Nell’auto di Mac, Tony sedeva goffamente di traverso sul sedile del passeggero. Si sentiva strano e con la testa leggera. Ma per fortuna non avvertiva nessuno di quei sintomi per i quali dovevano stare all’erta. Si era fatto meno male di quanto si fosse aspettato, di quanto avrebbe dovuto. Meno del povero Marty. Il dolore che provava era distante, coperto sotto gli strati di farmaci e forse tenuto a bada anche dallo stato di shock in cui si trovava ancora. La gamba contusa doleva di più delle altre ferite, se pur più gravi. Era sfinito, ma si trattava di quella stanchezza elettrica che impediva di prendere sonno.
Mac era stato incredibilmente gentile con lui. Gli aveva portato la tuta e acqua in bottiglia, poi lo aveva aiutato a vestirsi. Si era occupato delle sue dimissioni e aveva ritirato la ricetta per gli antibiotici e la scorta di bende. Lo aveva addirittura sorretto nel breve tragitto tra l’uscita dell’ospedale e la macchina. Quando era salito, aveva trovato persino un bastone tutto per lui. Quella premura lo aveva fatto commuovere, ma si era sforzato di non darlo a vedere. Era passato molto tempo da quando qualcuno si era preoccupato per lui in quel modo.
Ovviamente Mac stava semplicemente facendo il suo lavoro. L’assassino non si era fatto vedere all’appartamento, ma c’erano ancora speranze che potesse farsi vivo in seguito. Fare da esca non era un problema per Tony. Voleva essere l’esca, purché la cosa funzionasse. E purché il suo poliziotto grande e grosso rimanesse al suo fianco: non voleva stare da solo.
I quattro scalini che conducevano alla porta d’ingresso gli apparirono altissimi. L’attesa per l’ascensore fu infinita. Tony si appoggiò lievemente alla mano di Mac sotto il suo gomito. Per la prima volta dopo mesi, sentiva la mancanza di Luke con nostalgia e non più amarezza. Ricevere un abbraccio sarebbe stato magnifico in quel momento, persino da un bastardo infedele come Luke.
Mac lo aiutò a entrare in casa, chiuse la porta alle loro spalle e girò la chiave. «Vai a letto, ora,» disse.
«Non ancora.» Tony si staccò da lui. «Devo farmi la doccia. Sono sporco di terra, grasso e chissà cos’altro.» Sangue, ecco cosa. Tuo o forse di Marty.
«Sicuro?» Mac non sembrava dell’idea. «Ti farà un male del diavolo alla schiena. E l’ultima cosa di cui hai bisogno è scivolare nella doccia.»
«Se non mi pulisco, mi metto a urlare,» ribatté Tony. La lieve vibrazione alla fine delle sue parole fu più convincente di quanto si aspettasse.
«Okay,» disse Mac. «Vuoi… ehm, vuoi che ti dia una mano?»
Tony soffocò con decisione la parte di lui che voleva urlare sì. Diavolo, sì. Vieni anche tu, spogliati assieme a me e fammi dimenticare tutto questo, anche solo per un momento. Rispose invece: «No. Lascerò la porta aperta e griderò se ho bisogno di aiuto.»
Si diresse in bagno muovendosi con cautela, lasciando la porta socchiusa, e aprì il rubinetto. Il semplice suono dell’acqua corrente e i primi getti di caldo vapore umido ebbero su di lui un effetto distensivo. Lentamente, si tolse la maglietta e i pantaloni della tuta, gettandoli a terra, poi entrò nella doccia. Mac aveva ragione. La schiena faceva male da impazzire, ma se teneva la temperatura dell’acqua sul tiepido e la faccia rivolta verso il getto, il dolore diventava sopportabile.
Si lavò i capelli con lo shampoo, ignorando quanto bruciasse quel prodotto dove c’erano i punti, e prese il sapone. La gamba sembrava fare meno male con il calore, perciò riusciva a stare in piedi con più facilità. Doveva addirittura essersela fatta addosso in un qualche momento e lo avevano pulito grossolanamente. L’odore gli salì alle narici man mano che l’acqua gli scorreva sulle gambe e Tony si insaponò per bene, pulendo tutto ciò che la rigidità della sua schiena gli consentiva. Gli ci vollero tre strofinate per rimuovere lo sporco dalle mani e dalle braccia, da tutti quei piccoli graffi che aveva sul gomito e sull’avambraccio. Quando, alla quinta passata, si accorse che le sue mani erano perfettamente pulite, chiuse l’acqua e uscì.
Si annodò un asciugamano attorno alla vita e raggiunse il lavandino, guardandosi allo specchio. Appariva in qualche modo diverso dal Tony che aveva lasciato quella casa solo poche ore prima. Sembrava che fosse trascorsa una vita intera.
La vita di Marty.
Si mise una mano sulla spalla alla ricerca del cerotto bagnato che teneva ferma la fasciatura e tirò, digrignando i denti al dolore e assaporandolo in un certo qual modo. Lo sto facendo per penitenza? Per provarmi di essere ancora vivo? Non lo sapeva. Quel maledetto affare si trovava in una posizione davvero scomoda.
Il viso scuro e spigoloso di Mac apparve nello specchio, dietro il suo. «Ho pensato che avessi bisogno di aiuto con quello. Ti ho portato la nuova benda e il resto.»
«Grazie,» disse Tony piano. «Se riuscissi a tirare via quella vecchia, spalmarci su un po’ di pomata e coprirla di nuovo, te ne sarei davvero grato.»
«Ci proverò.» Mac prese il cerotto dall’estremità allentata e lo staccò lentamente e con estrema cautela dalla sua schiena. Tony sbirciò nello specchio, cercando di capire ciò che il poliziotto stava facendo. Le mani di Mac si muovevano con molta lentezza.
«Strappalo e basta,» lo incoraggiò Tony dopo un minuto. «Proprio come si tolgono i normali cerotti. Questo è semplicemente gigante.»
«Sei sicuro?» chiese Mac dubbioso.
«Strappa,» gli ordinò, aggrappandosi al bordo del lavandino con entrambe le mani. Mac seguì le istruzioni. Dalle sue labbra fuoriuscì solo un sibilo, rallegrandolo. Ah, che meraviglia l’anestesia locale. L’infermiera gli aveva mostrato con uno specchio la grande lacerazione che aveva sulla schiena prima che gliela bendassero la prima volta. Il medico gli aveva parlato di un possibile trapianto di pelle. Nelle ore successive, avrebbe iniziato a fare un male del diavolo.
«Merda,» disse Mac, vedendo il danno. «Non voglio fare casini con questa cosa.»
Tony aprì l’armadietto in cui teneva le medicine, prese un paio di guanti usa e getta e li passò a Mac da sopra la spalla. «Non puoi mollarmi proprio adesso, ragazzone. Spalma quella crema e ricoprila con la garza.»
Mac applicò la pomata sulla ferita con tocchi leggeri come una piuma. Poi buttò il guanto, coprì la ferita con la garza grande e iniziò a fissarla ai bordi sulla schiena di Tony. «Credi che rimarrà ferma?» domandò. «Non mi è venuta bene come la loro.»
