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Il fatto che Drake Wilton avesse salvato la vita a Berenice annientò qualsiasi preconcetto albergasse nella mente delle componenti del clan Lovati. Né lui dovette fare sfoggio di eccessiva amabilità per sbaragliare la diffidenza nei confronti del sesso maschile che si era sviluppata in loro dopo le molteplici, deludenti esperienze di cui erano state protagoniste. Forte di quel sorriso sfrontato che gli illuminava la faccia da canaglia redenta, Drake le aveva ammaliate quasi senza battere ciglio, compresa la domestica Argia.

Berenice aveva assistito incredula all’avanzata del nemico su un territorio conquistato senza spreco di energie, nonostante ciascuna avesse fatto del monito tieni gli occhi aperti e il cuore chiuso il proprio motto. Quando avevano visto l’americano ferito e incosciente, era subentrata all’allergia per gli uomini la sindrome dell’infermiera amorevole nei riguardi dell’affascinante americano.

Si erano molto spaventate notando quanto sangue aveva perso e, efficienti come sempre, non si erano gingillate in chiacchiere o interrogativi in quel momento inopportuni. L’emergenza richiedeva azione e Argia era corsa ad avvertire il dottore, mentre le altre quattro donne, approntata seduta stante la camera destinata all’ospite, facevano quasi a gara nel prodigare le prime indispensabili cure a un Drake fuori combattimento.

Lui era comunque un tipo coriaceo e per fortuna il proiettile aveva colpito solo di striscio la clavicola. Il chirurgo si era limitato a disinfettare perfettamente la cute lacerata e slabbrata, suturandola con diversi punti interni ed esterni al fine di arrestare l’emorragia.

Drake aveva sopportato tutto stoicamente.

Il giorno dopo l’inspiegabile incidente, Berenice si era sentita in dovere di recarsi di buon mattino alla gendarmeria per denunciare l’incidente occorso a Wilton. Le indagini, svolte nella settimana successiva dagli inquirenti, non avevano dato alcun esito circa l’autore e il movente del ferimento. Drake era uno straniero giunto di recente in Italia, e a meno che non avesse conti in sospeso con qualcuno, chi mai poteva deliberatamente volergli nuocere? In conclusione, il maresciallo propendeva per l’incidente involontario di caccia. Secondo lui la fucilata era il deprecabile risultato della fatale imperizia di un bracconiere che aveva fatto partire per sbaglio il colpo. Solo che anziché abbattere un tordo o un fagiano, malauguratamente aveva centrato l’americano.

Non era una versione che convincesse granché Berenice. D’istinto le appariva più un agguato che un infortunio accidentale... ma per quale ragione qualcuno avrebbe dovuto voler uccidere Drake, si era domandata? E chi, tra l’altro? A quanto le constava, l’archeologo era un uomo che essenzialmente badava ai fatti suoi; inoltre era nella zona da troppo poco tempo per essersi potuto inimicare qualcuno al punto da diventare l’obiettivo di un attentato. Il sospetto che quel tiro al bersaglio celasse qualcosa di più inquietante di un banale errore umano era un tarlo che non smetteva di roderle l’anima. Quella pallottola sarebbe potuta costare la vita a Drake, se la mira fosse stata un po’ più precisa.

Non aveva tuttavia alcun indizio che l’aiutasse a risalire all’identità del misterioso bracconiere, dileguatosi indisturbato nella boscaglia. Riflettendo, le era venuta in mente la dama inglese che aveva avuto un furioso alterco con Wilton alla locanda del Cigno bianco, ma aveva scartato quell’ipotesi perché se era vero che Amy sembrava profondamente risentita con l’americano, si trattava dopotutto di una donna e Berenice dubitava che possedesse abbastanza fegato da uccidere a sangue freddo un uomo, per quanto inviso le fosse.

Ovviamente era passata dall’albergo a prendere gli effetti personali di Drake, dato che per forza di cose l’americano era stato obbligato a traslocare in casa Lovati, dove peraltro aveva creato un certo trambusto con la sua esuberante e carismatica personalità.

Ormai aleggiava dappertutto l’aroma dei sigari che, ferito o meno, lui continuava imperterrito a fumare. La virile scia di tabacco predominava sulle varie fragranze floreali con le quali le signore si profumavano abitualmente. Com’era da aspettarsi, la nonna, sua madre, zia Finnea e Argia asserivano che il fumo non le infastidiva affatto, tutt’altro! Dopo averlo accolto come il novello Messia, considerata l’inusitata affabilità che sfoderavano nei suoi confronti, sembravano dimentiche di averlo definito al suo arrivo un selvaggio. Se ne erano invece infatuate al punto da disputarsi l’attenzione dell’ospite con una profusione di gentilezze che Drake, alla stregua di un pascià tra un nugolo di servili odalische, senza dubbio gradiva.

Erano estasiate da qualsiasi dettaglio lo riguardasse, fossero i libri di storia e archeologia che seminava dovunque, o le camicie stese ad asciugare al sole tra la frivola biancheria femminile. Trovavano gradevole come nient’altro l’essenza amara del sapone da barba che quotidianamente Drake usava per radersi e che permeava la stanza da bagno come se la frequentasse esclusivamente lui.

