18

 

«Se per te è lo stesso, cara, io e Calisto preferiremmo del denaro in contanti. Ti confesso che ci farebbe proprio un gran comodo.»

«... ci farebbe proprio un gran comodo» le fece eco il vecchio, che era già risprofondato nella sua confusione mentale.

Berenice assentì. La cugina non era una che girasse a vuoto intorno agli argomenti ed era andata dritta al nocciolo della questione. «Se così volete, per me non fa differenza» le rispose.

«Ti ringrazio.» L’anziana signora bevve un sorso d’acqua e continuò: «Alla mia età non saprei che farmene di quei gingilli, per quanto preziosi e particolari possano essere. Invece i soldi rappresentano l’opportunità di poter vivere con dignitosa tranquillità, senza privarci dell’indispensabile per tutto il tempo che l’Onnipotente vorrà concederci in questa valle di lacrime. Non che ne resti molto, comunque».

«... non che ne resti molto, comunque» ripeté Calisto, sorridendo vacuo ora all’uno e ora all’altro dei commensali.

«Non dovete preoccuparvi. Sarà mia premura farvi avere il dovuto quanto prima» acconsentì Berenice, risoluta a risollevare gli anziani cugini da ogni angustia economica. La vecchiaia e gli acciacchi a essa connessi erano già di per sé un greve fardello, senza che vi si dovessero sommare le privazioni. Avevano diritto un certo decoro, dopotutto. Sapeva naturalmente che si dibattevano in difficoltà di carattere finanziario e Dosolina le aveva confidato che in casa non c’era più nulla da impegnare e che sempre più spesso dovevano rinunciare perfino allo stretto necessario. Stupiva dunque l’accoglienza impeccabile che la padrona di casa aveva riservato ai suoi occasionali ospiti: in realtà, per imbandire la tavola aveva portato al Monte di Pietà l’ultimo oggetto d’oro che le restava.

Con estremo garbo per non umiliarne l’amor proprio, Berenice aveva fatto scivolare nella tasca della cugina alcune banconote di grosso taglio che si era provvidenzialmente portata da casa se non altro per ripagare in qualche modo la sua disponibilità,

Lei e Drake avevano finito per trattenersi a pranzo, informando la vivace Dosolina di quanto, con unanime sorpresa, avevano rinvenuto nella cassapanca. Erano tuttavia così impolverati, al termine della proficua escursione in soffitta, che la domestica dei Lovati si era gentilmente offerta di ripulire gli abiti che indossavano. In effetti era impensabile ripartire per Angera in tali condizioni! Così si erano dati una vigorosa lavata nelle attrezzate stanze da bagno adiacenti alle camere padronali, togliendosi di dosso polvere e sudiciume. In tempi di prosperità, i cugini avevano provveduto a far installare delle vasche dotate di rubinetti da cui sgorgava tutta l’acqua calda che occorreva, grazie a un moderno impianto che la convogliava nelle apposite tubazioni. Berenice si era beatamente crogiolata nella profumata schiuma dei sali da bagno, smaltendo la stanchezza dovuta all’alzata antelucana e al viaggio.

«Oh, sei veramente un tesoro, Berenice, devo dirtelo» approvò Dosolina, manifestando il suo compiacimento per il soddisfacente accordo raggiunto con la cugina. «Ma dopotutto i gioielli di Cora spettano di diritto a te, essendo la sua ultima discendente, anziché a noi. Calisto vive in un altro mondo e io ho smesso da un pezzo di addobbarmi come un albero di Natale. Li avessi trovati prima di oggi, ti avrei comunque consultata, cara, prima di venderli a un qualche collezionista.»

«La vostra onestà vi fa onore, ma erano in casa vostra e toccava a voi decidere. Quanto a me, in effetti ci tenevo ad averli in ricordo di Cora» ammise lei con un sorriso.

«Suppongo di essere una patetica, decrepita romantica, ma penso che Cora sarebbe stata contenta che li avessi tu...»

«Lo considero un meraviglioso regalo da parte vostra, cugina.»

«Uno scambio equo, più che altro.»

«Avete ragione. Forse la nostra ava avrebbe approvato che fossero affidati a me. Ovviamente dal punto di vista affettivo rappresentano un simbolo e considero inestimabile il loro valore...»

«Renderti contenta mi colma di piacere, anche se mi duole il cuore al pensiero della povera Cora... Che fine avrà fatto, secondo te?» La vecchia signora emise un sospiro afflitto e la sua compassione fu tale che gli occhi le si inumidirono. Era rattristata da ciò che aveva appreso da Berenice e dal suo affascinante cavaliere circa le penose traversie coniugali della loro comune bisavola.

