XIV

«Insomma, si può sapere che fu?» lo aggredì Marò.

«Te l’ho detto, mi hanno tolto l’incarico… e poi mi hanno trasferito» rispose Sasà con tono insolitamente mogio.

«Sì, ma perché?»

«Per incompatibilità ambientale.»

«In pratica?»

«In pratica al cimitero hanno trovato una croce con il mio nome, poi è arrivata una busta con un proiettile dentro.»

«La verità è che ti sei fatto nuocere. Ti è piaciuto sequestrare motorini, macchine e motozappe? Ti sei divertito a sospendere comizi di destra e di sinistra indistintamente? Hai ritenuto intelligente e opportuno andare a rompere i coglioni al gestore della sala giochi? Pure la timpulata alla nipote del prefetto hai dato!»

«Senti chi parla!» scattò Sasà, gli occhi torbidi e una ruga ferina al centro della fronte.

«Che vuoi dire?» chiese lei indispettita.

«Niente, niente.»

«Si c’è cosa, parra!»

Marò aveva un’espressione volgare, come una di quelle femmine di mafia colte in flagranza di reato che arrotano le unghie e soffiano dal naso.

«Con quello che hai combinato, ti metti a darmi lezioni.»

«Guarda che io non ho fatto proprio niente.»

«Un innocente in galera, un violentatore fuori, e tu lo chiami niente? Marò, ma che minchia dici?»

«Ma che potevo fare? Senza Lobianco, il magistrato che non mi dà retta, la vedova che minaccia…»

«E chi sei, la principessa sul pisello, che ti ritiri offesa nella torre?»

«Sasà, meglio che vado a cucinare, la verità non sempre si può dire…»

«La verità è per noi un dovere, Marò, e quando non si riesce a fare giustizia, bisogna almeno provare a fare pulizia. Ti pare che mi piace fare multe ai motorini? Ma appena chiudi un occhio poi finisci per chiuderli tutti e due. Io sequestro le motozappe, ma tu lasci un porco in libertà.»

«Sei ingiusto con me, io non potevo lottare contro tutti», Marò se ne andò in cucina, stava per piangere e non voleva che Sasà se ne accorgesse. Lui le corse dietro e cominciò a strattonarla per un braccio, urlando: «Sei una cretina Marò, tu avevi il dovere di lottare».

«Sì, come Don Chisciotte o come te, scimunito!»

«Aveva ragione Lobianco» disse lui abbassando la voce, ma non per non farsi sentire, semmai per conquistare tutta l’attenzione. «Non sei portata per questo mestiere.»

Marò trasalì: «Ah sì? E che dovrei fare secondo te e Lobianco, pace all’anima sua?».

Sasà si mise le mani ai fianchi, annacò il bacino e con la voce in falsetto: «Be’, sei graziosa, hai fisico, dovevi andare al ministero e fare carriera…».

«Invece tu, con quel carattere di merda che hai, ti ritroverai a controllare permessi di soggiorno alle serve dei palermitani cosiddetti perbene!»

«Vero è. Ma non è per il mio carattere, né per la timpulata. È che la nipote del prefetto, quella della discoteca, doveva acchiapparlo lei Incognito, così le daranno subito una bella promozione, vedrai che sarà lei il nuovo questore di Palermo. I pesci del mare sono destinati a chi se li deve mangiare.»

«Minchiate Sasà, ti sei fatto nuocere.»

«E tu invece ti sei arresa, vigliacca!»

Marò non ci vide più, prese il piatto con le olive e glielo lanciò contro. Immediata la reazione di Sasà, che le diede uno schiaffo violento. La guancia bruciò insieme all’anima. Il suo orgoglio ferito gridava vendetta, Marò alzò il braccio pronta a colpirlo, ma lui fu veloce e la bloccò mentre le sue dita stavano per sfiorargli le labbra. Sasà le aveva afferrato il polso e lo stringeva forte. Fu in quel momento che alla radio passò la notizia dell’arresto del boss: “Brillante operazione della Catturandi di Palermo, che, guidata dalla dottoressa Maria Cancellieri, ha arrestato nella campagna di Tummina Pinuzzo Incognito, capo della famiglia dei tumminesi, latitante da vent’anni. Al momento non si conoscono i particolari dell’operazione…”.

«Che ti avevo detto?» Sasà allentò la presa sul braccio di Marò, pareva volesse lasciarla andare. Ma cambiò idea, avvicinò la mano di lei alla bocca e prese a succhiarle le dita con voracità. Sembrava un bambino che cerca consolazione nel ciuccio. Durò poco quella suzione innocente, perché, a contatto con la pelle profumata di Marò, Sasà si eccitò terribilmente.

Le lacrime presero a scorrere dai suoi occhi chiusi per pudicizia, l’avvinghiò e cominciò a stringerla con determinazione, dando libero sfogo a un desiderio da troppo tempo represso. Marò non ebbe il tempo di pensare, il suo corpo reagì prima di lei e aderì per intero a quello di Sasà.

Era caldo, forte, intrecciato col ferro filato. Caddero sul divano. Furono morsi, pizzichi, baci, lui le strappò il vestito, la girò e fu dentro di lei. Marò, come una leonessa in calore, allungò il collo, si offrì alle sue carezze rapaci e, godendo di quel contatto violento, si arrese.

Brioche

Ingredienti

Farina bianca

Lievito di birra

Zucchero semolato

Latte intero

Uova intere

Burro

Miele

Marsala

Sale

Un tuorlo e latte intero per spennellare

Procedimento

Mescolare farina, lievito e zucchero. Aggiungere il latte. Unire lentamente le uova e lavorare fin quando l’impasto sarà liscio e omogeneo. Aggiungere il burro morbido e poi il miele, il Marsala e il sale. Lavorare ancora per qualche minuto, formare una palla e mettere a lievitare per un’ora.

Ricavare dalla pasta palline grandi quanto una piccola arancia e altrettante di diametro inferiore (serviranno per il tuppo). Con il pollice creare nelle palline più grandi una depressione al centro, in modo da adagiarvi quelle più piccole. Ricoprire con pellicola da cucina e far lievitare per circa due ore (il volume deve raddoppiare). Spennellare la superficie delle brioche con il tuorlo sbattuto e il latte, infilare in forno preriscaldato a 200° per dieci–quindici minuti. Non appena le brioche saranno colorite, spegnere e completare la doratura in forno.

La difficoltà di questa ricetta è tutta nel processo di lievitazione: sia per quanto riguarda il tempo, doppio e lungo, sia per la temperatura, che deve essere tiepida d’inverno e fresca d’estate.