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Problemi alimentari e disturbi alimentari

A poche persone non sarà mai capitato di sentir parlare della bulimia nervosa o dell’anoressia nervosa. Sfortunatamente, la pubblicità che questi disturbi hanno attratto ha avuto come conseguenza una loro trivializzazione; per esempio, il termine “anoressico” è divenuto sinonimo di sottopeso. Uno degli obiettivi di questo capitolo è fare chiarezza sul significato effettivo di questi termini, spiegando al contempo come vengono classificati i problemi di binge eating.

Problemi alimentari versus disturbi alimentari

La grande maggioranza delle persone che si abbuffano non ha un “disturbo alimentare”. Tali abbuffate sono occasionali piuttosto che frequenti, non causano danni fisici e la qualità di vita delle persone non è compromessa. Se, tuttavia, percepiscono le loro abbuffate come un “problema”, esso diviene esattamente questo, un “problema alimentare”. D’altro canto, esiste un numero significativo di persone le cui abbuffate interferiscono con la salute fisica e la qualità di vita. Per tali persone si configura un disturbo alimentare.

La maggior parte delle persone che si abbuffa non ha un “disturbo alimentare”.

Negli adulti e negli adolescenti si distinguono tre disturbi alimentari:

– Bulimia nervosa;

– Anoressia nervosa;

– Disturbo da binge eating.

Non si tratta tuttavia di un quadro completo. Studi clinici e di comunità indicano che non è infrequente rilevare un disturbo alimentare non inquadrabile all’interno di queste tre categorie. In questi casi si parla di “disturbo alimentare atipico”.

Bulimia nervosa

La bulimia nervosa, originariamente nota in Nord America come “bulimia”, è venuta all’attenzione solo negli ultimi trent’anni circa. Nel box 2.1 sono elencate le principali pietre miliari nella storia di questo “nuovo” disturbo alimentare.

Box 2.1

Una breve storia della bulimia nervosa

1976: Resoconti clinici sulla “Bulimaressia” tra studentesse universitarie americane (vedi il capitolo 3).

1979: Pubblicazione dell’articolo ormai classico del professor Gerald Russell dal titolo “Bulimia nervosa: An ominous variant of anorexia nervosa”. Questo articolo ha introdotto il termine bulimia nervosa.

1980: La sindrome della “bulimia” è inserita nel manuale diagnostico dell’American Psychiatric Association.

1980-1982: Studi in Gran Bretagna e in Nord America indicano che la bulimia nervosa è probabilmente comune (vedi il capitolo 3).

1981-1982: Resoconti clinici descrivono due trattamenti promettenti per la bulimia nervosa: la terapia cognitivo-comportamentale e i farmaci antidepressivi (vedi il capitolo 8).

1987: Il termine bulimia viene ridefinito e convertito in bulimia nervosa dall’American Psychiatric Association, allineandolo con quello di Russell.

2013: I criteri diagnostici dell’American Psychiatric Association sono stati ampliati per includere i casi in cui le abbuffate avvengono una volta a settimana. In precedenza il limite minimo era di due volte a settimana.

In linea di principio, tre caratteristiche devono essere presenti per poter formulare la diagnosi di bulimia nervosa; un’altra deve essere assente. Le caratteristiche sono le seguenti:

1. La persona deve avere frequenti abbuffate obiettive, cioè deve avere episodi ricorrenti durante i quali mangia effettivamente grandi quantità di cibo – considerate le circostanze – in presenza di un senso di perdita di controllo. Per definizione, tutte le persone con bulimia nervosa hanno abbuffate.

2. La persona deve ricorrere a uno o più metodi estremi di controllo del peso. Questi includono vomito autoindotto, uso eccessivo di lassativi o diuretici, esercizio fisico intenso, diete estreme o digiuno.

3. La persona deve “sovrastimare” l’importanza della propria forma fisica o peso corporeo, cioè le persone con bulimia nervosa devono giudicare se stesse in larga parte, o esclusivamente, nei termini della propria capacità di controllare la forma e il peso del corpo (questa caratteristica è descritta in maggior dettaglio nel capitolo 4). La loro preoccupazione rispetto alla forma e al peso va ben oltre il semplice sentirsi grassi o l’essere insoddisfatti del proprio aspetto fisico.

