Mr. Rob’t E. Hoskins

di Avram Davidson

 

 

Titolo originale: Mr. Rob’t E. Hoskins 

Traduzione di Lydia Di Marco 

© 1990 Mercury Press, Inc. 

Apparso sul n. 1159 di Urania (11 agosto 1991) 

 

 

 

Era proprio necessario che Bertha Schwamm reagisse come fece quando Hoskins le chiese un appuntamento per andare al cinema? In fin dei conti, chi era Bertha Schwamm? Il fatto di essere consapevole che quasi nessuno era al corrente che lei fosse un superiore di Hoskins, non voleva dire che fosse pronta a considerarsi sua pari; se anche la gente lo considerava con una certa superiorità, be’, lei avrebbe anche potuto accettare quell’invito. In seguito, chi lo sa? 

Tuttavia. Il fatto era che sembrava che la gente avesse votato e concluso che Hoskins fosse un individuo da prendere in giro. Da prendere sempre in giro. Come se gli fosse dovuto. E Bertha, be’, anche lei si era associata agli altri. Detto questo, se ne deduce che non fosse possibile per lei considerarlo un amico, tanto meno, diciamo, come un corteggiatore. E questa era la situazione. Questo, però, non toglieva che avrebbe potuto reagire in modo meno duro. Supponiamo che Bertha avesse risposto, in modo educato: «Grazie, davvero, ma mia madre, siccome è quasi sempre malata, be’, di solito non esco senza di lei. Comunque, grazie». 

E se avesse risposto così? Sarebbe rimasto male, lui? Pensate che Hoskins avrebbe insistito, magari dicendo: «Be’, andiamo al cinema tutt’e tre, allora?». Improbabile. Più probabilmente avrebbe borbottato una risposta educata e se ne sarebbe andato via, guardandosi bene, in seguito, a non ripetere l’invito. Ma no, non è così che Bertha rispose. Lei, oh, lei gli rise in faccia. 

Cosa c’era di tanto buffo in Hoskins? Be’, ok, aveva un aspetto buffo, con gli occhi in fuori e il mento sfuggente. Ma, dopo tutto, c’erano altre persone ben più buffe di lui. Forse era quel suo taschino sempre pieno di penne e matite? Perché, anche se lui si preoccupava sempre di spiegare come ciascuna di esse servisse a un preciso compito, ugualmente tutti ridevano e lo prendevano in giro. Si dilungava a spiegare come usasse una penna per scrivere gli ordini d’acquisto, e un’altra per le vendite, e una terza per le comunicazioni interne, e un’altra ancora per le note personali e per le lettere, e così via... In un certo senso, sembrava un buon sistema; con uno sguardo, anche a distanza, gli era possibile distinguere, dal colore dell’inchiostro, a cosa si riferisse un dato foglietto, anche rovesciato, perché erano tutte differenti l’una dall’altra. Inoltre, questo gli permetteva di risparmiare le sue preferite. 

Patty Birch gli rifaceva il verso dietro le spalle. «Comunicaazione interna» ripeteva mimandolo. E non era la sola, altri facevano lo stesso, erano tutti d’accordo: Bob Hoskins era un individuo da prendere in giro. Povero Bob Hoskins. 

Poi, c’era anche quella che il signor Armstrong senior chiamava “l’invadente R”. Perché Hoskins doveva sempre infilare la r dove non c’entrava? Perché? Tutti se lo chiedevano. La sua ortografia non era peggiore di quella di altri, ed era migliore di quella di alcuni di loro. Be’, sua sorella una volta spiegò che, quando Hoskins era bambino, aveva l’abitudine di tralasciare la r in alcune parole. E la sua maestra, che era zitella e che si doveva rifare sui suoi allievi, lo affliggeva per questo in continuazione. Per esempio, «Guardami mentre ti parlo!» e «Mi stai ascoltando?» e «Be’, cosa c’è che non va in questa parola?». A quei tempi, i ragazzi non passavano dai pannolini ai pantaloni lunghi, e mi sembra di vederlo il povero Bob Hoskins in calzoncini corti balbettare: «Manca la R» e la maestra imperiosa che gli diceva, «Be’, allora inseriscila, Robert». 

Naturalmente, non è che lui capisse il perché andava aggiunta, e la maestra era troppo presa a perseguitarlo per avere il tempo di pronunciargliela bene per fargli sentire il suono. Così, a distanza di tanto tempo, ancora oggi, quando è particolarmente stanco, o arrabbiato, o confuso, senza accorgersene infila la lettera fatidica là dove non c’entra. 

 
venti dozzine di spirle di sicurezza. 
 

oppure

 
due scatole di pirle a secco. 
 

