19

 

Luisa, Marta e Finnea avevano ascoltato trasecolate l’avvincente resoconto di ciò che era successo nel solaio dei Lovati di Milano. Chi avrebbe immaginato che Andriolo, per quanto rispecchiasse i dispotici mariti del suo tempo, avesse il coraggio di sbarazzarsi a sangue freddo della moglie, dopo averne scoperto l’infedeltà? Naturalmente non era dato loro sapere con quali modalità era stato compiuto il delitto: erano trascorsi più di due secoli e non restava un calcinaccio di Palazzo Baldassarri. Questo non attenuò comunque il trauma che la notizia provocò in loro. Per diversi minuti, nel confortevole salottino giallo della villa regnò un attonito silenzio. Sui visi era affiorata un’espressione più esplicita di qualsiasi commento.

Finnea non trattenne la commozione, ma anche gli altri erano scossi. I gioielli trovati nell’orlo del mantello costituivano la prova inconfutabile che Cora si preparava a lasciare il marito per inseguire il suo sogno d’amore con Joaquin. Dagli spezzoni di storia ricuciti in modo purtroppo approssimativo al fine di ricomporre un quadro degli eventi vicino alla verità, appariva chiaro che l’ultimo scorcio di vita della giovane si era trasformato in un incubo allucinante.

Cora sapeva di non poter più sfuggire alla mortale trappola che il diabolico Andriolo aveva predisposto con scaltrezza, ed era consapevole di essere alla sua mercé, impotente a sottrarsi all’imminente fine. Doveva aver affrontato lucidamente un’agonia anche interiore, dato che la sorte le aveva impedito di riunirsi all’uomo del quale era innamorata.

Costretta dalle circostanze a rinunciare a Joaquin e nell’impossibilità di fargli sapere che non era dipeso da lei venir meno alle promesse che si erano scambiati, doveva aver provato una sofferenza più cocente di quella cagionatale dall’arrendersi alla crudeltà di Andriolo. Quest’ultimo si era probabilmente divertito a tormentare la sua vittima preferita, dicendole che era lei la causa dell’uccisione di Lampleto perché lo aveva coinvolto nella sua tresca con lo spagnolo. Il marchese poteva averle perfino fatto credere che anche de Fuentes era stato eliminato, schiacciando la moglie sotto il peso di un rimorso atroce. E che cosa doveva aver provato la sventurata quando le era stato strappato dalle braccia il figlioletto per sferrarle il colpo di grazia?

L’ultimo atto del dramma di Cora doveva essersi svolto più o meno così, anche se quel corollario di terribili deduzioni tratte dalle sue discendenti trovava solo parziale conferma nei documenti venuti in loro possesso.

La nonna, quando ebbe recuperato il controllo delle sue emozioni e con esso la voce, avanzò la proposta di donare a un museo del costume gli abiti di Cora. Quel vestiario era così rappresentativo dell’epoca e talmente ben conservato da meritare di essere ammirato da altri.

«Sarebbe la cosa migliore per serbarne la memoria» fu d’accordo Berenice, che si sentiva esausta a conclusione di una giornata tanto insolita quanto faticosa. Il susseguirsi degli eventi le aveva prosciugato le energie ed era ansiosa di coricarsi per cancellare con un sonno ristoratore la spossatezza e il turbamento dovuti alla sorte avversa di Cora e alla parentesi d’intimità condivisa con Drake nella soffitta. L’americano l’aveva colta alla sprovvista e lei lo aveva lasciato fare, ma era consapevole che se anche gli avesse intimato di tenersi alla larga, non avrebbe potuto negare che la sua vicinanza la coinvolgeva in una situazione che non era in condizioni di gestire.

Aveva scoperto di essere vulnerabile alle sue attenzioni, e questo la metteva in difficoltà perché l’attrazione fisica che Drake esercitava sui suoi sensi la induceva a comportarsi in modo irrazionale. Non era tuttavia un’ipocrita e riconosceva che era inutile erigere barriere intorno al cuore per difendersi dalle emozioni che suscitava in lei. Quando l’aveva baciata, la mente le si era svuotata e uno strano languore l’aveva pervasa. Percorsa da uno slancio inatteso e impetuoso di arrendersi ancor prima di aver provato a resistergli, aveva perso la testa e il suo corpo l’aveva spinta a cercare un contatto più intimo con quello di lui, fino a...

Di colpo conscia della piega presa dai propri pensieri, Berenice ne interruppe bruscamente il fluire e tornò al presente con un sospiro. Quanto all’oggetto delle sue inopportune elucubrazioni mentali, al termine di una cena frugale era sprofondato in quella che era ormai diventata la sua poltrona preferita. Lei, lo sguardo che saettava un po’ troppo spesso sulle lunghe gambe accavallate di Drake, si era invece assunta il compito di parlare delle cronache di Gaspare e di tutto il resto. Fumando uno dei suoi sigari che effondevano nell’aria un piacevole aroma di tabacco, l’americano si teneva con discrezione in disparte, gli occhi che indugiavano più del lecito su di lei.