«Mettici dell’altro cerotto se credi,» suggerì Tony da sopra la spalla. «Quelli sono l’ultima delle mie preoccupazioni.»
Mac attaccò un secondo strato di cerotto attorno ai bordi, le sue mani che ripassavano sulla pelle di Tony mentre cercavano di appiattirlo e premevano ogni striscia in posizione. Le sue dita erano grandi e calde, lievemente ruvide sulle punte. Gli ci volle davvero molto tempo per sistemare quella dannata cosa.
Tony alzò lo sguardo, la bocca aperta per fare un commento, e incontrò l’intensità degli occhi di Mac. L’uomo lo stava guardando nello specchio e, qualunque cosa fosse, non era semplicemente un poliziotto che si limitava a fare il suo lavoro, quello. Tony si voltò sotto il tocco delle mani di Mac e guardò dritto in quegli occhi scuri. Mac non disse nulla. Le sue mani non si mossero da dove erano scivolate, attorno ai bicipiti di Tony. Lui rimase in attesa, respirando lentamente e con prudenza. Quelle grandi dita calde erano delicate sulle sue braccia. Le pupille di Mac erano dilatate, gli occhi quasi neri, ma non distolse lo sguardo. Tony si alzò sulle punte e posò un bacio sulla bocca del detective.
Le labbra di Mac erano soffici e ferme. Non si ritrassero, ma nemmeno risposero al bacio. Tony riabbassò i talloni e fece un passo indietro. «Scusami,» disse in un sussurro. «È stata una cosa stupida. Mi dispiace.»
Le mani di Mac strinsero i suoi bicipiti. «Dio,» disse con voce roca. «Non scusarti.» Poi lo baciò a sua volta e fu tutt’altro che delicato. Furono labbra e lingua e un puro bisogno disperato. Tony si aprì a lui. Udì se stesso gemere, e ondeggiò in avanti stringendo Mac a sé. Quello era l’abbraccio che tanto desiderava, e molto di più. Le mani di Mac si mossero. Con una gli cinse la base della nuca per approfondire il bacio, e appoggiò l’altra alla parte inferiore della schiena, avvicinando i loro fianchi. La sua lingua esplorò la bocca dell’uomo con meticolosità. Mac era eccitato e duro contro di lui e il resto del mondo poteva tranquillamente scomparire.
«Wow!» Tony sorrise piano una volta che la sua bocca fu libera. «Non sapevo che fossi in grado di fare una cosa del genere.»
«Che cosa?» Mac appariva confuso.
«Fermare il tempo,» rispose Tony. «Voglio vedere se ci riesci un’altra volta.» Riprese il bacio e questa volta fu lui a prendere l’iniziativa, spingendosi contro Mac e mordicchiandogli il labbro e il collo prima di prendere di nuovo il possesso della sua bocca. Quando si fermarono in cerca di ossigeno, affondò la testa nella curva del collo dell’uomo, appoggiandosi a lui. «Mmm. È decisamente meglio di “carino”.»
«Andiamo.» La voce di Mac era un profondo mormorio contro il suo orecchio. «Hai bisogno di dormire.» Ma Tony non ci pensava proprio a dormire in quel momento. Leccò il collo di Mac, dove riusciva a raggiungere la pelle, e infilò una mano sotto la sua camicia, trovando un capezzolo con le dita. Mac gemette e cercò di tirarsi indietro. Tony allungò la mano libera verso il bottone e la cerniera.
«Avanti, Tony,» disse Mac bruscamente. «Non stai bene. Non voglio farti del male.»
«Oh, non me ne farai,» ribatté lui. Si sbarazzò dei pantaloni di Mac e trovò ciò che stava cercando, chiudendo il palmo attorno alla sua erezione. «Ti prego, Mac. Ne ho bisogno, adesso.» Strinse. Fece scorrere il pugno verso l’alto, scivolando sul petto Mac con il pollice e giocherellando con il suo capezzolo con l’altra mano. Fece tutto il possibile per portare Mac al punto in cui non gli sarebbe più stato possibile fermarsi. Non aveva mai desiderato niente così intensamente, non si era mai sentito così bisognoso. Avrebbe fatto di tutto affinché quell’uomo lo toccasse.
«Gesù.» Mac si spinse contro di lui e si piegò per baciarlo ancora, infilando una mano sotto l’asciugamano. Tony era già duro e il primo contatto con le dita ruvide di Mac lo fece fremere. Aprì la bocca, implorante, e si inarcò verso le mani del poliziotto.
Quelle grandi dita accarezzarono la sua lunghezza, scivolando in basso fino a chiudersi attorno ai testicoli, calde e delicate. Era una bella sensazione, davvero bella, ma voleva di più. Tony emise un debole suono e si spinse in avanti. L’altra mano di Mac planò sul suo culo, le dita che gli accarezzavano la curva della coscia. La bocca di Mac era bollente ed esperta. Le cose che gli stava facendo con la lingua seminavano brividi lungo tutto il suo corpo. Gemette e rispose al bacio con impazienza.
Aveva finalmente il permesso di toccare ed esplorare quell’uomo. Portò la mano libera verso il basso, tra i loro corpi bramosi. L’uccello di Mac era grande tra le sue mani, non tanto lungo quanto grosso. Le dita di Tony esplorarono la pelle liscia e i rilievi delle vene più spesse. Chiuse il pugno attorno a quell’asta d’acciaio, adorando i respiri spezzati che suscitava nel poliziotto con il giusto movimento delle mani. Le palle di Mac erano enormi e basse, ricoperte di peluria e pronte per il suo tocco. I fianchi dell’uomo scattarono in avanti per accogliere la sua carezza.
Mac lo baciò con foga, poi si tirò indietro per mordergli il labbro e ripassare il profilo della mascella con la punta della lingua. I suoi denti incendiarono le vene del collo di Tony, poi Mac si piegò per mordicchiargli i pettorali, prendendogli in bocca un capezzolo. Tony ansimò, inarcandosi a quella sensazione. Mac morse, con delicatezza, e si raddrizzò per tornare a occuparsi della bocca vogliosa di Tony. Lingua, labbra e calore riempirono i suoi sensi, fino a quando Mac non fece un passo indietro per guardarlo negli occhi.
«Ehi,» disse Tony. Vide il suo stesso bisogno riflesso nell’intensità dello sguardo scuro dell’uomo che aveva di fronte. Era un miracolo, quella connessione, proprio quando aveva temuto di essere respinto. Passò le mani sui fianchi di Mac, sbarazzandosi dello spesso tessuto color cachi, facendo scivolare via anche la morbidezza del cotone. Il corpo del poliziotto era bollente e massiccio, Tony poteva sentire la definizione dei muscoli sotto il suo tocco mentre si avvicinava di nuovo a lui. La mano grande di Mac si intrufolò tra loro, chiudendosi attorno alle erezioni di entrambi. Tony spinse in quella presa, scivolando contro quell’acciaio liscio come la seta. La mano di Mac si muoveva in modo fluido attorno ai loro sessi, su fino alle punte, poi di nuovo giù, resa scorrevole dal liquido seminale.
