10

 

Quando all’estate subentrò l’autunno e incominciò a rinfrescare, Cora notò a malapena il lento appassire delle foglie e l’accorciarsi delle giornate. Era una donna nuova, che l’amore aveva trasformato profondamente, e si crogiolava in una sorta di bozzolo inviolabile che, simile a un cerchio magico, impediva alle preoccupazioni di toccarla. Era come sospesa in uno stato di grazia, e la consapevolezza del presente era saldamente ancorata alla fonte di quella gioia: Joaquin e la creatura che portava in grembo.

La grande dimora sul lago era diventata più che mai il suo rifugio, un nido sereno dove, quasi avulsa dalla realtà, cullava sogni che pure sapeva irrealizzabili. Le sembrava persino di percepire accanto a sé la discreta presenza di donna Ortensia, come un angelo custode che vegliava su di lei dal cielo ora che si preparava a dare alla luce un figlio. Era convinta che la nonna non l’avrebbe condannata per essere venuta meno ai voti nuziali. Se poteva leggerle nel cuore, di certo vedeva che l’amore per Joaquin era come un toccasana per lei, e che l’aveva preservata dalla disperazione.

Purtroppo, quella era una fase della sua vita destinata a concludersi con la nascita del bambino. Al suo rientro a Milano, non avrebbe certo potuto conciliare i propri doveri di madre e la relazione con Joaquin. Andriolo le sarebbe stato sempre accanto, come un’ombra, perché l’erede tanto atteso era finalmente arrivato e avrebbe preteso di seguirne passo passo la crescita.

Ma era prematuro arrovellarsi su congetture ancora così vaghe, soprattutto perché al momento nulla insidiava la perfetta felicità che lei e Joaquin condividevano. Le attenzioni di lui e la passione che fluiva tra loro erano persino più dolci dei frutti succosi che con generosità la natura offriva prima delle gelate invernali. A volte la coglieva la bizzarra sensazione di vivere un’esistenza parallela nella quale suo marito e le penose traversie di quel matrimonio non esistevano. Ma perché no, in fondo? Non le spettava forse un risarcimento per quanto aveva sofferto? Era talmente idilliaca e perfetta, quest’altra esistenza, che avrebbe voluto afferrarla e tenersela stretta, così da impedire a chiunque di strappargliela dalle mani.

L’antico maniero era la cornice ideale in cui coltivare amorevolmente un’intimità che non era soltanto carnale. Tutto, lì, contribuiva ad alimentare quel sentimento, pienamente corrisposto da entrambi e le cui radici, traendo nutrimento da una vicinanza insperata e favorita dalle circostanze, s’irrobustivano nel fertile terreno dei loro cuori. In nessun altro luogo Cora si sentiva sicura quanto in quella casa dai numerosi comignoli che svettavano verso il cielo, e le cui finestre s’affacciavano sugli splendidi scorci del Lago Maggiore.

Joaquin la raggiungeva di notte tra le cortine del letto a baldacchino, dove fino all’aurora giacevano abbracciati, rapiti da un bisogno reciproco che per qualche ora li rendeva immemori dei rischi che correvano. Cora non aveva mai immaginato che il rapporto con un uomo potesse rivelarsi tanto coinvolgente, né che l’affiatamento potesse essere così armonioso. La parola amplesso per lei era sempre stata sinonimo di sopraffazione e paura, ma Joaquin le aveva dimostrato come fosse in realtà naturale assecondare il richiamo dei sensi. Era un amante che voleva totale partecipazione da parte della sua donna, e pur cercando istintivamente di restituirgli il piacere di cui la faceva oggetto, lei era così inesperta da indurlo, notte dopo notte, a insegnarle l’arte della seduzione.

Ogni giorno, prima di lasciarla, all’alba, Joaquin si occupava di lei con un rituale che le propiziava il sonno. Cora si abbandonava con un sospiro di pura beatitudine alle sue mani, rilassandosi mentre lui le passava sul corpo un panno inumidito nell’acqua fresca della brocca. Accaldata dalla passione e dall’afa che indugiava nelle stanze anche dopo il tramonto, si godeva il refrigerio di quelle piacevoli abluzioni mattutine, passando dalle braccia di Joaquin a quelle di Morfeo.

Talvolta sfiorarsi così riaccendeva i loro sensi e allora, mai sazi l’uno dell’altra, ricominciavano a fare l’amore, incuranti dell’incombente sorgere del sole, quasi la precarietà del domani li rendesse solleciti nel cogliere ogni attimo loro concesso. Perché sapevano bene che quel legame, proprio perché illecito, era in bilico su un filo sottilissimo e che oscillava pericolosamente.

Tuttavia, benché l’inespresso timore di essere costretti presto o tardi a dirsi addio facesse da terzo incomodo durante i loro incontri notturni, entrambi lo tenevano a bada con identica ferocia, lottando per impedirgli di scalfire l’attrazione fisica e la reciproca devozione che li univa. C’era soltanto un nemico che si annidava minaccioso nell’ombra: l’insofferenza di Joaquin per quegli incontri vissuti nella clandestinità.

