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I mercenari della guardia personale del Marchese Baldassarri erano impegnati come quasi ogni giorno nelle loro esercitazioni. Il luogo adibito a tale funzione era lo spiazzo situato sul retro dell’edificio rettangolare in cui era alloggiata la soldataglia. Nell’aria echeggiavano grida e fragore di armi e il sole faceva scintillare il metallo di spade, pistole e moschetti, oltre che le borchie di ottone degli scudi.

Il Capitano de Fuentes se ne stava in piedi, immobile e silenzioso, in un angolo della corte che gli offriva un buon punto di osservazione, e scrutava i suoi uomini, valutandone l’abilità con la competenza acquisita nei molti anni di ininterrotta militanza nell’esercito del Re di Spagna. Difficilmente Joaquin si sbagliava nel giudicare la forza, la destrezza e la bravura dei suoi sottoposti nell’uso delle armi.

«Ti consumerai gli occhi a furia di fissarlo, Cora» l’ammonì a un tratto Abdia, sollevando il capo dal rammendo che stava eseguendo su una delicata camiciola di batista. «Quel dissoluto di tuo marito, per quanto io lo detesti, non sarebbe affatto contento di vederti spasimare per un altro uomo.»

«Abdia, ti prego, risparmiami le tue prediche, per oggi» replicò Cora.

«Non credi che mi dispiaccia doverti fare osservazione? Ma che cosa accadrebbe se, Dio non voglia, il padrone dovesse notare che l’oggetto di tanta attenzione da parte tua è l’affascinate capitano spagnolo? Lui può comportarsi come vuole, e infatti lo fa, ma per te è diverso, bambina mia, e di fronte a un simile affronto la reazione di Andriolo sarebbe tremenda.»

«Da che cosa hai arguito che sto fissando proprio lui?» le domandò Cora, che in verità non si era soffermata a ponderare in che modo avrebbe potuto reagire il suo brutale consorte se avesse scoperto che la moglie aveva perso la testa per un altro. Rabbrividì, immaginando a quali catastrofiche conseguenze rischiava di andare incontro. Ma che cosa poteva fare, ormai? Quella situazione non aveva vie d’uscita: de Fuentes viveva in quella casa, a stretto contatto con loro, e Cora, pur desiderandolo, proprio non riusciva comportarsi diversamente. Da quando Joaquin aveva fatto irruzione nella sua squallida e tetra esistenza, alleviando con la sua sola presenza l’infelicità che la opprimeva, non si riconosceva più. Ma la brava Abdia era come sempre troppo apprensiva nei suoi confronti, si disse, e con ogni probabilità Andriolo, da quel presuntuoso che era, era troppo pieno di se stesso per dubitare che lei avrebbe osato anche solo guardare un altro!

«Mia cara, ti conosco da quando sei nata e non c’è nulla di te che possa passare inosservato al mio sguardo» replicò serafica la governante, infilando nella cruna dell’ago una gugliata di filo. «Mai, prima dell’arrivo di quell’uomo, hai mostrato interesse per l’attività dei soldati al soldo del marchese, quindi la mia è una deduzione scontata.»

«Forse non è così» la contraddisse Cora. «Forse mi limito a controllare che il capitano abbia la necessaria esperienza, atta a giustificare la somma cospicua che gli viene elargita come compenso per le sue prestazioni.»

«Ah, davvero?» la canzonò Abdia simulando un’espressione a metà tra lo stupito e il dubbioso. «Non vorrei contraddirti, padroncina, ma non sembri una donna che si preoccupa di come viene speso il denaro nella sua casa, se mi è permesso dirlo.»

«Tu ti permetti questo e altro, Abdia!» ribatté Cora.

La sua risposta suonò più aspra di quanto fosse nelle intenzioni della giovane donna, tuttavia non servì a chiudere la bocca alla vecchia balia. «Cerco di proteggerti da te stessa, tesoro, e dalla deleteria collera di quel farabutto che ti ritrovi per consorte. Bada a non fornirgli pretesti per infierire su di te.»

«Il mio consorte si trova altrove» puntualizzò Cora, sulla difensiva, «e non faccio nulla di male, mi pare.»

«Non ho mai detto il contrario.»

