. «Perché ho parlato con tutti i miei studenti, l’altra settimana.»

«Scrivi il corso e l’ora di ciascuno. Mi interessano soprattutto le persone che hai cercato deliberatamente. Devi aver spaventato qualcuno.»

«O magari crede ancora che l’abbia visto in faccia, anche se ho detto a tutti che non è così.»

«Forse,» convenne Mac. «Definisci tutti. Mi hai parlato della Pinski.»

«Ho parlato anche con Anne Percival. Era una dei sostenitori di Westin, una signora simpatica ma non una grande osservatrice. Non credo che sappia qualcosa di interessante. Ho trascorso molto tempo con Nina Chu, una studentessa dell’ultimo anno. È anche redattrice e giornalista di punta del giornale scolastico. Ha scritto un articolo sulla morte di Westin, e anche il suo necrologio, per il numero di venerdì scorso.»

«Hai una copia del giornale?»

Tony frugò nella cattedra e ne tirò fuori una. «Tieni. Nina ha intervistato anche altre persone, ma nell’articolo fa il mio nome. Forse varrebbe la pena parlare con lei. È una giornalista in gamba, ma anche una studentessa. Potrebbe sapere cose che io non so. Ma ti avviso: si batte come una tigre per i diritti e l’indipendenza della stampa. Non rivelerà le sue fonti.»

«Sai dove posso trovarla?»

«Devi chiedere il suo orario in segreteria. Puoi provare anche nell’aula di informatica, dove eravamo quella sera. Lavora lì quando ha il turno di studio.»

«Okay,» disse Mac, «qualcun altro?»

«Bill Thomas. La sua aula è accanto a quella di Westin. Ha detto di avergli parlato brevemente mentre stava andando via, quella sera, e di aver pensato che Westin stesse aspettando qualcuno, ma non ha la più pallida idea di chi fosse. Forse un genitore perché Brian si era allacciato la giacca e si stava pettinando i capelli.»

«Ti ha detto a che ora è successo?» chiese Mac. Tony non seppe dire se Mac fosse già a conoscenza di quell’informazione oppure no.

«Attorno alle sei, credo.»

«Vedrò di saperne di più. Pensi che Westin si sarebbe pettinato e messo in ordine per uno studente?»

«Non credo proprio,» convenne Tony.

«Scrivimi quell’elenco,» ripeté Mac. «Torno a prenderlo tra un quarto d’ora. Vuoi chiudere di nuovo la porta a chiave?»

«No,» rispose Tony, sorpreso dalla domanda, ma poi fece marcia indietro. «Forse, intanto che metto giù queste informazioni scottanti.» Si mise al lavoro appena Mac uscì, l’appetito scomparso del tutto. Chi aveva detto cosa, esattamente? Gli era sembrato tutto così banale e privo di utilità, o almeno era ciò che aveva pensato allora. Tutto d’un tratto si sentì terribilmente stanco dell’intera faccenda.

Quindici minuti più tardi, bussarono alla porta. L’aprì, con i fogli in mano, e si trovò di fronte uno studente. Mac era in fondo al corridoio e stava arrivando.

«Dammi solo un momento, Brad,» disse al ragazzo. Poi allungò una mano verso Mac e gli diede gli appunti. «Ecco qui, detective MacLean,» disse, scandendo bene le parole. «Tutto ciò che ricordo.» Voleva che fosse chiaro di aver informato la polizia di ogni cosa. Forse, in quel modo, continuare a minacciarlo non avrebbe più avuto molto senso.

Mac inarcò un sopracciglio, ma prese ugualmente i fogli. «La ringrazio, signor Hart.» Esitò per un attimo, quindi aggiunse: «Che cosa fa stasera?»

Tony sgranò gli occhi per un secondo, ma poi declassò l’invito che la sua mente avrebbe tanto voluto ricevere alla semplice domanda che il poliziotto gli stava ponendo. «Non mi fermerò a lavorare fino a tardi. Forse uscirò con un amico, a bere una birra o a guardare un film.»

Mac annuì. «Bene, cerchi di non andare da nessuna parte da solo fino a quando non risolviamo questa storia. Okay?»

«Farò attenzione,» acconsentì Tony. «Mi farà sapere se salta fuori qualcosa?»

«Certamente.»

Tony osservò l’uomo incamminarsi lungo il corridoio, il fisico più massiccio di quello degli studenti che superò zigzagando, sebbene alcuni dei ragazzi avessero la sua stessa corporatura. All’improvviso, Tony si ricordò dello studente di fronte a lui. «Scusami, Brad,» disse. «Cosa posso fare per te?»

 

***

 

Tony fu contento di aver detto sì a Marty quando lo aveva assillato per farlo uscire di casa. Era ancora dell’idea che quelle stupide lettere minatorie non costituissero un pericolo reale, tuttavia… Tuttavia Mac le aveva prese sul serio. Così sul serio da aver cercato la presenza di impronte digitali ed esaminato la carta e… No. Tony aveva bisogno di una serata di svago con Marty. Una serata nel mondo reale dove la parola “disastro” significava incontrare il tuo ex quando uscivi con il tuo nuovo ragazzo e l’unico vero motivo per schiacciare un ragno era perché strisciava sulla tua scarpa.