4. La persona non deve soffrire nell’attualità di anoressia nervosa (che verrà definita a breve). Ciò significa, a tutti gli effetti, che la persona non può essere significativamente sottopeso. In pratica, la grande maggioranza di coloro che presentano le tre caratteristiche distintive della bulimia nervosa hanno un peso corporeo nel range normale. La figura 2.1 mostra la distribuzione del peso delle persone affette da bulimia nervosa, anoressia nervosa e disturbo da binge eating.

Come sarà spiegato nel capitolo 3, la bulimia nervosa è in larga parte prerogativa delle donne, con la maggioranza di esse nel range di età compreso tra i venti e i trent’anni. La proporzione di pazienti di sesso maschile non è certa, probabilmente meno di uno su dieci. Il problema solitamente inizia nella tarda adolescenza con un periodo di dieta rigorosa che in seguito comincia a essere costellata di episodi ripetuti di abbuffate. In circa un quarto dei casi, la dieta è così estrema che la persona sviluppa originariamente anoressia nervosa che poi evolve in bulimia nervosa.

Le persone affette da bulimia nervosa hanno abitudini alimentari caotiche. Tutte presentano abbuffate oggettive, ma tali abbuffate avvengono sullo sfondo di tentativi estremi di ridurre l’introito alimentare; di fatto, l’assunzione di cibo al di fuori delle abbuffate assomiglia molto a quella delle persone con anoressia nervosa. Alcune non mangiano praticamente nulla al di fuori delle abbuffate, e la maggior parte delle altre segue diete ferree. Molte si inducono il vomito dopo ogni abbuffata allo scopo di liberarsi del cibo che hanno mangiato. Lassativi, diuretici e pillole dimagranti possono essere utilizzati a questo scopo, come anche l’esercizio fisico intenso.

Una volta che il quadro clinico si è definito, la bulimia nervosa tende ad autoperpetuarsi. Ha una ridotta tendenza alla remissione spontanea anche se la sua gravità può crescere e diminuire. Nel momento in cui vengono all’attenzione clinica, ammesso che lo facciano, la maggior parte dei pazienti si è alimentata in questo modo per un periodo compreso fra cinque e dieci anni, se non più lungo.

Anoressia nervosa

La maggior parte della gente ha sentito parlare dell’anoressia nervosa probabilmente a causa del fatto che attrae spesso l’attenzione dei media, o perché può essere letale o perché chi ne soffre appare molto malato. Per poter formulare la diagnosi di questo disturbo alimentare due condizioni devono essere presenti:

1. La persona deve essere significativamente sottopeso e ciò deve essere il risultato di suoi sforzi deliberati. La soglia per poter considerare qualcuno significativamente sottopeso è oggetto di dibattito ed è variabile – un indice di massa corporea (Body Mass Index, bmi) al di sotto di 17.5, 18.0 o 18.5 è un indicatore largamente adottato (nel box 2.2 viene descritto il bmi).

2. La persona deve mostrare una sovrastima dell’importanza della forma e del peso corporeo, come nella bulimia nervosa. Piuttosto che preoccuparsi di essere sottopeso, le persone che soffrono di anoressia nervosa sono terrorizzate dall’idea di ingrassare e prendere peso. Di fatto, molte si percepiscono come già “grasse”, nonostante il loro peso corporeo decisamente basso. Per tale ragione talvolta si dice che abbiano una “paura patologica di ingrassare” o “fobia del peso” e il loro ricorrere a diete è stato descritto come una “ricerca spasmodica della magrezza”.

L’anoressia nervosa colpisce soprattutto le adolescenti e le giovani donne, ma circa un caso su dieci riguarda gli uomini. Le persone che soffrono del disturbo perdono peso mangiando molto poco, per quanto anche l’esercizio fisico eccessivo possa contribuire. Esse evitano di mangiare cibi che percepiscono come grassi e a volte possono digiunare del tutto. Circa un terzo di loro fa “abbuffate”, la maggior parte delle quali sono di portata limitata (cioè si tratta di abbuffate soggettive), durante le quali i loro sforzi di ridurre l’apporto di cibo collassano. Per persone affette da anoressia nervosa un’abbuffata può consistere semplicemente in alcuni biscotti.

Box 2.2

L’indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI)

L’indice di massa corporea (BMI) è un modo utile per determinare se si è sottopeso, normopeso o sovrappeso. Esso si ottiene dal peso in kg diviso per l’altezza espressa in metri al quadrato (cioè peso/[altezza x altezza]). Il BMI si applica agli adulti di entrambi i sessi di età compresa fra i 18 e i 60 anni. L’Appendice I include una tabella per identificare il vostro BMI.