«Cosa vuoi che faccia?» mormorò Mac, sfregando con decisione. «Che cosa riuscirebbe a farti sentire bene?»
«Qualsiasi cosa,» soffiò Tony, «ma ora vorrei che mi scopassi.»
Mac si bloccò per un secondo. «Sicuro? Devi avere dolore ovunque.»
«Il dolore aumenterà prima di riuscire a guarire, non appena passerà l’anestesia,» disse Tony, sentendosi disperato. Ogni nervo del suo corpo stava dicendo sì, qui, ora. «Non voglio aspettare. Voglio sentirti dentro di me. Ti prego. Cioè, se lo vuoi anche tu…»
«Oh sì.» Mac sciolse l’asciugamano dai fianchi di Tony, poi gli mise le mani a coppa sotto il sedere e strinse forte. «Dove tieni il necessario?»
«Nell’armadietto delle medicine.»
«Comodo,» commentò Mac. Baciò Tony con trasporto e lo voltò, appoggiandogli le mani al lavandino. Dietro lo specchio, trovò lubrificante e preservativi. Il lubrificante era freddo sulla pelle mentre Mac glielo spalmava tra le natiche. Poi una di quelle grandi mani lo accarezzò davanti, umida di lubrificante, mentre l’altra spingeva dietro per entrare. Una parte remota di Tony notò che l’uomo aveva una certa esperienza. Si spinse in avanti, verso il primo tocco, e poi indietro per accogliere il secondo.
«Oh, Dio,» gemette. «Oh, sì, Mac. Ti prego.» Dita umide iniziarono a muoversi dentro di lui, sollecitando la prostata e preparandolo, lasciandosi dietro una scia di fuoco. Niente dolore, solo la pressione delle dita di Mac. Tony mugolò, implorante, bisognoso. Era stato toccato, scopato, fin troppe volte. Ma non aveva mai sentito il bisogno di un uomo come in quel momento. Udì il rumore dell’involucro del preservativo che veniva strappato ed ebbe un piccolo capogiro.
«Pronto?» La voce di Mac gli graffiò l’orecchio.
«Prontissimo,» bisbigliò. Poi Mac lo afferrò per i fianchi e Tony si lasciò penetrare, lentamente. Un’incredibile sensazione di calore rovente e rilassamento lo investì man mano che l’uomo scivolava in lui. Mac lo toccò in profondità, una lunga e lenta valanga di pressione che non si tramutò in dolore. Ansimò in risposta, tutto il suo mondo circoscritto a quell’unico sentimento meraviglioso.
«È così bello,» sospirò. «Oddio, ragazzone, così bello.»
«Tony,» disse la voce di Mac ruvidamente. «Tony.»
Tony alzò lo sguardo verso lo specchio e vide il loro riflesso. Il suo corpo, sottile e pallido, nudo e affamato. Alle sue spalle, Mac massiccio e abbronzato, la camicia ancora addosso, i pantaloni aperti, i fianchi che scattavano in avanti. Proprio quello che aveva sognato, fantasticato, ma che non si sarebbe mai aspettato potesse avverarsi. Quell’uomo, quel corpo, quelle dita. Tony si tenne forte con entrambe le mani, prendendolo tutto, e Mac allungò un braccio verso il suo membro, accarezzandolo con dita umide di lubrificante.
«Oh, sì,» mormorò Mac, incontrando i suoi occhi nello specchio. Trovarono un unico ritmo, i respiri affannati, ansimando appena mentre si muovevano. L’uccello di Mac lo riempiva dannatamente bene, spingendo a fondo, ogni spinta che diventava sempre più intensa e più veloce. Tony spostò il peso e quel calore bruciante lo premette nel punto perfetto. Si sentì intrappolato tra fuoco e ghiaccio, ancora e ancora, in un crescendo irresistibile.
«Gesù,» gemette Mac dietro di lui. «Non riesco a trattenermi. Non posso. Sei così bello, cazzo.»
«Non trattenerti,» disse Tony, senza fiato. «Adesso. Vieni adesso!» Mac si spinse in lui con tutto se stesso, una volta, due volte, in profondità e duramente, quindi ansimò, fremendo contro di lui. Poi il suo pugno si chiuse attorno all’uccello di Tony. Raggiunse il limite e ogni cosa divenne bianca.
Per un istante, respirare gli fu impossibile, così come sentire il suo stesso corpo. Tutto ciò che riusciva a percepire erano le ondate di fuoco dentro di sé. Poi scivolò indietro lentamente, le ginocchia che tremavano. Si aggrappò con le dita al bordo del lavandino, le nocche che sbiancavano, mentre i fremiti post-orgasmo lo scuotevano. Ansimò tremando, il suo corpo che si calmava lentamente dopo essere stato strizzato fino all’osso.
«Dio, ragazzone,» disse alla fine. «Oddio. È stato fantastico… ma credo proprio che ora dovrai sorreggermi. Mi gira la testa.»
«Dannazione!» La dolce pressione dentro di lui lo abbandonò e Tony non poté fare a meno di emettere un piccolo lamento a quella sensazione. Poi due braccia forti lo afferrarono. Mac lo prese al volo e, a grandi passi, lo portò in camera da letto. «Sono un idiota,» borbottò il poliziotto. «Tutto bene?»
Tony rise sommessamente mentre Mac lo faceva sdraiare con delicatezza su un fianco e gli rimboccava le coperte. «Sto bene. In effetti non stavo così bene da parecchio tempo. Ho solo sentito le ginocchia cedere. Consideralo un complimento.» Alzò lo sguardo verso l’altro uomo, ancora mezzo vestito, il preservativo penzolante sul sesso semieretto, e sorrise. «Niente male come look,» disse a Mac. «Ma preferirei che ti spogliassi e ti unissi a me.»
«Non posso…» iniziò Mac.
«Sì, sì che puoi, cazzo,» insistette Tony. «Togliti quei vestiti e vieni qui. Ho bisogno di abbracciarti.»
Mac scosse la testa, poi si tolse il condom e si ripulì.
«Avanti,» insistette Tony dolcemente. «Cosa pensi di fare altrimenti? Sederti sul divano e venire qui ogni ora per svegliarmi?»
«Sono qui per proteggerti,» ribatté Mac. «Non posso farlo nel letto.»
«Certo che puoi,» replicò lui. «Hai chiuso la porta, vero? Se qualcuno cerca di entrare, lo sentirai di sicuro. Puoi lasciare la pistola qui sul comodino e fare tutte quelle cose che fate voi poliziotti, in caso di necessità. Ora ho più bisogno di questo.» Dopo un’altra lunga pausa, aggiunse: «Ti prego.»
Mac guardò la porta, evitando gli occhi di Tony.
«Dimmi che non sei venuto qui solo per prendere l’assassino,» disse Tony. «Non è stata solo una scopata qualunque. Non farmi implorare.»
Mac rimase immobile per un lungo momento poi, gli occhi sfuggenti, iniziò a spogliarsi lentamente. Tony osservò il suo poliziotto disfarsi dei vestiti, piegare i pantaloni, mettere un calzino sull’altro, riporre ogni cosa ordinatamente. Mac controllò la pistola e l’appoggiò con cura sul comodino. Infine, si avvicinò al letto.
