Prefazione all’edizione italiana
Massimo Clerici, Antonios Dakanalis
Finalmente edita in Italia, la traduzione dell’opera di Christopher G. Fairburn Vincere le abbuffate mira – in primo luogo – a trasmettere al lettore alcuni concetti chiave sulle manifestazioni caratteristiche del binge eating, ora sintomatiche, ora rappresentative di un vero e proprio disturbo, attraverso uno stile asciutto, a tratti schematico, ma sempre coerentemente chiaro e pedagogico. Questa modalità espositiva, che nella pubblicistica anglosassone potremmo definire psicoeducativa, miscela abilmente informazione e indicazioni cliniche secondo un approccio esplicativo che considera sempre in maniera equilibrata il lettore, ora potenziale paziente, ora esclusivamente fruitore di notizie basate su quelle evidenze in grado di apportare cambiamenti nel livello di conoscenza della popolazione generale. Il messaggio proposto quindi, e il manoscritto lo rivela ampiamente, deve essere utile e conciso, offrire una guida informativa sicura e risultare, al contempo, l’elemento portante di un efficace progetto di trattamento nell’accezione più ampia, sia esso orientato all’autoaiuto, sia invece riferimento per la costruzione di un vero e proprio programma terapeutico per affrontare – e possibilmente vincere – tanto le condotte di abbuffata quanto le molteplici problematiche a esse connesse.
Al di là dell’intento fortemente divulgativo testé citato, il testo di Fairburn vuole dunque promuovere consapevolezza e, soprattutto, speranza riguardo al tema del binge eating, trasmettendo al lettore (paziente, familiare, amico…) l’importanza e la centralità di un programma di autoaiuto di provata efficacia. Non è mancato infatti, per molti anni, il pregiudizio che i programmi di autoaiuto fossero delle “seconde scelte”: molti operatori ancora oggi individuano in questo approccio un tentativo di by-passare la competenza specialistica e, perfino, di negare l’utilità di quanto gestito abitualmente dai servizi e dalle strutture rivolte al trattamento delle patologie più gravi o, in questo caso, dei disturbi mentali. Ma il lavoro proposto nel volume di Fairburn non è affatto pensato in chiave antagonistica rispetto alla competenza di operatori e servizi: è rivolto – piuttosto – a consolidare quanto viene messo a disposizione dalla medicina basata sulle evidenze con un forte imprinting scientifico e un continuo rimando all’opportunità, in caso di incertezze, difficoltà o fallimento nel raggiungimento degli obiettivi, di rivedere la sua collocazione nell’ambito di una stretta sinergia con la competenza clinica.
Dove si colloca, allora, e si appoggia il baricentro dell’opera: in questo caso su almeno 4 pilastri che ne guidano la declinazione teorico-operativa.
1. Divulgare le informazioni. Come purtroppo avviene per buona parte delle questioni legate ai temi dell’alimentazione, del peso corporeo e – nello specifico – delle problematiche legate ai loro eccessi, difetti o disturbi, anche per quanto riguarda il binge eating, condizione oggi assai diffusa sul piano epidemiologico, la maggior parte delle persone non dispone che di credenze erronee, spesso acquisite da fonti per lo più incoerenti e inaffidabili. Per questo motivo, diventa centrale fornire risposte chiare a una quantità di domande comuni quali: che cos’è il binge eating? Quali processi sono coinvolti nella sua eziopatogenesi? Che cosa distingue una vera abbuffata da una semplice alimentazione eccessiva? Le abbuffate sono sempre abbondanti e sempre seguite da condotte di eliminazione? La tendenza ad abbuffarsi rispecchia una chiara problematica di dipendenza o è soltanto un segnale che qualcosa non va? Quando si verificano più frequentemente le abbuffate? Come si esprimono e che cosa può scatenarle? Quali elementi problematici contribuiscono a mantenerle nel tempo? Il binge eating può condurre a conseguenze sulla salute, sul funzionamento sociale o sulla qualità della vita? Esiste, infine, la necessità di rispondere a un quesito fondamentale quale quello che indica l’abbuffata come una schiavitù piuttosto che come un problema da affrontare e vincere?