«Sì, nei musei sanno come preservare dal deterioramento modelli e tessuti così belli. Rappresentano preziose testimonianze della moda dei tempi andati» affermò Marta, più che propensa a una soluzione che a suo avviso era la migliore da prendere. I gioielli erano un altro discorso: come un anello di congiunzione che saldava il passato al presente, essi erano il tangibile simbolo dei vincoli parentali tra le generazioni che si erano succedute. Essendo l’irrinunciabile eredità di tutte loro, dovevano restare alla famiglia.

«Allora domani ti recherai alle rovine con Drake?» domandò Luisa alla nipote, notando le ombre che le cerchiavano gli occhi.

«Sì, dopo pranzo. Domattina voglio anzitutto recarmi in banca per dare disposizioni riguardo al denaro da versare ai nostri cugini.»

«Sì, è un imperativo morale provvedere al sostentamento di Calisto e Dosolina. Quando poi arriverà la buona stagione, faremo una gita tutte insieme al maniero» stabilì la nonna, nonostante muoversi comportasse per lei uno sforzo non indifferente e fosse restia ad allontanarsi dalla villa. Le sue passeggiate si erano drasticamente ridotte a pochi passi tra i vialetti che serpeggiavano tra le aiole del giardino, invogliata dalle splendide rose piantate da lei stessa.

Ora le cure del roseto erano affidate a un giardiniere e lei si limitava ad ammirarle durante la fioritura, se gli acciacchi le consentivano di farlo. Quell’anno la primavera era stata molto piovosa e lei aborriva l’umidità come nessun’altra calamità naturale: acutizzava i disturbi motori che l’affliggevano, obbligandola all’immobilità.

«Sarebbe bello rendere omaggio a Cora tutte insieme, ma lo farò io per adesso» affermò Berenice. «In quella dimora fu felice, anche se per una breve stagione, e io sento il dovere di deporre dei fiori là dove lei visse.»

«Apprezzerebbe il tuo gesto» approvò zia Finnea.

«Un modesto pensiero, paragonato a quanto subì, ma come posso astenermi dal porgerle delle tardive scuse per averla considerata la pecora nera della famiglia?»

«E invece era tutt’altro che un pessimo esempio di moglie e di madre» interloquì Luisa con voce dolente.

«Hai ragione» convenne Marta.

«Naturalmente lei se ne sarebbe andata con Joaquin e Filippo, se Andriolo non glielo avesse impedito con la forza. Ma la colpa ricade sul marchese perché, come scrive Gaspare, il marito la picchiava abitualmente con cattiveria e per qualsiasi futile motivo

«Quell’individuo era malvagio e privo di pietà, ma alla fine avrà scontato con la dannazione dell’anima le lacrime inflitte a una sposa poco più che adolescente che mai gli fece dei torti» decretò Marta. «Comunque, avrebbe dovuto ammazzarlo lei.»

«Condivido la vostra opinione, cara signora.» Drake le si era rivolto con amabilità. La voce, dal timbro armoniosamente maschile, proprio come l’incantato suono del pifferaio magico, indusse le signore presenti a far convergere gli occhi su di lui, che le ammaliò con uno dei suoi sorrisi dall’effetto sconvolgente. Era del resto la sua arma più efficace e sapeva sfruttarla da maestro.

«Avete la faccia stanca, Drake...» osservò zia Finnea.

«Sento infatti l’esigenza di concedermi una salutare dormita» fu la risposta. Gettato il mozzicone tra le braci, si alzò con mossa fluida e si avviò alla porta. «Auguro a tutte una buonanotte.»

«Ma come, volete già ritirarvi?» protestò la nonna.

«Ho delle lettere da scrivere, signora Luisa, e non posso rimandare l’invio della corrispondenza. Berenice, se non vi sono di incomodo verrei con voi ad Angera, subito dopo colazione. Mentre sbrigate le vostre faccende, io assolvo le mie all’ufficio postale.»

«Non è un affatto un incomodo, Drake.»

«A domani, allora.»

A corto di pretesti per trattenerlo, le signore seguirono con lo sguardo l’alta figura di Drake finché non scomparve oltre la soglia.

«È incredibile la rapidità con cui mi sono assuefatta alla presenza di quel ragazzo» osservò la nonna con un sorriso affettuoso.

«Anch’io» le fece eco Marta lanciando un’ultima occhiata nella direzione in cui l’americano era sparito. «Non so voi, ma io ne sentirò parecchio la mancanza quando ci dirà addio e se ne andrà» concluse sottolineando il proprio disappunto con un sospiro eloquente.

«Magari tornerà a trovarci...» auspicò Finnea.

Berenice ritenne saggio evitare commenti imperniati su Drake, che non era esattamente il suo argomento preferito. Una tale affermazione sarebbe risultata impopolare tra le convinte estimatrici che lo yankee si era conquistato tra le mura domestiche. Tenuto conto dell’innegabile impatto carismatico di un simile accentratore di attenzioni, l’avrebbero scorticata viva se si fosse azzardata a dirlo.