Qui di seguito vengono riportati i valori di soglia del BMI utilizzati per classificare le persone come sottopeso, normopeso, sovrappeso o obese. È da notare che tali valori sono basati sul rischio per la salute, non sull’aspetto.

Sottopeso:        sotto 18.5;

Peso normale:  da 18.5 a 24.9;

Sovrappeso:      da 25.0 a 29.9;

Obesità:             da 30.0.

Esistono evidenze circa il fatto che le persone di origini asiatiche presentino maggiori rischi per la salute a livelli più bassi di BMI rispetto ai caucasici. Per questa ragione, l’Organizzazione mondiale della sanità ha preso in considerazione la possibilità di abbassare le soglie del BMI per le persone asiatiche in sovrappeso e obese.

È anche importante considerare che il BMI presenta alcuni limiti. Non è infatti applicabile a individui di età inferiore a 18 anni, ad adulti di età maggiore di 60, a persone con una rilevante massa muscolare (per esempio, a molti atleti) e a persone che soffrono di una qualche malattia fisica.

Soffrivo di anoressia da circa un anno e stavo cercando di cominciare a mangiare correttamente. Un giorno, all’improvviso, mangiai un biscotto al cioccolato. D’un tratto cominciai a mangiare tutto ciò di cui mi ero deprivata. Non fu una grande abbuffata secondo i miei standard del momento, ma assunsi più calorie di quante ne assumevo normalmente in un’intera settimana. Uscii da questo stato di simil-trance e fui presa dal panico per ciò che avevo fatto. Corsi immediatamente in bagno e mi infilai due dita in gola. Dovevo vomitare e liberarmi di tutto lo schifo che avevo dentro di me.

L’anoressia nervosa può avere breve durata, con il paziente che guarisce completamente con o senza terapia. Questo è il decorso più tipico con pazienti adolescenti. In alternativa, essa può evolvere in bulimia nervosa o in un disturbo alimentare atipico (vedi oltre). Una proporzione ridotta di pazienti rimane “bloccata” nell’anoressia nervosa, una condizione estremamente grave dalla quale può essere difficile uscire.

Disturbo da binge eating

Come il nome suggerisce, le abbuffate sono la caratteristica principale del disturbo da binge eating. La diagnosi è recente, per quanto le sue origini risalgano alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso, quando Albert Stunkard dell’Università della Pennsylvania notò che alcune persone obese avevano significativi problemi di abbuffata. Tale osservazione fu quasi completamente ignorata o dimenticata fino alla seconda metà degli anni Ottanta, quando cominciarono ad accumularsi evidenze sul fatto che circa un quarto di coloro che cercavano una terapia per l’obesità riferivano episodi di abbuffata, per quanto pochi di loro soddisfacessero i criteri diagnostici della bulimia nervosa. Nello stesso periodo, studi di comunità sulla prevalenza della bulimia nervosa mostrarono che la maggior parte di coloro che si abbuffavano non avevano bulimia nervosa. Nel loro complesso, questi risultati portarono alla proposta di identificare un nuovo disturbo alimentare caratterizzato da ricorrenti abbuffate in assenza di metodi estremi di controllo del peso. A questo disturbo ci si riferisce oggi con l’espressione disturbo da binge eating (disturbo da alimentazione incontrollata). Prima della sua introduzione, tali persone erano state descritte, in modo alquanto spregiativo, come “mangiatori compulsivi”.

Le persone che soffrono di disturbo da binge eating hanno ripetute abbuffate oggettive ma non ricorrono ai metodi estremi di controllo del peso utilizzati dai pazienti con bulimia nervosa. Quindi esse non si inducono il vomito, non assumono lassativi, diuretici o pillole dimagranti, non eccedono nell’esercizio fisico e non fanno diete estreme. Al contrario, il loro modo di mangiare è tipicamente caratterizzato da una generale tendenza a eccedere nell’assunzione di cibo, alla quale si sovrappongono le abbuffate. Ciò è illustrato nel diario alimentare presentato in tabella 2.1. Non sorprende quindi che molte persone che soffrono di disturbo da binge eating siano in sovrappeso se non francamente obese (come illustrato in figura 2.1).

Il disturbo da binge eating colpisce una gamma più ampia di persone rispetto all’anoressia o alla bulimia nervosa; la distribuzione per genere è più uniforme, con circa un terzo dei casi rappresentato da uomini, e la fascia di età è più ampia, estendendosi dall’adolescenza alla mezza età. Esso tende inoltre ad avere un decorso intermittente, con fasi in cui la persona è vulnerabile alle abbuffate alternate ad altre in cui ha pieno controllo sull’assunzione di cibo. Tali fasi possono essere piuttosto lunghe, possono durare mesi o persino anni.

