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Chi si abbuffa?
Per chiunque soffra di binge eating la risposta a questa domanda è di grande interesse perché molti di loro hanno la sensazione di essere gli unici. In larga parte, ciò è il risultato della vergogna e della segretezza che accompagnano questi comportamenti. Questa segretezza ha costituito un problema anche per gli stessi ricercatori, dal momento che ha reso difficile comprendere esattamente chi mettesse in atto tali comportamenti.
La comparsa della bulimia nervosa
L’interesse per il numero di persone che compiono abbuffate ha la sua origine nell’identificazione della bulimia nervosa a metà degli anni Settanta del secolo scorso. Le prime avvisaglie del problema si manifestarono con la pubblicazione di un certo numero di resoconti clinici che descrivevano la “bulimaressia” o “sindrome binge-purge” tra le studentesse dei campus universitari americani. Il problema giunse a più ampia attenzione con la pubblicazione, nel 1979, di un articolo intitolato “Bulimia nervosa: An ominous variant of anorexia nervosa” di Gerald Russell, professore di Londra, un’autorità riconosciuta nell’area dell’anoressia nervosa. In questo contributo, egli descrisse le caratteristiche di trenta pazienti (ventotto donne e due uomini) che aveva visto in consultazione tra il 1972 e il 1978. Questi pazienti soffrivano di bulimia nervosa, per come la conosciamo oggi. Contemporaneamente, a Edimburgo, stavo facendo osservazione di un gruppo simile di pazienti. L’aspetto più impressionante di questi pazienti era che la maggioranza di loro pensava di essere l’unica a soffrire di quel tipo di disturbo alimentare. Pensavano di essere i soli ad avere ripetuti accessi di fame fuori controllo seguiti da vomito e assunzione di lassativi. Il loro punto di vista non era sorprendente, dal momento che la bulimia nervosa non era ancora venuta all’attenzione pubblica. Di fatto, a quei tempi, si era a malapena sentito parlare di abbuffate.
La maggior parte dei miei pazienti di Edimburgo aveva mantenuto segreto il suo problema alimentare per molti anni. Questi pazienti lo avevano fatto in parte per la vergogna e il disgusto verso di sé e in parte perché ritenevano che non si potesse fare nulla per aiutarli. Mantenere segreto il loro problema non era poi particolarmente difficile, dal momento che la maggior parte di loro aveva un peso corporeo del tutto normale ed era in grado di mangiare in maniera relativamente normale quando in presenza di altri. Le loro abbuffate avvenivano in privato. Alcuni raccontavano di avere infine trovato il coraggio di consultare il proprio medico di base, soltanto per sentirsi dire che non potevano avere un problema alimentare dal momento che il loro peso era nella norma.
Il fatto che i miei pazienti avessero mantenuto segreto il loro problema per molti anni faceva pensare che potesse non trattarsi di una variante insolita di anoressia nervosa, come ipotizzava Gerald Russell; piuttosto, poteva rappresentare un significativo problema a se stante. La sfida era quella di scoprire se ciò fosse veramente il caso. Come potevano essere portati alla luce i casi nascosti?
La soluzione fu quella di servirsi dell’aiuto della rivista Cosmopolitan. Poiché molte delle mie pazienti erano giovani donne, ipotizzai che molte di loro potessero leggere questa rivista. Quindi feci in modo di pubblicare un breve trafiletto sull’edizione inglese della rivista nell’aprile del 1980. Il risultato fu sensazionale. Nell’arco di una settimana o poco più ricevetti lettere da più di mille donne, la maggior parte delle quali sembrava certa di soffrire di bulimia nervosa (vedi il box 3.1).
Più o meno nello stesso periodo, a Chicago, Craig Johnson riceveva un grande numero di richieste di informazioni a seguito della pubblicazione di vari articoli divulgativi sulla bulimia nervosa. Johnson e i suoi colleghi inviarono un ingente numero di questionari e in questo modo identificarono 361 donne affette da bulimia nervosa (che a quel tempo, negli Stati Uniti, veniva denominata bulimia). Queste donne erano simili a quelle identificate attraverso la rivista Cosmopolitan (vedi la tabella 3.1).
Altri clinici stavano incontrando casi di questo “nuovo” disturbo alimentare. Più o meno nello stesso periodo, il disturbo venne alla luce negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Australia e Nuova Zelanda.