Abdia aveva ragione, naturalmente: era decisamente rischioso spasimare per un uomo con cui l’unico rapporto possibile era un educato scambio di formalità. E aveva provato, a dire la verità, a concentrarsi su altre cose, ma alla fine era stata costretta ad ammettere di non poter distogliere la mente da Joaquin de Fuentes. Era attratta dall’avvenente cavaliere come il ferro da una calamita e non riusciva a resistere un’intera giornata senza vederlo almeno di sfuggita. Dimentica del proprio rango e del proprio stato di donna coniugata, si appostava come una servetta innamorata ovunque avesse modo di carpire qualche breve istante di vicinanza. Per fortuna il capitano non si era mai accorto di essere osservato in continuazione, o lei sarebbe morta di vergogna.

Quella situazione era estasi e inferno allo stesso tempo, pensò ancora Cora, torcendosi le mani e lanciando un’occhiata all’oggetto dei suoi sogni. Durante quelle prime settimane lo aveva incrociato raramente, perché dopo le esercitazioni de Fuentes si ritirava nelle stanze a lui assegnate. Al contrario degli altri soldati, occupava un alloggio spazioso nell’ala sud del palazzo, e una volta espletate le proprie mansioni se ne stava rinchiuso lì dentro a leggere o a fare chissà cos’altro. Quando non veniva invitato da Baldassarri alla sua tavola, lo spagnolo consumava i pasti in solitudine. Ma spesso si allontanava con la scorta armata al seguito di Andriolo.

Il capitano sembrava un tipo di poche parole, oltre che refrattario alla mondanità, pensò Cora, e lei aveva quasi l’impressione... Accorgendosi che si stava smarrendo di nuovo in quei sogni ad occhi aperti decisamente inopportuni, la giovane donna si riscosse, mordendosi a sangue l’interno del labbro per costringersi a tornare al presente. Ma nella sua mente sfilarono le immagini dei loro sporadici incontri, e Cora chiuse gli occhi rievocando i gesti e le parole del bel capitano... La sua era una passione patetica e irrazionale, e Joaquin non l’alimentava neppure rivolgendole un sorriso appena più caloroso di quelli che riservava al marchese. In effetti, la sensazione che la evitasse negli ultimi tempi si era trasformata in certezza, tanto che lei cercava di non capitargli continuamente davanti con un pretesto o con l’altro. Ah, l’orgoglio era senza dubbio più efficace della ragione!, rifletté, sconfortata.

«Cora, ti senti bene?»

La voce di Abdia la strappò bruscamente dall’insistente arrovellarsi su Joaquin. Soffocando un sospiro, Cora cambiò stizzosamente posizione sulla panca di pietra ricavata nella strombatura della finestra e ricoperta di cuscini che la rendevano più comoda. Quello era divenuto il suo rifugio preferito, scelto appositamente perché la rientranza impediva a chiunque si trovasse nello spiazzo sottostante di intuire che oltre il parapetto c’era qualcuno. Sedersi lì a ricamare le consentiva in qualche modo di stare accanto al capitano, di udirne la voce, di respirarne la presenza e di intessere illusioni irrealizzabili. Non erano che briciole, ma era pur sempre meglio di niente.

«Ti stai innamorando di quell’uomo, bambina» insistette la governante, preoccupata, corrugando la fronte sotto l’orlo arricciato della cuffia.

«Non è vero!»

«Sì, invece, e vorrei ti rendessi conto che è una pazzia che potresti rimpiangere amaramente! Riconosco con onestà che il capitano è molto virile... e bello quanto basta per incantare qualsiasi donna.»

«Te ne sei accorta anche tu, dunque» la canzonò Cora.

«Mentirei se affermassi il contrario.» La vecchia balia sorrise. «Non c’è domestica a palazzo che non sospiri per lui. Ma tu non puoi e non devi esporti a...»

«Abdia, taci, ti prego!»

«Come posso tacere? Sei una donna perbene, e sposata per giunta! Non puoi permetterti di coltivare sentimenti simili per un uomo che non è tuo marito.»

«Sai benissimo che non merito i tuoi rimproveri.» Cora non negò e neppure confermò l’allusione della governante, ostinandosi a sottolineare la propria mancanza di colpe. Dal suo punto di vista i peccati avevano una diversa connotazione, e benché si rendesse conto di lasciar trasparire ciò che provava per lui, non riteneva fosse deprecabile struggersi per qualcuno che era irraggiungibile come la luna.

«Non fai nulla di riprovevole, all’apparenza, certo. Tuttavia non si pecca soltanto con le azioni, ma anche con i pensieri» le rammentò la domestica con la saggezza delle persone semplici. «E i tuoi sono chiaramente intuibili, lascia che te lo dica.»

