XII
Ancora Solow
Ma quali dati empirici?
Nella prima parte di questo studio la nostra domanda cruciale era: quali sono, e quanto contano, le forze che influenzano la crescita? Proprio perché la domanda di fondo era solo questa, ci siamo accontentati di lavorare con dati cosiddetti "cross-section", che si limitano a confrontare fra loro i diversi paesi. La nostra variabile da spiegare era il tasso di crescita medio nell'ultimo periodo di crescita (1995-2007), le nostre variabili esplicative erano le caratteristiche medie dei vari paesi in quel periodo: qualità del capitale umano, pressione fiscale, istituzioni economiche, investimenti esteri, più svariate decine di variabili di controllo con cui abbiamo messo alla prova la robustezza dell'equazione della crescita.
Equazione che, per semplicità, è stata costruita adottando una specificazione Gompertz, di gran lunga la più usata negli studi di questo tipo:
gn = B ln(yn) + D + [?1 Hn + ?2 Fn + ?3 In + ?4 Tn]
dove gn è il tasso di crescita medio del paese n-esimo nel periodo 1995-2007, ln(yn) è il logaritmo del reddito per abitante all'inizio del periodo (nel 1995), D è una costante, e l'espressione fra parentesi quadre rappresenta le altre forze e controforze fondamentali che agiscono sulla crescita.
Ora però dobbiamo fare tre nuove mosse. La prima è di considerare tutta la parentesi quadra come un'unica variabile (zn), di media zero in quanto le 4 forze H, F, I e T sono standardizzate (vedi cap. VI). L'equazione, così alleggerita, diventa:
gn = B ln(yn) + D + zn
dove zn rappresenta i fondamentali di un paese. Se zn è vicino a zero vuol dire che quel paese è normale, ossia assomiglia alla media dei paesi OCSE. Se zn è maggiore di zero vuol dire che quel paese ha buoni fondamentali economici, se zn è minore di zero vuol dire che quel paese ha cattivi fondamentali economici. Questa riscrittura ci permette di concentrare l'attenzione sul cuore dell'equazione, ossia su quel che succede al paese medio, normale, o "rappresentativo":
gn = B ln(yn) + D
Ma quella così ottenuta altro non è che l'equazione del diagramma g-y, con la sola differenza che qui l'unità di tempo non è l'anno ma è un periodo di 12 anni. Volendo, potremmo anche tracciare il diagramma g-y associato all'equazione della crescita:
Figura 23 - Diagramma di accrescimento (curva g-y): come varia il tasso di crescita all'aumentare del reddito
E osservando il diagramma potremmo scoprire che la curva, a un certo punto, quando il reddito pro capite raggiunge 68.900 dollari,1 taglia l'asse delle ascisse, con conseguente arresto della crescita.
Ma sarebbe un giochino troppo facile, e per niente leale. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, la curva di Gompertz contiene un termine logaritmico che "spinge" verso il basso - il termine B ln(yn) - e, come si sa, la funzione logaritmo non ha asintoto inferiore (pavimento): man mano che il reddito cresce, e noi ci spostiamo verso destra sul diagramma g-y, il tasso di crescita è costretto a scendere (perché B è negativo), e questo senza alcun limite, senza alcun pavimento che fermi la sua corsa verso l'abisso della decrescita. Ecco perché, prima o poi, g è costretto ad andare sott'acqua, a scendere sotto il livello del mare dato dall'asse delle ascisse. Ma è l'equazione di Gompertz che lo costringe, perché l'equazione è fatta in modo tale che, se il segno del parametro B è negativo (e in tutta la letteratura sulla crescita lo è), non c'è modo di evitare il punto di arresto y*.
Ed eccoci alla nostra seconda mossa. Noi non vogliamo decidere a priori se il sistema delle economie avanzate è destinato a fermarsi oppure no. Vogliamo lasciargli la possibilità di dar torto ai pessimisti, restituendoci un diagramma g-y che non scende mai sotto la linea del mare. Quindi, nonostante l'ottima prova che ha dato di sé, non possiamo vincolarci all'equazione di Gompertz. Dobbiamo sostituirla con un'equazione più flessibile, o meglio più neutrale. Un'equazione che possa anche comportarsi come quella di Gomperzt, ma che non sia obbligata a farlo. Un'equazione che sia capace di scendere sotto la linea del mare, ma anche di non tuffarsi mai nelle sue acque.
