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Aspetti psicologici e sociali
Talvolta un’abbuffata è solo un’abbuffata. È un comportamento isolato che, anche se ricorrente, non si associa ad altri problemi. Più spesso di quanto non accada, tuttavia, le abbuffate si associano ad altre difficoltà. Di fatto, il motivo per cui state leggendo questo libro potrebbero essere proprio queste difficoltà accessorie piuttosto che le abbuffate in sé. La relazione tra questi problemi e le abbuffate è complessa e spesso si creano circoli viziosi che si autoperpetuano e che sono difficili da spezzare. Obiettivo di questo capitolo e di quello successivo è di descrivere i molti problemi e le difficoltà associate alle abbuffate e di esaminare il loro possibile contributo ai problemi di binge eating. Questo capitolo si concentra sulle problematiche che possono essere definite come psicologiche o sociali; i problemi legati alla salute fisica saranno esaminati nel capitolo 5.
Diete
Molte persone che compiono abbuffate spesso si sottopongono a diete estreme, o almeno ci provano, con l’unica eccezione dei pazienti affetti da disturbo da binge eating.
Una dieta prolungata punteggiata da abbuffate episodiche costituisce un pattern alimentare osservabile nella bulimia nervosa e in quei casi di anoressia nervosa in cui siano presenti abbuffate. In alcuni casi poco o nulla viene assunto al di fuori delle abbuffate. Nel disturbo da binge eating il pattern alimentare è differente. C’è una tendenza generale a eccedere nel cibo, su cui vengono a sovrapporsi le abbuffate. Le persone affette da disturbo da binge eating a volte si sottopongono a diete: di fatto, è frequente che esse alternino periodi di diete di successo, che possono durare anche mesi, a periodi di eccessi alimentari in cui ricorrono anche alle abbuffate. Come conseguenza di ciò, il loro peso corporeo può variare significativamente di mese in mese e di anno in anno.
Le diete giocano un ruolo importante nel causare le abbuffate.
È comune che le persone con bulimia nervosa commettano l’errore di pensare che il fatto di mettersi a dieta sia una semplice risposta alle abbuffate. Per quanto il mettersi a dieta sia indubbiamente favorito dalle abbuffate, soprattutto tra coloro che nutrono molte preoccupazioni rispetto alla forma e al peso del proprio corpo, il sottoporsi a diete gioca un ruolo importante nel causare le abbuffate. Per esempio, è molto più probabile che le abbuffate si verifichino in giorni in cui la persona è a dieta. Ciò è illustrato in figura 4.1, che mostra come l’essere a dieta promuova le abbuffate e sia una risposta a esse. Entrambi questi processi sono potenti ed esitano nella persistenza delle abbuffate per mesi e mesi, anni e anni. Nell’affrontare un problema di binge eating, è perciò cruciale occuparsi non solo delle abbuffate ma anche delle diete.
Tre tipologie di diete
Ci sono tre modi principali con cui le persone si sottopongono a dieta. Le persone che si abbuffano, e in particolare quelle con bulimia nervosa o anoressia nervosa, tendono a mettere in pratica tutte e tre le tipologie.
Ritardare i pasti. Alcune persone non mangiano praticamente nulla tra un’abbuffata e la successiva. In casi estremi, esse possono non mangiare per interi giorni (cioè digiunano). Più comunemente, tuttavia, esse ritardano i pasti più a lungo possibile durante la giornata, spesso non mangiando nulla fino a sera. Circa una persona su quattro che soffre di bulimia nervosa si comporta così, mentre tale comportamento è molto meno comune nel disturbo da binge eating (circa una su venti). Nella popolazione generale, soltanto una persona su cento non mangia durante il giorno.
Ridurre l’apporto complessivo di cibo assunto. Di solito ciò implica cercare di mantenere l’introito complessivo di cibo sotto una certa soglia calorica. Per molte persone con bulimia nervosa, il limite è rappresentato dalle 1000 o 2000 calorie al giorno, ben al di sotto dell’apporto necessario per un normale funzionamento quotidiano. Alcune persone si impongono soglie caloriche ancora più estreme e inappropriate come ottocento o addirittura seicento calorie al giorno.
Evitare certi tipi di alimenti. Le persone che ricorrono ad abbuffate possono evitare certe tipologie di alimenti perché le percepiscono come cibi che fanno ingrassare o perché mangiarle ha scatenato in passato delle abbuffate. Esse descrivono spesso questi alimenti come “proibiti”, “cattivi” o “pericolosi”. La ricerca ci mostra che circa una donna su cinque nella popolazione generale si sottopone a diete di questo tipo. Al contrario, tre quarti delle donne con bulimia nervosa lo fanno, come anche la metà di quelle che soffrono di disturbo da binge eating. La gamma di alimenti evitati varia considerevolmente. Tra coloro che si sottopongono a diete estreme, pochi cibi – che non siano quelli prodotti e commercializzati come “dietetici” – sono assunti liberamente. La tabella 4.1 mostra l’“elenco degli alimenti da evitare” di una paziente con bulimia nervosa.
Non è infrequente che coloro che si sottopongono a diete ferree descrivano il loro comportamento come “mangiare sano” o giustifichino le loro pratiche restrittive sostenendo di essere vegetariane o di avere allergie alimentari. A prescindere da come la dieta sia descritta, ogni restrizione dietetica finalizzata almeno in parte a ridurre il peso corporeo o a modificare la forma del corpo deve essere considerata a tutti gli effetti una dieta.
Gli effetti delle diete
Il cibo domina ogni mio momento di veglia. Persino i miei sogni riguardano il cibo.