Per Berenice la notte si rivelò un inferno: benché stremata, non riuscì a chiudere occhio e non cessò un attimo di arrovellarsi su Drake. A prescindere dall’inspiegabile sgomento che l’assaliva alla prospettiva di vederlo partire, continuò a chiedersi a chi mai fossero dirette le lettere che aveva scritto dopo essersi ritirato nella stanza che lo ospitava. Stava forse cercando di riallacciare i rapporti con la donna inglese che lei aveva sorpreso in sua compagnia al Cigno bianco? E dove risiedeva costei, in Italia o altrove? Berenice comprendeva abbastanza bene l’inglese e, basandosi sulle parole udite prima che l’alterco venisse troncato dal suo arrivo, aveva dedotto che la sconosciuta non sembrava intenzionata a farsi da parte e a troncare quel rapporto. Chissà se Drake si era pentito di averla respinta in un momento d’ira e ora la rimpiangeva? Era possibile che volesse riappacificarsi con colei che forse era stata la sua fidanzata?

L’amava ancora?

E perché aveva baciato lei? Non era stato un bacio dato alla leggera... Il sangue le si era sciolto come miele caldo al tocco delle sue labbra ardenti e aveva tremato per l’estenuante, calda esplorazione della bocca fatta da un rubacuori che con le donne ci sapeva dannatamente fare! Non era in grado di dare una risposta ai propri assillanti interrogativi e il groviglio di sentimenti contrastanti che l’attanagliavano non pareva volersi placare. Si era sviluppata in lei un’irritante forma di gelosia nei riguardi di un uomo che avrebbe dovuto esserle indifferente. Dovette invece riconoscere con onestà che non era così, e il pensiero ossessivo di lui la tenne desta fino al primo chiarore dell’alba.

Poi ebbe una breve tregua e cadde in un torpido sonno.

«Avete spedito le vostre lettere, Drake?»

«Diamine, sì!» esclamò lui in tono affabile. Le mani brune, mentre il calesse procedeva a velocità moderata verso il maniero, reggevano le redini con sicurezza. Le rivolse un’occhiata prima di riportare l’attenzione sul percorso in salita che il cavallo affrontava senza sforzo. «E voi avete fatto quanto vi premeva per i vostri cugini?»

«Ho sistemato la questione nel migliore dei modi.» Lei osservò le magnifiche rose rosse che teneva in grembo, colte da Luisa per Cora. «Verrà loro corrisposto mensilmente un congruo vitalizio che durerà fino a quando l’uno e l’altra saranno in vita.»

«È un bel gesto.»

«Si fa quel che si può, e la solidarietà non può e non deve mancare quando non si hanno problemi economici. Era d’altronde il minimo che potessi fare per quei due vecchi.»

«Siete stata generosa.»

Lei scrollò con noncuranza le spalle. «Guadagno più di quello che riuscirei a spendere nel corso di un’intera esistenza, con i diritti per ciò che scrivo. Potevo permettermi di aiutarli.»

«A proposito di ciò che scrivete, stamani sono passato davanti a una libreria e ho acquistato una delle vostre favole.»

«Davvero?» Berenice lo fissò stupita. «E perché?»

«Che significa perché

«Be’, pensavo che... insomma, non avete raccontato nulla di voi e della vostra famiglia, così non ho idea se vi siano bambini. Si tratta di letture destinate all’infanzia, piuttosto che agli adulti, capite, e mi rendo a un tratto conto che potreste averlo comperato per regalarlo a un vostro nipotino, là in America. In verità non avevo supposto che voi...» Berenice smise di affastellare frasi incoerenti e fissò un punto qualunque davanti a sé, pur di non guardare lui.

Drake si mise a ridere. «No, non ho nipoti» precisò. «Non ancora perlomeno, ma ero curioso di sfogliare i vostri libri.»

«E che ne pensate?» gli domandò con una trepidazione che la sorprese, dato che generalmente non era molto suscettibile alle critiche altrui. Inventare favole e creature fantastiche le era congeniale ed era lieta che i suoi piccoli lettori fossero entusiasti della sua opera. Il resto non la interessava. Ma il giudizio di lui, chissà perché... sì.

«Devo farvi i miei complimenti. Mi sono limitato a leggere qualcosa qua e là, visto che c’era in programma questa gita. Eppure, anche solo scorrendo le pagine, salta agli occhi che avete un grande talento, particolarmente nelle illustrazioni. La fata Sprilù, la strega Oxana, i folletti Yoda e Dudis sono personaggi strepitosi.»

«Vi ringrazio, Drake.» Una strana euforia aveva pervaso Berenice, facendole brillare gli occhi come zaffiri. «Il vostro apprezzamento mi gratifica come neanche immaginate.»

«Vi era dovuto» ribadì lui con sincera convinzione. «Presumo che i ragazzini semplicemente vi adorino, o sbaglio?»

«Non sbagliate, e io adoro inventare storie per loro. Ma a proposito della gita...» Lei tacque e indicò una compatta massa di nuvole nere, foriere di una tempesta imminente, che il vento ammassava sul sole, basso sull’orizzonte. Erano usciti di casa più tardi del previsto perché Marta e Finnea, incalzate da Luisa, si erano fatte portare dal curato allo scopo di far dire una Messa in suffragio di Cora. Drake, che si faceva in quattro per ricambiare l’ospitalità, non aveva potuto rifiutarsi di accompagnarle. «Temo che non potremo indugiare troppo tra le rovine, o il maltempo in arrivo ci impedirà di muoverci da lì fino a quando non avrà smesso di piovere.»