Il signor Armstrong senior, che perdeva la pazienza facilmente e, alle volte, alzava anche la voce, ma che in fondo era di animo buono, una volta sospirò e disse: — Quell’invadente di una R! È come la testa di re Carlo per Bob Hoskins. — E questo dimostra anche come il signor Armstrong fosse un uomo davvero istruito! 

Per quanto riguardava Hoskins e Bertha Schwamm, Patty Birch e Ellen Kelly e gli altri nell’ufficio, a loro non interessava la testa di quel come-si-chiamava re. E Patty Birch ne aveva dedotto che Hoskins non era una persona da prendere sul serio. E se Patty Birch arrivava a questa conclusione su qualcuno... be’, peggio per lui.

Di solito era così.

Ma non con Skidgell, il custode. 

Be’, Skidgell beveva. Qualcuno una volta l’aveva scoperto nello sgabuzzino delle scope, mentre faceva qualcosa che non aveva niente a che vedere con le scope o con i secchi. Lui teneva lì le sue bottiglie. Ma chi poteva dargli torto? Perché c’era qualcos’altro che non andava in Skidgell. Fin dalla nascita. Bene, sua madre, che si chiamava Mayme White, conosceva Ella Steale molto bene, e Ella Steale era cugina di primo grado di Francis X. Reilly, assistente del commissario. E costui era intimo collaboratore politico di Alphonsus Brody, il presidente di... be’, immagino che abbiate capito. Così, quando la signora Mayme White andò da Francis X. Reilly e gli disse: «Francy, che cosa devo fare con Jacky?», be’, il signor Francy Reilly rispose: «Lascia fare a me, Mayme; parlerò con il signor Brody». Il signor Brody aveva parlato con il signor Armstrong senior, e Skidgell era andato a lavorare come aiuto-custode nella ditta Armstrong, e lì era rimasto a tirare di scopa e a trascinarsi dietro secchi e strofinacci, arrancando e zoppicando a causa di quella malattia dal nome strano con cui era nato. Ma sia chiaro che il suo pane se lo guadagnava. A quei tempi non davano lavori a ufo. Né paghe per carità. Ti davano un lavoro. E questo era tutto. E valeva i dieci o dodici voti su cui Brody poteva contare, senza preoccupazione, al momento delle elezioni. 

Dicevamo? Patty Birch. Oh, quella... Quando Skidgell entrò per la prima volta nell’ufficio, arrancando e zoppicando, Patty, quella sfrontata – però le si deve dare atto, lei non aveva paura di nessuno. Di nessuno. Bene, lei si portò la mano alla bocca e disse «hic». Disse proprio così, «hic», e gli altri la imitarono. Dico, tutti gli altri. Skidgell la guardò con una faccia orribile e alzò la mano come se volesse colpirla. Lei girò la testa da un’altra parte e si schiarì la gola con un suono stridulo, e ricominciò a battere a macchina, e da quel giorno non gli dette più noia. Mai più. 

Comunque. Allora, quando Hoskins invitò Bertha Schwamm al cinema, questa fece una smorfia davvero buffa e si voltò a guardare Patty e Ellen, emettendo un suono che sembrava il fischio del vapore. E, naturalmente, queste si coprirono la bocca con le mani, fecero roteare gli occhi, e fu tutto quello che poterono fare per non scoppiare a ridere. 

Hoskins se ne andò indietreggiando, oh, fu proprio una scena buffissima, e il modo in cui le guardò! Dopo di che, fece come se non fosse mai successo niente. Ma ci scommetto che covò qualcosa dentro di sé.

Poi, la grande avventura della sua vita! Tempo prima, sembra che Hoskins avesse tentato di fare qualcosa di più che lavorare per la Armstrong Grossista. Veramente una storia avventurosa. La zia di Hoskins era morta e gli aveva lasciato duemila dollari. Allora, cosa aveva fatto Hoskins? Si era licenziato e aveva scritto al vecchio Armstrong una lettera così concepita: Dovuto a nuove circostanze, presento qui le mie dimissioni, effettive da questo momento. Con ossequi. Si scoprì poi che aveva letto in una rivista che, in seguito alle guerre di fazione in Cina, si prevedeva una carenza di peli di porco, con cui venivano fatti i pennelli per dipingere. Sicché, s’imbarcò immediatamente su una nave a vapore e giunse in questa città chiamata Tientsin, in Cina. E tenendo per sé soltanto il denaro necessario per il viaggio, con il resto comprò tanti di quei peli di porco finché non gli uscirono dalle orecchie. Poi tornò immediatamente per rivenderli e guadagnarci un bel malloppo, in altre parole, una fortuna. Così pensava lui. Povero Hoskins! Ve l’immaginate? 

