21

 

Con l’arrivo dell’estate Berenice aveva preso l’abitudine di salire al maniero una o due volte la settimana. Dopo il rovinoso crollo del pavimento di uno dei saloni, erano state inchiodate delle assi alla porta per impedire di accedere all’interno e un grande cartello con la scritta VIETATO ENTRARE campeggiava vicino a quello che era stato l’ingresso principale.

Eppure, sebbene l’anima del maniero si fosse in parte sgretolata e visto dall’esterno l’edificio desse la curiosa sensazione di essere imbavagliato, esso si ergeva ancora in tutta la sua dignità sullo sfondo azzurro del cielo, quasi sfidando il distruttivo e oltraggioso infierire del tempo. Perché nonostante i secoli di incuria, i muri di pietra resistevano con l’indomita fierezza di un decrepito gentiluomo che, vulnerabile in apparenza ma dotato in realtà di una tempra d’acciaio, non si lasciava piegare da nessuno. Anche l’inquietante mistero che vi aleggiava si era ormai dissolto, e il fantasma della giovane dama che piangendo si aggirava in cerca di riscatto si era infine allontanato in punta di piedi.

A Berenice non importava che fosse proibito introdursi nelle stanze in cui Cora aveva abitato. Le sue passeggiate avevano come meta il vasto parco circostante. Prima che il selvaggio tappeto di erbacce e le piante rampicanti lo invadessero, doveva essere stata una riposante oasi verdeggiante. Lo era ancora, tutto sommato. L’angolo nascosto e assolutamente indisturbato che era riuscita a scovare proprio agli estremi confini della tenuta, chissà perché suscitava in lei un’inspiegabile e piacevole sensazione di calma interiore che induceva il suo cuore a riconciliarsi con i ricordi non proprio idilliaci dei mesi precedenti. Vibrava un qualcosa di profondamente mistico nella raccolta e silenziosa radura tra gli alberi, e Berenice, appagata da quella solitudine e del tutto a suo agio, vi restava volentieri fino al tramonto, diventando lei stessa un elemento integrante del magnifico scenario della natura, mentre i suoi pensieri divagavano pigri.

Naturalmente Drake Wilton ne era il fulcro.

Nella pittoresca cornice di luoghi considerati magici dalle credenze popolari e dalle leggende, superando in virtù di un comune scopo i conflitti personali, lei e Drake avevano vissuto un’avventura che per alcuni aspetti andava oltre le rigide barriere della realtà, assolutamente inconsapevoli delle sconvolgenti rivelazioni che li avrebbero attesi al varco. Solo, Berenice non aveva previsto una simile conclusione del suo rapporto con Drake e ancora non si capacitava che lui, di punto in bianco, l’avesse lasciata accampando delle scuse inverosimili.

Ma non si poteva costringere un uomo a restare legato a una donna alla quale, almeno in apparenza, premeva maggiormente la propria emancipazione che non un normale rapporto sentimentale. Inoltre era assolutamente impensabile indurre un tipo come Drake ad amare per forza. Certo, la desiderava, anche se solo fisicamente... perché lui l’aveva desiderata, di questo era più che sicura. La passione che avevano condiviso era stata troppo intensa per essere simulata.

Non era l’unica a rimpiangerlo, ovviamente.

Le altre signore Lovati erano rimaste sconcertate dall’improvvisa decisione di partire di Drake Wilton. Lui era il pifferaio magico e le aveva incantate dalla prima all’ultima con quel suo contagioso magnetismo e con la sua maschia vitalità. No, nessuna di loro avrebbe mai voluto che l’americano se ne andasse dalla villa. Accennavano a lui di continuo e con accenti rammaricati, persuase di vederlo ricomparire alla loro porta, presto o tardi.

Non Berenice, tuttavia.

Drake temeva forse di alimentare illusioni, così non si era preso neppure il disturbo di spedire degli impersonali saluti. Una simile indifferenza le faceva capire in modo esplicito che non doveva coltivare speranze perché lui non aveva intenzione di tornare...