Studi di comunità sul disturbo da binge eating indicano che chi ricerca aiuto costituisce un sottogruppo atipico. I casi rilevabili in comunità sono di età inferiore e, nella maggior parte dei casi, non sono in sovrappeso.

Disturbi alimentari atipici

Molti disturbi alimentari non soddisfano i criteri diagnostici di anoressia nervosa, bulimia nervosa o disturbo da binge eating. Tali disturbi alimentari hanno ricevuto una grande quantità di etichette: una delle più diffusamente utilizzate è quella di “disturbo alimentare non altrimenti specificato” o “disturbo alimentare nas”. In questo volume farò ricorso al termine più pratico di disturbo alimentare atipico.

I disturbi alimentari atipici sono quei disturbi alimentari che si rilevano in adulti e adolescenti per i quali non sono applicabili le definizioni tecniche di anoressia nervosa, bulimia nervosa o disturbo da binge eating. Questa categoria ha di recente attirato una considerevole attenzione, dal momento che si è scoperto che è molto più comune di quanto si assumesse (vedi la figura 2.2). Come avviene per la bulimia nervosa e l’anoressia nervosa, colpisce principalmente le adolescenti e le giovani donne. I disturbi alimentari atipici possono essere suddivisi in cinque sottogruppi più o meno distinti:

1. Bulimia nervosa sottosoglia in cui il disturbo alimentare assomiglia alla bulimia nervosa ma non ne soddisfa i criteri diagnostici.

2. Anoressia nervosa sottosoglia in cui il disturbo alimentare assomiglia all’anoressia nervosa ma non ne soddisfa i criteri diagnostici.

3. Disturbo da binge eating sottosoglia in cui il disturbo alimentare assomiglia al disturbo da binge eating ma non ne soddisfa i criteri diagnostici.

4. Disturbi alimentari misti in cui le caratteristiche di bulimia nervosa, anoressia nervosa e disturbo da binge eating sono combinate in modo tale da rendere impossibile classificare questa condizione come una variante di uno di questi disturbi preso singolarmente.

5. Sindrome da alimentazione notturna (night eating syndrome) in cui sono presenti ricorrenti episodi di assunzione di cibo durante la sera o la notte.

Disturbi alimentari misti

Quelli che possiamo chiamare disturbi alimentari misti sono la forma più comune di disturbo alimentare atipico. Il termine si riferisce a disturbi alimentari in cui le caratteristiche dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa (e talvolta anche del disturbo da binge eating) sono combinate. Un esempio potrebbe essere il caso di un paziente con una tendenza a sopravvalutare l’importanza della forma e del peso corporeo che è caratteristica dell’anoressia nervosa e della bulimia nervosa, un peso corporeo piuttosto basso (ma non basso al punto da poterlo ritenere indicativo di anoressia nervosa), abbuffate occasionali ma non regolari, diete estreme e vomito autoindotto intermittente. Ciò che sappiamo riguardo a questi disturbi alimentari è che essi sono equivalenti alla bulimia nervosa relativamente all’intensità, alla durata e all’impatto sulla qualità della vita della persona. Spesso chi ne soffre ha manifestato anoressia nervosa o bulimia nervosa in passato. Le abbuffate sono una caratteristica comune dei disturbi alimentari misti.

Potreste anche esservi imbattuti nel termine purging disorder. Si tratta di un termine usato da alcuni clinici per riferirsi a un disturbo alimentare in cui vi è ricorrente ricorso a condotte di eliminazione (principalmente nella forma di vomito autoindotto o uso eccessivo di lassativi o diuretici) in assenza di abbuffate. I dati a nostra disposizione indicano che la maggior parte di queste persone riferisce di avere abbuffate oggettive e quindi può essere meglio inquadrata come affetta da una forma di bulimia nervosa sottosoglia.

Sindrome da alimentazione notturna

La sindrome da alimentazione notturna è una diagnosi relativamente nuova sulla quale rimane ancora molto da conoscere. In linea di principio, tre caratteristiche devono essere presenti per poter formulare la diagnosi:

1. Episodi ricorrenti di assunzione di cibo durante la notte (dopo essersi addormentati) o di assunzione di cibo eccessiva durante la sera.