Marty non gli avrebbe permesso di rimuginare. Lo aveva ascoltato piagnucolare per circa cinque minuti prima di prescrivergli luci brillanti, alcol e un bel film sdolcinato. Per il momento si erano procurati solo l’alcol, il resto era ancora tutto da definire. Tony prese un piccolo sorso della sua birra e sorrise all’amico.

Quando Marty era nei paraggi, annoiarsi era impossibile. Viveva ogni minuto sempre al massimo. Amava dire che, se valeva la pena fare qualcosa, andava fatta esagerando. Marty stava bevendo un drink di cui Tony non aveva mai nemmeno sentito parlare e che sembrava avere tre strati diversi di ingredienti. I suoi occhi scintillavano e i capelli biondi catturavano la luce.

«Raccontamelo di nuovo,» lo esortò Marty, «di come quel bel fusto dello sbirro è corso da te quando hai trovato il biglietto.»

«Non è venuto di corsa,» protestò Tony. «È venuto a dare un’occhiata quando ne ha avuto la possibilità.»

«E ha dato un’occhiata anche a te?»

«Gesù, Marty, quale parte di vedovo etero non capisci?»

«Okay, ma lui ti piace.» Marty si avvicinò. «So che ti piace. Quando parli di questo tizio, hai uno sguardo particolare. E accetti di guardare film sdolcinati solo quando sei innamorato.»

«Non sono innamorato.» Tony prese un altro piccolo sorso. Marty lo guardò dubbioso. «Va bene, mi piace. È intelligente, è un bravo papà, ha questa… gentilezza così profonda che non mi sarei mai aspettato di trovare in un poliziotto.»

Marty leccò una goccia di liquore dal lato del bicchiere e si passò la lingua sulle labbra. «Ed è sexy.»

«Già, hai ragione, è sexy,» ammise Tony. «Ed è proprio il mio tipo. Se solo mi incoraggiasse minimamente, gli salterei addosso all’istante. Ma non ci pensa per niente. Cerca a malapena i miei occhi, nemmeno mi tocca. Non è interessato.»

«Forse è solo timido,» suggerì Marty. Si scostò un ciuffo di capelli dagli occhi.

Tony si strozzò con la birra. «È molte cose, ma di sicuro non è timido. C’è un motivo per cui stai flirtando con me?»

«Non con te, tesoro. Abbiamo concordato di non provarci l’uno con l’altro. Ma c’è un bel ragazzo alto seduto proprio dietro di te che continua a fissarmi.»

«Davvero?» Tony si spostò, cercando di vedere quell’uomo nello specchio del bar. «Vuoi che me ne vada?»

«Ti chiederei mai di farlo?» Marty gli mise una mano sul braccio. «Il mondo pullula di ragazzi carini. Il mio migliore amico ha bisogno di essere tirato su di morale solo ogni… quanto? Ogni giorno negli ultimi quattro mesi?»

«Non sono stato così depresso,» protestò lui.

«No, hai ragione.» Marty lanciò uno sguardo oltre le sue spalle e usò il suo bicchiere per un’altra manovra orale che con ogni probabilità poteva essere definita come atto osceno in luogo pubblico.

Tony inarcò un sopracciglio. «Ti ha notato?»

L’amico gli rivolse un sorrisetto radioso. «Quando voglio essere notato, vengo notato.»

Verissimo. A volte veniva notato anche fin troppo.

«Merda.» Marty si raddrizzò e smise di colpo di flirtare. «È appena arrivato il suo ragazzo tutto muscoli, e pare che mi abbia notato anche lui.» Sospirò. «Come si dice, i migliori sono già impegnati. Oppure sono etero.»

«Già.» Tony finì la sua birra.

Marty brindò alla sua salute e fece fuori quel miscuglio alcolico che c’era nel suo bicchiere. «Parlando sul serio, Tony, nonostante tutto il casino che sta succedendo, sembri stare bene. È bello vedere che finalmente hai voltato pagina, dopo Luke. Eri tutto in bianco e nero, come il Kansas. È tempo di tornare a Oz e di goderti la vita a colori.»

«Qualche altro cliché?»

«Cosa vuoi, mi adeguo al nostro patrimonio culturale!» Marty chiese un secondo giro. «Quindi, se il poliziotto è una causa persa in partenza, questo weekend potremmo andare in giro a rimorchiare un po’. Che ne dici? Un bel ragazzone tutto muscoli è quello che ci vuole per farti rientrare nel gioco.»

«No grazie,» rispose rapido Tony. Solo perché era interessato a Mac non significava che era pronto per uscire con qualcuno. Mac era diverso, Mac era sicuro. Era parte della vita vera, non di una realtà artificiale finalizzata solo alle scopate in cui… Alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Marty.

L’espressione dell’amico si addolcì. «Sei proprio cotto, vero?»

Era così? Pensava spesso a Mac, nei momenti più assurdi. In auto, ad esempio, o mentre saliva le scale. Persino nella doccia. Aveva anche immaginato come sarebbe potuto essere se Mac avesse ricambiato improvvisamente il suo interesse. Sentirsi addosso quelle mani grandi, quella bocca, lo sguardo di quegli occhi, sentire la voce profonda di Mac rimanere senza fiato… «Cazzo, sì. Mi piace.»

Marty si scolò il suo bicchiere. «Avanti. Andiamo al cinema. Crogioliamoci un po’ nei problemi sentimentali di qualcun altro. Ci farà bene.»

«Senz’altro.»