Box 3.1
The cosmopolitan study
Un nuovo disturbo alimentare. Alcuni psichiatri si stanno di recente interessando a quella che potrebbe essere la comparsa di un nuovo e bizzarro disturbo alimentare che colpisce giovani donne in tarda adolescenza fino ai trent’anni. Le sue caratteristiche principali sono vomito autoindotto frequente e una profonda paura di ingrassare. Chi ne soffre prova un desiderio irresistibile di bere e mangiare ma mantiene il suo peso nella norma attraverso il vomito autoindotto.
Questa condizione è difficile da trattare e molti medici di base potrebbero non conoscerne i sintomi e i rischi, e anche nelle forme più leggere può comportare serie ripercussioni a livello fisico e psicologico. Gli psichiatri vorrebbero saperne di più sulla diffusione di questo disturbo. Chiunque abbia esperienza di vomito autoindotto con le caratteristiche sopra-descritte può aiutare la ricerca rispondendo, in forma anonima, a un questionario. Scrivere a: Dottor C.G. Fairburn, University Department of Psychiatry, Royal Edinburgh Hospital, Morning Side Park, Edinburgh.
(Annuncio apparso sulla pagina “Health reports” di Cosmopolitan dell’aprile 1980.)
Per scoprire se la bulimia fosse un rilevante, per quanto sconosciuto, problema di salute, fu pubblicato un piccolo trafiletto sull’edizione dell’aprile del 1980 della rivista femminile Cosmopolitan (vedi sopra). In esso si chiedeva alle persone che praticassero il vomito autoindotto come metodo di controllo del peso di contattare l’autore nel caso in cui fossero interessate a compilare un questionario anonimo. Il vomito autoindotto fu scelto come caratteristica rilevante per identificare i potenziali casi dal momento che è il meno ambiguo degli elementi salienti della bulimia nervosa.
Nell’arco di circa una settimana ricevemmo più di mille risposte. Alle prime 800 persone fu inviato un questionario finalizzato a raccogliere informazioni sul peso, le abitudini alimentari e l’atteggiamento verso la forma e il peso del corpo. 769 questionari (corrispondenti all’84%) furono rispediti interamente compilati. Sulla base delle risposte emerse che 499 delle rispondenti soffriva con buona probabilità di bulimia nervosa.
Tutti i 499 casi erano donne (ricordate che si trattava di un periodico femminile). L’età media era di 24 anni e due terzi avevano un’età compresa tra i 20 e i 30 anni. Oltre tre quarti (83%) aveva un peso corporeo normale per età e altezza. Nella maggior parte dei casi il problema alimentare era iniziato in adolescenza e durava, in media, da cinque anni. Un quarto (27%) riferiva di abbuffarsi almeno una volta al giorno e più della metà (56%) ricorreva al vomito su base giornaliera. Il 19% abusava di lassativi.
Il livello di disagio riferito da queste donne era estremo. Molte scrissero lunghe lettere con richieste di aiuto. Due terzi (68%) presentava livelli di ansia e depressione clinicamente rilevanti. Molte espressero sollievo e sorpresa nel venire a sapere che non erano le uniche a soffrire di quel problema.
Oltre la metà di queste donne pensava di aver bisogno di un aiuto professionale ma solo il 2,5% era in una qualche forma di terapia. Di coloro che richiedevano aiuto, meno della metà (43%) non aveva mai parlato del problema a un professionista della salute.
I risultati di questo studio indicano che la bulimia nervosa era un problema significativo e largamente sconosciuto.
Fonte: C.G. Fairburn, P.J. Cooper, “Self-induced vomiting and bulimia nervosa: An undetected problem”, in British Medical Journal, 284, 1982, pp. 1153-1155.
Poco si conosce sulle origini della bulimia nervosa. È possibile che sia stata una fonte di sofferenza non identificata per anni, decenni o persino secoli prima di essere riconosciuta come disturbo. Di fatto, l’esperienza delle mie pazienti di Edimburgo e di quelle che risposero all’annuncio su Cosmopolitan indica che il disturbo è passato certamente inosservato per un lungo periodo. Ciò detto, ci sono molti meno casi documentati di abbuffate e condotte di eliminazione precedenti alla metà del ventesimo secolo di quanti ce ne siano di individui affetti da anoressia nervosa. In linea generale, appare improbabile che la bulimia nervosa abbia afflitto donne per secoli prima che il disturbo venisse riconosciuto, ma l’interrogativo sul perché ci fu una tale impennata negli anni Settanta rimane senza risposta. La ricerca sulle cause della bulimia nervosa ci fornisce alcuni spunti di riflessione (vedi il capitolo 6).