Tony alzò la coperta in un invito. «Nudo sei ancora più bello che vestito. E questo la dice lunga.»
Mac si sistemò accanto a lui, di schiena. Allungò un braccio e con delicatezza lo fece sistemare sopra di sé, il petto contro le sue costole. Tirò la coperta verso l’alto, facendo attenzione a tenerla lontana dalla fasciatura. Tony si accoccolò contro di lui, il braccio sulla spalla di Mac. «Non ti do fastidio così?» chiese.
«No, va bene.» Mac respirò contro i suoi capelli. «Sei sicuro che non sia stata la commozione cerebrale a farti girare la testa?»
«Stai sottovalutando la tua abilità nel far girare la testa alle persone.»
«Non fare il furbo,» sospirò Mac. «Non avremmo dovuto farlo.»
Tony gli baciò il collo. «Shh.»
Per un lungo periodo rimasero così, limitandosi a toccarsi e a respirare. Pian piano, il mal di testa di Tony tornò a farsi sentire e le ferite a dolere. Ma non importava. Era tutto così bello.
«Sai, alcune volte mi sono chiesto,» rifletté, «se tu fossi bisex. Ma non ne ero certo. Se lo fossi stato, ti sarei saltato addosso molto prima.»
Seguì un lungo silenzio. Sotto la guancia di Tony, i muscoli di Mac erano rigidi e la tensione palpabile. Per un attimo, Tony temette che l’uomo si sarebbe alzato, tirandosi indietro un’altra volta. Forse avrebbe fatto meglio a tenere la bocca chiusa. Mac aveva chiaramente dei problemi e Tony ignorava ancora quali fossero i suoi tasti dolenti. Fu sul punto di aprire la bocca per scusarsi, cambiare argomento, dire qualsiasi cosa, quando l’altro uomo sospirò. Fu un suono di rassegnazione e abbandono, quasi di resa, perché con esso il corpo di Mac si distese.
«Non sono bisex,» disse l’uomo.
Tony sollevò appena la testa per guardarlo. «Mi avevi quasi fregato,» disse. «Se questa è stata la tua prima volta, allora io sono la vergine Maria.»
«Spiegherebbe molte cose,» grugnì Mac. «No, sapientone. Non sono bisex, sono gay. Omosessuale al 100%. Non sono mai stato con una donna.»
«Ma…»
«Anna?» Mac si ammutolì di nuovo, ma poi aggiunse: «Il mio nome è sul suo certificato di nascita, ma non sono il suo padre biologico. Mai era già incinta quando l’ho sposata.»
Tony non disse nulla, limitandosi a digerire quelle parole. Era stato geloso di Mac, perché aveva una figlia tutta sua. In definitiva erano meno diversi di quanto si era immaginato. «Lo sapevi già, prima?» chiese.
«Sì,» disse Mac piano. «Lo sapevo.» E poi: «Ora dormi e forse ti dirò di più quando ti sveglierò tra un’ora.»
«No, adesso,» lo pregò. «Mi aiuterà a non pensare a… ad altro. Non riesco ancora a dormire.»
Mac esitò, ma poi annuì. Cambiò leggermente posizione, non per allontanare Tony, bensì per tenerlo più stretto.
«Mai era di etnia cinese,» iniziò, «nata in Vietnam. Aveva incontrato un uomo nel suo paese, un americano in viaggio d’affari. Si innamorò di lei e le chiese di sposarla. Lei non era innamorata, ma sembrava un ragazzo a posto e i suoi genitori stavano crescendo altre tre ragazze, perciò accettò. Le procurò un passaporto, la sposò e la portò qui.
«Vivevano assieme in un appartamento qui a Minneapolis, sebbene lui viaggiasse spesso. Ma dopo i primi tempi, smise di essere quel brav’uomo che era sembrato all’inizio. La picchiava. Mai lo minacciò di andare alla polizia e lui le disse di avere un’altra moglie, un’americana, e che quindi il loro matrimonio non era legale. L’aveva portata qui usando un visto per turisti, che era scaduto già da un pezzo. Mai era perciò una clandestina. La convinse che la polizia avrebbe creduto più a un americano bianco con amici influenti che a una donna dalla pelle gialla che conosceva poco l’inglese. Se gli avesse procurato dei guai, l’avrebbe fatta rimpatriare in Vietnam, dove avrebbe avuto un destino peggiore.
Lei gli credette, ma le cose peggiorarono. Il suo pseudo-marito iniziò a portare in casa amici e clienti e la costrinse a fare sesso con loro. Quando si lamentava, la picchiava. Era convinta che lui si facesse pagare da alcuni di loro.»
«Ma Mai era intelligente e forte. Aspettò pazientemente, imparò l’inglese e iniziò a guardare la televisione. Si convinse che i poliziotti americani sarebbero stati dalla sua parte. Un giorno, dopo che era stata picchiata così pesantemente da avere lividi evidenti, andò alla stazione di polizia più vicina e lo accusò di abuso e sfruttamento della prostituzione.
All’epoca lavoravo alla buoncostume e la incontrai per via delle accuse di prostituzione. Era così piccola e malconcia. E credibile. Iniziammo a indagare, ed ero certo che stesse dicendo la verità. Arrestammo suo marito e venne fuori che anche lui diceva la verità. Aveva davvero degli amici nelle alte sfere e l’accusò di prostituzione volontaria. Dichiarò che era stato uno dei suoi clienti a picchiarla. Riuscì a far coinvolgere l’ufficio immigrazione e Mai fu inserita nella lista per essere espulsa come immigrata clandestina.»
«Prima del processo?» chiese Tony.
«Oh, sì. Era questo lo scopo.»
«Ma non era giusto!»
«Era esattamente ciò che pensavo anch’io. Credo che all’epoca fossi ancora giovane e pieno di ideali. Ed è successo… quanti? Cinque anni fa? Comunque, decisi che fosse a rischio l’integrità dell’intero sistema giudiziario americano. Perciò la sposai.»
«Suppongo non sia stata una mossa molto popolare.»
«Sono stato quasi licenziato, cazzo,» ammise Mac. «Ma siamo riusciti a convincerli che ci eravamo innamorati e un funzionario dell’ufficio immigrazione, anche lui animato da un certo senso di giustizia, aiutò Mai a ottenere il permesso di soggiorno. Ma con il matrimonio si è al sicuro solo per due anni. Non puoi separarti dopo. Non è più come una volta, quando ti bastava sposare un americano per essere a posto per tutta la vita. Devi rimanere sposato e rinnovare la green card dopo due anni. Ma ci andava bene. All’epoca sapevamo che Mai era incinta e avevamo deciso di rimanere insieme e crescere il bambino. Io tenevo nascosta a tutti la mia omosessualità, perciò il matrimonio era la copertura perfetta.»
«Sapeva che eri gay?»
«Oh, sì. È l’unica persona a cui l’abbia mai detto. È per questo che le stava bene. Aveva subito abusi così profondi da riuscire a fidarsi solo di un uomo che sapeva non avrebbe mai cercato di avere il suo corpo. E in più riteneva che lo scambio fosse equo. Io le avevo fatto avere la green card, ma lei in cambio mi aveva dato una copertura e una famiglia che non avrei mai potuto avere altrimenti.»