Inoltre, scoperto che aveva un debole per le bistecche al sangue e i cibi sostanziosi, la taciturna Argia si industriava alacremente tra i fornelli e i tegami di rame per soddisfare il gagliardo appetito dell’americano, servendogli pietanze all’altezza di un gourmet. Era un’ottima cuoca e avvampava di felicità quando lui le faceva i complimenti per un manicaretto particolarmente riuscito, sgobbando poi il doppio per riscuotere un uguale successo con quanto gli avrebbe cucinato per il pasto seguente. Nulla era rimasto come in passato in quella dimora dove, prima dell’avvento di Drake, c’erano donne che mai fino ad allora avevano provato un barlume di nostalgia per la mancata presenza di uomini nella loro esistenza. Bisognava onestamente dire che Drake era una persona che non sarebbe passata inosservata, a prescindere dal timbro virile e profondo di una voce che, dal buongiorno fino alla buonanotte, finiva per contrapporsi piacevolmente a quelle acute femminili. Come se non bastasse, il fisico asciutto e la maschia prestanza fungevano da catalizzatore di sguardi: quando l’americano entrava in una stanza dava l’impressione di occupare quasi per intero lo spazio a disposizione, tanto incisiva era la sua personalità.

Impossibile ignorare che lui c’era, se c’era. Era entrato nelle grazie delle signore Lovati da trionfatore, soprattutto in quelle dell’anziana Luisa, che aveva manifestato una fulminea, sviscerata predilezione per quel ragazzone dal sorriso sghembo e irresistibile.

Lui la ricambiava facendola oggetto di galanterie vecchio stampo che non riservava a nessun’altra esponente della famiglia, benché si fosse instaurato uno spontaneo affiatamento anche con le altre. Zia Finnea riusciva addirittura a vincere la propria natura schiva e, liberandosi della sua patologica timidezza, conversava con Drake come se lo conoscesse da anni. Lui era d’altronde un interlocutore colto e divertente, dotato di un senso dell’ironia notevole e con il merito di aver esplorato tre quarti di mondo. I fantastici racconti dei suoi avventurosi viaggi per mare, per terra e per aria, dato che si era industriato perfino a spostarsi in mongolfiera dal Portogallo alla Francia, facevano pendere dalle sue labbra Finnea e il resto di quell’adorante pubblico.

Marta si era lasciata contagiare da quell’esaltazione collettiva e non era da meno, naturalmente. Drake poteva magari essere rude nei modi e sbrigativo nell’approccio, ma non faceva deroghe al galateo: le scostava cavallerescamente la sedia al momento di accomodarsi a tavola, e agli occhi di lei era il più compito dei gentiluomini. Al pari di Luisa, era altrettanto irremovibile sull’obbligo di offrire ospitalità all’americano finché desiderava restare con loro. In definitiva, tutte gli sfarfallavano tra i piedi senza il benché minimo ritegno, vogliose di compiacerlo come, per l’appunto, le docili schiave di un harem.

Tutte tranne Berenice.

Era l’unica che resisteva, indenne, alle micidiali bordate del subdolo fascino di Wilton, benché non sapesse neppure lei come riuscisse, quando erano insieme, a non scivolare a sua volta nella generale stucchevolezza che gli era riservata. Era gentile con lui, ovviamente, ma non nella misura in cui si sdilinquivano le altre. Guardando le cose da una prospettiva più disincantata... non molto disincantata, se doveva essere sincera con se stessa, comprendeva le loro reazioni. Drake non aveva la perfezione di un Adone, ma a questo sopperiva con un magnetismo ugualmente coinvolgente che sembrava non lasciare scampo, constatato il cospicuo numero di conquiste... o vittime?, che seminava sul suo cammino.

Un uomo consapevole di provocare un tale genere di batticuore nelle donne, rappresentava la massima delle insidie, rimuginava lei acidamente. Di conseguenza se ne teneva alla larga. Era però difficile eludere qualcuno che, per una serie di circostanze assolutamente avverse, conviveva nella medesima casa. Berenice non aveva idea se Drake si rendesse conto che cercava di evitarlo con esacerbato puntiglio. Come un gatto che attende paziente che il topolino finisca nella trappola per mangiarselo, lui si limitava a sbirciarla di tanto in tanto da sotto le lunghe ciglia e il suo sguardo bruciava incontrando quello ingannevolmente impassibile di lei.

Era probabile che l’indifferenza che Berenice si ostinava a opporgli lo sconcertasse, preso atto dell’incondizionato plebiscito di consensi che riscuoteva con le altre coinquiline. Ma lei si sarebbe fatta tagliare la lingua piuttosto che confessare che temeva e rifuggiva il potere di persuasione di quei penetranti occhi scuri. Le scivolavano addosso con snervante insistenza nei più impensati frangenti, costringendola a un sovrumano sforzo di volontà per mostrarsi imperturbabile. Così, per evitare di stargli vicino, si lambiccava le meningi per escogitare delle scuse plausibili che le consentissero di defilarsi.

