Selfie

La macchina è ferma all’uscita del garage, bloccata da un’altra posteggiata abusivamente – per brevissimo tempo, promette il lampeggìo intermittente delle frecce – davanti all’ingresso del garage stesso. Il guidatore in uscita suona il clacson, sempre più rumorosamente ma senza successo; il posto di guida, nell’altra macchina, è vuoto. Egli insiste con l’assordante clacson, finché esce dalla sua vettura e si avvicina a quella che gli sbarra la strada. Sul suo volto c’è un’espressione inviperita, rancorosa. Ha certo le sue buone ragioni di essere irritato, magari è il timore di perdere un aereo che gli stampa sul viso tanta acidità.

Nell’automobile colpevolmente ferma c’è solo una bambina, più o meno sette, otto anni. È rannicchiata in fondo, con un’espressione inquieta, quasi spaventata; mormora che la mamma è scesa solo per un momento e verrà subito. L’iracondo bloccato è sempre più impaziente, chiede dove sia andata questa mamma, in quale negozio; la bambina non lo sa, lui suona il clacson della vettura ostacolante lei ha quasi le lacrime agli occhi lui suona e suona e dice che vuol chiamare i vigili. Lei è una piccola cerbiatta impaurita; lui, chinandosi sul vetro dell’automobile, minaccia nuovamente di chiamare i vigili e vede il proprio volto riflesso nel vetro dell’auto. Mi accorgo che non mi sono mai visto così brutto e sgradevole e mentre vedo arrivare affannata e scalmanata la guidatrice, anche lei imbruttita dalla stupidità della situazione, mi allontano in fretta dalla sua auto e per evitare l’incontro sparisco per un attimo nel buio del garage.

1° luglio 2016