Mentre uscivano dal bar, Tony diede una sbirciatina all’oggetto del flirtare di Marty. Sì, niente male. Alto, capelli scuri, una sorta di Tom Hanks in versione giovanile. Meritava decisamente un’occhiata. Il suo muscoloso boyfriend era senza dubbio della stessa opinione. Quando gli passarono accanto, Marty ricevette invece uno sguardo glaciale. Tony ridacchiò.

Fuori l’aria era pungente. L’oscurità portava il freddo con sé e si stava alzando una leggera brezza. Tony rabbrividì mentre si allontanavano dal locale, come se qualcuno gli avesse accarezzato il collo con dita gelide. Come se qualcuno lo stesse fissando. Si guardò attorno.

Non vide nulla di insolito. Un paio di coppie sottobraccio. Passanti solitari che acceleravano il passo nell’aria fresca. Un gruppo di ragazzi oltre la strada, chiassosi e un po’ brilli, si urtarono l’uno con l’altro, ridendo forte. Davvero nulla di insolito.

«Andiamo a piedi o in auto?» chiese a Marty.

«In auto. Sta iniziando a fare freddo. Hai bevuto una sola birra, giusto?»

«Okay.» Non c’era motivo di sentirsi così a disagio. Non doveva permettere che tutta quella situazione lo facesse diventare paranoico. Seguì Marty verso il punto in cui avevano parcheggiato, lungo LaSalle, rimanendo un po’ indietro. Un’auto passò lungo la corsia opposta. Alle loro spalle si udì il rumore di un altro motore che veniva messo in moto. L’auto si mosse, ma frenò subito per lasciar passare un pick-up o un veicolo simile.

«Sbrigati.» Marty scese dal marciapiede.

Tony lo seguì. Dietro di loro, il motore al minimo ruggì all’improvviso. Tony si fermò e si voltò. Un paio di fari accecò entrambi, aumentando la velocità. Tutto d’un tratto, capì quello stava per succedere.

Marty era lì, fermo in mezzo a quella dannata strada, e lo stava aspettando. Lo guardava, con quel suo sorriso lievemente alticcio. Tony spalancò la bocca per urlare, per dirgli di spostarsi da lì, rendendosi subito conto che ormai era troppo tardi per entrambe le cose. Non credevo di essere davvero in pericolo, e quindi non ho messo in guardia Marty. Quel dolore fece più male dell’impatto che lo investì.

 

***

 

Mac rivolse uno sguardo minaccioso allo schermo del computer sulla scrivania. Dell’elenco delle cose che preferiva, i rapporti occupavano gli ultimi posti, soprattutto quando dovevano essere letti da Severs. Con quelli molto lunghi, se non altro, poteva seppellire alcune cose nel mezzo giacché il capitano si limitava in genere a dare un’occhiata all’inizio e alla fine. Il suo ultimo caso era stato facile da risolvere, ma tutt’altro che divertente; violenza domestica in cui entrambi i coniugi avevano usato il coltello. La moglie era stata più precisa, o forse solo meno ubriaca. Si trovava in ospedale al momento. Il marito, invece, all’obitorio.

Mac aveva lasciato i bambini da un vicino in attesa dell’arrivo del parente più prossimo, invece di chiamare i servizi sociali. Avevano già subito fin troppi traumi. Ma quella non era la normale procedura e lui non era dell’umore giusto per una ramanzina. Diede gli ultimi ritocchi alla relazione e la inviò.

Alla scrivania accanto, Mark Loes ricevette una chiamata, quindi indossò la giaccia e fece un segno al suo partner. «Dobbiamo andare, Bill,» disse. Poi si voltò verso Mac. «Ehi, nel tuo caso della scuola non c’è mica coinvolto un tizio di nome Hart?»

«Sì. Perché?»

«Abbiamo appena ricevuto una chiamata per un incidente con omissione di soccorso,» spiegò Loes. «All’incrocio tra LaSalle e Fifteenth. Due uomini. Uno deceduto, l’altro mandato all’Hennepin County Med Center. Dai documenti si tratta di Martin Landis e Anthony Hart.»

«Chi è la vittima?» chiese Mac, un improvviso fragore che gli rimbombava nelle orecchie.

«Non lo so,» rispose Loes con tranquillità.

Mac spinse indietro la sedia bruscamente. «Vi secca se vengo con voi a scoprirlo?» propose, sorpreso dalla calma nella propria voce, come se quelle parole fossero state dette da qualcun altro. «Il nostro uomo ha ricevuto una minaccia di morte. L’incidente potrebbe essere correlato.»

«Certo che no, accomodati pure. Se lo è, puoi prenderti il caso. Io ne ho altri due aperti.»

In qualche modo, Mac si ritrovò a guidare per le strade della città, la sua auto che seguiva quella senza contrassegni guidata da Loes e dal suo partner. Dal panorama che scorreva fuori dal finestrino, erano a metà strada. Mac non riusciva nemmeno a ricordare di essere salito in macchina. Era buio e la città si muoveva davanti a lui come un film proiettato sullo schermo. Luci che abbagliavano e movimenti tremolanti, il tutto curiosamente privo di suoni.

Non ricordava l’aspetto di Landis, solo l’immagine di una chioma bionda rischiarata dalle lampade del bar e una voce morbida. Twinkite. L’aspetto di Tony, invece, non l’avrebbe mai dimenticato.