Divulgare un’informazione corretta è dunque alla base del raggiungimento di una condizione di benessere e di comportamenti salutari: a tal proposito, i contributi proposti dall’Autore derivano da un’esperienza di anni di lavoro clinico con pazienti portatori di questi problemi ma, al contempo, sono attentamente coniugati con i più attuali e robusti contributi della ricerca scientifica internazionale. In questo senso la prima parte del testo propone una summa autorevole e completa sia delle attuali conoscenze sul binge eating sia dei suoi principi di trattamento; essa si rivolge, indipendentemente dal genere, dall’età e dal peso, proprio a coloro che presentano problemi nel controllo del cibo e a chi – familiare o amico – ne condivide vita quotidiana e difficoltà.
2. Il valore della consapevolezza. Divulgare informazioni corrette, chiare e specifiche, ha sempre permesso di sviluppare una forte consapevolezza delle condizioni di complessità clinica, in questo caso in merito alla multiforme tematica delle abbuffate e alle problematiche e implicazioni correlate. La consapevolezza ha di per sé valore terapeutico, poiché permette a chiunque di riconoscere e comprendere le proprie difficoltà e, nel contempo, di maturare lo sviluppo di autoefficacia attraverso il controllo di fattori, eventi e circostanze che scatenano e autoperpetuano le abbuffate. L’autoefficacia è un elemento cruciale per la stima di sé e del proprio aspetto, fattori in genere profondamente minati nei soggetti che soffrono di problemi e disturbi alimentari. Alcuni di costoro, magari dopo anni di tentativi infruttuosi, risultano ancora poco inclini al cambiamento e si arrendono ormai al persistere del problema o al ruotare della loro vita attorno al disagio irrisolto. Altri non lasciano la presa e considerano sempre aperta la sfida al cambiamento. La lettura di cospicue parti del testo – in particolare della sezione “Perché cambiare?” – si muove in questa direzione, rafforza la motivazione a cambiare grazie al suo stile assertivo e si rivela un primo passo e un efficace sprone per stimolare e nutrire il desiderio di cambiare.
3. La speranza. Pur senza minimizzare le difficoltà di coloro che soffrono di binge eating, l’intero volume – a partire dal titolo – vuole portare un messaggio di speranza: un valido programma di autoaiuto può permettere di vincere le abbuffate – piuttosto che accettare arrendevolmente di conviverci – e rendere la vita potenzialmente differente. La carica motivazionale diffusa nel testo e, non di rado, esplicitamente riaffermata nei “consigli” che seguono alle domande poste è il collante di tale approccio e ne guida la declinazione operativa.
4. L’importanza e la centralità di un programma di autoaiuto di provata efficacia. La vergogna, la colpa, il segreto che accompagna le abbuffate, il vissuto stigmatizzante di chi soffre di disturbi alimentari sono fattori ampiamente responsabili del frequente ritardo nelle richieste di aiuto e nell’accesso precoce a contesti terapeutici adeguati. Il fatto che solo una minima parte di quelli che presentano difficoltà nella gestione dell’alimentazione riceva effettivamente un aiuto professionale contrasta enormemente con l’abbondante disponibilità – a oggi – di trattamenti in grado di aiutarli. Il programma di autoaiuto presentato nella seconda parte di questo libro è uno tra questi; esso si basa, primariamente, sui principi della terapia cognitivo-comportamentale (cbt) sviluppata da Fairburn e dal suo gruppo di ricerca presso il dipartimento di Psichiatria dell’Università di Oxford. Il protocollo iniziale è stato sviluppato per i pazienti affetti da bulimia nervosa, ma in seguito modificato ed esteso in modo da favorirne l’adattamento a qualsiasi tipo di disturbo alimentare con abbuffate, a prescindere dalla specifica diagnosi e secondo una prospettiva trans-diagnostica. Trial clinici hanno mostrato, nel tempo, la superiorità della cbt rispetto al trattamento farmacologico e ad altri tipi di trattamenti psicoterapici con cui è stata confrontata: si tratta, inoltre, dell’unica forma di trattamento per i disturbi del comportamento alimentare che abbia ricevuto un criterio di evidenza “A” (cioè, sulla base di almeno un trial randomizzato o di una meta-analisi) dal National Institute for Clinical Excellence inglese.