Anche per de Fuentes quel periodo fu esaltante, sebbene agisse con estrema prudenza per evitare che al marchese arrivasse anche il minimo accenno di maldicenza nei riguardi della moglie. Tutto doveva restare segreto finché non avesse riflettuto sul da farsi: era il solo mezzo per non compromettere un amore nato da un semplice scambio di sguardi, che tuttavia era cresciuto tenace come l’edera che s’inerpica sui muri. L’unica certezza che aveva era che non avrebbe mai rinunciato a lei! E proprio per questo si ingegnava a cercare una soluzione che consentisse loro di stare insieme nell’ancor nebuloso futuro che sognava di costruire. Gli ostacoli non lo sgomentavano, né era disposto ad accontentarsi di una relazione transitoria.

Cora era il suo orizzonte, la linfa di una vita che sarebbe stata incompleta senza di lei. Era rapidamente diventata l’unica ragione del suo esistere, perché dava senso e sostanza a tutto ciò che per Joaquin contava. Era la miglior cosa che gli fosse capitata, un sogno d’amore mai neppure vagheggiato. Coraggiosa e forte, si era scavata una nicchia nella sua anima e vi si era insediata da padrona, incatenandolo a sé. Se sua madre Mercedes fosse stata ancora viva, avrebbe approvato la sua scelta, ne era certo, e l’avrebbe accolta a braccia aperte come novia e poi come mujer del suo adorato figlio. Anche per questo non voleva, non poteva cederla all’infame Baldassarri, a quell’uomo spregevole e senza onore che, invece di apprezzare la fortuna di averla avuta in moglie, osava batterla senza pietà.

No, non avrebbe rinunciato a Cora! Era già abbastanza umiliante doversi fingere indifferente davanti agli estranei, benché tutto in lui rivendicasse l’esclusivo possesso della donna che amava. Certo, al momento non avevano alternative e dovevano giocoforza controllarsi: anche il più piccolo gesto dettato dalla familiarità che nel corso di quei mesi si era instaurata tra loro avrebbe potuto tradirli. Una frase troppo confidenziale, uno sguardo più ardente del dovuto... imprudenze del genere avrebbero potuto innescare ripercussioni sgradevoli, se qualcuna delle molte persone che vivevano a contatto con loro le avesse notate e magari riferite al marchese. Baldassarri non era tipo da lasciar correre, se avesse sentito dire che tra la consorte e il Capitano de Fuentes c’era del tenero.

Joaquin si sentiva dunque obbligato, se non altro per tenerla al riparo dai sospetti del prossimo, a rivolgersi a Cora con la rispettosa formalità che i sottoposti dovevano a una dama del suo rango. Ma se inizialmente vi si era adattato di buon grado, via via che i suoi sentimenti crescevano si era sviluppata in lui una strana gelosia che rivendicava tutte le attenzioni dell’amata. Insomma, trovava sempre più insostenibile comportarsi con quell’ipocrisia tanto aliena alla propria indole, e che gli risultava fastidiosa come un guinzaglio tenuto troppo stretto. Cora ovviamente sapeva in quale misura l’orgoglio di Joaquin ne risentisse, e quanto fosse insofferente alle costrittive regole imposte dalle convenienze sociali cui dovevano piegarsi. Comprensiva e dotata di un’innata delicatezza, si adoperava in ogni modo possibile per limitare al minimo tutto ciò che lo irritava. Lui le era infinitamente grato per quella sollecitudine e, quando erano soli, l’adorava con il corpo e con l’anima.

Abdia era inevitabilmente diventata complice dei due amanti, e sebbene non le fosse mai uscita di bocca una parola di biasimo si preoccupava moltissimo se Cora, del tutto involontariamente, lasciava trasparire il suo trasporto per Joaquin. Da quella pessima simulatrice che era, la giovane non riusciva sempre a ostentare impassibilità quando, attraversando magari l’ampio cortile dove si addestravano gli armigeri, scorgeva la figura alta e muscolosa di de Fuentes. Il viso addolcito dalla maternità e dall’amore, Cora si illuminava alla vista del suo bel capitano e chiunque, osservandola, avrebbe potuto facilmente intuire fino a che punto avesse perduto la testa per lui. Abdia, costantemente in ansia per via del marchese e delle subdole spie al suo servizio, la esortava a una maggior prudenza, ma le sue parole cadevano nel vuoto: nulla poteva indurre alla ragione una donna innamorata.

Del resto, pensava, era più che legittimo che Cora si lasciasse infine andare alla spensieratezza e alla gioia. Era la prima volta che veniva meno agli oneri e alle responsabilità che le competevano, dopo anni segnati dalle egoistiche imposizioni familiari e dalle inammissibili crudeltà del marito. Abdia non poteva che gioire della felicità che di riflesso rendeva lieta lei stessa: finalmente la sua bambina era amata come meritava! E che magnifica coppia formavano quei due giovani: così bionda e femminile lei, così bello e prestante lui. E le qualità di de Fuentes non si limitavano al fascino virile: Joaquin aveva posto Cora su un piedistallo e avrebbe dato volentieri la vita per lei, all’occorrenza. E viceversa!

Andriolo non avrebbe mai dovuto scoprire che la moglie gli era infedele, anche se, da emerito furfante qual era, di certo se la stava spassando a Milano con le scostumate e venali sgualdrine che bazzicava abitualmente. Si era ben guardato dal farle visita, limitandosi a inviare succinti messaggi che lei decifrava a fatica e nei quali lui, accampando una serie di improbabili pretesti, giustificava la protratta latitanza. Non che qualcuno ne piangesse l’assenza! Per Cora era una vera liberazione e, consapevole che il tempo concesso a lei e a Joaquin si accorciava con il susseguirsi delle settimane, non lo sprecava crucciandosi per Andriolo ma approfittava al massimo dell’insperata libertà. Nel pigro esaurirsi dell’estate, trascorreva la maggior parte delle giornate nel vasto parco che circondava la proprietà, e di cui lei conosceva fin da bambina ogni albero e anfratto.