Ce l’aveva quasi fatta. A scuola, aveva quasi chiesto a Tony di uscire con lui quella sera, per una birra e quattro chiacchiere. Mai in vita sua aveva trovato qualcuno con cui poter parlare in quel modo, spontaneamente, senza dover controllare le parole. Avrebbe potuto essere una semplice uscita tra uomini. Ma quello studente si era messo in mezzo. Non mentire a te stesso. Ti saresti tirato indietro in ogni caso.

Ma se avesse trovato il coraggio, Tony sarebbe stato assieme a lui. Oppure al sicuro nel suo appartamento in attesa del suo arrivo. Non spiaccicato sull’asfalto in una via del centro. Se si trattava di Tony…

Sarebbe stata così dura per Ben. Aveva già perduto un padre, senza nemmeno avere avuto la gioia di conoscerlo. Perderne un secondo sarebbe stato ancora peggio. Sarebbe andato da Sandy, si sarebbe preso cura di Ben.

Era colpa sua. Aveva visto le lettere minatorie, le aveva prese sul serio, ma non abbastanza. Non avrebbe mai detto che…

Tony gli aveva promesso di stare attento. Aveva promesso. Non era rimasto da solo, eppure era accaduto lo stesso. Diavolo, perché non ho fatto più attenzione!

Poteva essere una coincidenza. Le cose a volte capitavano e basta. Tutte comode stronzate! Tony aveva ricevuto una lettera minatoria e poche ore dopo era morto. Quella non era una coincidenza.

Ma cosa aveva fatto Tony in quelle ore per spingere l’assassino dalle minacce alle vie di fatto? A quel punto, la mente di Mac si bloccò perché esisteva una sola, possibile risposta. Ha parlato con te. Ti ha chiamato e ti ha consegnato ciò che aveva ricevuto. Ti ha messo in mezzo e per questo è stato ucciso. Lo stomaco di Mac si agitò; un misto di acido e dolore. Provò l’impulso di vomitare, ma fu più forte quello di continuare a guidare. Doveva sapere.

La scena dell’incidente era già stata delimitata con il nastro giallo. Un paio di autopattuglie erano di guardia ai lavori e fornivano l’illuminazione necessaria. La strana combinazione di luci e ombre profonde ricordava un set cinematografico. Mac trovò un punto in cui parcheggiare e sistemò il contrassegno ufficiale sul cruscotto. Una piccola folla si era radunata all’esterno delle barriere. Le conversazioni gli giunsero all’orecchio in un mormorio indistinguibile mentre si faceva strada esibendo il tesserino all’agente in servizio.

«Ehi, Mac,» lo chiamò Loes, accucciato accanto al cadavere. «Vieni a vedere se puoi confermare l’identità di questo tizio.»

Mac si avvicinò lentamente. Il corpo disteso sull’asfalto indossava jeans e scarpe da ginnastica. Una di queste doveva essere venuta via nell’impatto, mostrando un piede sottile e nudo, circondato da sangue che, sotto quelle luci artificiali, appariva di un nero lucido. Le ombre mascheravano la testa. I capelli sembravano scuri.

Si costrinse a non fermarsi e si accovacciò per esaminare quel viso. Lo conosceva.

«È Marty,» disse. «Martin Landis.» I capelli erano scuriti dal sangue, alcuni ciuffi biondi che fuggivano da un lato. La faccia era pressoché intatta. Gli occhi di Marty erano aperti. Non appariva spaventato, solo sorpreso. «Non è Tony,» ripeté Mac.

«Lo conosci abbastanza bene da confermarne il nome?» chiese Loes.

«No. L’ho incontrato una volta sola.» Mac si alzò. «Hart dev’essere all’ospedale. Ci vado subito. Controllo le sue condizioni e mi faccio rilasciare una deposizione.» Si guardò intorno. «Sai chi ha fatto la telefonata?»

Loes indicò un uomo. «Turner. La scena è sua.»

 

 

Mac guidò fino all’ospedale con la sirena e i lampeggianti accesi. Nessuno sulla scena del crimine aveva saputo dirgli quanto fossero gravi le condizioni di Tony. Turner gli aveva detto che non era cosciente, che era stato portato via in barella e che gli avevano messo il collare. Potevano essere solo misure precauzionali e non significare nulla. Sulla strada aveva visto una grande macchia di sangue nel punto in cui Tony era stato colpito. Anche quel dettaglio poteva non significare nulla. Alcune piccole ferite potevano sanguinare molto. Mac tenne la sirena accesa fino al parcheggio.

Il pronto soccorso dell’Hennepin County Med era affollato, ma non caotico. Mac attese il suo turno al triage con i denti affondati nella lingua, dietro un uomo che lamentava dolori al torace e che venne subito fatto passare nell’area di trattamento. Poi la receptionist si rivolse a Mac.

«Come posso aiutarla?»

Le mostrò il distintivo. «Sono il detective MacLean,» esordì. «Mezz’ora fa avete ricevuto un’emergenza per un incidente stradale con omissione di soccorso. Il nome della vittima era… è Anthony Hart. Ho bisogno di sapere le sue condizioni e parlare con lui, se è possibile.»

«Hart,» ripeté la donna, digitando sulla tastiera del computer. «Sì. È arrivato alle venti e quarantatré. È in radiologia ora. Credo gli stiano facendo una TAC.» Alzò gli occhi verso Mac. «Non sono autorizzata a rilasciare informazioni sulle sue condizioni, ma posso segnalare nella cartella clinica che vuole parlare con i medici. Se aspetta qui, manderanno qualcuno appena è possibile. Di più non posso fare.»