«Forse non c’è motivo di preoccuparsi...» Lui osservò il cielo che si oscurava a ovest, poi scrollò allegramente le spalle e le indirizzò un sorriso a tal punto intimo da risultare sconvolgente. «Non saprei dire che atteggiamento abbiano le scrittrici di fiabe nei confronti del fato, ma io sono un ottimista inguaribile e confido che questo bel venticello soffi altrove quei nuvoloni.»

«Mmh... francamente ho i miei dubbi» borbottò in tono scettico lei, tenendo il cappellino con la mano per non farlo volare via.

«Ecco, ci siamo.» Drake guidò il cavallo fino a uno spiazzo erboso, poi balzò dal veicolo e offrì la mano a Berenice, che scese a sua volta. Assicurate le briglie al tronco di un salice, le porse il braccio e s’inerpicarono in silenzio lungo il viottolo che portava all’edificio. Era sconnesso e infestato da ortiche e rovi lungo i bordi esterni, ma nessuno dei due ci fece caso.

Fu lei a fargli da guida quando entrarono, conducendolo dapprima nei fatiscenti vani del pianterreno, e poi al piano superiore. Il rumore dei loro passi pareva rimbombare nel silenzio delle stanze per lo più scoperchiate e dei saloni in cui permaneva, trasudando dalle pietre, la traccia di chi anticamente vi aveva abitato. Fuori la tempesta incombeva con un lampeggiare intermittente di fulmini e violente scariche di tuoni che deflagravano come colpi di cannone.

«Temo che resteremo bloccati qui per un po’» presagì lui.

«Una notevole stoccata al vostro ottimismo... Come potete vedere, sta già piovendo» ribatté lei osservando gli scrosci scagliarsi di stravento contro le finestre senza vetri, formando pozzanghere sul pavimento sporco e rovinato dalle intemperie di secoli.

«A casa vostra non staranno in pensiero se ritardiamo?»

«Buon Dio, Drake! Si presume che due adulti all’occorrenza siano capaci di cavarsela» rimarcò lei. «Se poi vogliono ugualmente stare in ansia per noi, non so che farci. Non siamo in una reggia da Mille e una notte, tuttavia anche se in alcune stanze il soffitto è crollato, il maniero offre abbastanza riparo finché imperversa il temporale.»

«Indubbiamente.»

«Se siete d’accordo, aspetteremo che spiova e che un meraviglioso arcobaleno ci consenta di rincasare senza ulteriori ritardi.»

«Non c’è altro da fare» convenne lui, e appese il cappello a un chiodo arrugginito che spuntava dal muro. «Non ho voglia di inzupparmi e nessuna fretta di rientrare, dopotutto. E voi?»

«Oh, neppure io!» Gli occhi che frugavano nella densa penombra, Berenice aggiunse: «Non sono una persona impressionabile, ma voi l’avvertite la pesante atmosfera che ristagna in questo posto?».

«Sì, è un luogo fortemente evocativo e credo susciti qualche strana sensazione in chiunque vi metta piede, quasi che l’energia di coloro che vi abitarono continui ad aleggiare tra le mura.»

«Lo trovo opprimente, in verità.» Lei fu scossa da un brivido e non smise di guardarsi intorno, quasi paventasse di vedere irrompere uno spettro da un momento all’altro. «Ma voi siete un archeologo e sarete certamente abituato a visitare cripte o altri monumenti del genere.»

«Non posso negarlo e, come voi, non trovo affatto distensivo il clima che c’è qui dentro.» Drake teneva lo sguardo incollato sui fianchi di Berenice, ammirandone il seducente ondeggiare mentre andava a deporre le rose al centro del grande camino. I fiori crearono una rossa macchia di colore che ravvivò lo spoglio ambiente dove avevano trovato rifugio. Una fragorosa sequela di tuoni lo costrinse a distogliere gli occhi e a guardare verso le finestre. Aggrottò la fronte e scrutò il cielo livido che scuriva ancora di più nel crepuscolo: a intervalli brevissimi era solcato dal baluginare di lampi che rischiaravano il paesaggio e la sala che li ospitava, per poi farla ripiombare nell’oscurità. La struttura dell’edificio sembrava tremare nell’accanirsi della tempesta, e il rabbioso fischiare del vento si alternava alle poche frasi che si scambiavano nelle brevi pause di silenzio concesse dal finimondo esploso all’esterno.

«C’è qualcosa qui che mi angoscia, e lo trovo inspiegabile...»

«Inspiegabile? Che significa?» indagò Drake.

«Significa che, a quel che mi consta, questa fu una casa nella quale Cora e le persone che la precedettero vissero serenamente.» Si era voltata e lo fissava seria, sgualcendo distrattamente i nastri del cappellino.

«Non escludo che essendo coinvolti in vicende che ci riguardano, voi per Cora e io per Joaquin, possa trattarsi di suggestione.»

«Solo suggestione? Non può essere! Il mio sesto senso avverte vibrazioni inquietanti che non so definire...»

«È vero, ma non dovete aver paura di ciò che l’istinto sente. Ci sono io e non permetterei che vi accadesse qualcosa di spiacevole.»