«Non lo sapremo mai, temo» si dolse la giovane.

«Baldassarri l’avrà eliminata facendole bere un letale veleno, puoi scommetterci.» Dosolina adorava i romanzi gotici e anche quelli di cappa e spada, e avrebbe perciò voluto che l’infame marchese scontasse il fio per il male compiuto. «Avrà poi ordinato ai suoi truci scherani di far sparire il corpo seppellendolo chissà dove!»

«Le vostre sono soltanto ipotesi, cugina.»

«In realtà, mia cara, mentre tu e questo giovanotto eravate in solaio, mi è venuto d’improvviso in mente che Gaspare aveva il vezzo di annotare in un libro i fatti più significativi della famiglia.»

«Mi state forse dicendo che esiste un’aneddotica documentata sui Lovati?» Lo stupore trasparì dalla voce di Berenice.

«Finché è vissuto Gaspare, sì. Coloro che gli sono succeduti si sono limitati a registrare nascite e decessi fino a quando le truppe francesi non occuparono Milano. Ah, che banditi quei bonapartisti! Erano avidi di bottino e arraffarono tutto quello che poteva essere venduto, come mi pare di averti già detto. Sicché il diario di Gaspare fu riposto in uno scatolone con altre scartoffie ammuffite di scarso interesse, e vi restò dimenticato per oltre vent’anni. Fu mia nonna a ripescarlo nel 1821, all’epoca dei moti lombardi, quando esaminò tutti i documenti di famiglia. Nessun membro della nobiltà voleva correre il rischio di avere in casa materiale che avrebbe potuto essere giudicato sovversivo dalla famigerata polizia segreta austriaca. Non era il caso delle cronache di Gaspare, naturalmente, perché erano solo appunti particolareggiati riguardanti il nostro casato. La nonna si entusiasmò nel leggere quei resoconti, neanche si trattasse di un appassionante romanzo d’amore.»

La giovane la guardò sbigottita. «Non ne sapevo niente!»

«Oh, non me ne sarei affatto rammentata se non mi avessi messa al corrente delle vicissitudini di Cora. Certo, a grandi linee ciascuno di noi ne era informato, ma chi avrebbe potuto anche solo immaginare che lei non partì con lo spagnolo?»

«Già, eravamo tutti convinti del contrario.»

«E pensare che la fuga degli amanti destò un tale clamore a Milano da lasciare un’impronta indelebile nella storia della famiglia.»

«Dov’è il diario, Dosolina?»

«Proprio dietro di te, cara.» La donna le indicò un volume dalla logora copertina rossa posato sul ripiano della cristalliera. «L’ho sfogliato e sono rimasta attonita leggendo i commenti di Gaspare riguardo allo scalpore suscitato in città da Cora.»

«Davvero ne parla?»

«Avendo subito le ripercussioni dello scandalo, Gaspare ribolle di sacrosanto sdegno e non poteva essere diversamente, non ti sembra? Quanto al diario, fin da bambina sapevo che era stato ritrovato, e in buone condizioni per di più. Devo però ammettere che non mi ero mai presa la briga di sfogliarlo. Mi annoiavo a morte quando la nonna si metteva a parlare dei soliti avvenimenti familiari, che io trovavo poco interessanti. Da giovani si guarda avanti, non indietro, e secondo il mio punto di vista di allora, quelle storie erano da relegare nel dimenticatoio. Ma lei, che aveva ascoltato la storia di Cora dalla bisnonna, se non dalla trisavola, la ripeteva a chiunque avesse tempo e voglia di starla a sentire. Ripensandoci, riecheggiano nella mia memoria parole ripetute innumerevoli volte sulla nostra ava e sul suo antipatico marito. La nonna aveva tuttavia una mente analitica e più volte espresse l’opinione che ci fosse qualcosa che non quadrava in quella faccenda.»

«Sono contenta che ve ne siate ricordata, Dosolina, e che lo abbiate scovato in quegli scatoloni. Non avevo affatto previsto che venire in visita da voi si dimostrasse una iniziativa così azzeccata. Rabbrividisco all’idea che un tale prezioso materiale avrebbe potuto correre il rischio di andare perduto: sarebbe stato un vero peccato per me non poterlo consultare.»

«Oh, sì, indubbiamente. Questa casa e tutto quello che vi è all’interno verranno messi all’asta, alla dipartita mia e di Calisto, e il ricavato sarà suddiviso tra i creditori...» La vecchia signora s’interruppe e assunse un’espressione che rivelava come quella dolorosa prospettiva fosse per lei inaccettabile. In quella casa era entrata da giovane sposa e ogni singolo oggetto le era caro. «I curatori dell’asta venderanno quello che ha valore, è implicito» proseguì dopo aver di nuovo sospirato, «ma poiché quei documenti non avrebbero avuto nessuna importanza per loro, con tutta probabilità li avrebbero usati per accendere il fuoco.»