Le diete hanno effetti fisici e psicologici. Gli effetti fisici sono descritti nel capitolo 5. Un importante effetto psicologico è che chi si sottopone alla dieta è preoccupato da pensieri riguardanti il cibo e l’alimentazione e può anche sviluppare un senso di deprivazione. Alcune persone che si sottopongono a dieta si ritrovano a essere totalmente preoccupate proprio da ciò che stanno cercando di evitare, incapaci di pensare ad altro se non al cibo e all’alimentazione. Esse trovano difficile impegnarsi in attività quotidiane che richiedano concentrazione e persino attività che richiedono un minimo sforzo mentale, come guardare la televisione, possono divenire impossibili. Non importa che cosa stiano facendo: i pensieri sul cibo e sull’alimentazione si fanno strada nella loro mente e persino nei loro sogni. E, come potete ben sapere se avete un amico o un parente a dieta, alcuni parlano incessantemente del cibo e dell’alimentazione. Se date un’occhiata alle percentuali riportate nella tabella 4.2, noterete che preoccupazioni di questo tipo sono rare nelle giovani donne in popolazione generale, ma un numero pari a una su quattro di quelle con problemi di binge eating ne è affetta in grado da moderato a marcato.
Diete restrittive versus diete ordinarie
Le tre forme di dieta appena descritte sono tutte estreme; vale a dire che le restrizioni su quanto, che cosa e quando la persona può mangiare sono marcate. Le diete di alcune persone che presentano abbuffate, in particolare di quelle affette da bulimia nervosa, sono anch’esse restrittive. Piuttosto che avere un obiettivo generale, queste persone ne hanno uno molto specifico e se non lo raggiungono sentono di aver fallito. La maggior parte di coloro che si sottopongono a diete possono voler mantenere l’apporto calorico al di sotto, diciamo, delle 1500 calorie al giorno e saranno probabilmente soddisfatte se riusciranno a raggiungere questo obiettivo la maggior parte dei giorni.
Al contrario, coloro che si sottopongono a diete restrittive sentono di dover raggiungere questo obiettivo a tutti i costi e che avranno “fallito” se mangeranno la più piccola cosa in più rispetto a quanto le loro “regole” prevedano.
Chi pratica una dieta ferrea, nel momento in cui infrange una regola, può temporaneamente “mollare” e abbuffarsi.
Quando la dieta è sia restrittiva che estrema (cioè quando implica regole alimentari altamente specifiche che richiedono considerevoli restrizioni), è molto probabile che si verifichino ripetuti “fallimenti”. Ciò produce demoralizzazione e, a peggiorare le cose, questi fallimenti agiscono da fattori scatenanti per le abbuffate, perché coloro che si sottopongono a diete restrittive tendono ad abbandonare la dieta, almeno temporaneamente, quando infrangono le regole: il risultato di ciò è un’abbuffata. Ciò riflette il loro stile di pensiero che è caratteristico di molte persone che compiono abbuffate, il cosiddetto pensiero “tutto-o-nulla” o “dicotomico”. Le persone con questo stile di pensiero vedono le cose in termini estremi, bianche o nere; esse si percepiscono come un successo o un fallimento, percepiscono il cibo come buono o cattivo e così via. Di conseguenza, la dieta caratterizzata da numerose regole rigide e accompagnata da uno stile di pensiero “tutto-o-nulla” crea un ciclo di abbuffate e dieta, ciascuno dei quali favorisce l’altro.
Altri modi di controllare il peso e la forma del corpo
La dieta è il metodo più comune per il controllo del peso utilizzato da chi ha problemi di binge eating. Tuttavia, alcuni utilizzano metodi più estremi, incluso il vomito autoindotto e l’assunzione di lassativi e diuretici. Questi comportamenti sono comuni nella bulimia e nell’anoressia nervosa e in molti disturbi alimentari atipici ma, per definizione (come è stato spiegato nel capitolo 2), non sono presenti nel disturbo da binge eating. Considerati nel loro complesso, ci si riferisce spesso a essi con il termine di “purging”.
Il vomito autoindotto
Iniziai a indurmi il vomito un giorno in cui avevo mangiato troppo. Mi sembrava un modo brillante di rimanere magra senza dover fare una dieta. Potevo mangiare tanto quanto volessi e poi liberarmi di tutto. Sarebbe stato tutto molto più semplice che non con le diete. Mangio fino a che, letteralmente, non posso ingoiare altro. Quindi, con le dita, mi induco il vomito. Nella mezz’ora che segue, bevendo acqua tra un vomito e l’altro, libero il mio stomaco da tutto il cibo. Dopo mi sento sconfortata, depressa, sola e disperatamente spaventata perché, ancora una volta, ho perso il controllo. Fisicamente mi sento a pezzi: esausta, con gli occhi gonfi, confusa, debole e mi brucia la gola. Ho paura anche perché so che è pericoloso. Dopo un paio di episodi di vomito, mi resi conto di vomitare sangue e cercai di smettere. Ma invece continuai ad abbuffarmi e la paura che ne seguì fu tale da indurmi a vomitare ancora.
Non è molto noto che una percentuale compresa tra il 5 e il 10% delle giovani donne riconosce di essersi indotta il vomito e che il 2% delle giovani donne adulte vomita con una frequenza di una o più volte alla settimana. “Epidemie” di vomito autoindotto si verificano a volte, per esempio, nei dormitori dei college. Il vomito autoindotto è particolarmente comune tra chi soffre di bulimia nervosa, ma si verifica anche nella metà di coloro che soffrono di anoressia nervosa. Per quanto la maggior parte delle persone vomiti per liberarsi del cibo che ha mangiato – cioè con l’intento di limitare il numero delle calorie assunte – nel corso del tempo possono aggiungersi altre motivazioni; per esempio, alcune persone trovano che indursi il vomito permetta loro di scaricare la tensione.
Il vomito autoindotto non è necessariamente indice di un disturbo alimentare (come lo abbiamo definito nel capitolo 2). L’elemento chiave è rappresentato dal fatto che il vomito e gli altri sintomi del problema alimentare interferiscano con la salute fisica o con la qualità della vita. Un aspetto particolarmente importante è se la persona abbia o meno il controllo del proprio comportamento. La scelta di vomitare occasionalmente, per quanto poco convenzionale possa essere, non costituisce evidenza di un disturbo alimentare. Tuttavia, se il vomito autoindotto è una pratica frequente o alla quale il soggetto non è in grado di resistere, esso è quasi certamente indicativo di un problema alimentare meritevole di attenzione clinica.
Smetto di mangiare quando comincio a stare male. In quel momento avverto un desiderio irresistibile di liberarmi di tutto il cibo che ho mangiato. Mi ficco le dita in gola e continuo a vomitare fino a che non mi sento completamente vuota. A questo punto mi sento sollevata e ripulita. Ma sono esausta.