Il secco spezzarsi di uno sterpo nelle immediate vicinanze riportò di colpo Berenice al presente. Si raddrizzò di scatto e fece correre lo sguardo tutt’intorno, allarmata dall’eventuale intrusione di estranei in quel luogo deserto dove ormai era solita sostare.

Quando riconobbe l’uomo alto e dinoccolato che, simile a un miraggio, la fissava da qualche metro di distanza con un sorriso impudente, le sfuggì dalle labbra un suono inarticolato che risuonò tra loro come un liberatorio grido di esultanza. Perché era così che si sentiva in quel momento: esultante come un bambino che il giorno di Natale riceve un regalo a lungo anelato! Il semplice vederlo le annodò lo stomaco in un groviglio di violente emozioni e sentì divampare un’euforia che nulla, nemmeno il pensiero che fosse solo di passaggio, riuscì a contenere. Si accorse vagamente dell’anomalo silenzio che a un tratto era calato nella radura: non si sentivano più l’incessante frinire delle cicale e il confuso cinguettio degli uccelli. Perfino il tempo sembrava essersi fermato, restando sospeso tra Berenice e Drake che, immobili nella brillante luce di quel pomeriggio estivo, si fissavano con intensità quasi insostenibile.

«Drake...» fu tutto ciò che lei poté mormorare, mentre il suo sguardo incredulo indugiava sulla muscolosa figura di lui. Non si era quasi resa conto di essere balzata in piedi, sopraffatta da un’ondata di felicità così prevaricante da respirare con affanno. Negli scompigliati, biondi capelli che il sole accendeva di riflessi dorati, c’erano dei fili d’erba che la rendevano simile a una fata dei boschi che d’improvviso si fosse materializzata tra cespugli di serenelle e matasse aggrovigliate di spinosi rovi.

Drake indossava pantaloni color kaki e una camicia bianca sbottonata sul petto, com’era sua abitudine. L’ampia tesa del cappello da cowboy gli ombreggiava gli occhi scuri, ma la bianca dentatura balenò tra le labbra quando accentuò il sorriso. Poi ruppe gli indugi, scagliò lontano il copricapo e a rapide falcate raggiunse l’attonita Berenice. Senza dire niente l’attirò tra le braccia e la baciò con un impeto che rasentò la brutalità, ricreando all’istante il vertiginoso, esclusivo incantesimo che nessuno dei due aveva dimenticato.

«Berenice...» bisbigliò rauco sulle dolci, arrendevoli labbra di lei.

«Drake, non sei un sogno, vero?»

«E tu, Berenice?»

«Drake...» ripeté lei, «non riesco quasi a connettere, sai?»

Lui la fissava con occhi penetranti. «Bene, se questo ti impedisce di insultarmi, meravigliosa, indimenticabile strega che si è insinuata nel mio cuore e vi ha piantato radici.»

«Radici? Davvero?»

«Sì, e a tal punto tenaci da non essere capace di estirparle.»

«Dio, non puoi immaginare quanto abbia atteso che tu...» Lei non poté continuare, troppo scombussolata per poter esternare in modo coerente tutti i pensieri che le si affollavano nella mente. Il cuore batteva colpi convulsi e il sangue le vorticava nelle vene come le rapide di un fiume gonfiato dalle piogge.

«E tu non immagini quanto sia impaziente di sentirti contro di me, di accarezzarti la pelle, di farti mia e di legarti a me per sempre.» Tacque brevemente e con lo sguardo percorse il corpo di lei. Indossava un fresco abito di cotone turchese con dei minuscoli papaveri ricamati sui bordi, scollato quanto bastava per stuzzicare la fantasia di un uomo. Era leggermente dimagrita ma bella come ricordava. Le sfiorò le spalle tornite con i pollici, mentre nel profondo gli esplodeva quel disperato bisogno di lei che nulla e nessuno potevano soffocare. Allora le piegò indietro la testa e posò le labbra sulla sua pelle, percorrendo con tocchi lievi l’arco del collo prima di consumarle la bocca morbida in un bacio ardente che le strappò uno strozzato gemito di piacere. Un gemito che lo scosse fino al midollo perché era la manifestazione evidente di un desiderio altrettanto spasmodico, e che parve riecheggiare anche in lui, eccitandolo come se fosse un ragazzino alla sua prima cotta. Non che lo stupisse che Berenice provasse quel genere di trasporto... Lei era tutta passione e slanci e il suo viso rifletteva una gamma di stati d’animo che non era difficile interpretare. Tremavano tutti e due allorché, racimolata la forza di ritrarsi dalla sua bocca, le consentì di respirare.