«Dio ce ne scampi!» Berenice inorridì all’idea.

«Come dicevi tu stessa, rappresentano un patrimonio che non ha prezzo per noi. E comunque, se questi dettagli mi sono tornati alla mente, è solo per merito tuo, Berenice. Mi conforta più di quanto io possa esprimere a parole consegnarli a qualcuno che li serberà con cura.»

«Saranno in buone mani, ve lo assicuro.»

«Ne sono lieta, cara. Vedi, quando si è giovani si tende a trascurare certi valori, si è superficiali e indifferenti al bisogno di attenzione degli anziani. La nonna ripeteva sempre le identiche cose e alla fine mi stancai di starle a sentire; se c’erano ospiti e incominciava a raccontare gli episodi inerenti ai vari personaggi del casato non le davo più retta.»

«Sì, è comprensibile» annuì Berenice.

La cugina sorrise con una punta di divertimento. «Ma, mio malgrado, tutte quelle storie si sono impresse nella mia memoria, anche perché inizialmente ero affascinata dalla personalità di Cora che ebbe l’audacia di ribellarsi al suo dispotico marito in un’epoca in cui le donne, considerate inferiori agli uomini, erano loro totalmente asservite. Ben poche avrebbero affrontato un putiferio del genere per amore.»

«Sorvolando sugli strascichi che ricaddero sulla rispettabilità dei Lovati, sotto sotto l’abbiamo invidiata tutte. Perché vostra nonna riteneva che ci fosse qualcosa di poco chiaro nella vicenda?»

«Fu commesso un delitto che venne collegato a Cora, e non si riferiva solo all’adulterio di lei e alla ridda di malignità che imperversarono.»

«Perché, che altro avvenne?»

Dosolina corrugò la fronte. «Ebbene, scomparve improvvisamente un ragazzo... Lampleto mi pare si chiamasse, un garzone di scuderia del marchese. Quando si accorsero che mancava, tutti supposero che fosse salpato verso il Nuovo Mondo con la consorte di Baldassarri e l’amante spagnolo di lei.»

«Che gli successe invece?»

«Ne ripescarono il cadavere in uno dei Navigli parecchie settimane dopo. Era stato sgozzato brutalmente da ignoti, e gli inquirenti che svolsero le indagini ipotizzarono che il giovane fosse stato messo a tacere da sicari assoldati da de Fuentes, che voleva impedirgli di denunciare al marchese la fuga di Cora e dell’amante così da poterne trarre un guadagno. In difesa dello spagnolo intervenne addirittura il governatore di Milano, che lo scagionò da ogni sospetto garantendo per lui. Poiché contro de Fuentes non fu trovato un solo testimone né alcun indizio di colpevolezza e il mandante e l’artefice materiale del delitto non furono scoperti, la polizia archiviò sbrigativamente la faccenda. Ma il padre del ragazzo, disperato per l’uccisione del figlio maggiore, invocò giustizia urlando ai quattro venti che, contro i poveretti, gli assassini agivano indisturbati e sicuri di non dover mai espiare il meritato castigo. Le incessanti proteste del mugnaio fecero sì che Andriolo decidesse di risarcire di tasca propria l’indignato genitore di Lampleto con una discreta somma di denaro per consolarlo della perdita subita, e tacitare al contempo le sue legittime proteste.»

«Come mai Baldassarri si sobbarcò a un esborso di quattrini che non gli competeva? È un accomodamento che stride con il carattere non certo incline alla generosità di costui. Sorge legittimo il dubbio che potesse aver fatto uccidere Lampleto egli stesso per chissà quale ragione» interloquì Drake, che stava apprezzando il saporito ossobuco, così come aveva gustato il risotto alla milanese con lo zafferano che era stato servito poco prima.

«Siete del parere che c’entrasse Andriolo?» gli domandò Dosolina.

«Nulla di più facile» confermò lui con una smorfia eloquente. «Lo scabroso antefatto induce a ritenere che avesse un suo tornaconto nel tacitare il padre del ragazzo con una congrua somma.»

Berenice si forbì le labbra con il tovagliolo e fissò l’americano con aperta curiosità. «Ritenete dunque che Andriolo fosse incappato in un ricatto, e che abbia reagito di conseguenza?»