«Da quando in qua dai retta ai pettegolezzi?» la rimproverò Cora con inusitata alterigia. «Sappi che non consento a nessuno, nemmeno a te, di criticare la mia condotta. Quale moglie del Marchese Baldassarri ho tutto il diritto di controllare – e perché no? – di assistere a quanto avviene sotto questo tetto!» Quello scatto di insofferenza era in realtà una scusa fin troppo scoperta per troncare ogni ulteriore illazione di Abdia.

«Pettegolezzi? Se sei innocente come vuoi darmi a intendere, perché non ti mostri apertamente dalla finestra?» la provocò l’altra.

«Se le tue maligne insinuazioni nascono da questa distorta interpretazione dei fatti, eccoti accontentata!» Cora si alzò in piedi e, con atteggiamento di sfida, si affacciò alla finestra, posando i gomiti sul davanzale.

Joaquin la scorse subito e chinò il capo in un cenno di saluto.

Cora agitò la mano in risposta e, mentre lo fissava, d’improvviso il magro volto del capitano si aprì in un caldo sorriso che la fece fremere in tutto il corpo. Quell’uomo esercitava un tale potere di seduzione su di lei, da accentuare il tumulto delle emozioni che le turbinavano dentro. Tutto di lui l’ammaliava, confessò a se stessa: lo scintillio degli occhi scuri, vellutati come la notte, il bianco lampeggiare dei denti forti, la sensualità della bocca... e la fulminea trasformazione che un fugace sorriso operava sul suo viso severo, rendendolo ancora più attraente. Augurandosi che la vampata di rossore che le era salita alle guance non venisse notata, ricambiò il sorriso, rammaricandosi intimamente di aver raccolto la provocazione di Abdia.

Stava per ritrarsi quando un suono di voci adirate attirò l’attenzione generale su un alterco divampato tra alcuni soldati che si trovavano nei pressi dell’armeria.

Dall’alto, Cora, ancor prima di Joaquin, vide che un paio di mercenari erano improvvisamente venuti alle mani. Imre, un imponente e selvaggio turco con la testa rasata che gli altri compagni avevano soprannominato Brutus, stava malmenando un compagno. Più che di uno scontro alla pari, notò subito la giovane donna, si trattava di un deliberato pestaggio ai danni di un ragazzo smilzo e di statura inferiore, che annaspava nel tentativo di colpire il gigantesco turco. Dalla riccioluta zazzera rossa Cora riconobbe il giovane Lampleto, e avvertì un incontenibile moto di rabbia.

Lampleto era un garzone che aveva lavorato nelle scuderie per qualche mese, chiedendo successivamente ad Andriolo di essere addestrato alle armi, preferendo tale mestiere a quello forse meno avventuroso svolto fino a quel momento. Il marchese, che lo aveva preso in simpatia, aveva concesso il benestare senza difficoltà, e il ragazzo era diventato ben presto il beniamino dei mercenari.

Sconvolta dalla violenza dello scontro, Cora non riusciva a immaginare che cosa avesse potuto fare di così terribile il ragazzo per essere picchiato da Brutus con una simile ferocia. Se de Fuentes non fosse intervenuto seduta stante per sottrarlo ai martellanti pugni del turco, pensò, Lampleto avrebbe rischiato di soccombere. Con il viso ridotto a una maschera di sangue, pareva una marionetta priva di volontà, mentre vacillava sotto i micidiali colpi del turco.

Ma lo spagnolo, che nel frattempo si era rapidamente avvicinato ai due, si frappose con risolutezza tra loro, fronteggiando Imre senza alcun timore. La mano sull’elsa della spada, gli urlò frasi rabbiose che si persero nella brezza del mattino e che Cora non poté udire per via della distanza. Alcuni uomini, sollevato il malconcio Lampleto, che era stramazzato al suolo, lo trasportarono di corsa negli alloggi a loro riservati, dove era stata allestita un’attrezzata infermeria.

Brutus, le braccia conserte sul possente torace, ascoltò senza battere ciglio le vibranti accuse del capitano; poi, sogghignando, mostrò a Joaquin una riga sanguinante sul braccio nerboruto. Cora intuì che l’incauto apprendista soldato, incrociata baldanzosamente la propria lama con quella del subdolo Imre, vuoi per la fortuna che in genere arride ai principianti, vuoi per insospettata abilità, aveva ferito di striscio il gigantesco turco suscitando la furibonda e spropositata ritorsione del suo superiore.