Manovre patetiche e controproducenti, le sue. Ripicche senza senso, anche perché Berenice aveva un debito di riconoscenza con l’eroe per l’altruistico gesto compiuto: se non l’avesse spinta lontano, forse la pallottola avrebbe preso in pieno lei. Eppure, chissà perché, non era disposta ad addolcirsi malgrado avessero deciso che, di lì a qualche giorno, avrebbero entrambi dovuto muoversi fianco a fianco.

Proprio quel mattino, infatti, era arrivata la sollecita risposta degli anziani cugini Lovati alla lettera inviata da Luisa, in cui si dicevano più che disponibili a ricevere Berenice e Drake a Milano, e a far loro esaminare anche tutti i bauli stipati nella soffitta, se ritenevano opportuno rovistare tra quel vecchiume.

«Sono sempre tanto gentili malgrado ci si frequenti così raramente, non è vero?» osservò Marta, allungando la missiva a Berenice, che si era infilata gli occhiali per rileggerla.

«Ah, indiscutibilmente» concordò Luisa. «Dopotutto il nostro caro Drake è per loro un estraneo e avrebbero potuto rifiutarci la cortesia.»

«Dopo aver scialacquato ogni sostanza, immagino che Dosolina e Calisto coltivino la speranza che troviamo la mappa di un favoloso tesoro, dentro quel solaio. O qualcosa che possa rimpinguare le loro dissestate finanze» borbottò Berenice.

«Nascondono la penuria di denaro sotto la vernice visibilmente scrostata dell’antica nobiltà da cui discendono, ma non è che fumo negli occhi del prossimo» fu il commento di zia Finnea.

«Troveranno sconveniente che ti rechi in visita da loro insieme a un uomo e senza chaperon, suppongo.» La nonna guardò la nipote e poi la figlia con espressione eloquente, quasi volesse tacitamente indurre quest’ultima a unirsi ai due giovani.

Aborrendo le scomodità insite nei viaggi, Marta si affrettò a opporre un reciso diniego. «E perché mai? Non sono affari loro, in fondo. Mia figlia non è certo un’ingenua e pudibonda educanda che dobbiamo sorvegliare. È una donna moderna che sa il fatto suo, come abbiamo constatato, ed è del tutto capace di badare a se stessa e alla propria reputazione, all’occorrenza.»

«Esattamente, mamma» convenne l’interessata. «E ti sono molto grata per l’attestazione di stima che hai espresso.»

«Perché non avrei dovuto? Non hai mai tradito la mia fiducia, tesoro, e sono molto orgogliosa della tua indipendenza.»

«Mi sono assunta la responsabilità di me stessa da anni e non ho alcun problema a spostarmi in carrozza con il signor Wilton.»

«Potrei averne io, però» intervenne lui, stagliandosi sulla soglia del salotto. Scoccò alle donne presenti un sorriso così devastante da far sciogliere all’unisono la nonna Luisa, che gli ammiccò euforica da dietro le lenti, l’estasiata Marta e l’introversa zia Finnea.

«Voi?» Berenice, conscia del violento tuffo al cuore suscitato dalla repentina comparsa di Drake, lo fissava con aria perplessa. «E quali problemi avreste, se posso domandarvelo?»

«Preso atto del temperamento alquanto battagliero che sfoderate nei momenti cruciali, voi potreste compromettere me, non pensate?» Lui accompagnò la battuta con un diabolico scintillio degli occhi, nel prendere posto in una poltrona dall’aspetto comodo.

Fuori si era scatenato un violento temporale primaverile, ma in casa c’era un’atmosfera serena e intima molto distensiva, quasi fossero, Drake incluso, un’affiatata famiglia. Marta e Luisa, freddolose per natura, indossavano lo scialle di lana e godevano del fuoco che ardeva nel camino, ma l’americano aveva come sempre la camicia sbottonata fino allo sterno, attraverso la quale si intravedeva la liscia, compatta epidermide color bronzo e la candida fasciatura che ancora portava sul torace.

«Compromettervi?» rimarcò Berenice. «E a che scopo?»

«Un mio conoscente fu costretto a sposare un’arpia che detestava solo perché costei ebbe la furbizia di farsi scortare a destinazione nella carrozza di lui. Naturalmente si era premurata di sbarazzarsi della persona che fungeva da chaperon con non so quale pretesto, e l’inflessibile padre della fanciulla non volle sentire ragioni, capite?» sottolineò Drake, sempre desideroso di stuzzicare l’irreprensibile signorina Lovati. Quando lei lo squadrava con quel cipiglio bellicoso e lo sguardo azzurro che sprizzava scintille furiose, lui, chissà perché, veniva assalito dallo strano impulso di afferrarla e di baciarla davanti a tutti.

«Immagino di non avervelo mai confidato, signor Wilton, ma trovare un marito è davvero la più remota delle mie aspirazioni.»

«Sì, proprio così» le fece eco Luisa, che si divertiva parecchio quando sua nipote e Drake iniziavano a duellare verbalmente.