«Perché no, in fondo? L’estorsione non è un’invenzione moderna e con ogni probabilità Lampleto venne a conoscenza di qualcosa che forse doveva restare segreto. Si illudeva ingenuamente di ricavarci un po’ di soldi. Viceversa, fu spedito al Creatore.»

«Esiste una seconda eventualità, Drake.»

«E quale?»

«Che Lampleto nutrisse una profonda devozione nei riguardi di Cora, che era indiscutibilmente la più debole tra i due coniugi Baldassarri. Perciò il ragazzo poteva magari essere disposto ad appoggiarla offrendole la propria complicità, quali che fossero gli intenti di Cora, senza stare a preoccuparsi troppo dei rischi in cui poteva incorrere parteggiando per lei, inclusa la rappresaglia del marchese.»

«Sì, è un’ipotesi plausibile» concordò lui, che stava riflettendo sugli spunti offerti dalla conversazione con le commensali.

«Eccome se lo è!» esclamò Dosolina.

«Baldassarri non gli perdonò di essersi schierato con l’adultera, facendogli scontare di conseguenza la lealtà riservata alla moglie. Era un individuo violento e privo di scrupoli, a quel che si narra di lui. Uno che si legava i torti al dito restituendoli con gli interessi.»

«Sono colpito dalla vostra competenza sui fatti di famiglia, Berenice, e siete anche molto perspicace» si complimentò lui, che sorseggiava con piacere il buon vino rosso che si era versato nel bicchiere.

«Come generalmente sanno esserlo le donne» sottolineò Dosolina, sorridendo loro con calore. A dispetto degli anni aveva ancora tutti i suoi denti... e uno spirito veramente ammirevole.

«... sanno esserlo le donne» la voce chioccia di Calisto echeggiò in sottofondo, senza che gli altri tre vi badassero.

«Siete da elogiare anche voi, cugina: siete un’inesauribile fonte di informazioni che ignoravo totalmente!» Berenice non si lasciava sfuggire una virgola di ciò che raccontava l’anziana signora. «Mi dispiace solo che riguardo alla sparizione di Cora le nostre congetture non avranno un riscontro. Ci è stato tramandato che riparò all’estero con Joaquin, ma grazie a Drake abbiamo appurato che non fu così. Non si può neppure dar peso alle dicerie che circolarono sugli amanti per bocca dei loro contemporanei, temo.»

«Perché no?» chiese Dosolina.

«Perché il fatto destò sensazione e la gente ne parlò a lungo finendo per distorcere la verità, come sempre succede in casi analoghi.»

«No, questo non è più esatto: fino a stamattina le nostre supposizioni erano abbastanza campate in aria, ma Gaspare riferisce i fatti in modo tutt’altro che approssimativo e alcune delle lacune esistenti fino a ora, vengono colmate da lui. Tali informazioni rispondono finalmente a qualcuno dei molti perché che ci arrovellano, cara.» La donna fece un soddisfatto cenno di assenso e aggiunse: «Non pensate anche voi come sia strana la maniera in cui la verità riesce talvolta ad aprirsi la strada da sé?».

«A cosa alludete, cugina?»

«All’arrivo di Drake e a ciò che ci ha rivelato su Cora.»

«Il primo a stupirsene sono stato io, signora.»

«La qual cosa non attenua lo sconcerto provato nello scoprire che lei non si presentò mai al porto d’imbarco dove Joaquin l’attendeva» ribatté Dosolina.

«Per questo sono impaziente di leggere il diario di Gaspare.»

«Ne avrai tutto l’agio e lo troverai utile, se ti prefiggi di dare alle stampe l’avvincente saga della nostra famiglia, il che mi entusiasma come neanche immagini. Ovviamente mi auguro che questo avvenga prima che io chiuda definitivamente gli occhi.»

«Siete ancora in gamba, Dosolina, e quel giorno è di là da venire, ne sono assolutamente certa» la rincuorò Berenice. «Ma proseguite, vi prego: è un piacere ascoltarvi.»

«Già, non divaghiamo o perdo il filo del discorso» affermò la cugina scrollando le spalle. «Non ho più la vostra invidiabile elasticità mentale, ahimè, ma avendo consultato il diario poc’anzi, vi farò un riassunto delle sue cronache. Circa un anno dopo la fuga degli amanti piombò a Milano Abdia, la governante di Cora. La donna era terribilmente in pena perché non le pareva possibile che la sua padrona non le avesse ancora fatto pervenire notizie. Si recò a Palazzo Baldassarri, sperando di avere notizie di lei dai domestici con cui era in amicizia. Restò sbalordita allorché seppe che Cora aveva abbandonato il piccolo Filippo alla custodia del padre. Ma, a maggior ragione, le parve naturale che, per via del bambino, lei mantenesse uno scambio di corrispondenza con il marito. Qualcuno però avvertì Baldassarri che Abdia era in cucina e il marchese, che doveva covare del risentimento nei confronti della donna, la fece subito scacciare dal proprio valletto non prima, tuttavia, che la cuoca, che le era amica, le avesse confidato che Andriolo era in procinto di risposarsi con una tale Lucy Huckers.»