È chiaro, in base alla storia che abbiamo raccontato nel precedente capitolo, che l'equazione di Chapman-Richards è proprio ciò di cui abbiamo bisogno:
Si noti che l'equazione di Chapman-Richards non esclude quella di Gompertz, ma la generalizza. Se le cose stessero come prevede l'equazione di Gompertz, la Chapman-Richards si trasformerebbe in equazione di Gompertz semplicemente facendo tendere a zero il parametro H. Se avesse ragione Solow, H assumerebbe un valore negativo, con B positivo e D negativo. Se avessero ragione i difensori del modello AK, l'equazione si trasformerebbe in quella di una retta orizzontale (gn = costante), facendo andare esattamente a zero2 il parametro H. Se, più in generale, avessero ragione quanti (come Romer) pensano che la crescita possa proseguire illimitatamente, il parametro H assumerebbe un valore negativo ma i parametri D e B avrebbero segno opposto (B < 0, D > 0). In breve: poiché l'equazione di Chapman-Richards è in grado di assumere ciascuna delle quattro forme3 fondamentali - Verhulst, Solow, Romer, anti-Verhulst - possiamo stabilire, stimando i parametri dell'equazione, quale delle quattro forme è maggiormente compatibile con la storia recente delle economie avanzate.
Non è tutto, però. Se vogliamo rispondere a una domanda così fondamentale - la crescita ha un tetto oppure no? - dobbiamo anche sfruttare in modo più completo l'informazione disponibile. Questa è la nostra terza mossa: anziché usare solo i dati medi del periodo 1995-2007, lavorando su 32 osservazioni (i paesi OCSE), useremo anche i dati dei singoli anni, portando il numero totale delle nostre osservazioni da 32 a 384 (32 paesi × 12 anni = 384 osservazioni).4 La nostra base empirica non sarà più una matrice in cross-section con 32 paesi, ma sarà una matrice mista, o "pooled", che sfrutta contemporaneamente la variabilità spaziale e temporale dei dati. Conseguentemente il nucleo della nostra equazione diventa:
dove il doppio pedice nt (paese n-esimo, anno t-esimo) ha sostituto il pedice singolo (paese n-esimo) della vecchia equazione in cross-section, e i due parametri B e D sono stati rimpiazzati dai termini Bnt e Dnt.
L'equazione è identica alla Chapman-Richards, con la sola variante che al posto dei termini B e D (che erano fissi), ora compaiono due termini, Bnt e Dnt , che possono5 variare nello spazio e nel tempo e in questo modo consentono ai vari paesi di avere un'equazione di moto specifica, distinta da quella del paese rappresentativo dell'OCSE nel suo insieme.
Il termine cruciale che governa Bnt e Dnt continua a essere, come nelle analisi precedenti, la variabile composta znt , che assorbe tutte le variabili che, oltre al reddito, possono influire sul tasso di crescita di un paese. Alcune variano sia nello spazio sia nel tempo (imposta societaria e investimenti diretti esteri), altre - quelle più lente - variano solo nello spazio (capitale umano e istituzioni economiche), altre infine variano solo nel tempo.6
Ora siamo pronti. Possiamo stimare i parametri dell'equazione di Chapman-Richards, e scoprire chi ha ragione. Stimare i parametri H, B, e D, infatti, significa individuare la forma dell'equazione della crescita, e quindi porci in condizione di scegliere fra le quattro forme fondamentali: Verhulst, Solow, Romer, anti-Verhulst (vedi box a pp. 124-125). Una scelta, è importante sottolinearlo, che non vogliamo effettuare a priori, in base alle nostre convinzioni teoriche, ma che preferiamo affidare ai dati, ossia alla storia dei 32 paesi OCSE nel periodo 1995-2007.
Ebbene, se si conduce questa operazione, si trova che la combinazione migliore, quella in cui la curva si adatta meglio ai dati, è quella in cui B è positivo, mentre D e H sono entrambi negativi:
Ma questa combinazione di segni per B, D, H è precisamente quella prevista dal modello di Solow. Ciò significa che i parametri del nucleo dell'equazione stimata sono compatibili con il modello di Solow senza progresso tecnico, di cui - a quanto pare - condividono il pessimismo implicito: il sistema si muove verso il suo stato stazionario, raggiunto il quale il reddito pro capite cesserà di crescere.
Ma c'è di più. Dal momento che i parametri dell'equazione di Chapman-Richards hanno una relazione matematica precisa con i parametri del modello di Solow (vedi "anatra" 4), possiamo spingerci molto oltre la mera stima di un'equazione che si adatta ai dati, e provare a tradurre i nostri 3 parametri H, B, D nei parametri di Solow.