Un pomeriggio, un po’ in agitazione perché la giovane non aveva pranzato, Abdia si era incamminata tra le siepi di mortella per scovare la sua protetta. Scorgendo Joaquin poco distante, si era celata prontamente dietro il grosso tronco di un platano per non farsi vedere, temendo di essere giudicata un’impicciona. Una precauzione inutile! Lo spagnolo aveva occhi soltanto per Cora: sorpresa l’amata assorta in chissà quali pensieri in una solitaria radura, si era incantato a osservarla. Infine, per non spaventarla, si era deciso a manifestare la sua presenza e lei aveva spalancato le braccia con tale irresistibile impeto che ad Abdia erano spuntate le lacrime agli occhi.

Si era ritirata quasi in punta di piedi per non disturbare i due innamorati che, distesi nell’erba non ancora ingiallita che ai margini del parco cresceva incolta, ammiravano il tramonto. Solo quando le stelle della sera si erano accese nel blu dell’infinito, Cora e Joaquin erano rientrati.

Cora era affamata e lui l’aveva scortata fin sul retro della casa. Nel bagliore guizzante della torcia che illuminava l’ingresso secondario, lo sguardo dello spagnolo tradiva già l’impazienza per la notte che si annunciava, sebbene quel giorno avesse potuto stare con lei più del consentito. Le tenebre erano loro complici e il buio rappresentava per Joaquin la possibilità di riunirsi all’amata tra le discrete cortine del letto, per celebrare con lei quella comunione fisica e interiore che, come un incantesimo, li avvinceva.

Il bambino cresceva senza infastidire la madre con i disturbi tipici della gravidanza: Cora sembrava snella come sempre e l’addome, appena arrotondato, non si notava quasi sotto le ricche pieghe degli abiti a vita alta che indossava. Aveva acquisito una radiosità che il cuore alimentava e che si manifestava attraverso l’inconfondibile luce che la vera felicità conferisce agli occhi di chi ne è toccato.

Abdia pregava affinché il cielo vegliasse sul loro amore.

Settembre passò e vennero le uggiose piogge di ottobre. Presto furono accesi i camini, perché soltanto il fuoco scoppiettante attenuava l’umidità e il freddo portato dai venti che spiravano da nord.

Riscoprire la propria forza di carattere, le costanti premure di chi le viveva vicino e la tranquillità che la circondava avevano fatto germogliare in Cora una sicurezza capace di indurla a scuotersi di dosso il soffocante giogo cui Baldassarri l’aveva asservita con la violenza. Coccolata e protetta sia da Joaquin sia da Abdia, che vigilava con materna sollecitudine, lei guardava all’avvenire con meno angoscia che in passato.

Le altre domestiche, scelte dalla stessa governante proprio perché assolutamente fidate, sembravano non notare gli appassionati sguardi che la giovane e de Fuentes si scambiavano, anche se bisognava essere ciechi per non accorgersi che la padrona e l’attraente spagnolo erano follemente innamorati.

Ma se Cora si limitava a chiedere al cielo di far durare il più a lungo possibile quella meravigliosa parentesi di felicità, Joaquin, messi al bando gli indugi, le faceva insistentemente capire che voleva rendere definitivo il loro rapporto e che non si sarebbe fatto da parte, una volta tornati Milano. Ora, per quanto ne fosse tentata, per quanto anelasse che le cose potessero continuare in quel modo, la gravità e le inevitabili ripercussioni di una scelta mai contemplata fino a quel momento la intimorivano più di quanto fosse disposta ad ammettere.

Non aveva ancora avuto il coraggio di rivelargli che il bimbo che portava in grembo probabilmente era suo. A frenarla era il timore di esacerbare ulteriormente un uomo che mordeva fin troppo il freno, oltre al fatto che paventava un colpo di testa da parte di Joaquin. Non voleva essere messa con le spalle al muro senza aver ponderato scrupolosamente la questione. Le sue decisioni si sarebbero potute riflettere negativamente sulla vita di un innocente che non era in grado di far udire la propria voce: dopotutto non c’erano in ballo solo lei e Joaquin. No, non voleva essere avventata a sproposito, ignorando le responsabilità nei riguardi del bambino. E quella titubanza – che in definitiva era un prendersi il tempo necessario per stabilire che cosa fosse giusto fare – le sigillava la bocca.

C’era qualcos’altro, inoltre, che la frenava e che non riusciva a inquadrare nella mente quando, come il balenare di un lampo, quella curiosa sensazione l’attraversava. Sembrava l’inafferrabile segnale di un campanello d’allarme... ma allarme per cosa?

Forse, benché fosse innamorata di Joaquin, non era ancora pronta ad affrontare le incognite di un futuro sempre più prossimo, quasi stesse attendendo con passiva fatalità l’evolvere di eventi che istintivamente sentiva maturare su di sé. Più probabilmente era restia a infrangere l’iridescente, fragile bolla di sapone in cui stava fluttuando e a riportare i piedi a terra. Cora aveva fatto del meglio poco che niente il proprio infallibile credo, e questo la portava inevitabilmente a scontrarsi con il rifiuto di Joaquin di accontentarsi delle limitazioni in cui si dibattevano.