«Come mai questo resoconto imperniato sulla domestica di Cora è così circostanziato?» domandò Berenice, meravigliata.

«Oh, è presto detto: Abdia, per convincere i parenti di Cora che le era accaduto qualcosa di brutto, si recò da Gaspare e gli raccontò con dovizia di particolari il motivo per cui Andriolo aveva la coscienza sporca, e che non era lui la vittima, bensì la sua giovane sposa. Lo provavano le maligne insinuazioni che i servi facevano alle spalle del marchese. Se avesse voluto bene alla moglie, mormoravano, oltre alla rabbia per la sua fuga, avrebbe dovuto mostrare un barlume di rincrescimento. Invece l’aveva rimpiazzata talmente in fretta da suscitare la precisa impressione che Cora gli avesse fatto un enorme favore andandosene via da Milano con Joaquin de Fuentes. Udita la versione della donna, Gaspare, forse per senso del dovere o forse perché nutriva qualche dubbio, trascrisse fedelmente tutte queste notizie, lasciando “l’ardua sentenza” a noi posteri.»

«Abdia era una donna battagliera, a quel che sembra.»

«Sì, e amava Cora più che se fosse stata figlia sua, avendo fatto le veci della madre Clorinda fin da quando era in fasce» sospirò Dosolina. «Ma procediamo con ordine, a partire dal momento in cui Cora scomparve. Gaspare scrive che Baldassarri assunse una balia per allattare l’erede e proibì a chiunque abitasse nel palazzo di menzionare la moglie infedele. Le autorità ecclesiastiche, a cui si era rivolto subito dopo la scomparsa della moglie, gli resero la libertà con l’annullamento del matrimonio, che fu ottenuto in tempi incredibilmente brevi. Gaspare riporta anche che, per raggiungere il suo scopo, il marchese dovette sborsare una notevole somma di denaro, ma che se lo poteva permettere perché era ricco come Creso. Quanto ad Abdia, seppure dispiaciuta per non aver visto Filippo, che lei stessa aveva fatto nascere, non si diede per vinta e, come vi ho già detto, bussò all’uscio dei parenti di Cora, sperando che almeno loro avessero informazioni sui due innamorati. Ma Gaspare non sapeva nulla, e i genitori di lei neppure.

«A questo punto il nostro fazioso amanuense annotava che Cora aveva avuto almeno la decenza di non farsi più viva con coloro – cito letteralmente – che aveva dato in pasto alle malelingue per via della sua scandalosa fuga in America con lo spagnolo, insieme al quale aveva intrigato a danno di tutti noi.

«I Lovati erano così risentiti per quello che Cora aveva fatto che, al pari del rancoroso marchese, non volevano più sentirla nominare. Decisa a non darsi per vinta, Abdia andò ugualmente dai genitori di Cora non solo per rimproverarli aspramente e senza soggezione di non aver mai preso le difese della loro figlia, benché fossero consapevoli che Andriolo la maltrattava, ma per avvertirli che lei doveva essere stata oggetto di un’atroce rappresaglia messa in atto dal marito. Aveva promesso di scriverle per darle conferma che erano giunti a destinazione sani e salvi, ma dall’America non era arrivato alcun messaggio. Questa era la prova che a Cora era accaduto qualcosa di spiacevole perché non sarebbe venuta meno alla promessa fatta a chi l’aveva allevata con affetto e dedizione. Guglielmo Lovati trattò villanamente l’anziana governante e la cacciò, rinfacciandole la sfrontatezza con la quale osava tacciare di egoismo loro, i genitori, difendendo per giunta le scelte riprovevoli di Cora.