Di solito, il vomito autoindotto si ottiene infilando un oggetto fino alla parte posteriore della gola per indurre il riflesso faringeo. Dopo un certo tempo, tuttavia, alcune persone sono in grado di rigurgitare a comando, piegandosi e probabilmente facendo pressione sullo stomaco. Ci sono poi altre persone che, nonostante gli sforzi, non riescono a indursi il vomito.
La maggior parte delle persone vomita dopo aver effettivamente mangiato grandi quantità di cibo, ma alcune si inducono il vomito dopo aver mangiato quasi nulla, soprattutto se ritengono che il cibo che hanno ingerito faccia ingrassare. Alcune persone vomitano una volta sola dopo il pasto e ciò le libera di una quantità di cibo sufficiente ad alleviare la loro ansia rispetto a ciò che hanno mangiato. Altre vomitano più e più volte, fino a che non sono in grado di rigurgitare altro. Questo processo può durare anche un’ora o più e può esaurirle da un punto di vista fisico. Una minoranza delle pazienti pratica la tecnica dello scarico: bevono, poi vomitano, poi bevono ancora e vomitano, bevono ancora e così via, ripetendo questo processo fino a che il liquido che espellono risulti completamente privo di tracce di cibo. Solo a questo punto si sentono sicure di aver eliminato tutto ciò che potevano eliminare. Questa pratica è estremamente pericolosa per il fisico e può esitare in squilibri elettrolitici (vedi il capitolo 5).
La credenza secondo cui il vomito sia un modo efficace per liberarsi del cibo è sbagliata. Per quanto in effetti rimuova una parte del cibo ingerito, studi di laboratorio mostrano che esso permette di recuperare soltanto circa la metà delle calorie consumate. Per esempio, uno studio ha rilevato che a fronte di abbuffate di 2131 calorie in media, il vomito autoindotto ne comprendeva soltanto 979. La relativa inefficacia del vomito spiega perché la maggior parte delle persone con bulimia nervosa sia normopeso. Ciò avviene perché si mantengono con i residui delle loro abbuffate, cioè del 50% che non sono in grado di eliminare. E, come ricorderete, l’abbuffata media include tra le 1000 e le 2000 calorie.
Il vomito permette di recuperare soltanto circa la metà delle calorie consumate.
Alcune persone si dichiarano certe di rigettare quasi interamente quello che hanno ingerito quando si inducono il vomito. Ciò di solito avviene perché assumono un cibo “marker” (come i pomodori) all’inizio di ogni abbuffata e continuano a vomitare fino a che questo cibo (per esempio le bucce del pomodoro) compare. Alla base di questo comportamento c’è l’assunto erroneo (“geologico”) che il cibo si depositi nello stomaco in strati. In verità, il contenuto dello stomaco è continuamente rimescolato, pertanto la ricomparsa del cibo marker non indica affatto che lo stomaco sia stato svuotato di tutto il cibo che è stato mangiato.
Iniziai a vomitare per poter mangiare ciò che mi piaceva, senza sentirmi in colpa e senza ingrassare. Vomitare era sorprendentemente facile ed ero contenta di me. Soltanto in seguito mi resi conto di quale problema fosse diventato.
Nel corso degli ultimi otto anni ho continuamente ripetuto a me stessa: “Questa è l’ultima volta che vomito”. All’inizio non me ne preoccupavo più di tanto: pensavo di poterlo controllare se solo lo avessi voluto. Ma presto divenne chiaro che aveva il controllo su di me. Ora fermarmi sembrava completamente al di fuori della mia portata.
Assumendo una prospettiva a lungo termine, il vomito autoindotto risulta persino meno appetibile come metodo di controllo del peso. Le persone che si inducono il vomito spesso descrivono il piacere che hanno provato quando per la prima volta hanno vomitato. Ecco la soluzione ai loro problemi: invece che sforzarsi di controllare il loro impulso a mangiare, ora potevano mangiare senza prendere peso. In realtà pagano un prezzo molto salato perché il vomito autoindotto incoraggia l’assunzione di quantità eccessive di cibo. Ciò è il risultato di due meccanismi diversi. Prima di tutto, dal momento che le persone ritengono che vomitando non assorbiranno la maggior parte del cibo che hanno mangiato, i loro tentativi di trattenersi sono compromessi e, di conseguenza, diventano sempre più vulnerabili alle abbuffate; inoltre le loro abbuffate diventano sempre più abbondanti. Costoro trovano più facile vomitare se lo stomaco è pieno. Come risultato di questi processi, si crea un ulteriore circolo vizioso con il vomito che diviene una risposta alle abbuffate e, al tempo stesso, un comportamento che le favorisce (vedi la figura 4.2). In verità, il vomito autoindotto può diventare uno dei principali fattori di mantenimento delle abbuffate. Ciò è illustrato dalla constatazione che molte persone che si inducono il vomito sono in grado di resistere alle abbuffate – che altrimenti sarebbero al di fuori del loro controllo – se sanno che non avranno possibilità di indursi il vomito.
L’altro aspetto da mettere in evidenza è piuttosto ovvio. Indursi il vomito ha effetti fisici dannosi. Essi sono descritti nel capitolo 5. La tabella 4.3 riassume i principali aspetti del vomito autoindotto.
Abuso di lassativi e diuretici
Cominciai ad assumere lassativi perché temevo che, mangiando così tanto, sarei ingrassata molto velocemente. Pensavo che se avessi preso dei lassativi il cibo sarebbe passato dentro di me senza essere assorbito.
Ho letto su una rivista di persone che assumono lassativi come modo per liberarsi del cibo ingerito. Avevo provato con il vomito ma senza riuscirci. Quindi andai a comprare dei lassativi e cominciai ad assumerne dieci compresse dopo ogni abbuffata. Sapevo che non erano in grado di fare nulla per rimediare all’abbuffata, ma mi facevano sentire vuota e ripulita all’interno.