Probabilmente aveva pensato di essere l’unico ad avere avuto quell’idea leggendo il giornale. Be’ lasciate che vi dica che anche altri presero la stessa iniziativa. Non sapeva lui, misero, che al momento che Robert E. Hoskins arrivava a Tientsin, Cina, altri lo avevano già preceduto, comprando i migliori peli di porco ai prezzi più bassi. Così, quando lui tornò in America con la sua scadente mercanzia, non trovò più nessuno che fosse interessato a comprare quello che aveva da offrire. Benny Kowalsky ebbe a dire: — Che mi mettano sott’aceto! Ho sentito parlare spesso di gente che prende il vapore per andare in Cina, ma Robert E. Hoskins è l’unico uomo che ho conosciuto che l’ha fatto davvero! E «Chi va piano va sano e va lontano», dicono, ma stavolta l’andar piano gli è costato un bel po’. 

Così, Hoskins tornò alla Armstrong Grossista con la coda tra le gambe e pregò che gli ridessero il vecchio lavoro. La famiglia Armstrong, potete dire quello che volete ma quelli hanno davvero buon cuore, manco a dirlo gli ridette il suo posto. — Che tutto sia dimenticato! — disse il vecchio Armstrong con il suo tono sentenzioso. «Dimenticato», ah! Ogni tanto, qualcuno, con la faccia seria e compunta, saltava fuori con qualcosa del genere, — Ehi, scommetto che si potrebbe fare una fortuna comprando peli di porco a Tientsin per fare pennelli! 

Hoskins, con i suoi occhi in fuori, alzava la testa in modo da sembrare ancora di più senza mento, Hoskins che non aveva mai raccontato per intero tutta la sua avventura, con la faccia tirata su e tutto serio, diceva: — Un sacco di gente ha perso un sacco di soldi con i prodotti di Tientsin — e non aggiungeva altro. Questo è tutto quello che ha mai detto, senza piangerci sopra. Ma lui ci aveva perso un sacco di soldi. Perlomeno, per lui erano tanti. Mamma mia, se lo stuzzicavano! Patty Birch gli chiedeva: — Perché non porti Bertha Schwamm a cena al Van Horn Inn? Tu te lo puoi permettere! Hai fatto un sacco di soldi speculando in riso o che altro in Cina! Falla divertire, è quello che piace alle ragazze! Ti ammirerà, dopo! — E Bertha, ascoltando, emetteva quel fischio di vaporetto, dimenandosi sulla sedia. A pensarci bene, non è che avesse tanto da sghignazzare. 

A poco a poco, Hoskins capì l’antifona e smise di spiegare che tutto quello che aveva era il suo stipendio. Una volta l’aveva detto così forte che il vecchio Armstrong era piombato come una furia in ufficio, gridando: — Non sei contento del tuo salario, Hoskins? — E Hoskins era strisciato via a nascondersi da qualche parte. Piano, piano, si rese conto degli scherzi che gli facevano. Ogni genere di scherzi. Telefonate di una bionda che lo ammirava e che lo avrebbe aspettato sotto l’orologio della stazione alle otto quella stessa sera. E la gente che si era trovata a passare di là, alle dieci di sera, lo aveva visto ancora lì ad aspettare. Probabilmente, sarebbe tornato ancora lì il giorno dopo, se Patty non gli avesse chiesto, la mattina seguente: — Conosciuta nessuna bella bionda, ultimamente, Bob? 

Skidgell, più tardi, aveva chiesto: — Cosa sta facendo il signor Hoskins vicino alla caldaia con la faccia contro il muro e i pugni stretti? 

Altre volte, qualcuno gli rubava una delle sue penne, negando poi di averlo fatto: del resto, chi le conta? Sembrava fossero d’oro! E comunque, di solito gliele rimettevano a posto, mentre lui non guardava. Insomma, gli facevano ogni tipo di scherzi, perché lui se la prendeva troppo e non ci sapeva ridere sopra. Be’, peggio per te, se non hai il senso dell’umorismo. 