«La domestica ritornò da Gaspare, e gli chiese nuovamente di intervenire a favore della nipote, ma lui, essendo sposato con una consanguinea di Baldassarri, la Baronessa Adele Mainardi, si rifiutò di accondiscendere a quella che gli parve un’arrogante richiesta da parte di una serva impudente capace di calunniare un gentiluomo come Andriolo, il cui unico torto era quello di non esserle gradito. Lo zio era convinto che Cora avesse scordato parenti e amici non appena la nave aveva levato le ancore, e che da quando era lontano con l’amante si godesse la sua nuova vita. Ad Abdia non restò altro da fare che ripartire per Pavia, ma non si arrese e fece spedire delle lettere dal curato del suo paese sia al padre di Cora, sia a Gaspare. Li esortava a indagare sulle malefatte del marchese perché era sicura che Andriolo le avesse fatto del male. Dissoluto e uso a percuoterla con crudeltà per un nonnulla, come ben sapevano, si era vendicato per il tradimento uccidendola. A sostegno di tale accusa, che era pronta a ribadire al cospetto di un magistrato, rimarcava che Cora poteva anche essere una sposa infedele, ma non una madre snaturata. Adorava Filippo e mai lo avrebbe lasciato in balia di un individuo tanto brutale.

«Gaspare non se la sentì di inimicarsi Baldassarri e preferì prendere le distanze dalla spinosa questione: doveva compiacere Adele che, ovviamente, difendeva Andriolo a oltranza, e non ebbe alternativa. Ma a Guglielmo quella fastidiosa pulce era entrata nell’orecchio e per una volta, forse perché gli rimordeva la coscienza per l’indifferenza mostrata nei confronti di una figlia che non era mai venuta meno ai propri doveri, si assunse le sue responsabilità di genitore risolvendosi finalmente ad affrontare l’irascibile genero.

«A voler guardare, ammise il pavido Guglielmo con Gaspare, era in effetti assai strano che Cora non avesse portato con sé il figlio, che oltretutto allattava lei stessa al seno, perciò un qualcosa che non andava ci doveva essere. L’uomo commise però il grave errore di rimandare il colloquio a dopo le nuove nozze di Baldassarri, e disdetta volle che, proprio la vigilia del matrimonio con Lucy Huckers, il marchese morisse fulminato, vanificando la sofferta decisione del padre di Cora di esigere un colloquio chiarificatore da lui.»

«Il castigo divino colpisce immancabilmente i malvagi» borbottò Berenice. «Anche se in genere è troppo tardi per le loro vittime.»

«... tardi per le loro vittime» biascicò Calisto, facendole eco.

«Non posso contraddirti» concordò Dosolina. «Andriolo si stava recando in chiesa per stabilire con il prete gli ultimi dettagli della cerimonia quando, improvvisamente, un fulmine s’abbatté su di lui, carbonizzandolo. Curiosamente, ciò accadde in un giorno del tutto limpido, senza una nuvola in cielo.»

«Non si edifica nulla sull’infelicità altrui» fu il perentorio commento di Drake, proferito con voce cupa. «E non sussistono dubbi sul fatto che Baldassarri fece soffrire alla moglie le pene dell’inferno, come Joaquin asserisce nelle sue memorie.»

Dosolina emise un sospiro sconsolato. «Il loro era un matrimonio combinato, signor Wilton, e un tempo le donne dovevano sottostare al volere della famiglia, che fossero o no consenzienti.»

«Erano usanze a dir poco barbare» decretò Berenice. «Meno male che noi viviamo in un’epoca più liberale.»

«Non posso darti torto, mia cara.» La vecchia signora condivideva la presa di posizione della cugina riguardo agli abusi che fin dagli albori della civiltà venivano perpetrati contro le donne. Non reputava giusto che i loro diritti fossero sempre e comunque calpestati dagli uomini. «Non viene detto altro su Cora nelle cronache che Gaspare ci lasciò» concluse, alzandosi infine da tavola.

«Sfoglierò con calma quelle pagine, cugina» disse Berenice imitandola, ormai ansiosa di rientrare a casa. «Ma lo farò con la dovuta calma. Drake e io vi abbiamo arrecato fin troppo disturbo, suppongo, e credo sia ora che tutti e due prendiamo congedo da voi.»

«Disturbo? Niente affatto! È stata una grande gioia riabbracciarti, e soprattutto fare amicizia con questo irresistibile americano.»

«... questo irresistibile americano» ripeté Calisto, che fissava con occhi vacui un punto imprecisato della parete di fronte.

«Conoscervi è stato un privilegio, signora Dosolina.» Drake fece un così perfetto inchino, seguito da un baciamano impeccabile, che la dama arrossì come un’adolescente davanti al primo corteggiatore. Era lusingata da tanta maschia galanteria. Tirò poi il cordone del campanello e sulla soglia della sala da pranzo comparve subito la cameriera, che era a servizio in quella casa da quasi quarant’anni ed era molto affezionata ai padroni.

«Berenice e il signor Wilton se ne vanno, Amanzia. Va’ a prendere i soprabiti mentre li accompagno alla porta» le ordinò con garbo.

«Sì, signora.»