L’uso di lassativi o diuretici per controllare il peso è meno comune rispetto all’uso del vomito autoindotto. I lassativi sono assunti da circa un terzo delle pazienti con bulimia nervosa e i diuretici da circa il 10% (vedi la tabella 4.4). Entrambi possono essere utilizzati isolatamente o in combinazione con il vomito autoindotto. Per definizione, tutte e tre queste forme di comportamento non sono comuni tra le pazienti con disturbo da binge eating per quanto compaiano nell’anoressia nervosa e in alcuni disturbi alimentari atipici.
Le persone con problemi di binge eating abusano di lassativi in due modi. Li assumono per compensare alcuni specifici episodi di assunzione eccessiva di cibo, nel qual caso il comportamento è molto simile al vomito autoindotto e il numero di pillole assunte può essere molto elevato, oppure li assumono su base regolare, indipendentemente da specifici episodi di eccesso di cibo, nel qual caso il numero di pillole assunte è inferiore e il comportamento è più simile a una dieta. I diuretici tendono a essere assunti in quest’ultimo modo.
I lassativi hanno un effetto limitato sull’assorbimento delle calorie, perché la maggior parte del cibo è assorbita nella parte alta dell’intestino mentre i lassativi agiscono sulla parte bassa. I diuretici non hanno alcun effetto sull’assorbimento delle calorie: essi hanno un effetto meramente disidratante. Nonostante ciò, alcune persone trovano gratificante l’uso di questi farmaci, soprattutto perché il loro peso cala, per quanto temporaneamente, a causa della perdita di liquidi nella diarrea o nell’eccesso di urina (nel capitolo 5 si parlerà dell’idratazione e della sua importanza in relazione al peso corporeo). In aggiunta, alcune persone ritengono che assumere lassativi dia loro la sensazione di essersi liberati, o “ripuliti”, del cibo che hanno assunto. In questo modo i lassativi, come il vomito autoindotto, incoraggiano ulteriori episodi di abbuffate. Alcune persone descrivono inoltre di apprezzare la sensazione di avere l’addome vuoto dopo aver assunto lassativi e alcune in particolare danno grande importanza all’aspetto piatto che ne può temporaneamente risultare. Una minoranza accetta di buon grado gli effetti fisici indesiderati. Esse percepiscono i crampi e gli spasmi addominali, e la diarrea che a essi si associa, come la giusta punizione per aver assunto cibo in eccesso.
Gli effetti fisici dell’abuso di lassativi e diuretici saranno descritti nel capitolo 5.
Pillole dimagranti
Le persone che soffrono di disturbi alimentari spesso abusano anche di pillole dimagranti, che tipicamente sopprimono l’appetito. Ciò avviene nonostante il fatto che questi farmaci abbiano solo un modesto effetto sul peso corporeo.
Esercizio fisico estremo
Alcune persone che fanno abbuffate praticano molto esercizio fisico, in larga parte per modificare la forma e il peso del corpo. Ciò non è solitamente un problema a meno che non inizi a prendere il sopravvento sulle loro vite. Se comincia ad avere la precedenza su altre importanti attività, come mangiare, dormire o socializzare, esso diviene oggetto di maggiore preoccupazione.
Un sottogruppo di pazienti sviluppa l’esercizio fisico “compulsivo”. Esso è caratterizzato da difficoltà nel resistere al fare esercizio, anche quando i costi controbilanciano abbondantemente i benefici, e si ritrova con maggior frequenza nell’anoressia nervosa. In queste persone possono verificarsi lesioni da eccesso di attività fisica.
Un altro fenomeno correlato all’esercizio fisico è l’“andare in debito”. Ciò avviene quando mangiare e fare esercizio sono a tal punto connessi che le persone finiscono per non mangiare a meno che non abbiano precedentemente bruciato il corrispondente numero di calorie. Esso tende a coesistere con l’esercizio fisico estremo e, per quanto inusuale, si ritrova in tutti i disturbi alimentari a eccezione del disturbo da binge eating.
All’altro estremo dello spettro, fare troppo poco esercizio fisico è più tipico di persone con obesità, incluse quelle affette da disturbo da binge eating. Ciò contribuisce sia alla loro obesità sia ai rischi per la salute che a essa si associano.
Manipolazione dell’introito di liquidi
Non è infrequente per le persone che praticano abbuffate manipolare l’introito di liquidi allo scopo di controllare l’assunzione di cibo o il proprio peso. Tra i comportamenti che si possono rilevare ci sono i seguenti:
– bere liquidi in grande quantità per ridurre l’appetito e sentirsi pieni;
– bere liquidi in grande quantità per facilitare il vomito;
– “flushing” – cioè, dopo l’abbuffata, bere ripetutamente e vomitare fino a quando il liquido fuoriesce senza tracce di cibo;
– ridurre al minimo l’assunzione di liquidi per disidratarsi (e quindi perdere peso).
Tutti questi comportamenti possono alterare i livelli di idratazione corporea e anche i livelli elettrolitici (come sarà discusso nel capitolo 5).
Effetti fisici e psicologici dell’essere sottopeso
Alcune persone con problemi di binge eating sono palesemente sottopeso, anche se non si percepiscono tali. Chiunque abbia un indice di massa corporea di 18.5 o inferiore è da considerarsi, da un punto di vista medico, sottopeso (vedi il capitolo 2) ed è a rischio di effetti fisici, psicologici e sociali avversi. Questi ultimi aumentano considerevolmente quando il bmi scende al di sotto di 17.5.
Ciò che sappiamo sulle conseguenze di un basso peso corporeo deriva da una varietà di fonti. Esse includono gli studi sugli effetti delle carestie e le ricerche sperimentali in cui i volontari accettano di sottoporsi a una dieta restrittiva per periodi di tempo prolungati, il più famoso dei quali è il Minnesota Semi-Starvation Study (vedi il box 4.1). Da questi studi sono emersi risultati coerenti che saranno riassunti di seguito. Se siete sottopeso e avete un disturbo alimentare farete esperienza degli stessi effetti, alcuni dei quali sono riconducibili all’essere sottopeso mentre altri sono l’effetto diretto della ridotta assunzione di cibo. Quasi tutti questi effetti possono essere invertiti raggiungendo un peso corporeo normale e mangiando in modo corretto.