Tra Brutus e Joaquin, che lo stava rimproverando aspramente per l’impari lotta ingaggiata con un avversario fisicamente inferiore, la tensione crebbe a dismisura, e persino Cora, ancora affacciata alla finestra, l’avvertì vibrare nell’aria. Il turco non si assoggettava di buon grado alle imposizioni altrui e, da quel ribelle che era, rifiutava di riconoscere l’autorità del comandante. Con una mossa agile e imprevedibile, indietreggiò e recuperò la spada con un agile guizzo.

Le sue intenzioni erano evidenti e de Fuentes non parve affatto stupito quando lo vide abbassarsi nella tipica posizione di difesa. Con calma imperturbabile si tolse il farsetto di cuoio e restò con la candida camicia dalle maniche vaporose, poi sfoderò con un gesto elegante la propria arma, una magnifica lama di Toledo, raccogliendo la sfida di Imre. Duellare con il turco sembrava non lo impensierisse minimamente, nonostante la stazza dell’avversario e la consapevolezza che Brutus era uno spadaccino di prim’ordine.

Persino Cora lo sapeva: ne era stata informata da Andriolo allorché questi lo aveva voluto alle proprie dipendenze, tessendo le sue lodi di forabudella, come lo aveva definito, con un compiacimento che lei aveva trovato macabro. Si raccontava che il gigantesco turco tenesse il conto degli avversari uccisi dalla sua lama incidendo una tacca su una trave di quercia del soffitto della sala comune della caserma, e il numero di quei segni, stando ai suoi compagni d’arme, era impressionante.

E adesso quell’assassino era alle prese con Joaquin.

Prima di potersi trattenere, Cora afferrò le balze del vestito perché non intralciassero la corsa e si precipitò fuori.

«Dove vai, adesso?» esclamò Abdia, colta alla sprovvista dall’inaspettata reazione di Cora. Non sapendo che cosa stesse succedendo in cortile, dato che si era assentata per andare a riporre l’indumento rammendato nel cassettone, la sbalordita governante vide la giovane donna spalancare l’uscio con impeto e dileguarsi oltre la soglia senza neppure prendersi la briga di risponderle.

Cora non l’aveva neanche udita, consapevole soltanto della mortale minaccia che Imre rappresentava per Joaquin. Il turco era talmente sleale da accanirsi su un avversario giovane e inesperto, che non era in grado di competere con lui e tanto meno di batterlo. Per giunta Brutus detestava il capitano, lo sapevano tutti, e Cora, temendo un colpo basso da parte del rivale, aveva d’un tratto ceduto a un impulso più incalzante di qualunque esortazione del buonsenso a non immischiarsi.

Quando sbucò, affannata, nel cortile, i due uomini avevano già incrociato le armi e le lame, cozzando l’una contro l’altra, producevano un clangore stridente che le fece digrignare i denti. I mercenari si erano assiepati tutt’intorno, e seguivano lo scontro in un silenzio insolito e innaturale per uomini usi alla violenza e al sangue. Joaquin era un eccellente schermitore, ma Cora aveva l’assoluta certezza che Imre non si sarebbe attenuto alle regole della cavalleria in quello scontro. Una smorfia di puro odio gli alterava i lineamenti mentre attaccava de Fuentes senza risparmiarsi, sferrando stoccate forsennate mirando al cuore del rivale. La lama di Brutus saettò in una finta da manuale, poi il turco eseguì un improvviso affondo in avanti sfiorando la spalla dello spagnolo, che lo schivò saltando con destrezza lateralmente.

Cora notò che anche la servitù seguiva il duello dalle finestre.

Quanto a Joaquin, non era tipo da subire passivamente l’assalto di Imre e contrattaccò a sua volta, eseguendo un affondo ugualmente magistrale. Ma Brutus non era un novellino, e si guardava con scrupolo dall’aprire la guardia.

Le lame, in quella sorta di agghiacciante danza della morte, sembravano animate di vita propria tale era la rapidità con cui venivano manovrate dai due spadaccini; si agganciavano sempre più spesso nella foga dello scontro e, per alcuni, eterni secondi, restavano come saldate, elsa contro elsa. Poi Imre e Joaquin si ritraevano, ricominciando a girare con circospezione in tondo mentre si apprestavano a sferrare un nuovo attacco.

Cora sussultava di sgomento ogni volta che le spade riprendevano a mulinare, fendendo velocissime lo spazio che divideva i due uomini. L’acciaio sprigionava abbaglianti sprazzi di luce nel riverbero del sole. Imre, che sembrava instancabile, incalzava senza tregua Joaquin, obbligandolo a indietreggiare.