«Non volete maritarvi?» ripeté Drake.

«No, e se era a questo che volevate alludere con quel vostro significativo aneddoto sulle scaltrezze femminili» scandì Berenice in tono sferzante, «potete subito tranquillizzarvi. Prendervi al laccio non mi interessa affatto.»

«Non ci riuscireste comunque» ribatté lui con indolenza, esibendo i denti bianchi in un sorriso così provocatorio da far prudere le mani all’interlocutrice. «Sono del tutto immune alla seduzione delle donne, ormai.»

«Sul serio?» La nonna pareva scettica in proposito.

«Cielo, non immaginavo che anche voi foste refrattario al matrimonio quanto lo è mia figlia.» Marta si era intromessa perché percepiva tensione tra Drake e Berenice. Scrutò l’americano con aperta delusione. Sarebbe stata pronta a giurare che, virile com’era, lui non avesse che l’imbarazzo della scelta con l’altro sesso, e che ambisse a formarsi una famiglia e ad avere dei figli, presto o tardi, come tutti i comuni mortali. In verità, sebbene si astenesse dal dare voce a quel convincimento, era del parere che quei due avrebbero formato una coppia strepitosa e decisamente ben assortita. Erano entrambi forti e volitivi, maturi e intelligenti, belli e giovani; inoltre avevano la mente libera da qualunque antiquata forma di conformismo e predisposta dunque ad accettare le sorprendenti innovazioni di una società che, in quegli anni prossimi al Novecento, era in continua evoluzione.

«Matrimonio, Marta? Il semplice vocabolo scatena un attacco di insofferenza in me, se non un vero e proprio raccapriccio» replicò Drake con un ghigno allusivo. «Ma sapere che con vostra figlia non corro simili pericoli mi tranquillizza, ve lo confesso.»

Berenice abbozzò una smorfia beffarda. «Sapete, signor Wilton, è proprio questo vostro lato romantico che trovo irresistibile.»

«Non avevo nessuna intenzione di urtare la vostra suscettibilità» la blandì lui di rimando. «Ma i presupposti parlano da sé e temo che tra noi, esclusa la temporanea collaborazione, non funzionerebbe mai.»

«Presupposti? E quali?»

Drake le scoccò un’occhiata che a lei parve di scherno. «Avete forse scordato che siamo i discendenti di Joaquin e Cora?»

«E con ciò?» obiettò Berenice, irritata dalle sue battute. «Badate, ve lo chiedo tanto per chiedere e non perché io nutra un qualsiasi interesse nei vostri confronti, sia chiaro.»

«Era superfluo sottolinearlo.» C’era una punta di condiscendenza nel tono di lui. «Non vorrete comunque negare che si sono creati dei condizionamenti che inevitabilmente finirebbero per frapporsi tra noi, impedendo l’evolversi di un rapporto che esuli dall’amicizia.»

«L’amicizia non mi sembra un legame da sottovalutare» osservò la nonna con un sorriso indulgente rivolto a Drake, che stava giocherellando con qualcosa che teneva tra le mani.

«No, in effetti, anche se ritengo improbabile che tra un uomo e una donna possa instaurarsi questo tipo di rapporto.»

«Vi esprimete bene nel nostro italiano, caro ragazzo. Come mai, se è lecito chiederlo, avete imparato una lingua tra le più difficili?»

«Ho attraversato il deserto del Sahara con un toscano originario di un paese situato nei dintorni di Siena, signora Luisa. Si chiamava Dante come il divino poeta, e dato che era arduo conversare davanti al fuoco del bivacco in lingue diverse, io gli ho insegnato l’inglese e lui ha dato lezioni di italiano a me. In seguito ho perfezionato la pronuncia esercitandomi con la lettura di testi scritti nella vostra lingua, ma devo ammettere che sono molto portato per l’apprendimento di altri idiomi.»

«Bravo» lo elogiò la vecchia signora. «Cos’avete trovato di bello? Ho la vista corta e non distinguo quello che avete in mano...»

Lui le mostrò la miniatura di Cora Lovati. «Avete usato il termine più appropriato, signora: la vostra antenata era realmente bella e non stento a capire perché il mio avo Joaquin de Fuentes se ne fosse innamorato, quando si incontrarono.»

«Sì, è vero, lei era una bellezza.»

«Non saprei spiegare neanche a me stesso il perché, ma vi confido che me l’aspettavo esattamente così.»

«Sul serio?»

Drake annuì. «Non so se lo avete rilevato anche voi della famiglia, ma ho notato che tra Cora e Berenice c’è una certa somiglianza.»

«Assomiglia a me? Ma niente affatto!» lo smentì lei.

«Invece sì.»

«Forse io e lei possiamo sembrare molto simili per via dei capelli biondi e degli occhi azzurri» obiettò ancora Berenice, «ma le analogie esteriori finiscono lì.»

«Non siete minimamente obiettiva, e a mio modesto avviso ci sono diversi particolari che vi accomunano fisicamente.»

«Berenice non è mai obiettiva su se stessa» esclamò Marta. «Sono anch’io dell’opinione che ci sia in lei qualcosa di Cora.»