Box 4.1
Il Minnesota Semi-Starvation Study
Uno studio pionieristico sugli effetti dell’essere sottopeso è stato condotto negli anni Quaranta da Ancel Keys dell’Università del Minnesota. In questo studio, 36 obiettori di coscienza (tutti uomini) furono osservati e valutati man mano che il loro introito di cibo veniva ridotto, fino al punto in cui il loro peso corporeo diminuì del 75% rispetto al peso rilevato all’inizio dello studio. I criteri di selezione dei volontari furono rigidi: soltanto quelli più sani da un punto di vista fisico e sociale furono ammessi a partecipare. Nonostante ciò, durante lo studio fu osservato che gli uomini un tempo gregari divennero introspettivi, perdevano interesse nella socializzazione e nelle altre attività e divenivano più irritabili, spesso provocando scontri fisici con gli altri. I volontari cominciarono a focalizzare la loro esistenza sul cibo e sul mangiare, prestando poca attenzione a qualsiasi altra cosa. Ciò è molto simile a quello che succede nell’anoressia nervosa.
Fonte: A. Keys, J. Brozek, A. Henschel, O. Mickelsen, H.L. Taylor, The Biology of Human Starvation, 2 voll., University of Minnesota Press, Minneapolis 1950.
Effetti psicologici
Ideazione. Il cervello è influenzato sia dal ridotto apporto di cibo che dall’essere sottopeso. Non sorprende quindi che il pensiero risulti compromesso. Esso diviene in qualche modo poco flessibile, con difficoltà nel passare da un argomento all’altro. Anche la presa di decisioni è compromessa e ciò spesso esita nella procrastinazione.
La concentrazione è quasi sempre compromessa per quanto le persone non ne siano consapevoli, dal momento che si sforzano di concentrarsi su quello che stanno facendo. La compromissione della concentrazione è ulteriormente aggravata dalla presenza di pensieri intrusivi sul cibo e sul mangiare.
Il pensiero quasi costante sul cibo e sul mangiare ha effetti secondari. Esso conduce alcune persone a interessarsi particolarmente alla cucina e quindi a leggere selettivamente ricette e guardare programmi televisivi sull’argomento. Costoro possono anche cucinare molto e possono persino intraprendere carriere lavorative che abbiano a che fare con il cibo e con il mangiare. Una conseguenza di questo focus sul cibo e sul mangiare è che esse finiscono per disinteressarsi di altre cose, per esempio possono abbandonare precedenti interessi e hobby.
Umore. L’umore è influenzato dall’essere sottopeso. Esso è generalmente basso e molte persone possono irritarsi piuttosto facilmente.
Comportamento. Sono spesso rilevabili cambiamenti piuttosto costanti nel comportamento. Uno dei più prominenti cambiamenti comportamentali è l’aumentata “ossessività”. Questo termine si riferisce alla tendenza a essere inflessibile e rigido, che è spesso accompagnata da difficoltà nell’essere spontaneo. L’ossessività colpisce particolarmente quando arriva il momento del pasto, che può diventare una “cerimonia” in miniatura da espletare in solitudine. Alcune persone mangiano molto lentamente, masticando ogni boccone un certo numero di volte; altre mangiano in modo ritualizzato, come usando sempre uno stesso piatto o tagliando il cibo in piccoli pezzi. L’accumulo di oggetti è un ulteriore segno di ossessività per quanto non si osservi in tutti i pazienti. L’accumulo può riguardare il cibo o altri oggetti. Spesso le persone non sono in grado di spiegare perché lo fanno.
Effetti sociali
Essere sottopeso ha un effetto profondo sul funzionamento sociale. Si osserva una tendenza a diventare introspettivi e centrati su di sé. Ciò è accentuato dal maggiore bisogno di routine e prevedibilità e dalla difficoltà a essere spontanei. Come risultato, le persone spesso si ritirano dalle relazioni sociali e si adattano a questo stile di vita.
Queste caratteristiche sociali e psicologiche vengono spesso scambiate per la personalità dell’individuo mentre in realtà la sua vera personalità è mascherata dagli effetti che l’essere sottopeso esercita sul cervello.
Preoccupazioni per la forma e il peso del corpo
La sicurezza in me stessa e il senso di quanto io valga sono profondamente radicati nell’idea che io debba essere fisicamente attraente, cioè magra. Quando metto su peso, anche solo un chilo, rischio di non essere attraente e vedo il mio futuro cupo e solitario. Questi pensieri mi riempiono di disperazione; per questo mi sforzo di mangiare meno possibile.
La maggior parte delle persone che praticano abbuffate sono estremamente preoccupate dalla forma e dal peso del corpo. Invero, tali preoccupazioni possono essere così intense che la loro vita ne risulta totalmente dominata; null’altro conta più. Questa “iper-preoccupazione” è caratteristica della maggior parte delle forme di disturbo alimentare: di fatto, molti esperti la percepiscono come l’elemento “nucleare”, come se tutto il resto derivasse da essa. L’iper-preoccupazione è più prominente nella bulimia e nell’anoressia nervosa e in molti disturbi alimentari atipici (vedi il capitolo 2). Essa è invece meno prominente nelle persone che soffrono di disturbo da binge eating. Le loro preoccupazioni tendono infatti ad avere una natura diversa. Esse sono meglio descritte come insoddisfazione e sono in qualche modo più comprensibili alla luce del loro peso corporeo più elevato. Non per questo esse non costituiscono un problema. Per esempio, alcune persone con disturbo da binge eating fanno l’impossibile per impedire alle altre persone di vedere il loro corpo e possono evitarlo loro stesse. Alcune guardano al loro aspetto fisico con disgusto e ripugnanza.