«Vi sto dando del filo da torcere, eh, capitano?» sibilò Brutus con la faccia distorta da un ghigno e solcata da rivoli di sudore.

«Ne sei convinto, sbruffone?» De Fuentes rise mentre stringeva la spada con sciolta spigliatezza. Non era uomo da lasciarsi intimidire e, affondo dopo affondo, stava dando al turco la valida dimostrazione della propria classe di spadaccino. In breve Brutus iniziò ad ansimare, costretto dallo spagnolo ad arretrare. Poi un lampo di metallo balenò nello spazio tra loro e il filo tagliente della lama di Joaquin squarciò la manica destra di Imre dalla spalla al polso. Il turco grugnì di rabbia e raddoppiò gli sforzi, che ottennero infine un parziale successo quando aprirono un taglio nella coscia muscolosa di de Fuentes, che tuttavia barcollò appena. Il sangue cominciò ad arrossare i calzoni di fustagno dello spagnolo, ma lui parve non farci caso e seguitò a menare energici fendenti.

«Basta!» gridò allora Cora, che alla vista del sangue di Joaquin aveva smesso del tutto di ragionare. Atterrita dal pensiero che Imre fosse in procinto di uccidere il suo amato, si gettò tra loro con un ardire che sorprese lei per prima, oltre ai presenti.

«Siete ferito, capitano» gridò con voce resa acuta dalla paura, «eppure continuate a battervi come se si trattasse di una sfida all’ultimo sangue anziché di una normale esercitazione!»

«Non è che un graffio, señora, e non sanguina già più» replicò Joaquin in tono di disapprovazione mentre la fissava disorientato.

«Via di qui!» ringhiò Brutus, ansante. «Queste non son cose da donne!»

«Vi sbagliate!» Gli occhi di Cora saettarono da uno spadaccino all’altro. La sua presenza tra quei rudi armigeri che la fissavano stupiti era senz’altro inopportuna, ma non aveva potuto agire altrimenti.

«Vi prego, señora, ritiratevi» la sollecitò de Fuentes, il viso del tutto inespressivo. «Non è mia intenzione mancarvi di rispetto ma, come ha detto Imre, vi siete intromessa in questioni che non vi riguardano.»

«Sì, andatevene!» ribadì il turco non appena lo spagnolo tacque. Era irritato dall’intrusione di quella frivola smorfiosa fasciata di seta almeno quanto detestava quel saccente damerino madrileno che era impaziente di trapassare da parte a parte.

«Non mi riguardano, voi dite?» Cora fissò Imre con manifesto disgusto. «Ero alla finestra e sono stata testimone della deliberata brutalità con cui stavate massacrando di botte il povero Lampleto!»

«E allora?» rispose villanamente l’altro. «Non siamo educande, e ci misuriamo abitualmente tra noi durante l’addestramento, caso mai vi fosse sfuggito. Capita spesso che nell’esercizio delle consuete attività virili qualcuno finisca per avere la peggio. Vi dà fastidio che abbia impartito una doverosa lezione a quel buono a nulla di Lampleto?»

«Francamente, più che un leale sfoggio di virilità, la vostra mi è parsa un’esibizione di pura vigliaccheria» lo accusò Cora.

Il turco, livido di rabbia, contrasse la mascella prominente, mentre un brusio si levava dai presenti. Nessuno di loro si sarebbe azzardato a dare del vigliacco al suscettibile Imre, rischiando il collo. Ma la giovane donna, ignorando i commenti, si rivolse all’ammutolito de Fuentes. «Capitano, esigo che questo ridicolo duello cessi all’istante: la vostra gamba va medicata e fasciata» ordinò in un tono che non ammetteva repliche. «Mio marito non vi ha certo ingaggiati perché vi ammazzaste l’un l’altro.»

«Non potete intromettervi!» protestò con irruenza Brutus, squadrando la nobildonna con i malevoli occhi porcini. «E non sono affari vostri se noi vogliamo incrociare le spade!»

Cora si rese conto che se non fosse stata la moglie del marchese, il turco l’avrebbe messa al suo posto senza pensarci due volte, giudicandola una sciocchina abituata a imporre i propri capricci a chicchessia. «Sì, invece» lo zittì. «E non siete di certo voi quello che può dirmi ciò che posso o non posso fare in casa mia. Riferirò a mio marito le vostre bravate, al suo rientro da Mantova, e provvederà lui a darvi una lavata di capo! Quanto a voi, capitano, desidero parlarvi in privato, se non vi è di incomodo.»