«Drake, da... da dove diamine spunti?» Berenice era ancora troppo sbigottita dalla sorprendente ricomparsa di lui per poter in qualche modo dare voce agli interrogativi che le si affollavano nella mente. «Non credevo ai miei occhi quando ti ho visto sbucare dalla vegetazione come un irreale abitante della foresta. Come sapevi che ero quassù?»

«Tua nonna, tua madre e tua zia, mi pare logico.»

«Già, che sciocca a chiederlo...»

«Non intendo rovinare il nostro incontro, Berenice, ma sappi che mi hanno riservato un’accoglienza decisamente migliore della tua, se proprio devo dirtelo!»

«Migliore della mia...? Ma Drake, io non...»

«Assolutamente migliore» la interruppe, infilando le dita tra quelle ciocche bionde che parevano lucida seta. «Perfino Argia si è molto rallegrata di vedermi e per darmi il suo personale benvenuto, si è già messa davanti ai fornelli per preparare un banchetto all’altezza dell’occasione.»

Lei emise un sospiro più esplicito di qualsiasi commento e gli cinse il torace con le braccia, appoggiando il viso sul petto di lui con un gesto di tale abbandono da indurre Drake a stringerla con furia incontenibile, senza pensare che avrebbe potuto farle male.

«Ecco, così...» le disse rauco, avvertendo la pressione dei suoi seni sul torace. «Cominciamo a ragionare nel modo giusto, vero?»

«La gioia produce reazioni inconsulte e fa strani scherzi, Drake. Perlomeno a me» gli rispose Berenice con la voce ancora incrinata per le emozioni che impazzavano in lei. «Quanto al comitato di accoglienza, dopotutto sei perfettamente consapevole che quelle donne ti adorano incondizionatamente, perciò non occorre confermarti che sei il loro idolo e che stravedono per te.»

«Anche tu mi adori?» la provocò di rimando, scrutandola con uno sguardo che la fece rabbrividire di piacere. Era ricomparso il suo senso dell’umorismo e gli illuminava gli occhi scuri.

«Dove sei stato, Drake? Credevo di non rivederti più.»

«Femmina di poca fede» borbottò, tirandola a sedere sull’erba e guardandola con quella espressione di possesso che provocava la pelle d’oca a Berenice. «Ma anche una delle poche donne con il coraggio dei propri sentimenti.»

«Perché te ne sei andato?»

L’uomo si lasciò cadere all’indietro sull’erba e incrociò le mani sotto la nuca. «Innanzi tutto dovevo incontrare Joseph Howard, l’ex marito di Amy, a Londra, e parlargli di ciò che era accaduto. Ho così scoperto che i miei rimorsi per averla indotta, anche se involontariamente, a divorziare da lui, non avevano ragione di esistere. Joseph ha divorziato perché lei pretendeva di essere libera di stare con chi voleva, conservando però i suoi privilegi.»

«Non mi pare un comportamento molto onesto.»

«Già, soprattutto perché, allo scopo di sbarazzarsi del marito in modo sbrigativo, Amy aveva addirittura cercato di avvelenarlo con l’arsenico» la ragguagliò Drake.

«Mio Dio!»

«Fortunatamente Joseph se ne è accorto prima che i danni fossero irreparabili e, da rispettabile signore qual è, ha preso le opportune contromisure. Per quel che mi concerne non nutre rancore e mi ha anzi confidato che Amy risentiva di problemi psichici fin da bambina.»

«Sarebbe a dire che era davvero pazza?»

«Proprio pazza no, ma soffriva periodicamente di squilibri mentali che i suoi genitori avevano taciuto allo stesso marito. Inoltre, non sono stato l’unico uomo con il quale aveva avuto una relazione, anche se nei miei riguardi sembra che avesse un attaccamento maggiore di quello provato verso chi mi aveva preceduto.»