Che significato ha l’iper-preoccupazione per la forma e il peso del corpo? Pensate un attimo al modo in cui giudicate voi stessi come persone. Mentre la maggior parte delle persone valuta se stessa sulla base delle proprie performance in molte e diverse aree della propria vita (per esempio la qualità delle relazioni, le prestazioni sul lavoro, i successi atletici ecc.), la maggioranza delle persone con problemi alimentari giudica il proprio valore in larga parte, o persino esclusivamente, nei termini della forma e del peso del corpo e della propria capacità di controllarli. In termini grafici, ciò può essere rappresentato nella forma di un grafico a torta in cui ogni fetta rappresenta un’area della vita che è oggetto di valutazione; più grande è la fetta, più importante è quell’area per la persona in questione. Le figure 4.3 e 4.4 mostrano due grafici a torta di questo tipo, uno relativo a una giovane donna senza problemi alimentari e l’altro a una persona con iper-preoccupazione per la forma e il peso del corpo.
L’iper-preoccupazione per la forma e il peso che si osserva nella bulimia nervosa, nell’anoressia nervosa e in molti disturbi alimentari atipici è di grande importanza nella comprensione di questi problemi. Essa è centrale rispetto alla loro persistenza, è il “motore” che alimenta questi problemi. Spiega le diete restrittive (e quindi gli episodi di abbuffate), il vomito, l’abuso di lassativi e diuretici e l’eccesso di esercizio fisico. Spiega inoltre un’ampia gamma di altri fenomeni che discuteremo a breve. E, comprensibilmente, l’iper-preoccupazione è sostenuta dalla tendenza ad abbuffarsi, creando un ulteriore circolo vizioso (vedi la figura 4.5). Ridurre l’intensità di tali preoccupazioni costituisce pertanto un obiettivo fondamentale del trattamento. Le linee guida a questo proposito saranno fornite nella Parte ii.
Controllo ed evitamento del peso
Sono ossessionata dal mio peso. Mi peso continuamente, talvolta fino a 15 volte al giorno. Altre volte sono così disgustata dal mio corpo da non voler vedere la bilancia per intere settimane o mesi.
L’“espressione” più diretta dell’iper-preoccupazione per il peso e la forma del corpo è il controllo del corpo. Esso può includere il controllo del peso, della forma del corpo, o di entrambi.
Cambiamenti a breve termine del peso non sono indicativi di variazioni nel grasso corporeo.
Molte persone con problemi di binge eating si pesano a intervalli regolari, talvolta molte volte al giorno. Per esempio, oltre un quarto di coloro che soffrono di bulimia nervosa si pesano almeno una volta al giorno; la proporzione corrispondente nelle donne in popolazione generale è una su venti (vedi la figura 4.6). Come conseguenza di ciò, molte iniziano a preoccuparsi delle fluttuazioni giornaliere del peso che altrimenti passerebbero totalmente inosservate. Ciò le induce a ridurre l’apporto di cibo, a prescindere dal risultato della bilancia: se il numero è “alto” o “lo stesso”, cercano di rendere la dieta ancora più restrittiva; se è “basso” la dieta viene rinforzata. A prescindere dal peso effettivo, esse tendono a raggiungere la conclusione che devono continuare con la dieta. Si tratta tuttavia di un ulteriore processo che contribuisce al mantenimento dei problemi di binge eating. Ciò che spesso non viene compreso è che le variazioni giornaliere del peso non sono indicative di cambiamenti a livello del grasso corporeo. Con probabilità molto maggiore, esse sono riconducibili piuttosto alle variazioni nei livelli di idratazione, come sarà spiegato nel capitolo 5.
Altre persone con problemi di binge eating evitano attivamente di conoscere il proprio peso pur rimanendo molto preoccupate da esso. Generalmente queste persone avevano l’abitudine di pesarsi molto frequentemente ma sono poi passate all’evitamento poiché trovavano il pesarsi frequentemente troppo problematico. Sfortunatamente, evitare di pesarsi è altrettanto problematico quanto pesarsi frequentemente perché comporta paure e assunti sul peso che non vengono mai messi in discussione.
Controllo della forma del corpo
Sono sicura di me sotto molti punti di vista, tuttavia odio il mio corpo e non sopporto di guardarlo. Mi sento gonfia, goffa, enorme dappertutto. Ciò mi porta ad abbuffarmi. Il mio fidanzato mi ama. Perché non riesco a piacermi?
Appena sveglia porto immediatamente la mano ai fianchi e allo stomaco per verificare che non siano coperti da uno strato di grasso.
Un altro tipo di controllo è quello relativo alla forma del corpo. Naturalmente ognuno di noi, entro certi limiti, controlla il proprio corpo, ma molte persone con problemi di binge eating controllano il proprio corpo ripetutamente e con modalità inusuali. Esse si studiano allo specchio, si misurano e si fanno ripetutamente fotografie da nude. In aggiunta, possono arrivare a misurare la grandezza di specifici elementi di vestiario o accessori (per esempio orologi o anelli) e possono osservarsi da sedute per controllare quanto il loro stomaco sporga o quanto le loro cosce si allarghino. Gli uomini possono controllare la corporatura o la massa muscolare (o la mancanza di essa) e focalizzare i loro controlli su questi elementi. Tali controlli della forma del corpo possono diventare così naturali che le persone arrivano a farli senza esserne pienamente consapevoli; per esempio, nel fare la doccia, molte persone fanno inavvertitamente anche un controllo della forma del corpo sentendo le ossa o dandosi pizzicotti.
Gli specchi possono potenzialmente offrire informazioni altamente credibili ma fuorvianti.
Gli specchi possono rappresentare un problema particolare. Studiarsi allo specchio è una tipologia particolare di controllo della forma che può potenzialmente fornire informazioni altamente credibili ma fuorvianti. Tutti noi crediamo a quello che vediamo nello specchio, tuttavia valutarsi allo specchio è molto più complesso di quanto generalmente si creda. Per illustrare questo aspetto, considerate la grandezza della vostra immagine riflessa in uno specchio a figura intera. L’immagine che vedete riflessa sulla superficie dello specchio ha la vostra stessa altezza reale? Se no, che altezza ha? E per quanto riguarda la larghezza? Per rispondere a questa domanda, chiedete a un amico di indicare con un segno sulla superficie dello specchio il punto più alto e più basso della vostra immagine riflessa (nel momento in cui vi troviate a una distanza sufficiente a far sì che possiate vedere la vostra testa e i vostri piedi) e di misurare a che distanza si trovano. In questo modo vi renderete conto che la vostra immagine riflessa allo specchio corrisponde a circa la metà delle vostre dimensioni reali, cosa che probabilmente non avete mai notato prima. Il fatto che non ve ne siate resi conto per tutti questi anni può aiutare a persuadervi che gli specchi sono complessi e che ci sono molti processi mentali che avvengono “dietro le quinte” quando vi guardate allo specchio.