L’anziana donna li precedette fino nell’atrio, dove ci furono baci e abbracci tra lei e Berenice. Entrambe si rammaricavano per l’imminente commiato, ma stabilirono di rivedersi presto.

Drake aveva noleggiato un tiro a quattro per arrivare velocemente in città, e il conducente, un gagliardo giovanotto che non sprecava fiato in parole inutili e che sapeva il fatto suo, era già a cassetta. Evaristo era contento di essersi accaparrato un cliente così generoso, che lo aveva pagato bene e aveva provveduto a dargli una somma supplementare per gli eventuali inconvenienti che si sarebbero potuti verificare. Drake si era preso perfino il disturbo di uscire da casa Lovati per dirgli che a causa di un imprevisto sarebbero rientrati più tardi.

Lui gli aveva risposto che non era un problema, e che era a sua completa disposizione. Aveva consumato un gustoso pasto in cucina con la brava Amanzia, dopodiché, per ingannare l’attesa, si era occupato dei cavalli e aveva caricato il pesante baule che lui e Wilton avevano portato giù dalla soffitta prima di pranzo.

Quando vide uscire di casa la bella e simpatica signorina dai luminosi capelli biondi insieme a Wilton, fece per balzare dalla carrozza e precipitarsi a spalancare lo sportello. L’americano lo anticipò con eccezionale tempismo e a Evaristo non rimase che schioccare la lingua e incitare gli animali a partire per la loro destinazione.

Districandosi con destrezza nel congestionato traffico di Milano, riuscì ad aprirsi un varco tra i numerosi mezzi di trasporto in circolazione. C’erano tranvai carichi di passeggeri, eleganti landò con a bordo dame ben vestite e compiti gentiluomini, e perfino qualche bicicletta, sulla cui sella dei temerari pedalatori, aggrappati al manubrio, procedevano sulla carreggiata a forza di gambe. Si vedeva persino qualche raro esemplare di quei veicoli moderni dotati di rombanti motori che, a suo modesto parere, non avrebbero avuto alcun futuro. Oltre che complicate da guidare, le automobili ammorbavano l’aria con quel loro fumo, e di certo nessun marchingegno assemblato con pezzi di ferraglia avrebbe potuto mai soppiantare dei robusti cavalli!

Evaristo tese l’orecchio verso l’abitacolo, augurandosi che i due passeggeri stessero comodi sui sedili imbottiti. La sera precedente aveva controllato che all’interno del veicolo tutto fosse pulito e in ordine, perché avrebbe voluto essere chiamato nuovamente dallo straniero in caso di necessità.

«Drake» stava dicendo Berenice all’americano in quello stesso momento, «domani voglio salire ai ruderi della casa di Cora.»

«Sì, me lo aspettavo» assentì lui.

Lei gli lanciò uno sguardo esitante. «Non da sola, però.»

Drake, che le si era accomodato di fronte, stese le gambe e tirò indietro il cappello da cowboy, scrutandola trasecolato. «Perdiana, mi state forse chiedendo di accompagnarvi?»

«Non volete?»

«Ma sì che vi accompagno, diamine! Verrei dovunque in vostra compagnia, non serve puntualizzarlo. Ma se mi autorizzate a porvi la domanda, posso sapere perché non volete andarci senza di me?»

Berenice batté le ciglia come se volesse trattenere le lacrime. Si rifiutava di dirgli di aver visto quell’ombra sul muro: allucinazione o no che fosse, se ci pensava la paura l’assaliva. Così si limitò a rispondere evasiva: «Ci sono in giro dei malintenzionati e, dopo che qualcuno vi ha sparato, non voglio essere imprudente. Ma non voglio neppure rinunciare a recarmi al maniero. È umano che senta l’impulso di portarle dei fiori».

«Naturalmente» convenne lui, fissandola con intensità.

«Quale discendente di Joaquin de Fuentes, vorrei avervi vicino.»

«Verrò volentieri con voi, ma non è solo per questo che mi volete accanto. Ho l’impressione che abbiate molto timore di quel luogo.»

Lei si umettò le labbra. «A prescindere da quelle che possono sembrarvi fisime, non vi nascondo che lo trovo inquietante. Voglio però rendere un doveroso omaggio a Cora e devo andarci, capite?»

«Uhm, chissà perché continuo a pensare che esiste una precisa ragione per cui siete così riluttante a tornare lassù da sola.»

«In effetti sì, Drake» finì per ammettere Berenice.

«E qual è?»

«Quel giorno che ci siamo incontrati, rammentate...?»

«Perfettamente.»

«Non so come dirlo, ma avvenne qualcosa che mi spaventò...»

«Ah, sì? E che cosa di preciso?»