La nota esperta e rassicurante nella voce della receptionist suggeriva che aveva notato la sua impazienza. «Ma è vivo,» insistette Mac. «In questo momento?»

«Sì,» gli rispose. «Non è annotato alcun codice. Un medico verrà da lei al più presto.»

Riluttante, Mac si allontanò per lasciar passare il paziente successivo. È vivo. È qualcosa. È tutto ciò che conta.

Si avvicinò alla finestra, lo sguardo rivolto al parcheggio buio. Su una sedia vicina, una bimba piagnucolava incessantemente, il capo premuto contro la madre. Dai sintomi che ben conosceva, doveva trattarsi di un’infiammazione all’orecchio. Era un’idiozia che il sistema sanitario costringesse le persone a rivolgersi al pronto soccorso per disturbi di minore entità, aumentando i costi e intasando gli ospedali a discapito delle reali emergenze. Come nel caso di Tony.

Aveva esaurito già da tempo le sue preghiere, quando aveva proposto un patto al severo Dio della sua giovinezza in cambio di miracoli che non si erano compiuti. Ci aveva riprovato quando Mai stava morendo, ma a quell’epoca la sua fede lo aveva già abbandonato. A ogni modo, che cosa mai avrebbe potuto offrire ora? Mio caro Dio, fai in modo che Tony ce la faccia e ti prometto che non toccherò mai più un altro uomo nel peccato. Questo era ciò che il Dio luterano della sua infanzia avrebbe preteso. Oppure la proposta giusta era Mio caro Dio, salva Tony e ti prometto che non getterò al vento il dono che mi stai offrendo? Non era più in grado di dirlo.

Si spostò in un angolo più tranquillo e prese il cellulare. Per prima cosa, chiamò Loes.

«Hart è qui ed è vivo,» informò il collega non appena rispose. «Ma per il momento non posso parlargli.» Se mai ci riuscirò. «Che cosa avete scoperto sulla scena?»

«I testimoni sono tutti concordi: l’auto non ha nemmeno provato a fermarsi,» disse Loes. «Hart è stato sbalzato via, Landis è finito sotto le ruote. Il nostro uomo ha continuato ad andare. Non concordano però sulla possibile intenzionalità. Uno sostiene che l’auto li stava seguendo lungo la strada e all’improvviso ha accelerato, ma gli altri testimoni pensano che sia stata solo una tempistica sfortunata: Hart e Landis hanno deciso di attraversare nel momento sbagliato e il guidatore è andato in panico.»

«Descrizioni fisiche?»

«Nessuno è riuscito a vedere chi fosse alla guida, non sanno nemmeno se fosse un uomo o una donna. L’auto dovrebbe essere una berlina quattro porte, scura. È una strada poco illuminata e i fari erano accesi. Niente targa, nemmeno parziale. Però abbiamo raccolto alcuni frammenti della luce di una freccia. Li abbiamo mandati alla scientifica per vedere se riescono a risalire a marca e modello. Appena il coroner avrà finito di esaminare il corpo, cercheremo eventuali segni di vernice per determinare il colore. Ricordati di farci avere i vestiti di Hart.»

«Senz’altro. Chiamerò Oliver per collegare la nostra indagine alla vostra. Non la chiamerei una coincidenza considerato che il nostro testimone ha ricevuto una lettera minatoria con scritto “stanne fuori o ti schiaccio” e la stessa sera qualcuno ha cercato di investirlo. Scommetto che c’è un collegamento.»

«Che cosa vuoi che cerchiamo esattamente?» domandò Loes.

«Lavorate alla scena e al veicolo,» suggerì Mac. «Se trovate qualcosa, informate Oliver. Controlleremo le informazioni con la lista dei sospettati.»

«Avete qualche buon candidato?»

«No,» sospirò Mac. «Abbiamo un elenco maledettamente lungo di possibili colpevoli. Magari saremo fortunati e troveremo qualcosa riconducibile a uno di loro. Deve saltar fuori qualcosa.»

Mac chiamò Oliver a casa e lo aggiornò. Decisero di mettere Hanson al computer appena avessero ricevuto i dati sul veicolo, in modo da poterli confrontare con le auto intestate a tutti gli insegnanti e agli studenti di sesso maschile, e ai relativi famigliari. La cosa avrebbe potuto richiedere molto tempo, secondo la precisione con cui sarebbero risaliti all’auto. L’indomani avrebbero potuto controllare i veicoli di tutti i sospettati a scuola, purché fossero parcheggiati in una zona pubblica. Un nuovo faro su una vecchia auto sarebbe saltato subito agli occhi, anche se il danno era stato di minor entità e facilmente riparabile. Le auto che mancavano all’appello sarebbero state rintracciate. Per fortuna, non si sarebbe rivelato semplice per l’assassino cancellare tutte le tracce di un impatto così grave senza l’intervento di un carrozziere.

Potevano davvero trovare il loro uomo. Ammesso che fosse stato stupido al punto di usare la sua auto e non di rubarne una. E ammesso che fossero riusciti a risalire al veicolo partendo dalle migliaia di possibili riscontri. Deve pur venire fuori qualcosa di buono da tutto questo. Marty Landis era morto. E Mac temeva di sapere che cosa Tony avesse fatto per indurre il mittente di quelle lettere minatorie a passare alla violenza. Lo aveva chiamato. Aveva consegnato le informazioni in suo possesso a Mac, in pubblico, dichiarando la sua intenzione a collaborare con la polizia. Se Tony fosse morto, sarebbe stata tutta colpa sua per non aver preso quelle minacce sufficientemente sul serio.