Cominciamo dal parametro chiave dell'equazione di Chapman-Richards, quello che compare in esponente: un valore di H pari a -0,235 corrisponde a un valore di a pari a 0,81, che rientra perfettamente nel campo dei valori previsti dal modello di Solow7 (ricordiamo che a è la produttività marginale del capitale - l'esponente di K nella funzione Cobb-Douglas - e quindi deve essere compreso fra 0 e 1). Il fatto che il valore di a sia piuttosto alto (0,81) ci dice, implicitamente, che il valore di 1 - a, la produttività marginale del lavoro, è piuttosto basso (0,19). Un risultato compatibile con l'intuizione secondo cui, al giorno d'oggi, quel che conta non è quante braccia lavorano ma con quanto capitale sono attrezzate.8
Ma anche il parametro D può, entro certi limiti, essere tradotto nel modello di Solow. Da esso e dal parametro H, infatti, è possibile ricavare il termine (n + d) del modello di Solow, dove n è il tasso di crescita demografica e d è il coefficiente di deprezzamento del capitale. Un semplice calcolo restituisce per tale somma un valore pari a 0,12, che si interpreta così: la somma del tasso di crescita demografica (n) e del tasso di deprezzamento del capitale (d) è pari al 12%. Dal momento che, nel periodo considerato, il tasso di crescita della popolazione OCSE è un po' inferiore all'1%, se ne ricava che quasi tutto quel 12% è attribuibile al deprezzamento del capitale. Un risultato incompatibile con le ipotesi più volte avanzate nella letteratura, secondo cui d può ragionevolmente valere il 5%, il 6% o il 7%, ma che potrebbe anche essere letto come un indizio dell'inattualità di tali ipotesi: se si pensa a quanto rapidamente invecchiano computer, software e macchinari moderni, c'è da chiedersi se il tasso di deprezzamento odierno del capitale sia più vicino al classico valore del 5% (un capitale che dura 20 anni) o al valore dell'11% trovato per via empirica (un capitale che dura 10 anni scarsi).
Comunque si vogliano leggere i risultati trovati, un punto resta fermo: l'insieme dei paesi OCSE nell'ultimo periodo di crescita (1995-2007) si è mosso come se obbedisse al modello di Solow, e come se tale modello presentasse tre peculiarità: assenza di progresso tecnico, bassa produttività marginale del lavoro, elevato tasso di deprezzamento del capitale.
Ancora Solow, dunque, dopo più di mezzo secolo dall'articolo del 1956.
E ancora von Bertalanffy, tutto sommato. Anche lui, implicitamente, era pessimista quando prevedeva la prevalenza dei processi catabolici (di invecchiamento) su quelli anabolici (di espansione). È per questo che aveva vincolato H a valere -1 / 3. E colpisce che il valore da noi stimato per H, pari a circa -1 / 4, non sia poi così lontano dal valore ipotizzato "a tavolino" dal grande biologo austriaco, quasi a indicarci che la crescita delle economie segue un percorso, almeno all'apparenza e almeno superficialmente, non troppo dissimile da quello dell'invecchiamento di un organismo.
Figura 24 - Traiettoria del reddito pro capite (diagramma y-t)
Dunque, i parametri dell'equazione di Chapman-Richards la piazzano molto vicina all'antica equazione di von Bertalanffy, nel cuore della regione in cui si muoveva il modello di Solow. La "regione di Solow", tuttavia, è a sua volta suddivisa in due sottoregioni,9 che ospitano due distinti tipi di curve, entrambe dotate di un tetto, la prima senza flesso (curva di tipo Solow, H < -1), l'altra con flesso (curva di tipo Verhulst, H compreso fra -1 e 0).
È a quest'ultima che corrisponde l'equazione stimata. Ciò significa che, secondo la variante dell'equazione di Chapman-Richards che meglio si adatta ai dati, il meccanismo che governa l'evoluzione delle società avanzate fra il 1995 e il 2007 è quello di una crescita mista, prima accelerata, poi decelerata, infine sostanzialmente "piatta".
Possiamo farcene una prima idea mediante il diagramma y-t del processo di crescita, che possiamo simulare in avanti (dopo il 2007), ma anche all'indietro, in modo da farci un'idea più generale del tipo di traiettoria fin qui percorsa dalle economie avanzate (figura 24).
Si vede bene che, nella storia del reddito pro capite, c'è un momento in cui la curva smette di impennarsi verso l'alto e comincia a ripiegare: è questo che si intende per punto di flesso. Quale sia esattamente tale punto si può determinare matematicamente, calcolando il punto di massimo della derivata dell'equazione che descrive la traiettoria della crescita. Ma si può anche vedere direttamente sul diagramma d-t (figura 25), che - lo ricordiamo - riporta gli incrementi annui assoluti del reddito pro capite.
Figura 25 - Traiettoria degli incrementi di reddito pro capite (diagramma d-t)
Come si può notare osservando la gobba della curva, il picco degli incrementi è già passato, e coincide con l'anno 1998. In concreto questo significa che, prima di quella data, in un tipico paese OCSE era ragionevole attendersi non solo che il reddito aumentasse, ma anche che a un aumento di una certa entità seguisse - l'anno successivo - un aumento di entità maggiore. Dopo il 1998 non più: nel decennio 1998-2007 il reddito pro capite, pur continuando ad aumentare, ha progressivamente perso velocità, cosicché aspettarsi incrementi crescenti è divenuto irragionevole.