L’idea di sviluppare una versione della cbt più semplice, sostanzialmente ridotta rispetto all’originale e sotto forma di strumento a fini di autoaiuto, è nata proprio dall’osservazione clinica di Fairburn secondo cui alcuni soggetti con binge eating rispondevano più facilmente, in tempi brevi e in maniera efficace, alla cbt: tutto ciò senza troppa necessità di ricevere input da parte di un terapeuta qualificato. Seguendo i principi della cbt queste persone parevano in grado di curare se stesse. Da queste premesse è stato creato il programma di autoaiuto basato sulla cbt, pubblicato per la prima volta nel 1995 con l’edizione originale di Vincere le abbuffate. Tale programma, proposto appunto nell’edizione originale del volume, è la forma di autoaiuto più studiata e collaudata e oggi riconosciuta come efficace per il trattamento del binge eating sia per sé (autoaiuto puro) sia in combinazione a un supporto esterno (autoaiuto guidato). È importante sottolineare, tuttavia, come la prima versione dello strumento – basata essenzialmente sui principi educativi e comportamentali della cbt – mirasse principalmente ad aiutare le persone interessate dal problema a migliorare le loro abitudini alimentari senza affrontare gli elementi cognitivi sottostanti e più complessi. La prima versione era quindi più semplice della cbt potenziata (cbt-e) e del programma di autoaiuto da essa derivato e presentato in questo libro.
Quello che viene proposto nel volume tradotto oggi non solo comprende un approccio più raffinato per riprendere il controllo e ristabilire la regolarità dell’alimentazione, ma consente anche di affrontare l’eccesiva preoccupazione per la forma e per il peso corporeo in tutte le sue modalità espressive, enfatizzando il mantenimento dei progressi effettuati e minimizzando il rischio di ricadute. Questa nuova edizione di Vincere le abbuffate risulta quindi ricca di elementi nuovi e presenta una versione ampiamente rivisitata del programma originale basato sulla cbt-e senza mai perdere di vista il principio base del programma: “Ognuno diventi terapeuta di sé stesso”.
Come collocare, a questo punto, il volume nella pubblicistica italiana sul tema? Un’opera rivolta contemporaneamente a operatori e al gande pubblico interessato al problema non può che apparire ibrida, soprattutto in un mercato – come quello italiano – dove i compartimenti tra le diverse proposte editoriali possono sembrare abbastanza rigidi. Nei fatti così non è o, almeno, non ci sembra che sia… Speriamo vivamente, pertanto, che la traduzione del testo originale – un anno dopo la pubblicazione in lingua inglese – contribuisca al meglio a fornire informazioni chiare, esaustive e aggiornate sull’intero corpo di conoscenze relative al binge eating e al suo trattamento; aiutando le persone a vincere le abbuffate, le difficoltà esistenziali che esse comportano e le più diverse problematiche fisiche e psicologiche correlate, non si correrà più il rischio di mantenere aperta la dimensione aspecifica delle conoscenze e, nel contempo, di nutrire un’ambivalenza non ancora sopita tra gli operatori verso l’uso dei programmi di autoaiuto (puro o guidato).
Basandosi sulla più recente versione del trattamento (cbt-e), la più efficace a disposizione a oggi, il lettore – qualunque sia la sua provenienza – saprà discriminare quanto sia possibile ritagliare sulle effettive necessità di chi soffre di tali problematiche il modello di trattamento o, piuttosto, di prendere le misure – per chi sceglierà di fare da solo – sulla capacità di automotivarsi al progetto terapeutico e di autoregolarlo secondo una declinazione individuale che richiede pazienza, ma alimenta la determinazione a cambiare.
Lo stato dei servizi per i disturbi del comportamento alimentare nel nostro Paese e il sostegno a una dimensione sempre più specialistica degli operatori che ci lavorano stanno a dimostrarne l’utilità e a testimoniarne il crescente interesse collettivo.