Camminava avanti e indietro, per la prima volta bisognoso delle sigarette a cui aveva rinunciato da dieci anni. Sarebbero servite a tenere le mani impegnate.

Le persone andavano e venivano, pallide e sudate, zoppicanti, chi stringendo un asciugamano sporco di sangue a un braccio. In un angolo della sala d’aspetto, un vecchio vagabondo stava schiacciando un pisolino. Puzzava di anni trascorsi sulla strada e mormorava nel sonno. Ogni tanto, il mormorio si trasformava in un grido incoerente, costringendo Mac a voltarsi ogni volta. Fu grato quando un’infermiera venne a svegliarlo e lo portò via.

Finalmente un dottore in camice blu chiamò il suo nome dalle porte di accesso all’area di trattamento. Mac si affrettò verso di lui.

«Come sta?» chiese subito.

«L’hanno mandata qui dalla polizia per Tony Hart?»

«Sì.» Mac esibì il distintivo con impazienza. «In che condizioni è? Posso parlargli?»

«È un uomo fortunato,» disse il dottore e Mac prese un ampio respiro per la prima volta dopo ore. «Ha una leggera commozione cerebrale,» riprese il medico, «ma nessuna frattura al cranio. Lo abbiamo sottoposto a un paio di TAC e per il momento non ci sono segni di emorragia intracranica. Le altre ferite sono dolorose, ma non gravi.»

«Posso parlargli?» chiese Mac. «Un uomo è rimasto ucciso in questo incidente. Devo fargli alcune domande.»

«È sveglio,» disse il dottore. «Le concedo alcuni minuti. Ma non esageri.» Fece un segno a un’infermiera che stava passando. «Accompagni l’agente dal signor Hart nella diciassette. Solo pochi minuti.»

Mac seguì la donna lungo un corridoio di piccole nicchie separate da tende. Ne scostò una. Nel letto a rotelle, Tony era sdraiato su un fianco, lo sguardo rivolto alla porta. Quando i suoi occhi incontrarono quelli di Mac, cercò di raddrizzarsi un po’ prima di collassare di nuovo con uno strillo.

«Ehi!» Mac si precipitò da lui e lo sorresse mettendogli una mano sul braccio. Calore, pelle viva sotto le mie dita. «Stai fermo, idiota.»

«Mac!» esclamò Tony, la disperazione nella voce. «Come sta Marty? Non vogliono dirmi niente, nemmeno se è qui. Credo sia stato colpito…» Tony si ammutolì e Mac capì che doveva avergli letto la risposta sul viso.

«Marty è morto,» confermò. «È deceduto all’istante. Probabilmente non ha avuto nemmeno il tempo di accorgersi di quello che stava succedendo.»

«Gesù.» Gli occhi blu di Tony si riempirono di lacrime. «Maledizione. È tutta colpa mia.» Il suo sguardo era supplichevole, chiedeva a Mac di dirgli che si sbagliava. «C’entrano le minacce, non è vero? È successo tutto perché non ho saputo tenere la bocca chiusa?»

«Non lo sappiamo ancora,» iniziò Mac, ma doveva essere sincero. «Sì, credo di sì. Stiamo indagando in questo senso.»

«Dimmi che l’avete preso,» disse Tony in un sussurro. «Dimmi che questo è servito a qualcosa

«Non ancora,» fu costretto ad ammettere. «Ma questa volta avremo delle prove, forse sufficienti a identificare l’auto. Siamo vicini, forse abbastanza da incastrarlo.»

«Forse.» Le lacrime negli occhi di Tony si liberarono e iniziarono a rigargli il viso. «Dannato Marty, così ubriaco da non riuscire a spostarsi. Non c’entrava nulla. Non se lo meritava. Mi è stato semplicemente vicino, come faceva sempre.»

«Nessuno di voi lo meritava,» disse Mac, la voce ferma. «Lo prenderemo. È tutto ciò che possiamo fare.»

«Ma se non mi fossi immischiato…»

«Smettila. Non incolparti. Questo tizio è pericoloso e pazzo. Se non fossi stato tu, sarebbe stata quella ragazzina, Nina, a farlo arrabbiare. Continuerà a far male alle persone fino a quando non lo fermiamo.»

«Nina!» esclamò Tony con urgenza. «Dovete avvisarla. Lui potrebbe aver già…»

«Ce ne occuperemo,» convenne Mac. «Ora però devo farti alcune domande sull’incidente.»

«Non ricordo molto,» iniziò Tony, rilassandosi di schiena sul materasso. «Oh, no. Non posso.» Si rimise di lato.

«Cosa c’è che non va?» chiese Mac.

«Quando sono caduto credo di essere scivolato lungo la strada con le spalle.» Tony cambiò posizione provando un dolore palese. «Hanno passato l’ultima ora a rimuovere ghiaia dalla mia schiena e ti posso assicurare che non è stato divertente, nemmeno con l’anestesia locale.»