Era un ordine, e Joaquin fu costretto a obbedire.

Imre, suo malgrado, dovette piegarsi alla perentoria volontà della padrona, e se ne andò borbottando imprecazioni a fior di labbra. Come aveva osato, quella donna, trattarlo da servo al cospetto dei compagni, negandogli oltretutto la soddisfazione di prendersi una rivincita sullo spagnolo? Imre mirava a sminuire il prestigio di cui de Fuentes godeva tra i mercenari, screditandolo agli occhi di Baldassarri, nella speranza che questi avrebbe poi offerto a lui il prestigioso ruolo di comandante. Da sotto le sopracciglia aggrottate osservò la snella schiena della donna e i capelli che brillavano come oro, per spostare infine lo sguardo offuscato dal rancore sulla figura ritta e orgogliosa dell’uomo che la seguiva un passo più indietro. Poi torse la bocca in un ghigno vendicativo: non era difficile capire perché la marchesa avesse interferito! Anche un cieco si sarebbe accorto che la superba gentildonna si era incapricciata dell’ombroso spagnolo. Se lo mangiava con gli occhi, convinta che nessuno se ne fosse accorto. Probabilmente aveva temuto che lui potesse deturpare la bella faccia del dannato capitano... Be’, tanto peggio per quella insulsa bambola vestita di trine! Inimicarsi uno come lui era un cattivo affare, e lo avrebbe capito ben presto a proprie spese! Avrebbe tenuto occhi e orecchie ben aperti da quel momento in poi, si ripromise con un’ultima occhiata torva ai due, così da pareggiare i conti con entrambi alla prima occasione, e da ricavarne un lucroso profitto. Chissà se Baldassarri era abbastanza geloso della moglie da sborsare quattrini sonanti a chi gli avrebbe riferito certe notiziole piccanti? Qualcosa gli diceva di sì e Imre si fregò soddisfatto le mani.

«Chiederò a mio marito di allontanare dal palazzo quell’energumeno» esordì Cora allorché lei e Joaquin furono soli in una delle stanze del primo piano adibite al ricevimento degli ospiti.

«Non avreste dovuto interferire, señora!» replicò con freddezza lui, tirando indietro con un gesto esasperato il ciuffo corvino che gli ricadeva sulla fronte. Poi rinfoderò la spada che ancora brandiva, e aggiunse nello stesso tono: «A volte il rimedio risulta peggiore della malattia, come in questo caso».

La giovane lo guardò con espressione confusa. «Perché mai, capitano?»

«Perché mi avete privato della possibilità di dare una lezione esemplare a quel gradasso!» sibilò aspro de Fuentes. «Il ragazzo non avrebbe dovuto cimentarsi con Brutus; se l’è cercata.»

«Avverto del biasimo nei miei confronti, capitano... Spero di cuore che non vogliate giustificare ciò che quell’individuo grossolano e prepotente stava facendo a Lampleto, perché io non potrei...»

«Non giustifico Imre e neppure voi, señora» la interruppe Joaquin, secco. «Non avreste dovuto immischiarvi: avrei ridotto a più miti consigli il turco, facendo sì che si guardasse bene dall’angariare qualcun altro, in futuro. Sono perfettamente in grado di impartire la disciplina ai miei uomini!»

«Voi volevate...? Ma io ho ritenuto di dover...»

«... di dovermi umiliare davanti ai miei sottoposti?» tagliò corto lo spagnolo, la cui voce dura intimidì Cora quanto il torvo cipiglio che gli alterava i lineamenti. «Ebbene, ci siete riuscita, non c’è dubbio.»

«Ma... ma io...» balbettò Cora stringendo i pugni. «Quella ferita mi ha spaventato.»

«Sul serio? Eppure, vedete, ha perfino cessato di sanguinare, prova evidente del fatto che si trattava soltanto di un graffio superficiale.»

«E come potevo supporlo? Temevo che vi avrebbe ucciso, capitano. Non voglio apparirvi puerile, ma quando mi imbatto in quel truce individuo sono invasa da un terrore che non so spiegare.»

«Terrore?» Joaquin la scrutò con attenzione. «Imre vi ha forse importunata?»

«No, ma forse ne percepisco la malvagità» tentò di giustificarsi lei, farfugliando impacciata quelle improbabili scuse. «Insomma, ho temuto che vi facesse del male, capite?»