«Dava in effetti l’impressione di essere innamoratissima di te.»

«Probabilmente ne era convinta lei stessa. Suppongo che dipendesse essenzialmente dall’orgoglio. Deve essere stato un vero affronto essere scaricata da un amante che credeva di tenere in pugno! Joseph mi ha detto che avrei dovuto aspettare che fosse lei a stancarsi di avermi attorno, ma io ormai non ne potevo più del suo frivolo egocentrismo e della smodatezza dei suoi atteggiamenti. Se non l’avessi lasciata, sarebbe stata Amy a farlo quanto prima, puoi scommetterci. Era volubile, sentimentalmente parlando. Apprendere tutto questo dal buon Joseph mi ha tolto un enorme peso dallo stomaco. Si convive male con i sensi di colpa, te lo assicuro, e per quanto Amy fosse instabile mentalmente, le ho pur voluto bene, dopotutto.»

«Ne sono persuasa.»

«Sistemata la questione con Joseph, restava l’anello.»

«L’anello? Che vuoi dire, Drake?»

«C’erano delle leggende su quel fantastico rubino. Joaquin dice nel suo quaderno di memorie che era un talismano...»

«Non mi hai permesso di leggerlo» lo interruppe Berenice, suo malgrado incuriosita, «e non capisco perché.»

«Semplicemente perché lui scrive in spagnolo, ma se ti interessa puoi farlo quando vuoi.»

«E racconta che l’anello era un talismano?»

«Sì, a quanto pare.»

«Che storia intrigante!»

Lui si accigliò. «Non proprio. Lui racconta che qualcuno cercò ripetutamente di ucciderlo per impadronirsene a ogni costo. Così, quando mi spararono e rimasi ferito, fui attraversato dal dubbio che una sorta di maledizione connessa al rubino fosse ricaduta su di me.»

«Ma non l’avevamo ancora ritrovato, Drake.»

«Questo è vero, ma ho pensato che forse ero già soggetto alla sua influenza, quale che fosse, per il fatto stesso che ne ero ossessionato, e stavo tentando di recuperarlo, ovunque fosse. Come tu e io abbiamo poi appurato, le ragioni di quel micidiale tiro a segno erano ben altre, ma non ti nascondo che dentro di me albergava ugualmente una certa inquietudine.»

«Ti sei lasciato condizionare a sproposito, dunque.»

«Be’, non si sa mai quale malefico potere possa emanare da certi oggetti, no?» Drake fece un sogghigno e aggiunse: «Ci tengo alla pelle, soprattutto ora... E chi ha orecchie per intendere, intenda!».

«Cos’è, un’altra delle tue romantiche dichiarazioni?» ritorse lei con espressione divertita.

«Puoi giurarci! Riguardo all’anello, ci ho rimuginato sopra con calma, e benché in definitiva fosse un’ipotesi da escludere, ho voluto assicurarmi al cento per cento che non potesse succederti alcunché di male, Berenice. Tengo come neppure immagini all’incolumità di chi amo. Oltre che alla mia, naturalmente. Pertanto, che il rubino costituisse una minaccia o meno nei tuoi o nei miei confronti, ho preferito neutralizzarlo con i miei sistemi.»

«Viceversa, non soltanto nessuno era sulle tracce del rubino, ma chi mai avrebbe anche solo sospettato che languisse da due secoli nella soffitta dei cugini Lovati?» commentò Berenice.

«A proposito di Dosolina e Calisto, sarai lieta di apprendere che i miei legali hanno concluso le trattative inerenti alla loro casa a Milano e che ora, saldati debiti con le banche e i creditori, appartiene a te.»

«La casa di Dosolina e Calisto è... è mia?!»

«Non avrei mai permesso che finisse in mano di sconosciuti.»

«Drake! Mi lasci a corto di parole.»

«Ho ritenuto giusto includerla nell’eredità familiare di voi Lovati, constatato quale fondamentale rilevanza ha rivestito tale abitazione nella ricostruzione delle vicende di cui ci siamo occupati.»

Gli accarezzò il viso abbronzato e lo fissò con un sorriso riconoscente. «I cugini hanno trovato in te un angelo custode.»