«Dai,» suggerì Mac, «mettiti a pancia in giù. Io mi siedo per terra, così posso parlarti guardandoti in faccia.» Aiutò Tony a girarsi. Sulla parte posteriore della sua testa notò che in una zona i capelli erano stati rasati ed era evidente una fila frastagliata di punti. Una fasciatura bianca gli copriva schiena e spalle. Diversi lividi marchiavano la pelle candida attorno ai bordi delle bende. Mac provò l’impulso di spaccare qualcosa. Invece prese un ampio respiro e si sedette sul pavimento, accanto al letto, dove Tony poteva guardarlo senza alzare la testa.

«Dunque, la cosa più urgente,» iniziò, tirando fuori il taccuino. «Sei riuscito a vedere la macchina?»

«Non proprio,» rispose Tony. «L’ho sentita ferma al minimo dietro di noi. Ho pensato che si fossero fermati per far passare qualcuno. Ma poi all’improvviso ha accelerato. Mi sono voltato, l’ho vista e mi sono buttato. Ricordo solo i fari.»

«Forma?»

«Arrotondata, credo. In ogni caso erano gialli, non quelli nuovi azzurri che fanno adesso.»

«Sei riuscito a vedere le luci posteriori mentre si allontanava?»

«Non ho visto niente,» ribatté Tony aspramente. «Mi ha preso la gamba. Come se qualcuno mi avesse dato un pugno. Mi sono sentito sbalzare in aria e credo di aver colpito la testa. Poi più nulla fino a quando non mi sono risvegliato qui.»

«Okay. Dove eravate, prima di attraversare la strada?»

«Sono andato a prendere Marty a casa sua e siamo andati a bere qualcosa al Bar 19, poi abbiamo deciso di andare a vedere un film. Siamo rimasti al bar per una mezz’ora, a parlare. Beh, Marty ha preso un paio di drink e ci stava provando con il ragazzo del tavolo di fianco che però non era interessato. Quindi ce ne siamo andati. Stavamo camminando lungo LaSalle e non sembrava esserci molto traffico. È per questo che abbiamo deciso di attraversare. E poi è spuntata quella macchina dietro di noi.»

«Credi che vi stesse puntando?»

«Oh, sì. Ha accelerato e ho capito che voleva investirmi. Ho pensato: “Merda”, ma non c’è stato il tempo di dire o fare niente. Ho cercato di scansarmi. Ricordo che invece Marty è rimasto là, in mezzo alla strada. Gesù. Era fermo lì in mezzo e guardava indietro. Se solo fossi riuscito ad avvisarlo… Avrei dovuto dirgli che poteva essere pericoloso…»

«Ma nessuno di voi si aspettava una cosa del genere,» gli disse Mac. «È anche colpa mia. Ti ho detto io di non rimanere da solo. Se mai mi aspettavo qualcosa, era un altro accoltellamento in un corridoio deserto, non un’auto in un luogo pubblico.» Fece una smorfia. «Hai notato se qualcuno vi seguiva? O avete incontrato qualcuno della scuola, magari?»

«No. Ma non stavo sul chi va là. Credevo di essere al sicuro, lontano da scuola. Non ci pensavo nemmeno.»

«Hai parcheggiato vicino al bar?» chiese Mac.

«Sì, su LaSalle, a mezzo isolato in giù, dalla parte opposta.»

«Manderò qualcuno a controllare la macchina e a portartela a casa, se mi dai le chiavi.»

«Le ha l’infermiera, credo,» rispose Tony. «Cosa intendi con controllarla? Pensi che ci abbia messo una bomba?»

«Se lo avesse fatto, non credo che poi avrebbe provato a investirti. Pensavo di più a un dispositivo di tracciamento. Potrebbe averti semplicemente seguito, ma non vorrei sottovalutare il nostro uomo una seconda volta.»

Si aprirono le tende e il dottore entrò. «Va bene, detective,» esordì. «Credo che abbia importunato abbastanza il mio paziente. Può tornare più tardi se ha bisogno di altre informazioni. Devo parlargli del trattamento farmacologico, ora.»

«Terrà il signor Hart in osservazione stanotte?» chiese Mac alzandosi.

«Parlerò con il signor Hart delle sue condizioni mediche,» rispose asciutto il medico, «e poi prenderemo le nostre decisioni. Spetterà a lui scegliere se metterla al corrente oppure no.»

«Devo saperlo,» insistette Mac, «perché la persona che ha cercato di ucciderlo stasera potrebbe riprovarci e ho bisogno di sapere come fermarla.»

Il dottore inarcò un sopracciglio verso Tony, che li stava guardando con la testa inclinata dolorosamente da un lato. «Mac può rimanere,» disse Tony, voltandosi per riappoggiarsi di nuovo al cuscino. «Per me può stare a sentire.»

«Come vuole,» accettò il medico. «Okay. Vogliamo tenerla qui ancora un paio di ore, quindi ripeteremo la TAC. Vorrei ricoverarla, ma siamo a corto di letti e le sue condizioni sono decisamente migliori di quello che credevo quando l’ho vista arrivare. Se la prossima TAC non mostra segni di peggioramento, può andare a casa, purché qualcuno rimanga con lei tutta la notte.»

«Rimango io con lui,» disse Mac con prontezza. «Se l’assassino ci riprova, mi troverò nel posto migliore per prenderlo.»

«Mmm, se sta bene a lei,» convenne il dottore. «Abbiamo già avuto poliziotti in uniforme qui in giro prima d’ora, ma è la prima volta che vedo un detective che fa il servizio a domicilio.»