Il problema dell’identificazione
Probabilmente sarete stati colpiti dal fatto che solo il 2.5% delle persone identificate nello studio di Cosmopolitan fosse in terapia. Oggi molte più persone cercano aiuto ma, tipicamente, ciò avviene dopo un significativo lasso di tempo.
Quali sono i motivi per cui ciò avviene? Sono identificabili molte ragioni:
1. Come già discusso, i problemi di binge eating sono accompagnati da sentimenti di vergogna e di colpa. Nel cercare una terapia, i pazienti corrono il rischio che altri scoprano il loro problema e gli anni di inganni e sotterfugi che sono stati necessari per tenerlo nascosto.
2. Gli uomini possono trovare particolarmente difficile ammettere di avere un problema di binge eating, dal momento che tali problemi sono diffusamente visti come prerogativa delle donne.
3. Alcune persone sentono di non meritare aiuto.
4. Alcune persone ritengono che i loro problemi alimentari non siano così gravi da necessitare di una terapia.
5. Alcune persone sperano che il problema si risolva da solo.
6. Altri non vogliono ricevere aiuto perché ricavano un qualche beneficio dal problema. Per esempio, esso può aiutarli a gestire emozioni intense (vedi il capitolo 6) o può fornire loro una scusa per non operare al meglio in alcuni ambiti della loro vita (per esempio la carriera o le relazioni).
7. Ci possono essere ostacoli economici a formulare una richiesta di aiuto: i pazienti possono non disporre delle risorse finanziarie o assicurative necessarie per coprire i costi della terapia. Scandalosamente, alcune compagnie assicurative non offrono la copertura finanziaria per la terapia di disturbi alimentari atipici.
8. Può essere difficile parlarne con i professionisti della salute. Precedenti problemi di salute (come per esempio un ciclo mestruale irregolare, vedi il capitolo 5) potrebbero essere stati una conseguenza del problema alimentare; tuttavia il professionista della salute può essere stato tenuto all’oscuro della loro causa effettiva. Il fatto che solo una piccola parte di coloro che hanno problemi di binge eating riceva un aiuto professionale è inquietante alla luce del fatto che sono oggi disponibili terapie in grado di aiutarli. Esse includono il programma di autoaiuto presentato nella Parte ii di questo volume.
I risultati degli studi di comunità
Dal 1980 sono stati condotti numerosi studi sulla prevalenza dei problemi di binge eating. La maggior parte di essi si è concentrata su donne caucasiche di età compresa fra i 14 e i 40 anni, dal momento che si ritiene che esse siano la categoria maggiormente a rischio. Tuttavia, sono sempre più numerosi gli studi che includono anche uomini, un range di età più ampio e differenti gruppi etnici.
Il metodo utilizzato per identificare i casi è solitamente un semplice questionario, ma tali questionari tendono a generare stime gonfiate. Molto più affidabili sono gli studi in cui i partecipanti vengono intervistati. È interessante notare che tali studi hanno prodotto risultati relativamente coerenti. Sembra che la bulimia colpisca tra l’1 e il 2% delle giovani donne adulte, mentre il disturbo da binge eating dal 2 al 3% di entrambi i sessi e in una fascia di età molto più ampia. Questi dati sono degni di nota dal momento che i problemi di binge eating compromettono sia la qualità della vita (vedi il capitolo 4) sia la salute fisica (vedi il capitolo 5).
Sono stati condotti anche studi sui bambini. Essi hanno rilevato che il binge eating si riscontra anche nei bambini, in particolare tra quelli in sovrappeso. In un campione di 112 bambini in sovrappeso, oltre il 5% di loro soddisfaceva i criteri per il disturbo da binge eating.
Studi su altri gruppi sociali
Sono stati condotti pochi studi su gruppi etnici diversi da quello caucasico. Ciò è deprecabile perché è provato che gli asiatici americani e gli ispano-americani sono soggetti a sviluppare problemi di binge eating – di fatto alcuni studi fanno supporre che potrebbero essere più vulnerabili.
Anche i Paesi a reddito medio e basso sono stati trascurati. Ciò è avvenuto in larga parte perché i problemi alimentari sono stati concepiti come sindromi “legate alla cultura” del mondo occidentale. Questa visione è ormai datata, dal momento che si stanno accumulando sempre più evidenze del fatto che essi si verificano in ogni parte del mondo. Per esempio, la bulimia nervosa e l’anoressia nervosa si ritrovano quasi certamente nei Paesi asiatici sia poveri sia ricchi, inclusi Giappone, Cina, India e Malesia. Anche nel mondo arabo i problemi alimentari stanno diventando una minaccia per la salute pubblica.