«Mi sembrò di percepire la presenza di qualcuno dietro di me, tanto è vero che ne vidi l’ombra sulla parete, ma quando mi girai, la sala era deserta. Scappai, ma nel discendere le scale sentii piangere una donna. Potete immaginare come restai allibita nello scoprire che in quel posto, all’infuori di me, non c’era nessun altro. Non sono affatto una visionaria, Drake, se state pensando questo, ma credetemi se vi dico che là dentro si avvertono sensazioni che fanno rizzare i capelli sulla testa. Detto questo, vi sarò riconoscente se ci verrete anche voi, per ogni evenienza.»

«Sensazioni, Berenice?»

«Insomma, mi sembrate l’emulo di Calisto con il vostro ripetere ciò che dico!» proruppe spazientita la giovane.

«Molte grazie per il complimento, signorina Lovati. Ancora non me lo aveva detto nessuno che sono rimbambito!»

«Scusate, non intendevo offendere voi e nemmeno quel caro vecchio di Calisto, del tutto fuori di testa.» Il suo disappunto era sincero. «Quanto alle sensazioni, non sono in grado di spiegarle. Certo, magari ero suggestionata dalla greve atmosfera che aleggiava nei ruderi e posso aver preso lucciole per lanterne...»

«Non mi sembrate il tipo.»

Lei sospirò. «Non voglio deprimervi con le strampalate impressioni che provai allora, Drake, ma devo ugualmente andarci.»

«Sarà mia premura scortarvi, naturalmente.»

«Vi ringrazio.»

«Non c’è di che, Berenice.»

Per qualche tempo viaggiarono in silenzio, mentre il crepuscolo iniziava a velare ogni cosa e le prime stelle si accendevano sul blu del cielo. Il ritmico zoccolare dei cavalli e lo sferragliare monotono delle ruote sulla strada inducevano alla sonnolenza, e Drake era quasi in procinto di appisolarsi quando lei riprese a parlare: «Avete già fissato la data della vostra partenza?».

Lui le rivolse un’occhiata indecifrabile e un sorriso ironico. «Avete premura di levarvi l’incomodo della mia presenza, Berenice?»

«Niente affatto, ma ora che avete recuperato il rubino, più nulla vi trattiene in Italia, presumo.»

«Non posso negarlo.»

«Drake...»

«Sì?»

«Quel... quel bacio...» Berenice avvampò.

«Ne volete un altro?» la stuzzicò lui. «Sono più che disponibile!»

«No, non fatelo mai più.»

«Be’, anche se di solito i nostri punti di vista sono agli antipodi, per una volta vi do ragione» convenne. «È pericoloso affidare il cuore a una Lovati. Qualcuno della mia famiglia commise l’errore di farlo e rimase anche troppo scottato, come sappiamo. Ritengo rischioso cimentarmi in un’esperienza che...»

«Senti chi parla!» ribatté lei, accalorandosi. «Per cominciare, non fu certo colpa di Cora ciò che accadde. Inoltre, se Joaquin de Fuentes l’avesse amata davvero avrebbe dovuto avere fiducia nella sua donna, capendo che non era da lei comportarsi in un modo tanto assurdo.»

«E come poteva indovinare che la lettera di addio di lei era falsa? Non era un veggente come la vostra amica Likadhema! Ovvio che abbia rispettato la sua volontà e si sia tirato da parte.»

«Un uomo innamorato avrebbe rimandato la partenza e preteso una spiegazione!» rimarcò aspra lei. «Se avesse reagito con tempestività forse le avrebbe risparmiato le ritorsioni del marito. Invece ha preferito condannarla senza appello anche se non gli aveva mai dato motivo di dubitare del suo amore, e si trincerò nel suo orgoglio ferito. Non arrampicatevi dunque sugli specchi ergendovi ad avvocato del diavolo, signor mio, perché cascate male con me. E non sperate di raddolcirmi nei vostri confronti.»

«Raddolcirvi?» Drake la guardò disorientato.

«Non fate lo gnorri perché io non abbocco al vostro amo!»

«Lo gnorri? Non capisco a cosa state alludendo...»

«Alludo al fatto che, come il pifferaio magico della favola, voi operate una specie di magia su chiunque vi ascolti ed entri nel vostro raggio di azione. Credete forse che non me sia accorta?»

«Ma senti...» Lui le rivolse un sorriso così devastante da farla trasalire. «Sicché, avrei uno straordinario potere, eh?»

«Altroché, solo che voi incantate chiunque indossi una sottana anziché i topi!»

«Tranne voi, non è vero?»

«Proprio così» dichiarò lei. «E non ci resta altro da dire.»

«Sono completamente d’accordo!»