«Cosa pensate che possa esserle accaduto, Drake?» gli domandò Luisa, affrontando direttamente l’argomento.

«Non ne ho proprio idea.» Lui si sfregò la nuca con espressione fattasi assorta. «Il dubbio che Baldassarri sia venuto a conoscenza della loro relazione e dei piani di fuga organizzati da Joaquin resta la congettura più attendibile. Come abbia poi reagito con la moglie infedele è il mistero da scoprire, anche se è logico immaginare che per l’infelice Cora ci sia stato un tragico epilogo.»

«La vostra perspicacia non fa una grinza e vi ha suggerito la giusta deduzione» interloquì una voce femminile dalla porta.

«Likadhema! Sei tutta bagnata» l’esclamazione costernata di Luisa fece convergere l’attenzione di tutti sull’ultima arrivata.

«Santo cielo, da dove spunti?» Berenice, come del resto Marta, Finnea e Drake, fissavano sorpresi l’ospite inattesa. «Sei sempre la benvenuta, naturalmente, ma quale motivo può averti spinta a venire qui con questo tempaccio?»

«Perdonatemi se irrompo in casa vostra con tanta maleducazione e senza aver annunciato la mia visita, ma non ho avuto scelta» esordì l’altra, levandosi il mantello grondante e porgendolo ad Argia, che l’aveva appena introdotta nel salotto. «Ma non sono io l’argomento della discussione, bensì la povera Cora.»

«Come diamine fai a sapere di lei?» indagò Marta, meravigliata.

«Ve lo spiegherò più che volentieri dopo, ma vi posso confermare anche subito che l’artefice della morte di Cora fu il marchese.»

«Dio mio, Likadhema, da come ne parli sembra che tu abbia avuto un incontro recente con la nostra antenata» esclamò Finnea.

«In effetti è così» fu la stupefacente risposta che le diede l’ospite senza scomporsi. «Andriolo non solo la brutalizzò nel corso del loro matrimonio nei modi più aberranti che la perversione umana possa concepire, ma finì per spezzarla come un fiore.»

Abbigliata con un esotico caffettano arancio a disegni blu, il corpo esile come un giunco e le mani inanellate che emergevano dalle ampie maniche, la mulatta fece saettare alternativamente gli occhi neri come carbone da Drake a Berenice. I suoi capelli crespi, gonfi e precocemente incanutiti, erano sciolti sulle spalle e le arrivavano ai fianchi, creando un’aureola intorno al viso dagli zigomi sporgenti e dalla carnagione color caffelatte che denotava l’origine africana. Quale che ne fosse la causa, Likadhema sembrava angosciata.

«Quello che dici è raccapricciante, mia cara» fu il commento della nonna, che difficilmente si turbava per qualcosa.

«Sì, davvero raccapricciante.» Marta era altrettanto scombussolata, anche se si sforzò di indirizzarle un sorriso cordiale. «Chi ti ha raccontato queste cose di Cora, Likadhema?»

«La stessa Cora, naturalmente. Mi rendo conto che può apparire assurdo, ma lei mi sta ossessionando da un numero imprecisato di notti, e benché abbia tentato di tutto per mandarla via, non potevo rifiutarle oltre ciò che vuole da me» fu la sua pacata risposta.

«Come sarebbe a dire che Cora ti ossessiona?!» Berenice era visibilmente disorientata, mentre Drake, che assisteva in silenzio alla scena, studiava incuriosito Likadhema.

«Scommetto che ne dubiti, eh?»

La frase fu accompagnata da un tintinnio di sottofondo prodotto dai numerosi braccialetti che portava ai polsi. Quando si infervorava, Likadhema tendeva a gesticolare, forse per conferire maggiore credibilità alle proprie parole. Di fatto, quanto asseriva aveva fatto ammutolire di colpo gli astanti. Era più stralunata che mai, s’avvide Berenice. Reprimendo un sospiro rassegnato si preparò a sentire l’ennesima stramberia: ne aveva una riserva inesauribile, inclusa l’attitudine a chiacchierare coi morti e a riferirle poi quei dialoghi da brivido.

«Su, vieni avanti e accomodati, cara» la invitò con amichevole sollecitudine, indicandole il sofà.

Lei, che dava l’impressione di essere in trance, ubbidì e prese posto accanto a Marta, la quale, al pari della madre Luisa, voleva davvero bene a quell’eccentrica ma innocua creatura.

«Questo è il signor Drake Wilton» disse Berenice, presentando sbrigativamente l’americano alla mulatta. «Drake, questa è la mia amica Likadhema, il cui nome significa luce che viene dal cielo

«I miei omaggi, signora.» Lui si era alzato, mostrando il rispetto che era dovuto a una donna, e aveva chinato il capo in un saluto.

«È un piacere incontrarvi.» Lei lo fissò con le pupille spiritate e il viso imperscrutabile. Sembrava in preda a sentimenti contrastanti e le sue dita erano leggermente contratte sulla tunica dai vivaci disegni fantasia. «Ciò che vi accingete a fare è un’azione meritevole, signor Wilton, ma sono venuta appositamente per avvertire voi e Berenice di guardarvi alle spalle: pende una minaccia mortale su entrambi.»