«Ne sono consapevole.»

«Passando a un altro argomento, per quel che mi riguarda e tenuto conto che l’interessato non può più farlo, ritengo doveroso chiedere scusa alla vostra antenata a nome di Joaquin.»

Gli occhi di lei si inumidirono a quelle parole.

«Non vi metterete a piangere, eh?»

«No, ma è bello quello che avete detto, Drake.»

«Giusto, più che altro» la corresse. «Se non fosse stato accecato dal risentimento, Joaquin avrebbe capito che nell’addio di Cora c’era qualcosa di forzato. Invece di dubitare, avrebbe dovuto concederle una maggiore fiducia. Non che in seguito abbia assaporato un solo barlume della felicità perduta. La rimpianse sempre, anche se si era sposato con la figlia di un ricco proprietario terriero texano, qualche anno dopo.»

«Era umano e inevitabile che si ricostruisse una vita.»

«Lo fece nell’intento di dimenticarla, senza riuscirci, ovviamente. Joaquin si affezionò alla moglie, dalla quale ebbe dei figli, ma Cora era l’altra metà di lui e non la scordò mai.»

«È una storia che strazia il cuore, non pensate?»

«Sì, ma recriminare sugli errori che entrambi commisero non ha più alcun senso.»

«Avete ragione, Drake. Joaquin peccò di sfiducia nei confronti di Cora e lei, pur conoscendone la pericolosità, commise lo sbaglio di sottovalutare le prevedibili ritorsioni di Andriolo. Avrebbero dovuto anticipare la loro fuga, suppongo, anche se lei era incinta. Il marito la lasciò sola per mesi e loro avrebbero dovuto approfittare di quella irripetibile occasione per andarsene indisturbati.» La giovane alzò le spalle. «È facile trarre conclusioni col senno di poi, ma se esiste un aldilà forse lui le ha già chiesto perdono per aver pensato il peggio di lei, allorché gli fu recapitata la lettera inviata dal marchese.»

«Quanti se e ma, nel loro amore» commentò Drake.

«Forse non era scritto che invecchiassero insieme...» La voce di lei si affievolì come se di colpo avesse esaurito le forze. Si lasciò cadere infatti sul bordo di granito del camino, fissando l’americano da sotto in su con un’espressione che lui non riuscì a decifrare.

«Già, ma vorrei avere la certezza che quei due si sono ritrovati in una dimensione ultraterrena.» Lui osservava a sua volta Berenice attraverso le palpebre socchiuse.

«Drake, cosa rappresenta quella donna per voi?» Berenice si pentì di aver proferito quelle parole non appena le sfuggirono dalle labbra.

Lui rifletté brevemente sulla domanda. «Alludete ad Amy?»

«Si chiama così la signora straniera con cui stavate bisticciando il giorno in cui venni alla locanda a cercarvi?»

«Sì, Amy Derham» le confermò, chiedendosi intanto per quale motivo Berenice volesse saperlo.

Seguì una pausa che si prolungò oltre il dovuto, come se Amy si fosse davvero frapposta tra loro, suscitando un repentino imbarazzo in entrambi. Drake stava fissando perplesso Berenice quando lei, che probabilmente si rimproverava per essere stata indiscreta, si sfiorò la gola con le dita. Quel gesto destò in lui degli echi ancestrali che svanirono prima che potesse in qualche modo analizzarli. Ne fu indicibilmente turbato e frugò invano tra gli sbiaditi ricordi affastellati nella memoria, cercandone l’origine. Non venne a capo di nulla: sapeva solo che il gesto di lei gli era stranamente familiare. L’incongruenza consisteva nel fatto che da che la frequentava non glielo aveva mai visto fare.

«Ne siete innamorato?» insistette la giovane.

«Amy appartiene al passato» dichiarò lui in tono duro, «e non ha nulla a che fare con noi due e con il presente...»

«Il presente...?» Berenice si toccò ancora la gola e lo guardò incerta. Lui le si avvicinò piano, catturandola con uno sguardo che annullò ogni suo pensiero e le bloccò il respiro, avvincendola con una forza di cui nemmeno un abbraccio sarebbe stato capace.

«Drake...» Berenice deglutì, incapace di distogliere l’attenzione da quel viso intensamente maschio e straordinariamente espressivo. Si sentiva come un topolino indifeso davanti a un serpente.

«Riesci a immaginare come mi sento mentre ti guardo?»

«No, io... io ritengo che sia sbagliato cedere al...»

«Sbagliato o no, non cambia la sostanza delle cose» la interruppe. «Non avrei voluto che accadesse, sai, e ho tentato di contrastare tutto questo dall’inizio, ma è stato inutile e sono rimasto affascinato dal tuo modo di fare» disse con voce rauca. Allungò il braccio e le afferrò il polso, attirandola quasi brutalmente a sé. Gli occhi vagarono sul suo viso per alcuni lunghi istanti, come se volesse scorgere la sua anima in fondo allo sguardo e capire se anche Berenice stava provando sensazioni uguali a quelle che gli erompevano dentro in quell’istante. Poi le bocche si unirono e lei non si ritrasse, offrendosi al bacio con un soffocato gemito di resa incondizionata.