Con mezze frasi prima, e sempre più esplicitamente poi, Joaquin aveva ammesso che non accettava la prospettiva di restare impantanato in una situazione che, dopotutto, non appariva completamente priva di sbocchi. Non se Cora fosse stata così intrepida da affrontare i rischi che bruciarsi tutti i ponti alle spalle avrebbe comportato. D’altronde, se teneva davvero a lui, la scelta era e doveva essere quella.

Quando lo spagnolo gliene parlò lei, più che affliggersi per Andriolo, che si sarebbe trovato al centro di uno scandalo inimmaginabile, respinse a priori l’idea di diventare motivo di vergogna per la propria famiglia. Non che sentisse particolari obblighi morali verso i genitori: Clorinda non era certo un esempio di amore materno e al padre, autoritario e severo, non interessava guadagnarsi l’affetto dei figli. Ciò nonostante, era spaventata da ciò che de Fuentes pretendeva facesse per amor suo. Ma, sottoposta alle incessanti pressioni che lui esercitava per indurla a partire insieme, finì per diventare nervosa al punto da isolarsi nelle sue stanze per giorni, negandosi a tutti. La solitudine le permise tuttavia di riflettere con calma su quella sfida che il destino le proponeva, e si rese conto ben presto che in lei si era verificata un’indiscutibile metamorfosi, e che nulla poteva più essere uguale a prima. La sola idea di tornare a calarsi nei panni dell’amorfa bambola che Andriolo violava e strapazzava a proprio capriccio, le era ripugnante.

Prima che Joaquin irrompesse nella sua vita si era suo malgrado adeguata all’iniquo connubio con un marito come Baldassarri, ma ormai distingueva l’incolmabile divario esistente tra l’affiatamento generato dal vero amore e un’unione in cui ogni forma di rispetto veniva sistematicamente calpestata. Tuttavia, Joaquin aveva indubbiamente ragione: in città la loro relazione non sarebbe stata possibile. Anche ammesso che con la complicità di Abdia avessero potuto incontrarsi segretamente altrove, a nessuno dei due sarebbero bastati quegli sporadici, squallidi appuntamenti; non si sarebbero mai adattati a vivere un rapporto logorato dalle tensioni e destinato perciò a culminare in un addio. Essere condannato per tutta la vita al ruolo di amante, costretto ad accontentarsi delle briciole che lei poteva dargli, sarebbe stato inaccettabile per un uomo fiero come Joaquin. Cora, pur essendo del medesimo avviso, era tuttavia restia a seguirlo su una strada così impervia ed era assalita dal panico al solo pensiero. Come poteva lasciare il marito e fuggire con l’amante? Non che sottrarsi alle tribolazioni coniugali non la invogliasse, naturalmente. Ma se Baldassarri, potente e abituato a farsi giustizia da sé, avesse sguinzagliato alle loro calcagna i suoi scherani? Che ne sarebbe stato di lei se avessero ucciso Joaquin? Andriolo non era certo incline al perdono e si vendicava sempre di chi osava fargli torto... Se qualcosa, qualunque cosa, fosse andata per il verso sbagliato, lei sarebbe stata spacciata: scoperta l’infedeltà, il marchese avrebbe di sicuro pareggiato i conti, magari con una letale dose di veleno. E anche supponendo che le sue non fossero che futili dissertazioni, restava il fatto che un neonato, almeno per i primi mesi, avrebbe assorbito la maggior parte del suo tempo, oltre che richiedere tantissime energie e dedizione. Bisognava nutrirlo e accudirlo a intervalli regolari, possibilmente in un luogo tranquillo, e non lo si poteva sballottare qua e là come un giocattolo. Pertanto, dove potevano andare lei e Joaquin con quella creatura? Dovevano piuttosto studiare una soluzione temporanea, decidendo di comune accordo come fosse meglio procedere sull’infido terreno su cui si erano inoltrati innamorandosi l’uno dell’altro.

Il nascituro, invece, era l’ultima delle preoccupazioni di de Fuentes, che all’insaputa della stessa Cora si stava organizzando per porre le basi di un legame meno aleatorio con la donna che avrebbe voluto sposare. Che importava se lei aveva già un marito? Quando si fossero trasferiti all’estero nessuno avrebbe mai dubitato che non fossero marito e moglie. Lei lo amava, dopotutto, e lui non sopportava l’idea di vederla tornare dal brutale consorte. Così, in previsione di una futura vita in comune, Joaquin aveva elaborato un piano di fuga di cui ancora non l’aveva messa al corrente. Voleva porla di fronte al fatto compiuto e aveva affidato a Lampleto, nel quale riponeva la massima fiducia, una missione che doveva restare segreta. Il ragazzo, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per il suo capitano, era partito per Milano con una lettera da consegnare a Gervaso nella quale Joaquin informava l’amico frate di voler salpare alla volta delle colonie al più presto, per cercare fortuna nelle lontane Americhe. Quanto prima fosse riuscito a partire, gli aveva scritto, tanto meglio sarebbe stato. Quanto a Cora, si era limitato ad accennare a una donna che gli stava molto a cuore e che sarebbe stata disposta a partire con lui per quelle remote terre per poi sposarlo una volta giunti a destinazione. Non aveva reputato opportuno scendere nei dettagli: nessuno doveva conoscere i progetti che riguardavano il loro avvenire.