«In effetti, qualcuno gli ha sparato» convenne la giovane.

«Lei però dubita che sia stato un incidente di caccia.»

«Berenice intuisce cose che agli altri sfuggono, essendo dotata di un formidabile sesto senso. Non lo utilizza solo perché in lei prevale la razionalità e non vuole convincersi che se esiste un mondo visibile, ce n’è uno invisibile che interagisce con noi e che ci fa...»

«Likadhema, ti prego!» la interruppe Berenice.

«Trovo interessante ciò che dite, signora» fece Drake.

«Vorrei mi chiamaste solo Likadhema» lo pregò lei a bassa voce. «Ci incontreremo ancora e non sopporto le formalità.»

«Come preferite, Likadhema.» Lui lanciò a Berenice uno sguardo che alla giovane parve di comica perplessità.

«Potrà risultare difficile crederlo, Drake, ma Likadhema ha facoltà precognitive e divinatorie» lo ragguagliò lei con un sorriso che tradiva un velato imbarazzo. Loro ci erano abituate, ma la innervosiva l’idea che lui potesse pensare che frequentavano una squilibrata. «Generalmente la gente diffida di tutto quello che non ha una spiegazione sensata o che non può essere dimostrato.»

«Anche voi?»

«Qualche volta sì, lo ammetto, ma non mi metto a ridere come fa il prossimo quando, all’improvviso, lei parla delle sue reminescenze.»

«Qualcuno potrà magari ridere, ma non io, Berenice.»

«No? Mi era sembrato che foste alquanto sconcertato.»

«Niente affatto! Mi è capitato di vedere all’opera degli stregoni, in Africa, e vi posso assicurare che sono stato testimone di fenomeni che mi hanno lasciato sbalordito.» Non c’era traccia di scherno sul volto virile.

«Siete stato in Africa?» A Likadhema erano venuti gli occhi lucidi per l’emozione. «È la terra dei miei avi, sapete, e sogno di poterci andare, prima che i miei giorni giungano al termine.»

«Ve lo auguro, perché ci sono luoghi meravigliosi.»

«Forse è opportuno dirvi che Likadhema è nata dall’amore tra una schiava nera e un facoltoso imprenditore lombardo che, all’incirca mezzo secolo fa, si recò in Louisiana per concludere affari» lo mise al corrente Berenice. «Commerciava in cotone e allorché arrivò in una delle tante piantagioni e vide Ruth, se ne innamorò all’istante. Offrì una cifra esorbitante al suo padrone al fine di comperare e poi sposare la donna che amava. Ma questi non intendeva venderla perché era abile a curare e a guarire gli schiavi e rifiutò di cederla. Nel frattempo era nata Likadhema e il commerciante si stabilì a New Orleans per avere la possibilità di stare con Ruth e la bambina, anche se doveva vederle di nascosto, incurante di rischiare la vita. Finita la Guerra di Secessione, che come sapete comportò l’abolizione della schiavitù, i due si sposarono. Una decina di anni dopo, durante un’epidemia di colera, quell’uomo buono e generoso perse la moglie e un figlio maschio di pochi mesi, e tornò in Italia con la figlia per stabilirvisi. Purtroppo raggiunse presto la sua adorata sposa, ma prima di spirare pregò mia nonna, che era stata sua compagna d’infanzia, di vegliare su Likadhema, che perdendo lui restava priva di altri parenti.»

«L’avrei fatto in ogni caso» interloquì Luisa, rivolgendo un sorriso affettuoso alla mulatta, «la considero una nipote acquisita.»

«Non avevo dubbi a riguardo» dichiarò Drake.

«Mia madre era una sacerdotessa voodoo e mi ha trasmesso il dono della precognizione, anche se la maggior parte delle volte ne sono spaventata, più che contenta» dichiarò Likadhema.

«Forse Drake non sa cos’è il voodoo» osservò Berenice. Poi, accorgendosi di aver proferito in modo confidenziale il nome di lui, e per la seconda volta, arrossì fino alla radice dei capelli e abbassò a precipizio gli occhi. Prima era stata una sbadataggine involontaria, ma ora non poteva trattarsi ancora di distrazione.

«Al contrario, ne so più di quanto immaginate.» Lui sembrava estremamente intrigato dal lapsus della giovane.

Lo sguardo di Beatrice saettò rapido verso di lui. «Davvero?»

«Si tratta di una religione animista e magica largamente diffusa e praticata dalla popolazione nera e creola.» Drake usava il tono compunto di chi viene interrogato a scuola dal maestro e un sorriso così disarmante da farla fremere. «Viene definita magia nera, poiché è una mescolanza di rituali religiosi di origine africana.»

«Esattamente» esultò Likadhema.

Lui si accese un sigaro e le lancio un’occhiata attraverso la nuvola di fumo azzurrino che aveva esalato. «Sareste stata giustiziata sul rogo, all’epoca del mio avo Joaquin, sapete? Quelle come voi erano reputate streghe e venivano arse sulla pubblica piazza.»