«Ma… il sesso?» chiese Tony, affascinato dal racconto nonostante il dolore che si preannunciava «Avevi intenzione di non scopare mai più?»
«Non sarebbe cambiato niente. Di tanto in tanto, una breve fuga a Las Vegas in completo anonimato. È sempre stato questo il mio modus operandi. Mai era disposta ad accettarlo.»
Con dolcezza, Tony passò un dito sulle punte dei capelli arruffati di Mac e poi giù fino alla mascella. Si immaginò Mac in un qualche bar di Las Vegas, a rimorchiare sotto le luci basse. Da quali uomini era attratto? Non chiederlo.
Dopo un attimo, Mac riprese la sua storia. «Al settimo mese di gravidanza le venne diagnosticato un tumore alla cervice uterina.»
«Gesù.» Tony gli baciò il collo.
«Già.» La mano di Mac strinse in modo convulso il sedere di Tony, le dita che sprofondavano nella carne. «È una specie di malattia venerea. La donna prende il virus da un uomo e quel virus innesca il cancro. Un ultimo regalo d’addio da parte di quel figlio di puttana che credeva di aver sposato.»
«E non sono riusciti a curarlo?»
«Mai era testarda.» Mac avvicinò le labbra ai capelli di Tony, il respiro che gli arruffava le ciocche. «Dio, si comportava come una figlia quindicenne, o una sorellina minore, che pensa di saperne sempre più di tutti. Non voleva fare nulla che potesse nuocere al bambino. Niente farmaci, niente parto indotto. Nemmeno il cesareo, nonostante i medici le avessero detto che il bambino sarebbe sopravvissuto senza problemi. Quando Anna è venuta al mondo, il tumore si era già diffuso. Mai voleva solo passare con lei tutto il tempo che le rimaneva, nel migliore dei modi. Ed è quello che abbiamo fatto.»
«Quanto?»
«Abbiamo avuto sei mesi. È riuscita a vedere Anna alzarsi in piedi e iniziare a gattonare.»
«E poi sei rimasto solo con la piccola.»
«Già.» La mano di Mac si rilassò, tracciandogli la curva del fianco. Tony pensò che a quel punto i suoi lividi dovessero essere aumentati: doveva averceli anche sul sedere, ora. «Ma da tutto questo ho ricevuto qualcosa di bello: Anna. Non cambierei nulla di ciò che ho fatto.»
«E quel tizio, l’ex marito. È andato in prigione?»
«È stato dentro un po’ di tempo per aggressione. Non siamo stati in grado di provare le altre accuse, soprattutto perché Mai era troppo malata per poter testimoniare. È fuori adesso.»
«Potrebbe crearti dei problemi con Anna?» domandò Tony.
«Non credo. Non gli interessa, e molto probabilmente non è nemmeno lui il padre. All’epoca passava più tempo a far prostituire Mai che a dormire con lei. Prima che venisse rilasciato, sono andato a trovarlo in prigione e gli ho promesso che, se mai si fosse azzardato anche solo ad avvicinarsi ad Anna, gli avrei tagliato immediatamente le palle. Credo che mi abbia creduto. Ha cambiato città appena è uscito di galera. Per quanto riguarda Anna, sono io suo padre. Quando crescerà, sarò il suo papà super-ansioso. Se un giorno vorrà sapere la verità…» Mac esitò. «Beh, spero solo che sarà abbastanza adulta da comprendere.»
«Okay.» Tony cambiò posizione per non continuare a pesare troppo sul poliziotto, pur continuando a tenere un braccio e una gamba distesa su di lui, inchiodandolo al letto. «E ora sei qui. Va bene così per stasera. Devo puntare la sveglia tra un’ora?»
«No, sarò sveglio.» La bocca di Mac gli sfiorò i capelli con delicatezza. «Cerca di riposare.»
Tony avrebbe detto che dormire sarebbe stato impossibile ma il mix di fatica, dolore, perdita, gioia ed endorfine creò un buco nero in cui venne risucchiato senza possibilità di ribellarsi.
***
Mac rimase sdraiato a lungo senza fare nulla, a parte respirare il profumo dei capelli di Tony. Non aveva mai fatto niente del genere prima di quel momento, non si era mai sentito sufficientemente al sicuro per dormire nello stesso letto con un altro uomo. Né aveva mai provato il desiderio di tenere abbracciato qualcuno e dimenticarsi del resto del mondo. Lo hai quasi perso stasera. Pochi centimetri in più e l’auto avrebbe centrato Tony in pieno. E lui sarebbe stato alla centrale o sulla scena del crimine, a scrivere un rapporto, senza potersi permettere di esternare un cordoglio maggiore di quello dei suoi colleghi. Come avrebbe fatto a uscire tutto intero da una situazione del genere?
Per non parlare di quella in cui si trovava in quel momento.
E ora sei qui. Va bene così per stasera, aveva detto Tony. Era tutto ciò che poteva fare, godersi quell’unica notte. Perché non c’era modo di guardare al futuro, anche a un solo giorno in avanti, e uscirne bene. In un modo o nell’altro, ne sarebbe uscito sconfitto.
Strofinò le labbra contro le ciocche umide sulla tempia di Tony. La pelle del giovane era calda, lievemente sudata, e Mac scostò la coperta. Si concesse un’occhiata. Per quella notte, ne aveva diritto.
Tony era alto e snello, la pelle chiara, uno spruzzo di peluria scura sul petto e sulle braccia che si faceva più fitta sulle cosce e sui polpacci. Sulla gamba destra, un livido scuro di discrete dimensioni, violaceo al centro, dovuto all’impatto con il paraurti del veicolo. Croste e abrasioni rossastre partivano dal braccio sinistro e dalla spalla destra, fino ad arrivare alla fasciatura sulla schiena. Sotto la quale i lunghi muscoli della schiena curvavano in un fondoschiena degno di un atleta. Le mani di Mac ricordavano ancora la sensazione di quel sedere sotto le dita. La fame non tardò a farsi sentire.
Mac rivolse lo sguardo alla radiosveglia. Ancora dieci minuti, poi avrebbe dovuto svegliare Tony. Ma c’erano tanti modi per svegliare un uomo. Baciò i suoi ricci, con la leggerezza di una piuma. Vedere la porzione di cranio di Tony dove erano stati rasati i capelli lo redarguì. Se sente male, ti fermi subito, disse a se stesso.
Come compromesso, si liberò dalla stretta della gamba del ragazzo e uscì cautamente dal letto. C’era una bottiglia d’acqua nel frigorifero e l’ibuprofene era nel sacchetto dei medicinali. Trovò il ghiaccio nel congelatore e lo avvolse in una doppia protezione, in modo da usarlo come impacco freddo. Dopo averci pensato su, ne preparò un altro.
Nel letto Tony era disteso da un lato, le ciglia che disegnavano una curva scura sulle sue guance. Mac andò con il pensiero alla prima volta in cui lo aveva visto, seduto per terra a occhi chiusi in quel corridoio. Lo volevi già allora.