Gervaso, incaricato di ragguagliarlo sulle navi che facevano rotta per il Nuovo Mondo e sulle date in cui avrebbero levato le ancore, non aveva perso tempo. Lampleto aveva infatti consegnato a Joaquin una missiva del monaco in cui lo informava che la Speranza dei mari sarebbe salpata a marzo, e che avrebbe fatto scalo in diversi porti delle Americhe. A bordo c’erano ancora delle cabine libere, e se Joaquin gli avesse dato disposizioni in merito avrebbe provveduto ad anticipare una caparra a suo nome al comandante. Joaquin aveva esultato alla notizia. Era esattamente ciò che faceva al caso loro! Cora doveva partorire nei primi giorni di febbraio, perciò avrebbe avuto tutto il tempo di riprendersi, mentre lui preparava la fuga in ogni particolare. Considerava di buon auspicio che la nave si chiamasse Speranza dei mari, e confidava che infine sarebbe riuscito a vincere la riluttanza a seguirlo di quella donna cocciuta.

Risoluto a non desistere dalla sua opera di persuasione, si risolse a ragguagliare Cora sugli ultimi sviluppi della situazione, certo che l’amata avrebbe finito per capitolare. Senza procrastinare oltre, varcò dunque la soglia della camera... ma lei si era addormentata.

Com’era bella quando dormiva! Il suo viso si faceva più dolce, più morbido, e sembrava avere un non so che di sottilmente sensuale. A colpirlo era soprattutto il contrasto tra l’espressione angelica e la voluttà di un corpo che sembrava creato per il peccato. Aveva addosso una sottile, virginale camicia da notte e il tessuto delineava i seni, resi più floridi dalla maternità. Il rubino dell’anello, che di notte portava all’anulare come una fede nuziale, sprigionava cuprei bagliori nella tenue luce della candela posata sul comodino. La stanza era avvolta in una penombra che sfumava i contorni degli arredi e nell’aria si percepiva il suo profumo floreale. Joaquin si spogliò e le si sdraiò accanto. Le sue dita si posarono delicatamente sui nastri della scollatura per aprirli, infilandosi poi sotto il tessuto per toccarle la pelle e farle scivolare l’indumento dalle spalle. La scoprì fino alla vita e i seni parvero sbocciare dalla morbida seta. Il desiderio gli sferzò i lombi, spingendolo a baciarla. Il corpo di lei fremette e le ciglia si schiusero; i loro occhi si incontrarono per un istante, prima che lui si chinasse a sfiorarle le labbra.

Cora lo gratificò con un dolce sorriso. La barba sfregava ruvida contro la sua guancia, ma non le dava fastidio. Si premette contro la nuda mascolinità di Joaquin, eccitata e pronta a riceverlo. Non c’era bisogno di indugiare nei preliminari: entrambi erano preda di una passione che pareva non concedere tregua a nessuno dei due. Il silenzio notturno si colmò dei loro respiri, divenuti a un tratto concitati. Ricettiva come non mai sotto il sensuale tocco di quelle mani rese ruvide dal continuo uso della spada, Lei rispose con scoordinati spasmi del corpo. Lui l’accarezzò con snervante lentezza dalle caviglie alla sommità delle cosce, indugiando nelle zone più sensibili fino a farle formicolare la pelle con sapiente erotismo, inducendola ad aprirsi a lui. Smise di baciarla solo per posizionarsi sopra di lei: restò sospeso per un breve istante mentre i suoi occhi vagavano sul corpo della donna che si offriva al suo sguardo senza pudore, pregustandone il possesso.

Poi scivolò dentro di lei e quando incominciò a muoversi Cora emise un flebile gemito, inarcandosi affinché lui affondasse più in profondità, travolta dall’incredibile sensazione di completezza che le accendeva i sensi, trascinandola verso l’estasi finale. Si stupiva ogni volta che Joaquin potesse suscitarle emozioni e reazioni così profonde e intense. Era come se dentro di lei qualcosa si stesse sciogliendo per fondersi con l’essenza più intima di lui in un’abbagliante esplosione di gioia. Joaquin la trasformava in un grumo di pulsioni incontrollabili che la inchiodavano a quel violento desiderio, rendendola capace soltanto di andargli incontro e gemere contro la sua bocca calda e avida che non cessava di baciarla, prigioniera di un sogno struggente che ogni notte viveva con intatta malia. Pervasa da un piacere così acuto da mozzarle il respiro, gli cinse con le gambe i fianchi asciutti. Un turbine li afferrò, proiettandoli nell’erompere di un orgasmo che li fece rabbrividire all’unisono, ritraendosi poi lentamente nel dolce, appagato deflusso della passione appagata.

Cora sarebbe scivolata immediatamente nel sonno se la voce di Joaquin non glielo avesse impedito. «Come può finire tutto questo, querida? Tu lo capisci, non è vero?»

«Ti prego, non ora» lo implorò, restia a discutere con lui dopo il vibrante amplesso appena condiviso.