Drake la strinse con forza al proprio corpo, nutrendosi della dolcezza delle sue labbra e divorando avido le tacite promesse che lei sembrava fargli ricambiando i suoi baci con un ardore che gli infiammava i sensi. L’eccitazione che gli pulsava incontrollata nel sangue gli fece scaturire dalla gola un rauco suono di piacere. Berenice gli cinse la nuca e inarcò la schiena, spingendo i fianchi verso di lui con un erotismo che gli sferzò i sensi.

Quando le infilò le dita nei capelli e li sciolse, la serica matassa d’oro le ricadde sulla schiena, eccitandolo ancora di più. Si scostò leggermente per guardarla: era la personificazione di un sogno, con quella figura da dea e la selvaggia chioma bionda che le incorniciava l’ovale del viso, un’immagine ammaliante che lo sedusse al punto da annullare ogni residua esitazione. Dopo la deludente relazione con Amy Drake si era ripromesso di escludere dalla sua vita e dal suo cuore qualsiasi donna, ma Berenice gli si era insinuata sotto la pelle più di quanto avrebbe mai creduto possibile. Era un uomo determinato e alquanto deciso nelle proprie prese di posizione, addirittura spietato, se le circostanze lo rendevano necessario, eppure davanti a lei si ritrovava disarmato.

Le cercò di nuovo la bocca in un bacio duro ed esigente che la fece fremere, accrescendo il sensuale coinvolgimento dei loro corpi allacciati. Desiderava disperatamente fare l’amore con lei, possederla fino alla reciproca estenuazione proprio lì, tra quei ruderi che con ogni probabilità erano stati testimoni di un’altra delirante passione: quella sbocciata tra Joaquin e Cora.

«Drake, dovremmo smettere di...» Berenice, ansimante, tentò di porre fine a quella pazzia. Non riuscì neppure a terminare la frase perché lui la zittì con un bacio profondo, dolce e così intimo da darle le vertigini. Avvertiva nella tensione dei muscoli lo sforzo dell’uomo che non vuole perdere il controllo e vibrò in tutto il suo essere. Era conscia che la stava desiderando allo spasimo. Un insidioso calore le contrasse le viscere e alimentò il desiderio che già la consumava. Non poteva opporsi alla passione di Drake e non aveva importanza se lui dopo se ne sarebbe andato chissà dove. Niente importava all’infuori dello struggente, fantastico incantesimo che li avvinceva.

«Ora basta con le smancerie, sgualdrina! Togli le mani di dosso a Drake! Subito!» C’era un marcato accento straniero nella voce femminile che risuonò all’improvviso nel silenzio, e che ebbe l’effetto di una doccia fredda sulla coppia avvinta in un abbraccio.

Berenice urlò impaurita e si liberò freneticamente dalle braccia di Drake, mentre lui, la faccia contrariata e lo sguardo fosco, si girava con un guizzo verso l’intrusa. Sbottò in una rabbiosa imprecazione scorgendo a pochi passi Amy Derham. Intenzionato a farle passare la voglia di piombargli tra i piedi nei momenti meno opportuni, si bloccò di colpo notando che brandiva con mano ferma una pistola. L’arma era minacciosamente puntata su quella che evidentemente riteneva una rivale: Berenice.

«Come diavolo sei arrivata qui?» l’assalì in tono aspro. «E cosa credi di fare con quell’aggeggio?»

«Mi prefiggo di saldare i conti, Drake» gli rispose lei in tono gelido. «Ti tengo d’occhio da un bel po’, sai, e oggi non mi è sembrato vero di sorprenderti in un tête à tête con questa puttana. Mi stupisce che tu abbia scelto una così squallida cornice per il tuo idillio, anche se mi rendo conto che questo lugubre posto offre un isolamento perfetto.»

«Non così perfetto da indurti ad andartene, evidentemente.»

«Hai ragione, ma era l’opportunità che aspettavo. È il luogo ideale per sistemare la cose, non trovi? Noi tre soli, senza testimoni d’attorno a curiosare, non è meraviglioso?»

«Che cosa vuoi, Amy?»

«Te, Drake... oppure pensavi di esserti liberato di me?»

«Da quando ti esprimi in italiano?»

Lei fece una smorfietta divertita. «Siamo stati amanti, eppure di me non conosci nulla. Hai inoltre la pessima tendenza a sottovalutarmi e a non starmi a sentire quando parlo. Ti ho detto molte volte che ho un buon orecchio per le lingue, e imparo in fretta se mi torna utile.»

«Stai farneticando, te ne accorgi almeno?»

«Davvero?» Un’acuta risata echeggiò nella sala. «Niente affatto. So bene che sei ancora innamorato della tua Amy, e che se non fosse per le stucchevoli moine di quella donna saresti già ritornato da me.»

«Sei completamente uscita di senno, temo» ribatté, e le rivolse un’occhiata esasperata mentre si spostava con noncuranza davanti all’impietrita Berenice, facendole da scudo. «Su, dammi quella pistola prima che qualcuno possa farsi male sul serio e falla finita una buona volta con le tue ridicole e melodrammatiche scenate.»