«Non mi è stato risparmiato tale supplizio in un’altra vita, se è per questo» fu la pacata affermazione della mulatta.

Lui non batté ciglio a quella frase, ma Berenice non poté astenersi dall’interferire ancora. «Forse giudicate stravagante ciò che dice la nostra amica, ma non dovete...»

«Basta con queste sciocchezze» scattò Likadhema, guardandola contrariata. «Drake non è ignorante di queste cose come tu pensi che sia.»

«Ma, Likadhema...»

«Berenice, vorrei tu capissi che continuare a disquisire su ciò che dico è un’inutile perdita di tempo, specialmente per te e per lui.»

«Non sono proprio digiuno di alcune convinzioni religiose e ho capito a cosa allude Likadhema» intervenne Drake. «Sono stato per mesi e mesi in India e...»

«Cora mi ha detto che sareste arrivato» lo interruppe la mulatta.

«Likadhema, non stai esagerando?» l’ammonì Berenice.

«No, perché nulla è casuale e dopo oltre due secoli il cerchio deve essere chiuso» affermò la donna. «Tu e Drake dovete fare luce su quanto allora accadde a Cora, e senza tergiversare oltre.»

«La nostra antenata ti aveva predetto l’arrivo di Drake?» Luisa la fissava a occhi spalancati, una volta tanto stupita.

«Sì, accadde la stessa notte in cui si materializzò per la prima volta: mi rivelò chi era e anche cosa voleva che facessi per lei.» La sincerità di Likadhema trapelava da ogni sua frase. «Mi esortò a offrire tutto il mio aiuto a Berenice e allo straniero che sarebbe giunto da lontano, perché farlo era importante... non solo per ciò che avvenne nel suo tempo, ma soprattutto per riscattarsi agli occhi dei discendenti.»

«Povera anima...» mormorò zia Finnea.

«Sì, povera anima davvero» ribadì Likadhema. «Cora non smetterà di venire da me finché giustizia non sarà fatta...» Tacque e indicò la miniatura. «Era dolce e rispettosa dei suoi doveri, ma era sposata a un aguzzino che godeva nel farle del male, così non respinse l’unica occasione di gioia che il destino le donò.»

«Ti riferisci a Joaquin de Fuentes?» chiese Marta.

«Naturalmente.»

«E com’è Cora quando la vedi? È come in quel ritratto?»

«Lei non è che un’ombra evanescente che si dispera da straziare il cuore, Marta... e io vorrei abbracciarla e non posso farlo.»

Berenice rabbrividì rammentando la fuggevole immagine di donna scorta dentro il maniero, e il pianto udito poco dopo. Forse fu per esorcizzare la paura di un qualcosa che era più grande di lei che obiettò con voce fievole: «Non potrai mai persuadermi che i defunti vengono nottetempo a farti visita come sostieni».

La mulatta si strinse con indifferenza nelle spalle e rispose: «Tu agisci come vuoi e pensala come vuoi, ma Cora vi manda a dire che dal passato riaffioreranno le tracce del suo illecito amore per Joaquin, e che non potrà trovare pace finché voi due insieme non...».

«Mi pare che sia inutile parlare ancora di queste cose, non siete d’accordo, signor Wilton?» La giovane si rivolse a lui per porre fine a quella conversazione che la spaventava terribilmente e che le sembrava ormai fuori luogo. Le dispiaceva essere scortese con un’amica a cui era sinceramente affezionata, ma a quel punto non aveva a disposizione nessun altro mezzo per far finire quel profluvio di deliranti parole.

«In realtà mi sto chiedendo se viceversa tutto questo non potrebbe venire sfruttato per chiarire il mistero che circonda gli eventi toccati in sorte a Cora Lovati, dopo che Joaquin salpò senza di lei sul vascello Speranza dei mari

«E vorreste utilizzare le indicazioni di Likadhema?»

«Perché no? Gliele avete confidate voi queste cose?»

«Ci mancherebbe altro!»

«E allora da chi le avrebbe apprese?»

«Dovreste rivolgere questa domanda a lei, non a me!»

«Devo ripetere all’infinito che è stata Cora a raccontarmele? Perché ti ostini a mettere in discussione ciò che dico, Berenice?» proruppe la mulatta in tono accusatorio. «Non ti ho forse rivelato in anticipo avvenimenti che si sono poi verificati? A che scopo pensi che mi sia inventata tutto questo? Non dovresti avere più fiducia in me?»

«Ce l’ho, infatti, ma... ma tutto questo è troppo irrazionale, ecco!»

«Io invece credo a quanto ci avete esposto finora» dichiarò Drake.

«Lo farei anche io se questa lugubre storia del fantasma di Cora non fosse così inverosimile da rendermi scettica.»

«Vuoi smentirmi per partito preso, vero?» Likadhema sembrava amareggiata dall’atteggiamento dubbioso dell’amica.

«Non ci sono prove di quanto asserisci.»