«Sembrate aver dimenticato che sono un soldato, capace pertanto di difendermi» dichiarò asciutto de Fuentes. «Egregiamente, tra l’altro, se per caso non ve ne foste ancora accorta.»

«Me ne rendo conto, capitano, ma sul momento io...»

«Non mi piace nascondermi dietro le sottane e i merletti di una donna che non sa stare al suo posto» tagliò corto lui, lanciandole un’occhiata ostile che la raggelò.

Cora si umettò nervosamente le labbra. «Imre vi avrebbe ammazzato, se per caso vi fosse sfuggito questo insignificante dettaglio nella concitazione del duello.»

«Pensate che gli avrei consentito di farlo, se non foste intervenuta?» ribatté irritato de Fuentes. «Ho affrontato molte battaglie, riportando immancabilmente a casa la pelle. Brutus non mi avrebbe sopraffatto, ve lo garantisco.»

«Evidentemente vi ho sottovalutato, capitano.»

«Evidentemente!»

La giovane si accasciò mortificata su una sedia e abbassò gli occhi, troppo scombussolata da quei modi formali e scostanti per aver il coraggio di guardarlo ancora negli occhi. «Vi domando scusa» sussurrò.

«Non posso che accettarle, ovviamente. Sono al vostro servizio e debbo rispettare la volontà di chi mi ha assunto, quale che sia. Tuttavia vi esorto a evitare altre ingerenze come questa, in avvenire.»

«Non alludete soltanto a ciò che è successo poco fa, vero?» domandò Cora quasi con timore.

«Apprezzo la vostra perspicacia, señora.» Joaquin incrociò le braccia sul petto e sulla sua bocca comparve un accenno di sorriso che tuttavia non raggiunse gli occhi. «Giacché siamo in argomento, se mi autorizzate a essere schietto senza dovermi preoccupare di offendervi, approfitterei di questa conversazione per chiarire con voi un paio di cose.»

«Prego...» sussurrò Cora a capo chino, il viso celato da alcune ciocche sfuggite alle forcine, la gonna dell’abito che le si allargava intorno come la corolla di un nontiscordardimé. Benché in apparenza apparisse composta e padrona di sé, il tremito incessante delle dita sottili tradiva il conflitto emotivo che imperversava nel suo intimo.

«Non crediate che non mi sia accorto del vostro...» Joaquin esitò, facendo una pausa calcolata, e le scoccò uno sguardo che a Cora parve di scherno misto a disprezzo.

«Continuate pure, Capitano de Fuentes» lo sollecitò in un sussurro strozzato, tornando ad abbassare gli occhi sulle mani intrecciate.

«Mi riferisco al vostro interesse per me, señora. Un interesse che non poteva passare inosservato. Ne sono lusingato, naturalmente, ma se devo essere sincero con voi fino alla brutalità, vi domando la cortesia di non farmi oggetto delle vostre attenzioni.»

«Vi assicuro che non era mia intenzione mettervi a disagio, capitano. Io non...» Non poté terminare la frase. Doveva essergli sembrata patetica con i suoi infantili, forse persino grotteschi appostamenti per incontrarlo, lasciando trapelare sentimenti che avrebbe dovuto nascondere gelosamente. Lui se n’era accorto e doveva averne riso tra sé...

Cora era tanto mortificata che sarebbe sprofondata all’inferno piuttosto che restare un solo altro istante nel salotto, dove già aleggiava il buon odore di lui. Inalò quella mescolanza di aromi intensamente virili che ormai aveva imparato a distinguere e che trovava irresistibili. Joaquin emanava un sentore di pelle regolarmente strofinata con sapone che si fondeva con un intenso odore di cavallo, di finimenti di cuoio intrisi di grasso e di fieno. Soffocò un sospiro di sconforto: non c’era rimedio, era sua, completamente e disperatamente sua. E si struggeva d’amore per un uomo che viceversa le aveva appena manifestato il proprio disprezzo. Possibile che Joaquin non si accorgesse che lei si scioglieva di fronte a lui, succube di ogni suo sguardo? Come poteva non capire che la donna che aveva davanti anelava il tocco delle sue mani brune sul proprio corpo bruciante di passione? Che voleva conoscere il sapore della sua bocca e annegare nei suoi occhi... Era soggiogata da lui e da ciò che provava al punto che le pareva di perdere la ragione, e invece doveva incassare passivamente gli insulti del solo uomo per cui si sarebbe strappata il cuore dal petto, se solo glielo avesse chiesto sorridendole come solo lui sapeva fare.