Si infilò a letto, si riscaldò le mani strofinandole per un attimo sulle cosce e poi, lentamente e con delicatezza, rimise la gamba di Tony dov’era prima. La peluria riccia e scura si infoltiva all’altezza del ventre di Tony, non rasato, fino a diventare una macchia fitta sull’inguine. Oh, sì. Mac piegò la testa per tracciare quel percorso con le labbra. Tony era rilassato, non ancora pronto per lui. Leccò dolcemente, un tocco umido e lieve su pelle liscia come seta. Sotto la sua bocca, il sesso di Tony si mosse, allungandosi. La lingua di Mac seguì quella lunghezza, stuzzicando la zona di pelle ultrasensibile al di sotto della punta circoncisa. Quella parte di Tony rispecchiava perfettamente il resto del suo corpo: snella, ma lunga e elegante. Mac chiuse a coppa una mano attorno al suo sedere, in modo da impedire a Tony di girarsi sulla schiena dolente, e appoggiò la testa contro una coscia pelosa prima di prendere in bocca la punta umida e arrotondata.
Sopra di lui, Tony emise un mormorio incoerente. Mac si sentì infilare una mano tra i capelli, e i fianchi del ragazzo si mossero involontariamente. Mac lo prese a fondo.
«Gesù, Mac?» disse Tony con tono sorpreso.
Mac si tirò indietro per un attimo, in modo da liberare la bocca. «Sveglio?» bisbigliò, cogliendo l’occasione per strofinare il viso contro le morbide palle. Ne succhiò una, prendendola tutta in bocca prima di lasciarla andare.
«Io… sì, decisamente.»
Mac leccò ancora, dalla base dell’asta fino alla punta. «Ricordi chi sono?»
«Mi sta tornando in mente. Servizio scorta della polizia.»
Mac seguì il percorso all’indietro, risalendo l’addome fino ad arrivare a un capezzolo scuro. Lo prese in bocca, succhiando quella piccola protuberanza irrigidita, mordicchiandola appena. «E ricordi invece come ti chiami?»
«Questo è un po’ confuso,» disse Tony, spingendo in avanti la testa di Mac. Poi la liberò. «Non devi sentirti obbligato a…»
Mac rise contro la sua pelle. «Dovevo svegliarti. Ho pensato che questo avrebbe funzionato.» Si abbassò di nuovo.
«Oh, sì. Sta funzionando decisamente.»
Mac si prese il suo tempo, accarezzando e leccando. Succhiò intensamente, alternando tocchi leggeri con denti e lingua. Tony gemette, i fianchi che scattavano in avanti, la mano intrecciata ai suoi capelli. Con la mano libera, Mac iniziò a toccarsi. Non che ne avesse un grande bisogno. Il sapore di Tony, i suoni che emetteva e il suo profumo erano quasi sufficienti. Spalancò la bocca e si riempì di lui.
«Ci sono vicino, dolcezza,» ansimò Tony. «Ritirati.» Invece, Mac ingoiò tutto, accogliendo quel liquido denso e salato e assaporandolo con la lingua. Tony tremò contro di lui, gemendo di piacere. Poi Mac si allontanò piano, gustandosi l’ultima goccia, prima di lasciare un bacio sulla punta che iniziava a rilassarsi. Un paio di colpi decisi della sua mano e anche lui raggiunse il culmine, annaspando mentre veniva sulle lenzuola. Si distese con la testa appoggiata alla coscia di Tony, respirando affannosamente.
La mano di Tony si spostò dalla sua testa all’ascella, tirandolo più in su.
«Vieni qui, ragazzone.» Tony se lo avvicinò fino ad avere il suo viso di fronte al proprio e lo baciò, leccando le tracce di sperma dalle sue labbra. «Non avresti dovuto farlo. Non è sicuro, dolcezza.»
«Non lo faccio, in genere. Ma volevo scoprire che sapore avevi,» ammise Mac.
«Tu probabilmente sei a posto,» riprese Tony, «e i miei test di un paio di settimane fa erano negativi. Ma… mi sono fatto controllare perché, quattro mesi fa, sono tornato a casa e ho trovato il mio ragazzo che si stava scopando un altro nel nostro letto. Perciò mi sto facendo controllare ogni due mesi, per sei mesi. Mi manca un solo test, però c’è sempre un piccolo rischio.»
«Come ti senti?» domandò Mac.
La risata di Tony fu quasi isterica. «In che senso? Parli del test dell’HIV? O ti riferisci all’aver perso il mio ragazzo per la seconda volta? A te che mi hai regalato il sesso migliore della mia vita? O all’aver visto Marty mentre veniva ucciso? Cosa?»
«La commozione cerebrale?» suggerì Mac in tono dolce.
«La testa mi fa un cazzo di male,» ammise Tony. «Ma prima non me ne ero neanche reso conto. Grazie al cielo non ho la nausea e so bene chi siamo noi due. Niente vista sdoppiata.»
«Bene.» Mac allungò un braccio per prendere i medicinali, liberandosi per mettersi seduto. «Devi prendere altro ibuprofene.» Tony si sostenne con un gomito, gemendo appena, e mandò giù le pillole con l’acqua prima di crollare di nuovo a pancia in giù.
«Mi vuoi sempre qui?» chiese Mac.
«Sì,» rispose Tony, la faccia sprofondata nel cuscino. «Mi sento tutto irrigidito e non nel senso buono del termine.»
«Se vuoi posso andare sul divano, così hai più spazio,» suggerì Mac.
La mano di Tony si allungò svelta e lo afferrò per il polso. «Non ti azzardare, cazzo.»
Mac si risedette, gli occhi su di lui. Tony rimase immobile per un lungo momento, poi Mac notò che le sue spalle stavano tremando. Con esitazione, sfiorò i suoi capelli scuri. Tony sollevò la testa per guardarlo. Il suo viso era umido.
«Marty è davvero morto, non è così?»
«Sì.»
«Merda,» sussurrò Tony prima di aggiungere: «Rimani con me?»
«Okay.» Mac prese gli impacchi di ghiaccio. «Tieni, prova con questi.» Adagiò il ghiaccio sopra i punti sulla nuca di Tony e sulle escoriazioni della gamba.
Tony sibilò al contatto col freddo, ma non volle togliere gli impacchi quando Mac stava per farlo. «No,» disse. «Vanno bene, grazie.»
Mac si sdraiò. «Ora dormi. Io sono qui.»
La sveglia interna di Mac lo traghettò fuori da un sonno agitato. Allungò a tentoni una mano verso sinistra e le sue nocche si scontrarono con un comodino sconosciuto. Spalancò gli occhi e si bloccò un attimo cercando di orientarsi. Sono a casa di Tony. Nel letto di Tony.
Voltò la testa e strizzò gli occhi. La radiosveglia segnava le sei del mattino. Mac imprecò a bassa voce tra i respiri. Era ora di alzarsi, andare al lavoro e pregare di arrivare finalmente a una svolta in quell’indagine. Si tirò a sedere piano e si distese per accarezzare con un dito il lungo braccio adagiato sopra le coperte accanto a lui.