«È proprio questo il momento giusto, invece. Tu preferisci scappare, Cora, e non vuoi renderti conto che chiudere gli occhi sulla nostra situazione è un lusso che non ti puoi permettere. Per quanto mi concerne, non intendo rimandare oltre!» La sua voce era imperiosa. «Possiamo partire per il Nuovo Mondo prima di quanto immagini, e vivere come moglie e marito finché Dio ci concederà di vivere.»

«Nel Nuovo Mondo?» ripeté lei incerta. «Oh, lo vorrei tanto, Joaquin, davvero, ma Andriolo...»

«Andriolo è l’ultimo dei nostri problemi» la interruppe. «Quando si accorgerà che siamo fuggiti sarà troppo tardi per fermarci. Devi solo dire sì, al resto provvederò io. Se è il pensiero del bambino che ti angustia, sappi che non hai motivo di preoccuparti.»

«Joaquin, ti amo più di me stessa» proruppe lei, «ma mio figlio ha la priorità su tutto. Ti capisco più di quanto tu immagini, ma sembri trascurare i disagi e i rischi che un viaggio così lungo e avventuroso comporta per una donna incinta.»

«Credi davvero che io sia così egoista da sottoporti a peripezie del genere? Finché il bambino non sarà nato e non ti sarai ripresa dal parto, resterai qui. Poi ci imbarcheremo su un vascello che salpa per le Americhe e sul quale sarai sistemata in un comodo alloggio insieme a me. Nessuno ci separerà più, Cora, e vivremo felici.»

«Oh, vorrei tanto che questo sogno potesse realizzarsi, sai?»

«Qualcosa te lo impedisce?» domandò Joaquin, accigliandosi. «O qualcuno?»

Lei fece una smorfia. «Non certo mio marito. La sola idea di subire di nuovo i suoi assalti notturni mi fa ribrezzo. Ma ho paura.»

«Paura? E di che cosa?»

«Non saprei dirtelo. La mia è solo una vaga impressione che non so definire» mormorò turbata Cora. «Avverto l’incombere di qualcosa di sinistro che non riesco a spiegarmi.»

«Sei solo terrorizzata da lui» tagliò corto Joaquin, «ma una scappatoia esiste e penso che una persona ragionevole non avrebbe dubbi in proposito. Non so tu, ma io sono stanco di tutti questi sotterfugi. Se qualcuno gli riferisse della nostra relazione, tuo marito ci ucciderebbe.» L’uomo fece una pausa e rotolò sul materasso, i muscoli che guizzavano sotto la pelle bruna. Amava perdutamente quella donna, ma se ne sarebbe andato senza di lei piuttosto che portare avanti una relazione illecita che, alla lunga avrebbe distrutto entrambi.

«Joaquin, pensi che un neonato possa sopravvivere a tutti quei mesi di navigazione in mare?»

«Perché me lo chiedi?»

«Perché l’unica condizione che pongo è quella di portare il mio bambino con noi: non potrei mai lasciarlo in balia di Andriolo.»

«Diòs, hai creduto che volessi costringerti a separarti da lui? Il piccolo verrà con noi, Cora, è ovvio!»

Lei abbassò le ciglia. In effetti, aveva dubitato che lui non volesse occuparsi di quello che credeva fosse il figlio di un altro e constatare di essersi sbagliata fu come togliersi un peso dalle spalle. Quanto a Baldassarri, lo odiava in modo così viscerale da paventarne l’arrivo. Il Natale si approssimava e avrebbe senz’altro voluto trascorrerlo con la moglie. Ma lei non voleva ricadere nel baratro di abbrutimento in cui era piombata dopo le nozze e da cui era riemersa grazie all’amore. Joaquin le aveva restituito entusiasmo e voglia di vivere, e non riusciva nemmeno a concepire l’idea di rinunciare a lui. Le sarebbe costato troppo dolore.

«Querida, non ha alcun senso esitare... Certo, non sono ricco come Baldassarri, ma possiedo abbastanza denaro per offrirti un’esistenza agiata. Inoltre non potrei alzare neppure un dito su di te.»

«Pensi che mi importi dei soldi? Sei tu quello che conta per me, Joaquin, tu e il mio bambino... E credo di avere il diritto di essere felice.»

«Verrai con me, dunque?»

«Come posso perderti?»

«Non te ne pentirai» esultò lui. «Ma devi essere prudente, amore mio: mai come ora è necessario evitare di compiere mosse sbagliate.»

«Sì, Andriolo non dovrà insospettirsi.» Cora fu sua malgrado percorsa da un brivido. «Abdia ci aiuterà.»

«Lo sta già facendo, no?»

«Joaquin, potrà venire con noi anche lei?»

«Perché no? Ma accetterà di seguirci in un posto ancora selvaggio qual è il Nuovo Mondo?»

«Abdia è come una madre per me e, fatta eccezione per una sorella che è maritata con un fornaio, non ha altri parenti.»

«Allora chiedile se è disposta a imbarcarsi con noi e prenoterò un passaggio sul vascello anche per lei.»

Cora annuì, esaltata e intimorita al tempo stesso dal piano audace di Joaquin. «Sei certo che tutto funzionerà senza intoppi?»

«Abbi fiducia in me!» la rassicurò lui con un sorriso che tradiva un profondo sollievo. Poi le cercò avidamente la bocca, prima di farla ancora sua.