«Gli angeli sono due, visto quello che a tua volta fai per loro» ribatté lui.

L’entità delle ipoteche e dei debiti che nel corso degli anni si erano accumulati sulle spalle dell’anziana coppia non era alla portata del portafoglio di Berenice, che tuttavia provvedeva al loro mantenimento con un cospicuo vitalizio. «Figurati» si schermì lei. «Piuttosto, che cosa dicevi dell’anello?»

«Secondo le antiche pergamene e i libri da me consultati, si tratta di un simbolo che rimanda al culto della Grande Madre, un’antichissima religione che esalta la dignità femminile e che è attestata in molte civiltà del passato. Le sue sacerdotesse, che dovevano mediare tra umano e divino, ma anche garantire la fertilità delle adepte, si tramandavano l’anello di generazione in generazione. Il rubino rappresentava in sostanza il sangue versato dalle figlie di Eva non solo per il fatto che generavano e partorivano la discendenza degli uomini, ma anche quando sceglievano di immolare la vita per amore o per qualche altra valida causa. Naturalmente, parlando di sacrificio, mi riferisco a ogni forma di sopraffazione affrontata dalle donne nei secoli passati, incluse le persecuzioni religiose.»

«Alludi alle streghe?»

«Sì. Vittime dell’ignoranza e della superstizione, subirono violenze di ogni genere. L’intolleranza verso chi veniva ritenuto in combutta con il demonio, fece sì che ci si accanisse contro delle innocenti.»

«È terribile che un gran numero di donne abbia pagato un prezzo così alto per affermare l’ideale della nostra emancipazione.»

«Hai ragione. Quanto al favoloso rubino, che essenzialmente ha un valore esoterico, era ambito come straordinario talismano perché si credeva che oltre a rendere invulnerabile chi lo possedeva, permettesse altresì di far trovare il vero amore. In epoche remote venivano innalzati templi per il Culto della Dea, o Principio Femminile che dir si voglia, e l’anello, sul quale sono incise antichissime formule propiziatorie, era destinato alle sacerdotesse, alle quali veniva consegnato durante la loro consacrazione. È mia opinione, comunque, che si sia favoleggiato troppo e a sproposito su questo gioiello, e che si tratti semplicemente di suggestive leggende buone soltanto per gli sciocchi, e credo di non sbagliarmi.»

«Nessun portentoso potere, quindi? Neppure quello di far incontrare l’anima gemella?»

«Chissà... secondo me faceva gola perché avrebbe fruttato una somma enorme alla persona che si fosse accaparrata una gemma del genere.»

Berenice assentì. «Ammetto che non avevo mai posato gli occhi su una tale meraviglia del creato, Drake.»

«Chissà come pervenne alla donna che lo donò a Joaquin.»

«Forse era davvero una strega, non pensi?»

«A prescindere da questo, non mi sembra che abbia prodotto i benefici sperati a chi lo ha avuto in custodia. Adonella fu bruciata sul rogo e Cora perì di morte violenta. Joaquin ebbe a soffrire per amore per tutta la vita, Baldassarri fu incenerito da una folgore e Filippo lo seguì poco dopo nella tomba... Non so che cosa ne pensi tu, ma per me un talismano non provoca una tale sequela di disgrazie.»

«Sembrerebbe in effetti fautore di sventure» convenne lei. «Trovo però affascinante il Culto della Dea... e credo che potrei inserire queste interessanti informazioni nel libro che ho iniziato a scrivere su Cora.»

«Hai dunque accantonato le favole per dedicarti alla biografia della tua antenata?» le domandò Drake.

«Solo temporaneamente: era imperativo da parte mia riabilitare la memoria di Cora. Ma spiegami ancora di questo culto, Drake.»

«Posso solo dirti che nei secoli passati si organizzavano dei raduni annuali durante i quali le seguaci della Dea si ritrovavano. I raduni avvenivano nei solstizi d’estate e d’inverno, e le cerimonie si svolgevano nella massima segretezza in luoghi reputati sacri o comunque carichi di spiritualità, nei boschi o dovunque le sacerdotesse indicassero. Sempre che le condizioni atmosferiche consentissero di officiare all’aperto, altrimenti i riti venivano celebrati nei templi eretti in onore della Dea, protettrice delle discendenti di Eva.»