2. Consapevolezza del comportamento nel momento in cui viene messo in atto.

3. Il pattern di comportamento risulta in un significativo disagio o compromissione.

La sindrome da alimentazione notturna tende a esordire durante la prima età adulta e sembra avere un decorso prolungato, per quanto possano essere presenti periodi estesi in cui non si manifesta. Tende a essere particolarmente diffusa tra le persone che soffrono di insonnia o di obesità e tra quelle affette da disturbo da binge eating. Sembra che esista una familiarità per questa sindrome ed è altrettanto diffusa tra gli uomini e le donne.

L’unico disturbo alimentare che può essere confuso con la sindrome da alimentazione notturna è il disturbo da binge eating. Esistono tuttavia quattro principali differenze. Nella sindrome da alimentazione notturna, gli episodi di assunzione eccessiva di cibo avvengono solo alla sera o durante la notte; gli episodi sono di entità relativamente ridotta (in media circa 300 calorie); spesso non è rilevabile la sensazione di perdita di controllo; l’assunzione di cibo è frequentemente motivata dall’obiettivo di ritornare a dormire.

La prospettiva transdiagnostica

Le distinzioni diagnostiche fin qui proposte delineano le principali forme esistenti di disturbi alimentari. Tuttavia, esse hanno alcuni limiti. Prima di tutto, possono renderci ciechi rispetto all’importante considerazione che molte persone con disturbi alimentari hanno molto in comune. Cosa più importante, esse condividono abitudini alimentari simili e simili preoccupazioni rispetto alla forma e al peso corporeo. Ciò risulta nel fatto che alcune diagnosi differenziali siano particolarmente difficili da fare. Prendete, per esempio, una persona con tutte le caratteristiche della bulimia nervosa ma con un basso peso – poniamo un bmi intorno a 18.0. La diagnosi che questa persona riceverà dipenderà in larga parte dal fatto che tale bmi sia percepito o meno come “significativamente basso”, una questione ancora oggetto di dibattito. Se verrà interpretato come significativamente basso, allora sarà probabile che riceverà la diagnosi di anoressia nervosa; in caso contrario, la persona si riterrà affetta da bulimia nervosa. Un altro confine problematico è quello che delimita la bulimia nervosa dal disturbo da binge eating. In persone che non si inducono il vomito o non assumono lassativi, la distinzione dipenderà principalmente da quanto poco mangiano tra un’abbuffata e l’altra. Se mangiano molto poco, riceveranno probabilmente una diagnosi di bulimia nervosa, mentre se mangiano un po’ di più verranno ritenuti affetti da disturbo da binge eating. In altre parole, non esistono linee di confine nette a separare i vari disturbi alimentari.

Un secondo limite del sistema diagnostico è che le tre diagnosi di disturbo alimentare offrono un quadro incompleto della gamma dei problemi presenti tanto nella comunità quanto in campioni clinici. Come discusso in precedenza, molti disturbi alimentari non soddisfano i criteri diagnostici di anoressia nervosa, bulimia nervosa o di disturbo da binge eating, e pertanto devono essere collocati in una categoria residua piuttosto trascurata che qui abbiamo denominato disturbo alimentare atipico.

La significatività di queste distinzioni diagnostiche è ulteriormente compromessa dal fatto che la maggior parte dei disturbi alimentari cambia per forma nel corso del tempo. Non è infrequente che una persona soddisfi i criteri per una diagnosi di disturbo alimentare a gennaio e per un’altra a giugno, senza che si sia verificato un cambiamento significativo nella propria condizione. La “migrazione diagnostica” è la regola, piuttosto che l’eccezione. Nella mia pratica clinica ho incontrato innumerevoli persone di venti o trent’anni che soffrivano di un disturbo alimentare fin dall’adolescenza ma che in una certa fase era stato identificato come anoressia nervosa, in seguito bulimia nervosa e più di recente disturbo alimentare atipico. Queste persone hanno davvero sofferto di tre diversi disturbi mentali, uno dopo l’altro? No, esse hanno avuto un solo problema alimentare che si è evoluto per forma nel corso del tempo.

Questo libro adotta una prospettiva “transdiagnostica” in relazione ai problemi alimentari e a come superarli. La Parte i descrive l’intera gamma delle problematiche di cui le persone fanno esperienza e ciò che causa la loro persistenza nel tempo. La Parte ii descrive un approccio per liberarsi dai problemi alimentari in cui le abbuffate rappresentino un elemento preminente, a prescindere dalla specifica diagnosi.