Un inquietante episodio guastò l’atmosfera distesa che durante quei tranquilli mesi di permanenza si era instaurata nella dimora sul lago. Accadde la notte di Ognissanti, e gettò nella costernazione tutti coloro che abitavano al maniero. In previsione della ricorrenza, le cameriere più giovani avevano avuto da Cora il permesso di allestire un grande falò nel cortile.

Alcuni armigeri, annoiati dall’alternarsi dei giorni che si consumavano monotoni e sempre uguali, aderirono all’iniziativa, più che altro per approfittare della situazione e rubare qualche bacio, e magari qualcosa di più, alle servette. Così quel mattino, deposti moschetti e spade, si recarono in gruppo nel parco a raccogliere legna e sterpi secchi, che poi ammonticchiarono nello spiazzo antistante l’edificio. Erano uomini abituati alla guerra e non particolarmente religiosi, tuttavia la superstizione e le credenze popolari erano ben radicate nella mentalità di gente semplice come loro, e trovarono del tutto normale partecipare a qualcuno degli antichi riti per scacciare le malefiche e gli spiriti maligni. Le streghe, secondo la tradizione, durante quella particolare notte vagavano sulla terra volando su bastoni di scopa, e gli spiriti uscivano dagli inferi per mostrarsi agli umani in tutto il loro abominio. Il fuoco serviva appunto a tenere lontano tali inquietanti presenze, inclusi spettri e fantasmi dell’oltretomba.

La festa, tra un girotondo e l’altro intorno alle fiamme e il vino che scorreva abbondante alimentando l’allegria e la sfrenatezza di tutti i partecipanti, si scatenò in un tripudio di divertimento generale.

Joaquin e Cora preferirono lasciarsi alle spalle tutta quella confusione e si allontanarono tra gli alberi, diretti a un capanno ormai in disuso nel quale fino a pochi anni prima aveva abitato il sorvegliante della tenuta. All’interno vi era un giaciglio sul quale Cora aveva messo un materasso riempito di foglie di granturco e timo e coperte di lana colorate. Quando la temperatura era pungente accendevano un braciere per scaldare la stanza, ma a parte questo e poche modeste suppellettili ripulite dalla polvere e dalle ragnatele, il rifugio era spartano come la cella di un monaco. Non era granché come alcova, in verità, ma era l’unico luogo in cui potessero appartarsi con discrezione quando era impossibile farlo in casa. Anche quella sera fecero l’amore con il solito slancio, i corpi intrecciati nell’abbandono dei sensi. Il freddo notturno era addolcito dal tepore irradiato dai tizzoni ardenti, che si consumavano lentamente in cenere, proprio come la passione che li estenuò finché giacquero appagati l’uno nelle braccia dell’altro.

Una sgradevole sorpresa attendeva tuttavia Cora allorché rientrò nella sua stanza a notte inoltrata: il locale era a soqquadro e lo spavento fu tale che si sentì mancare. Qualcuno, approfittando del fatto che tutti erano fuori a celebrare Ognissanti, si era intrufolato nella sua camera per rubare. Sconvolta, la giovane chiamò a raccolta le proprie forze e si precipitò da Abdia, che si era ritirata da poco nel suo alloggio ed era ancora sveglia. Anche lei impietrì nel constatare quello sconquasso.

«Avverti subito Joaquin» le sussurrò Cora, pallidissima. Lo spavento per l’intrusione e per quelle che avrebbero potuto essere le conseguenze se fosse stata a letto era stato troppo violento e tremava in tutto il corpo.

Proprio in quel momento il capitano bussò all’uscio. Dall’espressione incupita che aveva quando entrò apparve chiaro che le spiacevoli novità non erano finite. «Dunque è per questo che là fuori...» esclamò, ma si interruppe di colpo lanciando uno sguardo circospetto al viso esangue di Cora.

«Che altro c’è?» gli domandò lei, notando la sua esitazione.

Joaquin la fissò accigliato, chiedendosi se fosse opportuno, provata come già appariva, allarmarla ancora di più.

«Tanto lo verrei a sapere comunque» lo sollecitò la giovane.

«In effetti hai ragione» convenne lui. «Venivo a informarti che una delle sentinelle è stata trovata morta. A questo punto è chiaro che i ladri, ammesso che questo fosse il loro scopo, volevano agire indisturbati.»

«Una delle sentinelle è... è stata uccisa?» Cora e la governante lo fissarono attonite.

«Già, e gli uomini sono tutti ubriachi o quasi.»

«Come potevano immaginare che sarebbe successa una cosa simile?»

«Non li biasimo, infatti. Tuttavia ho dovuto ordinare ai più sobri, e non erano molti, di mettere la testa in un secchio d’acqua gelata per smaltire i fumi dell’alcol, e di fare poi un accurato giro di ispezione. Ne dubito, ma forse gli assassini hanno lasciato delle tracce.»

«Con il buio è impossibile inseguirli.»

«È vero, stanotte non possiamo fare altro, ma domattina daremo loro la caccia...» Joaquin si passò la mano tra i capelli, tradendo la propria tensione. «Che cosa hanno preso?» domandò a Cora. «Che cosa manca?»

«Oddio, non ho neppure controllato» esclamò lei, sconvolta più dal fatto che era stato massacrato uno dei soldati che dall’eventuale furto degli oggetti preziosi che possedeva. Si alzò con uno sforzo e si avvicinò alla cassapanca: il coperchio era sollevato e il contenuto sparso tutto intorno sul pavimento. Lo scrigno che conteneva i gioielli era al suo posto e non era stato portato via niente. Bracciali, collane, orecchini e molti altri monili d’argento e d’oro, ornati di perle e di pietre preziose, rilucevano al riflesso del lume che Abdia reggeva in mano. «Che strano...» mormorò sconcertata, guardando Joaquin, «pare che non abbiano preso nulla.»