Se andate alla ricerca del grasso corporeo, lo troverete.
Ci sono tre aspetti su cui porre l’attenzione rispetto al controllo della forma del corpo. Prima di tutto, esso implica generalmente lo studio di elementi dell’aspetto fisico che non piacciono. Ciò finisce per perpetuare l’insoddisfazione per il corpo. In secondo luogo, quando si controlla, ciò che si scopre dipende in larga parte dal modo in cui si compie la valutazione. Se ci si osserva nel dettaglio, alcuni “difetti” che normalmente passerebbero inosservati divengono prominenti e, una volta notati, è difficile dimenticarsene. Persino soggetti molto attraenti troverebbero dei difetti nel proprio corpo se si studiassero attentamente. In terzo luogo, lo scrutinio fa in modo di amplificare difetti apparenti. Ciò è illustrato da un fenomeno che si osserva tra le persone con la fobia dei ragni. Esse tendono a vedere i ragni come più grandi di quanto siano in realtà. Ciò avviene perché quando guardano i ragni, esse si concentrano sul ragno e sulle sue caratteristiche sgradevoli senza prestare attenzione all’ambiente circostante. Di conseguenza, esse raccolgono informazioni dettagliate sul ragno senza alcun punto di repere rispetto alla grandezza. Un fenomeno analogo avviene per le persone che si scrutano allo specchio perché sottoporre a scrutinio specifici aspetti del proprio corpo porta ad amplificarli. Se andate alla ricerca del grasso corporeo, lo troverete: anzi, lo creerete.
Fare paragoni
Fare paragoni è una tipologia particolare di controllo della forma del corpo. Alcune persone con problemi di binge eating lo fanno continuamente e di solito in un modo che le porta a concludere di non essere attraenti al confronto con gli altri. Ciò avviene perché fanno una valutazione superficiale dell’altra persona e, allo stesso tempo, si focalizzano criticamente su qualsiasi dettaglio del proprio corpo. In più, tendono a mettersi a confronto con persone magre e di bell’aspetto: non notano neanche coloro che appaiono meno magri e meno attraenti.
Inoltre, nelle persone con problemi alimentari è comune la comparazione di se stessi con le fotografie che appaiono nelle riviste o su Internet, senza tenere in considerazione che quelle immagini sono spesso manipolate. Come sarà discusso nella Parte ii, è importante divenire scaltri a questo proposito.
Evitamento della forma del corpo
Non riesco a mettere in parole quanto il mio corpo mi faccia ribrezzo. Non posso sostenerne la vista. Non ho specchi in casa. Mi faccio la doccia invece che il bagno per evitare di dovermi guardare. Da oltre tre anni non mi compro vestiti.
Non potrei mai farmi la doccia con la luce accesa. Se lo facessi, vedrei tutto il mio grasso.
L’evitamento della forma del corpo è la controparte del controllo della forma del corpo. Il termine si riferisce ai comportamenti finalizzati a impedire che la persona veda il proprio corpo o ne abbia consapevolezza. Esso origina da un intenso disgusto per come il corpo appare o viene percepito. Talvolta le persone con evitamento della forma praticavano originariamente il controllo della forma del corpo, ma sono poi passate all’evitamento perché il controllo generava in loro eccessivo disagio.
L’evitamento della forma del corpo può assumere varie forme: può includere l’evitare di guardarsi allo specchio, non indossare abiti attillati, coprire lo stomaco (per esempio con il braccio) e non guardare le proprie fotografie. Esso è tanto problematico quanto crea disagio e fa sì che le preoccupazioni relative alla forma del corpo persistano senza mai essere messe in discussione.
Nelle sue forme più estreme, l’evitamento della forma del corpo può interferire profondamente con la vita di tutti i giorni. Nelle forme moderate, esso condiziona la scelta degli abiti, la possibilità di andare in piscina e di cambiarsi in presenza di altre persone. Nelle forme più gravi, la persona può non essere in grado di avere una vita sessuale o alcuna forma di intimità fisica a causa del fastidio provato nell’essere toccata o osservata. Dire a queste persone che hanno un bell’aspetto solo di rado le rassicura, dal momento che la maggior parte di loro è impermeabile a commenti di questo tipo o li interpreta negativamente.
A volte il controllo e l’evitamento coesistono; quando ciò avviene, la persona controlla alcuni aspetti del suo corpo e allo stesso tempo ne evita altri, oppure passa dal controllo all’evitamento e viceversa.
Sentirsi grassi
Sentirsi grassi è un altro prodotto delle preoccupazioni sulla forma e sul peso del corpo. Naturalmente, sentirsi grassi è un’esperienza riferita da molte donne e da alcuni uomini, ma la sua intensità e la sua frequenza sono di gran lunga maggiori in persone con problemi alimentari. Si tratta di un fenomeno importante perché può essere equiparato all’essere effettivamente “grassi” e, quando presente, tende a incoraggiare il ricorso alle diete.
Il sentirsi grassi è un fenomeno non ancora pienamente compreso: di fatto, decisamente poco è stato scritto sull’argomento. Ciò che appare degno di nota è che tale esperienza fluttua marcatamente nella sua intensità di giorno in giorno e persino nell’arco della stessa giornata. Si tratta quindi di qualcosa di diverso dall’eccessiva preoccupazione per la forma e il peso del corpo, che tende a essere stabile, come stabili sono anche la forma e il peso effettivi del corpo.
Sentirsi grassi è spesso il risultato di una scorretta interpretazione di alcune emozioni o esperienze corporee.
Sentirsi grassi è spesso il risultato di una scorretta interpretazione di emozioni o esperienze corporee spiacevoli. Esse includono sentirsi depressi, soli o non amati o sentirsi gonfi, in fase premestruale o con i postumi di una sbornia. Il motivo per cui tale interpretazione scorretta avvenga non è chiaro, ma essa può rappresentare la conseguenza di una preoccupazione, profonda e di lunga durata, per i pensieri relativi alla forma del corpo. Quando il sentirsi grassi è un’esperienza frequente, intensa e arreca disagio, deve essere affrontata in terapia. Ciò rappresenta un elemento del programma di autoaiuto descritto nella Parte ii.