«Dipende unicamente da te farla finita o no, caro. Spedire quella smorfiosa all’inferno mi renderebbe felice, ma chissà... forse potrei essere disposta a risparmiarti il dispiacere, se collabori.»

«E se rifiuto?»

«La ucciderò» decretò con indifferenza. Fuori lampeggiò una saetta la cui luce accecante riverberò su Amy. I suoi occhi erano così inespressivi da apparire vitrei, ma la fermezza con cui stringeva la pistola era agghiacciante.

«Stai solo bluffando, credi che non lo sappia?»

«Mettimi alla prova» rise ancora lei. «E tu, puttana, allontanati da lui o ti ficco una pallottola nel cervello. Drake ama me, non te!»

«Amy, sii ragionevole, dammi quella pistola» la blandì Wilton, temendo per l’incolumità di Berenice. «Potrebbe partire un colpo e sono sicuro che in realtà non vuoi ferire nessuno.»

«Invece ti sbagli, amore mio» lo contraddisse, mentre la sua bocca si incurvava in un sorriso cattivo. «Costei si è illusa di accaparrarsi le tue attenzioni e magari di indurti a sposarla usurpando un posto che non le spetta. Sarà punita come merita.»

«Non c’è più niente tra te e me, Amy, devi capacitartene.»

«Oh, la natura degli uomini è alquanto volubile e io ti perdono se te ne sei infatuato. Ti passerà presto, ne sono sicura.»

«Mi stai ormai esasperando, vuoi capacitartene?»

«Lo dici per ferirmi, credi che non lo capisca? Quanto a lei, è un’opportunista che mira al tuo denaro. Inoltre sapeva in che modo tenessi a riconquistarti allorché ascoltò le mie rimostranze alla locanda del Cigno Bianco

«Consegnate a Drake quell’arma e vi prometto che me ne andrò immediatamente da qui» interloquì Berenice con un’inflessione di voce così tranquilla da restarne lei stessa sorpresa. Sperava di essere di una qualche utilità a Drake in una situazione che era troppo critica perché lei potesse restare ancora passiva.

«Non sei nella posizione più idonea a darmi ordini» la rimbeccò l’altra seccamente, trafiggendola con occhi malevoli. «Ma se la cosa ti può consolare, ti prometto che la tua morte sarà rapida e indolore.»

«Da brava, Amy, consegnami quella pistola oppure mi costringerai a strappartela con la forza» le intimò uno sconosciuto con gli abiti fradici di pioggia sopraggiunto nel frattempo e che, silenzioso come un fantasma, si era materializzato in quell’istante dietro la donna.

«Ralph!» gridò lei, spostandosi di scatto per riuscire a tenere tutti sotto tiro. «Mi hai seguita anche se ti avevo detto di non farlo? Vattene, accidenti a te, e non impicciarti di ciò che...»

«Non posso, cara. Sei malata e devi curarti» l’interruppe l’altro in tono suadente, riducendo la distanza che lo separava da lei.

«Sì, sotto chiave in un manicomio, vero?»

«Non sarà terribile come immagini, tesoro, e io ti resterò accanto, aiutandoti a guarire completamente. Te lo giuro sul mio onore.»

«Vacci tu in manicomio, Ralph Darnley» disse beffarda.

«Non vi lascerete intimidire da questa sciagurata che ci tiene tutti sulla corda?» incalzò Drake. «Un paio di uomini robusti dovrebbero riuscire a disarmare una donna fuori di sé.»

«Wilton, debbo porgervi le mie più sentite scuse per gli inconvenienti che Amy, anche con il mio aiuto, vi ha procurato.»

«Che cosa volete dire?»

«Chi supponete che vi abbia sparato, qualche tempo fa?»

«È stata lei?» chiese Drake, sbalordito.

«In verità, anche se istigato da Amy, sono stato io» confessò Ralph, contrito. Era esacerbato dall’odio che animava la sua amica e che, invece di diminuire, era degenerato in una follia incontrollabile.

«Avete avuto entrambi un bel coraggio! Mi volevi morto, Amy?»

«Non te, razza di idiota! Ralph doveva mirare a quell’insulsa donnetta che ti scodinzola dietro, facendole esplodere la testa come un cocomero maturo! Se non avesse sbagliato il tiro...»

«Il mio è stato un errore deliberato» tagliò corto l’inglese. «Ho solo finto di assecondarla per impedirle di combinare guai seri, ma non ho mai avuto la benché minima intenzione di eliminare qualcuno.»

«Sei un maledetto Giuda!» lo accusò furibonda Amy, che aveva quasi la bava alla bocca. Lo squadrò con acredine. «Ma sono io che ti ho turlupinato! Non avrei mai sposato un tipo insignificante come te!»

«Non sono un traditore, sono un uomo che ti ama e che vuole soltanto proteggerti da te stessa» la blandì con inesauribile pazienza Ralph. «Avanti, consegnami la pistola e vieni via con me» la sollecitò, muovendo qualche passo verso di lei.

«Crepa, allora!» strepitò Amy che, indispettita dalle dichiarazioni del compagno, ruotò il braccio e, senza battere ciglio, premette il grilletto.