«Sono già morte due persone. Non ho altre priorità al momento. Cosa dovrò fare con il signor Hart?»

«Controllare eventuali sintomi di trauma cranico. Deve svegliarlo ogni ora, parlargli. Signor Hart, se dovesse avere nausea, visione sfocata, senso di debolezza, disorientamento o visione limitata, chieda al detective di riportarla subito qui. Detective, lei invece deve stare all’erta in caso di difficoltà di parola, confusione, perdite di tono su un lato della faccia che modificano la simmetria del viso o pupille di dimensioni diverse, difficoltà a risvegliarsi, sintomi simili a ictus. Nel dubbio, lo porti qui e gli daremo un’occhiata.»

«Se qualcuno cerca di parlare con me alle quattro del mattino, avrà sicuramente difficoltà a svegliarmi,» puntualizzò Tony.

«Conosco la differenza, simpaticone,» ribatté Mac. «Che mi dice delle altre ferite?»

«Abbiamo ripulito l’abrasione sulla schiena,» disse l’uomo a Tony. «Se la fasciatura si bagna o si sporca, deve cambiarla. Le daremo pomata, garze nuove e cerotto. Data la posizione, è meglio che si faccia aiutare. La gamba destra ha solo una lieve contusione. Basterà del ghiaccio e tenerla sollevata per ventiquattrore, poi calore e massaggi.»

«Antidolorifici?» domandò Mac.

Il dottore spostò lo sguardo tra Mac e Tony. «Vi conoscete?» chiese.

«Diciamo che ci siamo già incontrati,» disse Tony. «Risponda alle sue domande e forse se ne andrà e mi lascerà dormire.»

Il medico si voltò verso Mac. «Al momento è sotto anestesia locale e ibuprofene,» lo informò. «Può assumere altro ibuprofene ogni quattro-sei ore, fino a tre compresse da 200 milligrammi ogni volta. Gli darò una ricetta per il Percocet, ma non deve prenderlo fino a quando non avremo escluso ogni sintomo neurologico nelle ventiquattro ore dopo il trauma. Gli oppiacei possono avere un elevato effetto sedativo e aumentare la pressione intracranica. È meglio non assumerli subito dopo un trauma cranico, non importa quanto dolore provi il paziente. Quindi per stanotte limitiamoci all’ibuprofene.»

Rivolse di nuovo lo sguardo a Tony. «Temo che il dolore alla schiena aumenterà domani, soprattutto dopo che finirà l’effetto degli anestetici locali. Se tutto va bene e non deve più tornare qui, le consiglio di prendere un appuntamento con il suo medico. Prenda gli antibiotici e controlli se le sale la febbre o se la schiena diventa calda o gonfia in alcuni punti. Appena dovesse notare che il suo aspetto peggiora, la faccia subito controllare. Era una ferita sporca, nonostante abbiamo fatto il possibile per pulirla.»

«Avrò bisogno dei suoi vestiti,» disse Mac. «Come prova. E delle chiavi della sua auto.»

«Diavolo, gli dia tutto ciò che chiede,» fu il commento di Tony dal cuscino.

«Farò un salto a casa tua e ti porterò dei vestiti,» si offrì Mac. «Visto che devi aspettare altre due ore. Darò un’occhiata al tuo appartamento per vedere se il nostro uomo è nei paraggi. Se non è sicuro di averti ammazzato, potrebbe aspettarti fuori casa.»

«Che bella prospettiva,» grugnì Tony.

«Non è molto probabile,» ammise Mac. Sarebbe un vero miracolo. Immaginò se stesso mentre coglieva di soppiatto sotto l’appartamento di Tony uno studente appostato al buio in un’auto ammaccata e gli puntava la pistola all’altezza dell’orecchio. Erano quelle le soddisfazioni del suo lavoro. «Sicuramente sarà troppo impegnato a rimettere in sesto la sua macchina e ti crederà ancora in ospedale.»

«Un’altra cosa,» aggiunse, rivolgendosi al dottore. «Se possibile, vorrei che non divulgaste a nessuno informazioni sul signor Hart. Perché anche dire solo che lo avete dimesso, senza aggiungere dettagli medici, sarebbe un enorme favore per il killer. Rispondete a tutti con un “no comment”, anche a chi sostiene di essere un altro poliziotto o sua madre. Tony può chiamare la sua famiglia se lo desidera. Chiunque telefoni all’ospedale non deve sapere se è vivo o morto.»

«Farò il possibile,» acconsentì il dottore. «Ma molte persone sanno che è vivo. Non posso garantirle nulla.»

«Quali vestiti devo portarti?» chiese Mac a Tony.

«I più comodi che trovi, la tuta magari,» rispose il ragazzo. «Sai, se questo tizio continua ad ammazzare le persone che mi stanno accanto, metà dei miei vestiti finirà presto macchiata di sangue in un qualche deposito per le prove. Dovrò andare a fare un po’ di shopping.»

Mac notò la nota amara in quella battuta di spirito e allungò una mano per toccare la spalla di Tony, sopra la fasciatura. «Cerca di riposare,» disse con dolcezza, «prima che tornino a svegliarti di nuovo. Ci vediamo tra un paio d’ore.»

Tony scosse lievemente la testa, le ciocche scure che frusciavano contro il cuscino bianco, ma non disse nulla e Mac se ne andò. Doveva occuparsi di diverse cose nelle due ore successive prima di poter portare Tony a casa.