«Tutto questo è incredibilmente suggestivo.»

Drake sorrise. «Non ci sono informazioni dettagliate, ma sembra che si accendessero grandi fuochi e che le donne danzassero durante il plenilunio invocando dalla Dea i doni del concepimento, dell’intuito sottile e dell’energia della trasformazione. Non so altro.»

«Adonella morì dunque a causa dell’anello?»

«Presumo di sì, perché innescò involontariamente una serie di eventi concatenati tra loro, come abbiamo scoperto. Joaquin era convinto che qualcuno fosse a conoscenza dell’esistenza del rubino, e che non esitasse a uccidere pur di averlo.»

«E dov’è ora il gioiello?»

«È stato venduto all’asta qualche settimana fa.»

«Ero persuasa che volessi tenerlo tu!»

«No, a me non interessava e se l’è accaparrato il miglior offerente, ossia un museo di New York che rincorreva il Talismano della Dea per ciò che rappresenta storicamente. Ora lo si può ammirare senza rischi, dato che è esposto al pubblico sotto una campana di vetro a prova di ladri. Quale che sia la sua prerogativa, la teca lo isola totalmente dall’esterno, perciò è del tutto innocuo, no? In cambio ne è stata ricavata una somma così ingente da permettermi di creare una fondazione a favore dei bambini meno fortunati, che avranno l’opportunità di poter studiare e distinguersi nella vita quanto i ragazzi che vivono in una situazione favorevole. Tutti hanno il diritto di diventare qualcuno, nella vita.»

«Oh, Drake, non avresti potuto optare per una migliore destinazione!»

«Sì, vero? Ma c’è ancora un’altra cosa da fare...»

«Cioè?»

«Vuoi sposarmi, Berenice?»

«Sposarti?» lo guardò con un’espressione così trasecolata che lui scoppiò a ridere. «Ma ne sei certo, Drake? E Sagalassos? Hai detto di non essere tagliato per la vita casalinga...»

«E per che cosa credi che sia tornato? O meglio, per chi?»

«Drake, io...»

«Sono tornato per te, perché di Sagalassos ce ne sono un mucchio nel mondo, anche se si chiamano Pompei, Troia, e via dicendo...»

«Drake, volevo solo dirti che io...»

Lui le impedì di nuovo di terminare la frase. «L’archeologia mi offre le soddisfazioni professionali a cui aspiro, ma di Berenice Lovati ce n’è una sola, e io non posso vivere senza di te.»

«Io cercavo di spiegarti che ti seguirei perfino a Sagalassos, pur di non separarmi dall’uomo che amo...»

«Ti amo anch’io, strega...» Lui la tirò giù, accanto a sé, poi rotolò su di lei e la zittì con un bacio impetuoso. Poi i baci si intensificarono e con naturalezza fecero l’amore, senza immaginare che proprio lì, in quello stesso punto, duecento anni prima sorgeva la capanna nella quale Cora e Joaquin si rifugiavano in cerca di intimità.

Quando l’estasi li permeò, Berenice si lasciò sfuggire un grido che Drake smorzò affondando nella sua bocca, così come prima era affondato nel corpo di lei. Fu un abbandono delirante, che avvolse entrambi in un’unica fiammata e in un solo appassionato respiro, avvinti in un rapimento che li plasmò e li rigenerò nello stupore e nella forza del reciproco amore, sul nudo terreno e sotto quel cielo sgombro di nuvole e sbiadito dalla calura. Ma Berenice gradì che Drake la desiderasse al punto da non curarsi delle convenienze. Le piaceva che lui le avesse fatto scoprire lati di se stessa che forse non sarebbero mai scaturiti dalle pieghe più riposte del carattere. Le piaceva infine ciò che erano divenuti insieme, dandosi e offrendosi in un modo che non poteva essere espresso dalle promesse verbali. Erano reduci da esperienze sentimentali negative, ma compresero che sarebbero usciti diversi, inevitabilmente migliori e più completi, da quella vincolante comunione di corpi e anime, mentre i cuori pulsavano all’unisono. Poi restarono abbracciati nella dolcezza del tramonto, felici di essere insieme.