Altri problemi psicologici e sociali
Il mio problema alimentare ha preso il sopravvento sulla mia vita. Le mie amicizie sono state compromesse dai miei violenti sbalzi d’umore. Non parlo con i miei genitori perché non hanno mai compreso quello che sto passando, nonostante in passato fossimo molto vicini. Ho pochissima fiducia in me stessa. Sono terribilmente depressa e ansiosa.
Tutta la mia vita ruota intorno al mangiare. Non sono più in grado di concentrarmi sul lavoro, che di conseguenza ne ha risentito molto. Questi miei problemi hanno causato liti in famiglia. Non traggo più alcun piacere dal mangiare insieme alla famiglia o agli amici. Mi sono isolata da tutti e ho perso tutta la fiducia in me stessa e il rispetto che avevo per me stessa. Non voglio uscire di casa. Non mi piaccio più.
Sono sempre in ritardo perché mangiare mi porta via così tanto tempo… e non mi riferisco solo al mangiare in sé ma anche al comprare il cibo, buttare via le confezioni, ripulire tutto ecc.
Come ben sapete se soffrite di problemi di binge eating, la vostra qualità di vita ne risente. Potreste sentirvi depressi e demoralizzati. Molte persone si vergognano per la loro mancanza di forza di volontà e si sentono in colpa perché ingannano e nascondono agli altri il proprio problema. Sono molto critiche nei propri confronti. Alcune raggiungono tali livelli di disperazione da volersi togliere la vita. Altre si autoferiscono ripetutamente, spesso tagliandosi. Ciò di solito avviene per autopunirsi, per scaricare la tensione o per entrambi i motivi. Anche l’irritabilità è frequente.
I sentimenti di depressione possono essere gravi. Generalmente sono secondari ai problemi di binge eating e, quando è il caso, vanno incontro a risoluzione nel momento in cui la persona riacquista il controllo sul cibo. Tuttavia, in un sottogruppo di pazienti, viene a svilupparsi una vera e propria depressione clinica. Alcuni elementi che indicano che ciò avviene sono uno stabile abbassamento del tono dell’umore, perdita di iniziativa, pensieri legati alla morte e al morire, insolita facilità al pianto e ritiro sociale. Se presentate alcuni o tutti questi sintomi è importante che cerchiate il consulto di un professionista, dal momento che la depressione è un disturbo serio per quanto facilmente trattabile.
Quelli che fanno abbuffate sono anche vulnerabili all’ansia, sia come tratto del carattere che, in particolare, quando si trovano in situazioni che riattivano le loro preoccupazioni. Per esempio, alcune persone evitano situazioni sociali, in particolare quelle che coinvolgono il mangiare in presenza di altri. Ciò può implicare il rinunciare a partecipare al matrimonio di un amico stretto o alla festa di compleanno di un genitore – in entrambi i casi ferendo sia la persona con il problema alimentare che i suoi amici e i membri della sua famiglia. Anche gli eventi e le occasioni che implicano un certo grado di esposizione del corpo possono essere evitati. Essi includono il nuoto, le feste e le vacanze al mare.
Anche il consumo eccessivo di alcol non è infrequente. Esso può assumere la forma di un ricorso abituale o di episodi occasionali di intossicazione. Quest’ultima forma è tipicamente attivata da eventi o stati dell’umore avversi, analogamente a quanto avviene per le abbuffate. Una piccola minoranza di pazienti abusa di sostanze psicoattive.
Sono due i tratti del carattere preminenti in persone con problemi di binge eating. Il primo è la bassa autostima. Sentimenti di inadeguatezza e di mancanza di valore sono frequenti. Per quanto essi siano spesso riconducibili a una concomitante depressione o demoralizzazione, e quindi migliorino alla risoluzione dei problemi alimentari, possono anche essere espressione di tratti di personalità di lunga durata. Alcune persone descrivono tali sentimenti come risalenti alla loro infanzia.
L’altro tratto comune del carattere è il perfezionismo. Molte persone che si abbuffano tendono a imporre a se stesse standard eccessivamente impegnativi. Il loro perfezionismo tende a compromettere la maggior parte delle aree della loro vita, ma è particolarmente evidente negli obiettivi dietetici che si impongono. Questo tratto, ovviamente, ha anche aspetti positivi, dal momento che i perfezionisti possono avere prestazioni eccellenti al lavoro e in altri ambiti della vita che riconoscono come importanti. L’elemento chiave è se questi standard siano realistici. Se lo sono, non c’è alcun problema. Tuttavia, se non lo sono, essi faranno esperienza di ripetuti “fallimenti” anche nei casi in cui la loro performance sia di ottimo livello secondo gli standard della maggior parte delle persone. Fallire in questo modo può essere problematico, specialmente se l’autostima è bassa. In realtà, la combinazione di bassa autostima e perfezionismo non è inusuale tra coloro che presentano abbuffate e in particolare quelli con bulimia nervosa, anoressia nervosa e disturbi alimentari atipici (vedi il capitolo 2) e può seriamente contribuire allo sviluppo del problema (capitolo 6).
Nella forma più grave, i problemi di binge eating compromettono ogni aspetto della vita. Niente è risparmiato. Molto tempo e molti sforzi sono investiti nel problema a tal punto che rimane ben poco per qualsiasi altra cosa. Le relazioni con la famiglia e gli amici possono persino divenire insostenibili. Come avviene per i vissuti depressivi, la maggior parte dei problemi interpersonali migliora considerevolmente, se non addirittura sparisce del tutto, una volta che i problemi di binge eating regrediscono. Uno degli aspetti più gratificanti dell’aiutare le persone a superare i loro problemi di binge eating è quello di vedere la persona che c’è sotto riemergere gradualmente quando il problema scompare. La depressione, la tensione e l’irritabilità si attenuano; le relazioni migliorano e i vecchi interessi ricompaiono.