Questo risultato è importante perché ci mostra un fatto che spesso dimentichiamo. E cioè che, nel 2007-2008, quando le economie avanzate sono entrate nel tunnel della depressione in cui tuttora ci troviamo, un'importante inversione di tendenza era già avvenuta dieci anni prima. Avevamo l'impressione di correre, ma forse non ci eravamo accorti che da tempo avevamo già cominciato a rallentare la nostra corsa.
Resta da capire fin dove possiamo arrivare. O meglio, fin dove potevamo arrivare, prima che la crisi cambiasse tutto. Il nostro esercizio di simulazione, vogliamo sottolinearlo, è condotto volutamente a partire dalle tendenze pre-crisi. Noi non ci chiediamo come andranno le cose in futuro - questo nessuno può saperlo, se non altro perché dipenderà anche dalla politica - ma ci facciamo domande più elementari.
Era giustificata l'euforia pre-crisi? Quali erano le tendenze delle società avanzate negli anni a cavallo del millennio? E soprattutto: che cosa era ragionevole aspettarsi dopo il 2007 se, per miracolo, i meccanismi della crescita in atto nel periodo 1995-2007 fossero rimasti gli stessi anche negli anni a venire?
La risposta a queste domande è interamente contenuta nel terzo attrezzo dei demografi, il diagramma di accrescimento g-y, che descrive la cosiddetta "legge di Minot" (figura 26).
Figura 26 - Benessere e declino del tasso di crescita (diagramma g-y)
Il diagramma mostra come varia il tasso di crescita del reddito all'aumentare del reddito stesso. Il fatto che il diagramma sia inclinato negativamente indica che, man mano che il benessere di una società aumenta, il tasso di crescita del benessere rallenta anch'esso. L'idea di una crescita a un tasso costante, come per esempio quella ipotizzata dal modello AK, pare non avere alcun riscontro nei dati: se la crescita avvenisse a un tasso costante il diagramma g-y sarebbe piatto.
Ma l'informazione più preziosa che ci dà il diagramma g-y è un'altra. Osserviamo le due rette orizzontali che intersecano la curva. La prima, situata in corrispondenza di un tasso di crescita dell'1%, ci permette di individuare il livello di reddito superato il quale un paese medio (ossia: con i fondamentali né buoni né cattivi) entra in stagnazione, nel senso che cresce solo di qualche decimale all'anno. Tale livello è situato (anzi, era situato, prima della crisi) a 48.000 dollari, un livello che nel 2007 solo la Norvegia aveva, sia pure di poco, superato. La seconda linea orizzontale, situata "a livello del mare" (in corrispondenza di un tasso di crescita nullo), ci permette di calcolare il reddito di arresto, ovvero il tetto che limita la crescita di un'economia: quel soffitto che si indovinava nella prima curva (diagramma y-t) e che ora siamo in grado di determinare con precisione. Ebbene, secondo la nostra simulazione il tetto della crescita è a 73.800 dollari, non molto distante dal valore (68.900) ottenuto con la nostra vecchia equazione, quella che lavorava solo sulle differenze fra paesi.
Dunque, ricapitolando. Il tipico paese OCSE, con reddito pro capite medio e fondamentali né buoni né cattivi, ha raggiunto la sua velocità massima di crescita, il suo "apogeo", nell'anno 1998, quando il suo reddito pro capite era di circa 24.000 dollari (più o meno il reddito della Grecia oggi) e cresceva al ritmo di 700 dollari all'anno. All'inizio della crisi, fra il 2007 e il 2008, il suo reddito era salito a 30.000 dollari, e cresceva a un ritmo sempre più lento (poco più del 2% all'anno). Se le cose fossero continuate come nel periodo "felice" 1995-2007, una volta oltrepassata la soglia dei 48.000 dollari - un evento previsto per il 2038 -, sarebbe entrato in un regime di stagnazione, con una crescita inferiore all'1%. Il reddito di arresto, ossia il livello oltre il quale la crescita si sarebbe interrotta del tutto, era collocato in prossimità dei 70.000 dollari pro capite.
Ma l'OCSE non è un paese, e al suo interno le differenze fra paesi sono notevoli, talora abissali. Non solo e non tanto in termini di reddito e ricchezza, ma in termini di fondamentali: capitale umano, pressione fiscale, istituzioni economiche, capacità di attirare capitali dall'estero. E i fondamentali, lo abbiamo visto nella prima parte di questo studio, una loro importanza ce l'hanno. La crescita dipende (negativamente) dal benessere raggiunto, ma dipende in modo cruciale anche dalle altre forze e controforze che agiscono su di essa.
È dunque ai singoli paesi che ora dobbiamo rivolgere la nostra attenzione.