«Ne sei certa?»

Cora annuì. «Ma allora, che cosa cercavano?»

«Tesoro, vado a prenderti un cordiale prima che tu svenga.» Con l’abituale efficienza, Abdia si affrettò verso l’uscio lasciato aperto dallo spagnolo, impensierita dal viso cereo della sua padrona.

«Ottima idea» approvò de Fuentes. «Ne ho bisogno anch’io.»

«Joaquin, che cosa volevano quelle canaglie?» ripeté Cora quando rimasero soli, guardandolo con occhi smarriti.

«Credo volessero il rubino.» Joaquin appoggiò il gomito sulla mensola del camino, il volto aggrondato e la mente colma di interrogativi ai quali non sapeva dare risposta.

«Il rubino?» Lei estrasse l’anello dal corpetto e lo guardò.

«Esattamente» confermò l’uomo. «Ti avevo detto che ero sfuggito io stesso a degli agguati, in passato.»

«Vogliono impadronirsene? Mio Dio! Se per combinazione non fossi stata altrove avrebbero potuto...» La giovane si interruppe di colpo e deglutì.

«Avresti corso un rischio mortale» convenne cupo lui. Dal suo sguardo traspariva l’angoscia per il pericolo scaturito dal timore che qualcuno potesse nuocerle. «Probabilmente è stato un errore darti quell’anello, querida. Un errore di cui avrei potuto amaramente pentirmi.»

«Stai dicendo che lo vuoi indietro?»

«Forse sarebbe più prudente che lo tenessi io...» Negli occhi scuri di Joaquin saettò un lampo di sgomento, scaturito dal timore che qualcuno potesse nuocere alla donna che amava.

Cora tuttavia gli oppose un reciso rifiuto. «Non intendo restituirlo, checché tu ne dica: è il pegno del tuo amore per me e non voglio...»

«Anche se tenerlo significa mettere a repentaglio la tua vita?» l’interruppe lui con veemenza. «L’anello, nel caso ti fosse sfuggito, è un pericolo che non desidero tu corra.»

«Ma non ha senso uccidere qualcuno per un anello!»

«Anche trascurando l’enorme valore di quella pietra rossa come il sangue, il gioiello deve avere una qualche peculiarità che lo rende unico. Quale che ne sia il pregio, e personalmente ritengo sia un talismano, sembra sia ambito da farabutti senza scrupoli che non vanno tanto per il sottile pur di appropriarsene.»

«Se è così, terremo gli occhi aperti, Joaquin. Ormai abbiamo capito di dover stare all’erta, no?»

Lui sospirò e, incapace di negarle qualunque cosa, cedette. Contrariarla significava aumentare la tensione e non voleva drammatizzare più del dovuto, considerato il suo stato. Ma da quella notte in avanti l’avrebbe sorvegliata a vista e costantemente, decise. «Va bene, tienilo pure, ma usa ogni precauzione per non lasciarlo mai incustodito.»

«Te lo prometto» lo rassicurò Cora.

«Bueno» approvò de Fuentes con un cenno del capo. «Quanto a me, raddoppierò gli uomini addetti alla vigilanza, anche se sarà difficile individuare i colpevoli, temo. Di chiunque si tratti, saranno ormai lontani.»

«Joaquin, dovrò informare Andriolo del tentativo di furto. Ovviamente non scenderò in particolari, anche perché lui non sa dell’anello.»

«Naturalmente» annuì lo spagnolo.

«Quello che più mi turba è che sia morta una persona.»

«Già, anche a me. Rientra in ogni caso nell’ordine delle cose che un mercenario possa cadere mentre presta servizio.»

«Sì, purtroppo... Pensi che ci riproveranno di nuovo?»

«A rubare il rubino, intendi?»

«Sì.»

«Mi auguro di no» replicò lui, avvicinandosi a Cora per abbracciarla, «perché non mi troverebbero impreparato, stavolta, e saranno ricevuti come meritano da me e dai miei uomini.»

Lei si lasciò cingere da quelle braccia amorevoli e gli rivolse un tremulo sorriso. «Sono in buone mani, lo so.»

«Sì, non potresti essere in mani migliori» concordò Joaquin, fissandola con intensità. «Sei ancora spaventata, querida

«Non più. Quando sei con me, non ho paura di nulla!»

«Brava. Su, va’ a letto, adesso. Le emozioni di questa notte ti hanno sfinito e nelle tue delicate condizioni non devi abusare delle tue forze.»

«Tu non ti corichi insieme me?»

«Vorrei poterlo fare, ma devo aspettare che i miei uomini siano di ritorno dalla perlustrazione.» Fece una smorfia. «Raccomanderò ad Abdia di vegliare al posto mio sul tuo sonno.»

«Ma poi verrai?»

«Puoi contarci, e non solo per il trambusto che è avvenuto stanotte.»

«Grazie, Joaquin.»

«E di che? Yo te quiero, e mi troverai sempre vicino a te.»

«Ti amo anch’io più della mia stessa vita» gli disse Cora di rimando.