«No? E se ti dicessi che finché non è caduto fuori da quella vecchia credenza in soffitta ignoravi che esistesse quel ritratto di Cora che Drake stava ammirando quando sono arrivata?»

«Likadhema, sei intenzionata a terrorizzarmi?»

«No, voglio soltanto confutare le tue sistematiche critiche, perché sono indegne della tua intelligenza. Devi renderti conto che simili episodi avvengono più spesso di quel che supponi. La maggior parte di noi preferisce non parlare di tutto ciò che esula dalla realtà, perché sfiorare un tasto scabroso come il soprannaturale ci fa temere di venire derisi o di essere scambiati per pazzi. Ma credimi, la miniatura di Cora è riapparsa di punto in bianco perché è stata lei a far sì che fosse ritrovata in quel mobile sepolto nel vostro solaio da un numero imprecisato di anni.»

«Potrebbe trattarsi di una normale combinazione.»

«Soltanto un terremoto poteva far cadere quel catafalco secentesco, e lo sai. Ma Cora voleva darvi un segno inconfutabile che lei...»

Berenice impallidì: Likadhema non poteva aver appreso dettagli del genere da uno spettro! Tuttavia non volle arrendersi a quanto l’amica pretendeva di darle a bere e obiettò: «È stata Argia a spifferarti tutto, ammettilo!».

«Niente affatto» protestò la mulatta con veemenza.

«Cara, mi rendo conto che non tutti sono disposti a credere a fatti a dir poco inesplicabili, che sfuggono alla comprensione umana, e che ci si rifiuta di prendere anche solo in considerazione.» Luisa guardò la nipote con tenerezza. «Dobbiamo limitarci ad accettarli senza porci interrogativi a cui neppure la scienza è in grado di rispondere, salvo poi etichettarli come esibizioni di ciarlataneria. E capitano a chiunque, te lo garantisco.»

«Davvero, nonna?»

«Perché dovrei mentire? Sono anziana e ne ho ascoltate molte di vicende così strane da far pensare che fossero inventate. Qualcuno naturalmente se ne rende conto, altri no perché non ci badano o si convincono, per l’appunto, che si tratta soltanto di coincidenze.»

«Cora voleva che il suo ritratto fosse ritrovato» ribadì Likadhema con voce quieta, «altrimenti sarebbe rimasto per sempre sepolto in quella credenza. Berenice, devi persuaderti che lei non aveva altri che me a farle da tramite con voi che ne siete le discendenti.»

«È semplicemente assurdo!»

«Non per quanto mi concerne. Di Cora non sapevo niente e non avrei potuto evocarla neanche se me la fossi sognata di notte, te lo giuro! Da piccola ero talmente atterrita dagli spiriti che vedevo con il mio terzo occhio, da correre tra le braccia di mia madre. Era una medium più dotata di me ed essendo già passata attraverso un’esperienza simile, sapeva che per una bimba sensitiva può rivelarsi traumatizzante, all’inizio. Mi accarezzava fino a tranquillizzarmi, ripetendomi che non si deve aver paura dei morti, bensì dei vivi.»

«Non vorrei dubitare di te, Likadhema, ma devi riconoscere che la situazione è abbastanza inquietante.»

«Sì, lo è, Berenice, ma da chi mai potrei aver saputo che Cora ebbe una vita piena di tribolazioni? Qualcuna di voi mi ha qualche volta menzionato quella donna o il nome del consorte di lei?»

«Dite, cosa vuole che facciamo Berenice e io?» domandò Drake, interrompendo una discussione che si sarebbe protratta fino al litigio, pronte com’erano ambedue a difendere i propri punti di vista.

«Come avete già constatato, lei vi sta guidando e intuirete da soli se state procedendo sulla strada giusta...»

«Potrebbe darsi che a casa di Dosolina e Calisto, allorché vi recherete a Milano, troviate qualcosa che vi ispirerà in proposito. La verità ha tante facce, dicono.» Luisa si era immalinconita pensando al destino avverso toccato alla loro antenata.

«Sì, può darsi» convenne Marta.

«Non mi arrenderò fino a quando non avrò scoperto che cosa capitò a Cora» affermò Drake in tono risoluto.

«Sarebbe doveroso riabilitarne la memoria, credo.» La mulatta lo guardò con aperta approvazione. I profondi occhi neri erano diventati quasi vitrei per la stanchezza e i crespi capelli grigio ferro le spiovevano sulla fronte corrugata. «Io devo obbedire a una Volontà Superiore, lo capite bene, anche se contribuirò per quanto mi sarà concesso fare alla soluzione di questo enigma.»

«Ne sono convinto.»

«E tu Berenice?»

«Che altro posso fare, se non adeguarmi?»

«Bene!» Likadhema si alzò in piedi con uno sforzo evidente e, con voce che echeggiò solenne, pronunciò alcune parole in una lingua incomprensibile. Infine, sollevando le braccia, tracciò strani segni nell’aria in quella che doveva essere una pagana benedizione. «Ho invocato su di voi la potente protezione della Dea» disse. «Da oggi in poi provvederà a salvaguardarvi dal male che incombe.»

Non ci fu altro da aggiungere.