«Voi nobildonne dell’aristocrazia avete una cosa che vi accomuna.»

«Davvero? E sarebbe?»

«Siete oppresse dalla noia di un’esistenza inconcludente, e il solo vostro assillo è come ingannare il tedio che vi assale nel corso delle vostre oziose giornate.»

«Siete ingiusto, capitano.»

«Ingiusto o sincero? Frequento da tempo gli esponenti della nobiltà, e ho spesso dovuto constatare che le ricche dame patrizie passano con estrema spregiudicatezza e scarsa moralità da un amante al successivo.»

«Vi... vi proibisco di proferire altre ingiurie.»

«Non dovete prendervela, señora!» Joaquin scrollò le spalle con oltraggiosa indifferenza. «Immagino di rappresentare una novità per voi, un capriccio per ottenere il quale siete disposta a tutto, anche all’adulterio. Tradire è normale nella società cui appartenete, e per quanto vi concerne, presumo siate impaziente di attirarmi nel vostro letto e di concedervi a me» concluse con deliberata volgarità.

Cora si alzò e lo fronteggiò con espressione triste. Era così pallida che Joaquin avvertì una fitta di rimorso. «Che torto vi ho fatto, capitano, perché abbiate di me un’opinione tanto orribile?» domandò con un filo di voce. «Mi conoscete a malapena, eppure vi arrogate il diritto di giudicarmi una donna di facili costumi solo perché siete convinto che io nutra un’infatuazione nei vostri confronti...»

«Vorreste negarlo, forse?»

«Se anche fosse, sarei da condannare?» Cora racimolò la forza di sollevare le palpebre e fissarlo negli occhi. Trasalì quando le ardenti pupille di Joaquin affondarono nelle sue, prima di scivolare sui seni e indugiarvi con insolenza. «Ero persuasa che foste un gentiluomo, capitano. Ma a questo punto è evidente che mi sono sbagliata sul vostro conto.»

«Probabilmente sono stato sgradevole con voi, señora, ma non potevo agire altrimenti se volevo eliminare ogni equivoco tra noi.»

«Avete molto da imparare sulle donne, capitano, specialmente su quelle nei cui riguardi, con ripugnante perfidia, esprimete giudizi sommari. E del tutto gratuiti perché infondati, per giunta!» Pronunciata quella frase sferzante e colma di dolore, Cora si diresse alla porta e si eclissò.

Il Capitano de Fuentes restò immobile dov’era: si sentiva come una statua di marmo, e non come un uomo in cui il sangue scorre caldo e pulsa la vita. Qualcosa, dentro, gli doleva come se fosse stato appena trafitto da un fendente di misericordia, il pugnale dalla lama lunga e sottile con cui si sferrava il colpo di grazia a un nemico già gravemente ferito. Il viso affranto di Cora gli balenò nella mente, straziandogli il cuore... Era stato costretto a comportarsi così, ma ne aveva sofferto come se si fosse accanito contro se stesso.

Aveva dovuto esercitare un immane sforzo di volontà per non prenderla tra le braccia e baciarla, affamato di lei al punto da bramare di spogliarla, lì dov’erano, e poi prenderla senza indugi. Era per quello che non la voleva intorno: perdeva il controllo di sé e delle proprie emozioni quando Cora gli era vicina e il suo fresco profumo femminile permeava l’aria, infierendo sui suoi sensi fin troppo ricettivi. Ma che Dio lo aiutasse, averla trattata da donnaccia aveva fatto più male a lui che a lei. Farsi odiare sarebbe realmente servito a tenerla lontana?, si chiese. Avrebbero mai trovato fine le lunghe notti insonni popolate dalla visione tentatrice di Cora avvinta a lui nell’abbandono dei sensi?

Maledizione, non poteva pensare a lei così... non poteva indugiare con la mente sul desiderio che il suo corpo sensuale scatenava in lui. Era la moglie di un altro, e non avrebbero mai giaciuto insieme. Mai!

Ancora una volta rimpianse di aver lasciato l’esercito e di essere andato incontro, del tutto inconsapevolmente, all’amore per una donna che non gli apparteneva. Cora gli era entrata nel cuore, subito e senza scampo. La sua anima vibrava ogni volta che posava l’attenzione su di lei, perché Cora faceva scaturire in lui sensazioni mai sperimentate con nessun’altra, cosa che lo rendeva schiavo dell’unica, meravigliosa donna che avrebbe voluto amare e che doveva invece dimenticare.