Ma, come ho detto, alla fine si fece furbo. Per prima, fu Patty a ricevere telefonate anonime nel cuore della notte. Davvero doveva essersi smaliziato. Una voce falsata, be’, doveva essere falsata perché lei non l’aveva riconosciuta; probabilmente, aveva messo un fazzoletto sul ricevitore, come si vede al cinema. Patty non ha mai detto le parole precise: — Non posso — diceva. — Sono troppo immorali e minacciose. — Poi, fu la volta di Bertha Schwamm. La sua vecchia mamma non aveva mai imparato bene l’inglese, ma, avvolgendosi in vestaglia e scialle, era scesa giù per rispondere ugualmente al telefono che continuava a squillare, pensando che suo fratello che lavorava in miniera in Pennsylvania fosse morto perché, diversamente, chi poteva aver voglia di chiamare lei all’una di notte? E si era messa a gridare nella cornetta: — Chi? Chi? Che dice? — Allora era scesa anche Bertha, l’aveva spinta da una parte e aveva afferrato il ricevitore, gridando: — Chi parla? — Poi, raccontò di aver sentito una voce sconosciuta pronunciare le parole più orrende e le minacce più terribili che avesse mai sentito. E la stessa voce anonima chiamò anche Ellen Kelly e le disse le stesse frasi. E così fu per Patty Birch e per tutte le altre. 

La compagnia del telefono e la polizia dichiararono che era assolutamente impossibile scoprire chi fosse a chiamare. Ma dopo un certo tempo, il signor Armstrong chiamò Hoskins nel suo ufficio e gli fece una bella lavata di capo. Hoskins negò tutto. Naturalmente, questa faccenda, finì con lo scuotere i nervi di tutti. Chi stava peggio, le ragazze o Hoskins? Difficile a dirsi. E le lamentele? E le accuse? Mamma mia! Poi, un giorno, la sorella zitella di Hoskins, che viveva con lui e gli curava la casa, venne in ufficio. Aveva una voce buffa, stridula, di quelle che ti bucano i timpani, e disse: — Voglio che voi tutti sappiate che ho chiamato la compagnia del telefono e ho fatto togliere il telefono da casa, e spero che voi tutti siate soddisfatti! 

Ma le telefonate continuarono.

La polizia investigò al Mayer’s Pool Hall, al Busy Bee, e alla Stazione. Nessuno aveva visto Hoskins usare il telefono pubblico, né di giorno né di notte. E quelli erano gli unici telefoni pubblici, perché, a quei tempi, non c’erano cabine telefoniche a ogni angolo. Non a quei tempi.

Quello che probabilmente faceva, era uscire di soppiatto dalla finestra, in modo che la sorella non lo sentisse andar via e poi, probabilmente, correva a Fisherville e da lì doveva fare le sue telefonate. Ma ci pensate? Voglio dire, sono circa otto bei chilometri da qui a Fisherville. E altri otto a tornare! Sapete come è stato scoperto?

La notte della grande bufera, quando questa parte dello Stato fu seppellita dalla neve per tre giorni, be’, la tempesta di neve deve aver sorpreso Hoskins sulla via del ritorno da Fisherville. Lui deve aver fatto in tempo ad arrivare lì e a fare le sue telefonate, perché le ragazze dissero tutte di aver ricevuto le terribili chiamate anche quella notte. Non so se ricordate la vecchia casa degli Holzapple, sulla vecchia statale. Era una vecchia casa abbandonata, da quando l’anziana signora Holzapple era morta. Be’, sorpreso dalla bufera di neve, sulla via del ritorno, Hoskins si era rifugiato lì. E sembra che anche un altro vagabondo, non si sa chi, si fosse fermato lì. E uno di loro deve aver acceso il fuoco. Il camino, naturalmente, non era stato ripulito da anni, per cui, mentre i due dormivano, la casa aveva preso fuoco. Si potevano vedere le fiamme da qui e da Fisherville, ma naturalmente i pompieri non poterono correre a spegnere l’incendio. Bruciò tutto. E tra le rovine... 

Be’, mio padre mi ha detto che identificarono Hoskins dai denti, per la precisione da un solo dente. Il vecchio dentista, il dottor Stoltfus, era già morto a quel tempo, e tutte le cartelle dei suoi pazienti dovevano essere state gettate via, ma la sorella di Hoskins si ricordò che il fratello aveva una capsula d’oro in un lato della bocca e, manco a dirlo...

Be’, da allora non vi furono più quelle vergognose telefonate. Però, perché Ellen Kelly è sparita? E chi ha ucciso la povera Bertha Schwamm? Patty Birch... lei non è più uscita di casa e deve aver messo un centinaio di lucchetti e catene sulla porta. Credete forse che i morti camminino? No, nessuno può provarlo, però è arrivata una strana lettera da Philadelphia. Conoscete nessuno a Philadelphia? Qui non c’è nessuno che conosce qualcuno a Philadelphia. Si trattava, come dicono, di una lettera anonima. E scritta a macchina. Molto breve, tutto quello che diceva era: Tante persone sono state molto crudeli con il signor Rob’t E. Hoskins quando era vivo, ma ora sono molto dispiaciuti che sia morto. 

Come vi spiegate tutto questo?