«Ehi, lazzarone. È tempo di svegliarsi di nuovo.»
«Mmm?» bofonchiò la voce di Tony. Poi aggiunse, più forte: «Ahia, merda!»
«Direi che devi proprio imparare a muoverti più lentamente,» disse Mac sgarbatamente, stupendosi di se stesso.
Si rese conto di essere arrabbiato e nervoso, pronto per abbandonare il ruolo di infermiere. In che cosa si era immischiato? Nella cruda realtà della mattina la forte connessione che aveva provato nei confronti di Tony quella notte sembrava essersi trasformata in una camicia di forza troppo stretta. Aveva confidato a quel ragazzo cose che nessun altro al mondo sapeva, cose per le quali aveva lavorato sodo e aveva dato il massimo affinché rimanessero nascoste. Doveva essere diventato matto. Tutto ciò che sapeva era che doveva mettere un po’ di distanza. Subito.
«Ascolta,» disse. «Devo andare al lavoro. Se mi dici chi chiamare, posso aspettare qui finché non arriva qualcun altro a occuparsi di te.»
«Cosa?» Tony rotolò piano su un lato e si raddrizzò facendo leva sul gomito, guardandolo con occhi perplessi.
Mac uscì dal letto e gli voltò le spalle, prendendo i vestiti. «È opportuno che ci sia qualcuno con te per il resto delle ventiquattro ore successive all’incidente. Nel caso stessi male. Vorrei poterti offrire la protezione della polizia, ma è solo nei film che il budget lo consente.» Abbassò lo sguardo per allacciarsi i pantaloni e infilarsi i calzini.
«E tu cosa hai intenzione di fare?» domandò Tony. «Scopi e poi te ne scappi via?»
«Devo essere in centrale alle sette,» rispose Mac. Poi aggiunse con freddezza: «Credevo che volessi che indagassi sulla morte di Marty.»
Si scontrò con lo sguardo di Tony e desiderò di non aver mai detto quelle parole.
«Senti,» iniziò Tony, piano. «Non so che cosa ti stia passando per la testa. Ma io so che devi andare al lavoro. Non sto suggerendo niente di diverso. Dovrei comunque alzarmi e prepararmi per andare anch’io a scuola. Credo che farò tutto lentamente, stamattina.»
Mac lo fissò. «Tu oggi non vai da nessuna parte.»
«Invece sì,» ribatté Tony, cercando di raggiungere il bordo del letto. «Starò bene. Non ho nulla di rotto. Probabilmente dovrò usare il bastone che mi hai dato, ma non è che debba fare chissà quale escursione.»
«Hai una commozione cerebrale e un buco nella schiena. Inoltre, sono pronto a scommettere che non riesci a uscire da solo da quel letto.»
«Questo è tutto da vedere.» Tony abbassò i piedi sul pavimento e fece leva su se stesso per mettersi mezzo seduto, aggrappandosi al comodino. Mac si infilò le mani in tasca per impedirsi di dargli una mano. Tony appoggiò una mano alla parete e si dette una spinta per alzarsi in piedi, pur non potendo scaricare quasi per nulla il suo peso sulla gamba destra. «Ecco fatto,» disse a denti stretti.
«Sì, proprio come la torre di Pisa. Non fare l’idiota. Torna a letto.»
Tony lo fissò. «Tu devi andare al lavoro, sbirro grande e grosso. Farò a modo mio.»
«Finirai per cadere col culo per terra e trasformare quella commozione in una frattura cranica,» sibilò Mac. «Gesù!» Si avvicinò e afferrò il gomito di Tony quando il primo tentativo di muovere un passo da parte del ragazzo fu sul punto di trasformare la sua previsione in realtà.
Gli occhi luminosi di Tony si rivolsero a lui. Mac riusciva a sentire il calore di quel corpo anche attraverso i propri vestiti. C’erano abrasioni ovunque sulla pelle chiara del giovane e la sua gamba tremava appena.
«Andiamo.» Mac si sforzò di usare un tono più dolce. Non aveva tempo per discutere. «Perché poi dovresti andare a scuola? Lo capisci, sì, che qualcuno della scuola ha cercato di ucciderti e potrebbe essere lì ad aspettarti per finire il lavoro?»
«Sì, lo capisco bene.» Tony si divincolò e si trascinò verso il bagno. «Voglio che mi veda e che capisca di aver fatto cilecca. Voglio vederlo. Voglio guardare tutti quanti negli occhi per accorgermi di chi si stupirà di vedermi lì. Per capire chi sembrerà preoccupato o colpevole.»
«Tutti ti guarderanno stupiti,» gli fece notare Mac, seguendolo, «se te ne vai in giro camminando come Frankenstein e con la testa mezza rasata.»
«Rasata a metà?» chiese Tony, girandosi per guardarsi allo specchio. «Non mi sembra poi tanto male. In ogni caso, era il mostro di Frankenstein a zoppicare. Frankenstein era lo scienziato.»
Alzò la testa e, nello specchio sopra il lavandino, i suoi occhi incontrarono quelli di Mac alle sue spalle. Per un attimo, Mac rivide davanti a sé ciò che era accaduto la notte prima, quel corpo che lo risucchiava, lo sguardo carico di desiderio. Dall’espressione che aveva sul viso, capì che Tony stava pensando la stessa cosa. Mac distolse lo sguardo.
«A mio avviso, faresti meglio a stare a casa,» disse in modo sprezzante. «Ma la pelle è tua.»
«Si tratta anche del mio lavoro. Inoltre, ho appena avuto il permesso di leggere Deadline di Chris Crutcher ai miei ragazzi di prima. Credo che un paio di loro ne abbiano davvero bisogno. Se non mi presento, temo che un supplente gli farà iniziare Dickens e finiranno per rapportarsi a Miss Havisham e Pip, invece che a Ben e Dallas.»
«Una vera tragedia,» commentò Mac, acido.
«Ehi, il mio lavoro è importante quanto il tuo,» puntualizzò Tony. «Si può sapere che diavolo hai tu stamattina? Mi hai scopato. Non sono di tua proprietà e nemmeno voglio che sia così. Non sei nemmeno obbligato a tornare. Perciò smettila di sparare a zero su di me.»
Mac aprì la bocca per scusarsi, ma non ci riuscì. Se ne andò in cucina. Preparare il caffè non sembrava difficile, con il cono e i filtri. Accese il bollitore.
«Ti va del caffè prima che andiamo?» chiese.
«Cosa?» gridò Tony dal bagno. «Cazzo, la mia testa. Ricordami di non urlare.» Entrò nella stanza ancora nudo, muovendosi in modo leggermente migliore, sebbene l’andatura zoppicante fosse evidente e lo costringesse ad appoggiarsi. Guardò Mac mentre cercava le tazze nell’armadietto. «E, dimmi, dove diavolo credi che andremo?»
Mac prese antidolorifici e antibiotici dai flaconcini sul bancone e mise le pillole accanto a una tazza. «Se vuoi proprio andare a scuola, ti accompagno. Non pensarci neanche a guidare con una commozione cerebrale e la gamba conciata in quel modo.»