La detonazione fu così assordante da prevalere sul fragore dei tuoni che si susseguivano all’esterno. Impotenti a fare alcunché in difesa di Ralph, Berenice e Drake assistettero sgomenti a quel fulmineo omicidio: colpito in pieno petto dal proiettile, lui si accasciò come un fagotto di stracci senza che gli sfuggisse di bocca un lamento.

«E ora a noi due, sgualdrina» sibilò Amy inviperita, «perché ora è il tuo turno di morire!» Aveva già spianato la pistola contro Berenice che, sconvolta dal terrore, si era spostata vicino a Drake benché lui cercasse inutilmente di spingerla ancora dietro di sé.

Ma l’assassina non ebbe il tempo di far fuoco una seconda volta perché si udì un sinistro scricchiolio provenire dal pavimento, la donna precipitò nella voragine, sfracellandosi con un tonfo sordo che destò il raccapriccio degli altri due.

Drake corse accanto a Ralph per prestargli soccorso, ma si avvide subito che aveva cessato di respirare. Si rialzò in fretta e, temendo altri crolli, afferrò la mano di Berenice e insieme si precipitarono giù dalle scale pericolanti, incuranti di rischiare la stessa sorte toccata ad Amy nella fretta di correre in suo aiuto.

In un groviglio di sottogonne e vesti di seta, Amy Derham giaceva esanime tra i calcinacci e stringeva ancora nel pugno la pistola. Una scarpina era schizzata qualche metro più in là. L’inclinazione del tutto innaturale del capo, sotto cui si allargava una pozza di sangue, rendeva evidente che piombando giù da quell’altezza si era spezzata l’osso del collo, morendo sul colpo.

«Mio Dio, Drake, tutto questo è assurdo.» Berenice era annichilita da quanto era avvenuto nell’ultimo quarto d’ora.

Sconvolto dalla duplice tragedia, lui si limitò ad annuire cupamente, lo sguardo incredulo posato sulla sagoma di colei che fino a non molto tempo prima era stata la sua amante. «Bisogna avvertire la polizia, Berenice.»

«Sì, non appena il temporale sarà cessato...» annuì lei. Poi tacque di colpo, fissando qualcosa a occhi e sgranati. «Drake, guardate laggiù!»

La sua voce esterrefatta lo indusse a voltarsi verso ciò che gli indicava con mano tremante. Una sezione di parete, in fondo alla stanza, forse a causa dell’improvviso crollo costato la vita ad Amy, aveva ceduto, rivelando una nicchia nascosta.

«Cosa diavolo...?» Drake si diresse a rapide falcate verso la parete, tallonato da un’impaurita Berenice.

Lo scheletro del corpo che era stato murato all’interno di quel vano era tutto rattrappito e pareva fissarli con le sue orbite orribilmente vuote.

Entrambi emisero un’esclamazione costernata.

«Quelli sono i poveri resti di Cora.» Likadhema avanzò nella stanza senza che loro ne avessero udito i passi. L’alone giallastro della lanterna che reggeva proiettava e ingigantiva le loro ombre sui muri circostanti. «Alla fine si è fatta trovare, dopotutto.»

«Benedetto Iddio! Di dove diamine sbuchi?» Frastornata da quei ripetuti colpi di scena, Berenice fissò attonita l’amica: era l’ultima persona al mondo che si aspettava di incontrare nel maniero.

«Lei mi ha avvisato che eravate in pericolo, e così sono venuta» disse semplicemente la mulatta. Era avvolta in un mantello scuro grondante pioggia, e con il cappuccio così abbassato sul volto sembrava l’Eremita dei Tarocchi.

«Lei?! Ti riferisci a Cora, per caso?»

L’altra fece un cenno di assenso, abbassò il copricapo e si avvicinò, osservando con occhi impietositi la salma. Poi allungò d’impulso la mano a sfiorarne il cranio, su cui restava ancora una lunga ciocca di capelli biondi. «La murarono viva in questa nicchia, sapete?»

«Cristo santo...» bofonchiò l’uomo tra i denti, passandosi le dita tra le ciocche scompigliate. Si sforzava di non dare a vedere in che misura fosse sconvolto, tuttavia lo sguardo tradiva il suo stato d’animo.

«Ma non può essere che una morta ti abbia informata che Drake e io eravamo venuti...» La giovane ammutolì, conscia che qualcosa di sovrumano aveva guidato i passi di Likadhema fino a quelle rovine, e proprio quel pomeriggio.

«Berenice, non è che state per svenire, vero?» Drake la scrutava con la fronte corrugata e lo sguardo apprensivo.

«No, non preoccupatevi...» Un brivido le serpeggiò lungo la schiena e dovette appoggiarsi al corpo solido e muscoloso dell’americano per non stramazzare al suolo come una marionetta. Le traumatiche emozioni dell’ultima mezz’ora avevano polverizzato ogni sua risorsa fisica e morale e messo a dura prova quella resistenza che mai prima d’allora le era venuta meno. Lui si limitò a stringerla brevemente per infonderle conforto, ma si intuiva che era turbato quanto lei da quel drammatico epilogo che nessuno avrebbe potuto prevedere.

Accorgendosi che Likadhema mormorava sottovoce un’orazione per Cora, si presero per mano e si unirono a lei nella preghiera.