«Ero sicuro che sarebbe stato così con te» le mormorò Drake tra i capelli. «L’unione fisica di un uomo e una donna non è solo sesso per me... rappresenta soprattutto il contatto più vero con il Divino, la scoperta del senso più compiuto della vita.»

«Drake...?» Berenice si sfiorò la gola con la punta delle dita.

«Dio, quando fai quel gesto succede qualcosa dentro di me!»

«Qualcosa?» Lei non avvertiva alcun imbarazzo con Drake, come se condividere quel genere di intimità fosse del tutto normale, il che era assurdo, a pensarci bene. Fino ad allora tra loro non c’era stato nulla di così coinvolgente.

«Sì, qualcosa che mi è familiare anche se non so come tradurre in parole questa sensazione. È una specie di déjà vu, capisci?»

«Adesso che me lo dici, è una stranezza che capita anche a me quando mi sorridi in un certo modo. È come se si smuovessero delle reminescenze in profondità, Drake, e ne sono sconvolta... ma non in maniera negativa. Oddio, non vorrei che pensassi che Likadhema ha contagiato anche me con il soprannaturale.»

«Non lo penso affatto» la rassicurò. «Credo si tratti di un riconoscimento ancestrale che scatta solo tra noi due.»

«È esattamente quello che provo io nei tuoi riguardi... Drake, credi che tu e io siamo stati un tempo Joaquin e Cora?»

«Non lo so, ma se ero Joaquin... ho permesso che facessero del male alla donna che amavo e che per me aveva tradito i suoi voti nuziali. Lei ha subito e pagato per i peccati di ambedue con l’estremo oltraggio di una punizione culminata, dopo una penosa agonia, in una fine immeritata e prematura, mentre Joaquin la disprezzava.»

«Le circostanze erano quelle che sappiamo.»

«Anche questo è innegabile.»

«Dovremmo lasciarci alle spalle tutto questo, Drake, e volgere lo sguardo al futuro, anziché al passato. È tutto finito, amore mio, e il presente ci appartiene, finalmente.»

«Sì» concordò lui con un sorriso d’intesa che le riverberò nel cuore come una lama di luce. «E adesso vieni, torniamo a casa o tutte quelle donne Lovati verranno in massa a cercarci.»

«Più che altro per reclamare il figliol prodigo...»

«Sono pazze di me, devo riconoscerlo» si vantò Drake.

«Non potrebbe essere diversamente, d’altronde.»

«Ah, sì? Perché mai?»

«Ebbene, non sei forse il Pifferaio Magico, dopotutto?» rise lei, felice come mai si era sentita in vita sua.

Mano nella mano, s’incamminarono sul sentiero che si snodava davanti a loro senza affrettarsi ma, percorsi pochi passi, si voltarono all’unisono, quasi che un improvviso movimento alle spalle avesse di colpo attirato la loro attenzione. Tutto sembrava immutato, ma gli sguardi colsero un riflesso indefinibile, in lontananza. E forse si trattò realmente di uno strano effetto ottico, ma parve ai loro occhi che le sagome fluttuanti e indistinte di un uomo e una donna si stessero avvicinando sullo sfondo tremolante degli alberi. Poi i due scuri profili si fusero repentinamente in un’unica ombra, quasi si fossero abbracciati con l’impetuoso slancio degli amanti, svanendo infine nell’aria calda e immota del crepuscolo.

Drake e Berenice si fissarono allora con la complicità di chi non ha bisogno di sprecare inutili parole, ed ebbero la consapevolezza che gli spettri del passato si fossero allontanati, ormai pacificati, e che dietro di loro non restasse più nulla in sospeso. E quando lui si protese a cercarle la bocca per un altro intimo bacio, lei, al contrario di quel che aveva fatto fino a quel giorno, chiuse gli occhi e aprì il cuore all’amore e a ciò che il domani aveva in serbo per loro.

A infinita distanza da lì, sotto la teca di cristallo dove faceva bella mostra di sé, il Talismano sprigionò rosse scintille di luce.

La sua magia si era compiuta di nuovo.