«Gesù, Mac,» sbottò Tony, «rallenta. Guardami.» Ma gli occhi di Mac rimasero fermi, a fissare l’acqua bollente che colava lentamente. Tony lo raggiunse zoppicando e gli toccò il braccio. «Mac, guardami.»
Mac rimise il bollitore nella base e si voltò. I piedi di Tony erano pallidi come il resto del suo corpo, solo lievemente spruzzati di peluria scura, lunghi e arcuati. Aveva un debole per i piedi degli uomini, cosa che a pensarci bene lo rendeva un po’ perverso… Le dita di Tony gli sfiorarono il mento per sollevarlo e permettere ai loro sguardi di incrociarsi.
«Che cosa c’è, ragazzone?» chiese Tony con dolcezza. «Stai decisamente dando di matto.»
Mac scosse la testa. Non voleva confidarsi. Gli occhi di Tony erano di un blu intenso, spalancati, in attesa. Lui, invece, chiuse i suoi. Il bollitore emise un piccolo suono, raffreddandosi nella sua base. Riusciva a sentire il lieve respiro di Tony. Il ragazzo era semplicemente in attesa, non lo stava pressando. Alla fine disse: «È la prima volta che lo faccio.»
«Che cosa?»
«Questo. Non ho mai trascorso una notte intera con un altro uomo. Non ho mai fatto sesso prima d’ora con uno che conoscesse il mio nome.»
«In realtà non lo hai ancora fatto.» La voce di Tony aveva una nota scherzosa.
Mac spalancò gli occhi. «Che intendi dire?»
«J. MacLean. Non so per che cosa stia quella J.»
«Jared.»
«Ehi, ora sì che ci siamo. Jared. Mi piace.»
«A me no,» ribatté Mac, secco. «Jared è il ragazzo dal quale sono scappato lasciando Chicago.»
«Allora non lo userò.» Le parole di Tony furono pronunciate con dolcezza. «Mac, di che cosa hai paura ora?»
«Non sono dichiarato. E non lo sarò mai.»
«Mai è una parola grossa. È per via del tuo lavoro? So che ci sono poliziotti che hanno fatto coming out.»
«Certo. E non possono mai essere sicuri, se si trovano nei guai, se la persona che deve coprirgli le spalle li aiuterà davvero o se invece rimarrà a guardare e poi raccoglierà i loro cocci. Dopo non è più lo stesso. Il dipartimento è come una grande famiglia, ma se sei gay… tanti poliziotti dicono che non importa, ma poi ti tengono a distanza. Altri invece sperano che qualche malvivente ti spari in fronte al primo blocco stradale. Il dipartimento è l’unica vera famiglia che ho. Se faccio coming out, perdo metà di loro.»
«Ma come puoi chiamarla famiglia,» chiese Tony, «se non sanno nemmeno chi sei davvero?»
«Conoscono la maggior parte di me, quella importante. E poi c’è Brenda,» rispose pronto Mac. Doveva far capire a Tony come stavano le cose, perché fosse così importante per lui.
«Brenda è l’unica parente che è venuta al funerale di Mai. Ero uno straccio, tra il lavoro, Anna e le esigenze di Mai. Credo di non aver mai dormito più di due ore di fila per mesi. Di giorno veniva un’infermiera, ma poi era tutto su di me. Saltuariamente mi aiutava la moglie di un amico, ma niente di più. E Mai non vedeva di buon occhio gli estranei. Anna soffriva di coliche. Sono sicuro che percepisse tutta la tensione che c’era in casa. Dio, ero dimagrito tredici chili e avevo paura che mi venissero le allucinazioni per la mancanza di riposo.
Brenda si offrì di prendersi cura di Anna, in cambio di soldi che potevo permettermi a malapena. Era rimasta vedova e non avevano molto da parte. Non aveva un lavoro, né grandi capacità. Ma sapeva come badare a un bambino. Ma c’era la trappola, ovviamente. Brenda è molto religiosa e sa contare. Aveva capito che Anna era stata concepita nel peccato. Disse che non credeva che le colpe dei padri dovessero per forza ricadere sui figli. Anna era innocente. Tuttavia, non mi avrebbe fatto entrare in casa sua se prima non avessi confessato i miei peccati e non mi fossi concesso completamente a Gesù il salvatore. Avrei potuto far visita ad Anna, ma non avrei potuto stare in quella casa con lei, fino a quando non mi fossi ripulito dai miei peccati.»
«Merda,» sospirò Tony. «E che cosa hai fatto?»
«Ho accettato,» rispose semplicemente Mac. «Per poco non mi sono inginocchiato davanti a lei per baciarle i piedi. L’ultima cosa che volevo era perdere Anna o il mio lavoro. E sono queste le due metà della mia anima. Perciò Brenda si è presa cura di Anna al mio posto. Ma quando è arrivato il momento, non ce l’ho fatta. Non sono riuscito a inginocchiarmi davanti al suo pastore e confessare di aver fatto sesso con mia moglie prima del matrimonio e non ho potuto implorare il perdono per essere salvato. Quindi ora vado a prendere Anna tutte le volte che posso, la porto fuori e passiamo del tempo assieme. Ma non posso mettere piede in quella casa. Non ho mai fatto colazione con lei. Non so nemmeno come sia la sua camera. Non le rimbocco le coperte prima di dormire.»
«E se facessi coming out…»
«Brenda mi porterebbe via Anna oppure…»
«Non può, ragazzone,» protestò Tony. «Siamo nel ventunesimo secolo. Essere gay non ti rende un padre inadeguato.»
«Lo so. Ma se non mi porterà via Anna, se ne andrà. Anna perderebbe l’unica madre che ha mai davvero conosciuto e io tornerò al punto di partenza, incapace di gestire lavoro e figlia.»
«Non è detto che lo faccia,» suggerì Tony. «Potrebbe semplicemente continuare a non farti entrare in casa.»
«Sii realista,» disse Mac aspramente. «Quella è stata la sua reazione all’aver fatto sesso prima del matrimonio con una donna che poi ho sposato. Scopare regolarmente altri uomini nel culo credo proprio che sarebbe tutta un’altra storia.»
Tony annuì in silenzio.
«Non lo farò,» ripeté Mac. «Non farò mai coming out.»
«Non preoccuparti,» replicò Tony. «Il tuo segreto è al sicuro con me. E non ti lancerò frecciatine né farò battutine. Te lo prometto. Non devi aver paura che qualcuno venga a scoprire che hai passato la notte qui. Non farò nulla che possa inavvertitamente buttarti giù da quel cornicione su cui ti trovi.»
Mac annuì. Non poteva chiedere di più, solamente che il rischio che aveva corso sparisse senza mandare in frantumi il suo mondo. Poteva fidarsi di Tony, ne era certo.
«Okay,» disse Mac. «Grazie per… aver capito. Mi spiace se… mi sono comportato male con te.» Indicò la camera con il mento. «Perché non vai a vedere se trovi dei vestiti che riesci a mettere senza sforzarti troppo?» Mentre guardava Tony zoppicare verso la camera da letto, nudo, Mac capì che la cosa che lo spaventava di più, nel profondo, fosse quanto desiderasse buttarsi da quel cornicione.