Capitolo 18
La tribù dei Frost arrivò tutta insieme, poco dopo le due, per una buona ragione: erano scortati dall'ispettore Cramer e da Purley Stebbins della squadra Omicidi. Purley arrivò con Helen e la madre su un'auto blu che penso appartenesse a Helen, mentre Cramer accompagnò i due uomini sulla sua carretta. Quando arrivarono, Wolfe e io avevamo finito di pranzare e io stavo guardando dalla finestra; rimasi in piedi a osservarli e poi andai nell'ingresso per farli entrare. Avevo avuto ordine di accompagnarli direttamente nello studio.
Ero nervoso come un candidato al parlamento il giorno delle elezioni. Avevo già conosciuto in passato i colpi di scena previsti dal programma di Wolfe. Per quello che lo riguardava, per lui andava benissimo organizzare queste sciarade, dato che era completamente privo di nervi ed era troppo presuntuoso per provare una qualsiasi preoccupazione di fallimento, ma io ero fatto di stoffa diversa e non mi piaceva la sensazione che cose del genere mi davano. Vero: poco prima di andare a pranzo, Wolfe aveva dichiarato che ci aspettava un compito pericoloso e sgradevole, ma non l'aveva detto sul serio; stava semplicemente richiamando la mia attenzione sul fatto che stava preparando una delle sue magie.
Feci entrare i visitatori, li aiutai a sistemare cappelli e soprabiti nell'ingresso e li guidai nello studio. Wolfe, seduto dietro la scrivania, li salutò con un cenno del capo. Avevo già disposto le sedie e distribuii i posti: Helen era la più vicina a Wolfe, con Cramer alla sua sinistra e Llewellyn accanto a Cramer; zio Dudley era sistemato non lontano da me, in modo da poterlo afferrare e strapazzare se del caso, e infine la signora Frost sedeva all'altro lato di Dudley, sulla grande poltrona di pelle che di solito sta di fianco al mappamondo. Nessuno degli ospiti sembrava particolarmente allegro. Lew pareva avesse gli occhi sporgenti ed era grigiastro in viso, penso a causa del nitrobenzolo cui si era avvicinato troppo. La Signora Frost era sempre eretta, ma vestita di nero sembrava pallida. Helen, in abito marrone scuro e cappellino in tinta, cominciò a torcersi le mani non appena si mise a sedere, fissando Wolfe, e continuò a torcersele.
― Il vostro uomo, signor Cramer... ― mormorò Wolfe. ― Non potrebbe aspettare in cucina?
Cramer grugnì: ― Lui resta qui. Non morderà nessuno.
Wolfe scosse la testa. ― Non avremo bisogno di lui. Starà meglio in cucina.
Cramer sembrava pronto a litigare, ma rinunciò con una scrollata di spalle. Si voltò. ― Vai in cucina, Stebbins. Se avrò bisogno, ti farò un urlo.
Purley, lanciandomi un'occhiata acida, si voltò e sparì. Wolfe aspettò finché la porta non si fu chiusa dietro di lui, poi parlò, guardando i nostri ospiti.
― Eccoci qui. Anche se mi rendo conto che siete venuti su invito del signor Cramer, desidero comunque ringraziarvi per essere intervenuti. Era bene che ci foste tutti, anche se da voi non ci si può aspettare niente...
Dudley Frost esplose: ― Siamo venuti perché siamo stati costretti! Lo sapete benissimo! Cos'altro potevamo fare, visto l'atteggiamento della polizia?
― Signor Frost, vi prego...
― Non c'è niente da pregare! Voglio solo dire che fate bene a non aspettarvi niente da noi, perché non avrete niente! Considerando il ridicolo atteggiamento della polizia, ci rifiutiamo di sottometterci a qualsiasi ulteriore interrogatorio senza la presenza di un avvocato. L'ho già detto anche all'ispettore Cramer! Personalmente, mi rifiuto di dire una parola! Non una parola!
Wolfe agitò un dito. ― Sperando che diciate sul serio, signor Frost, vi prometto di non importunarvi troppo. E poi abbiamo un'altra buona ragione per non ammettere avvocati. Stavo dicendo: non mi aspetto niente da voi, se non che ascoltiate una spiegazione. Non ci saranno domande. Preferisco parlare io, e vi assicuro che ho molto da dire. A proposito, Archie: sarà meglio che abbia quella cosa a portata di mano.
Era l'imbeccata per la prima, grande scena. Per me non c'era una parte parlata, ma avevo comunque l'azione. Mi alzai, andai alla cassaforte, estrassi il pacco di Saul e lo misi sulla scrivania, davanti a Wolfe; la carta che l'avvolgeva, però, era stata tolta prima di pranzo. Ciò che deposi sulla scrivania era una vecchia scatola rossa di pelle, sbiadita e ammaccata, lunga circa venticinque centimetri, larga dieci e profonda cinque. Su un lato c'erano gli attacchi delle due cerniere lavorate del coperchio e, sull'altro, un piccolo stemma gentilizio con il buco della chiave. Wolfe quasi non degnò la scatola di un'occhiata e la spinse di lato. Io mi rimisi a sedere e presi in mano il blocco degli appunti.
Ci fu un po' di movimento, ma nessun commento. Fissavano tutti la scatola, tranne Helen Frost, che continuava a guardare Wolfe. Cramer aveva un'espressione stanca e pensierosa, con gli occhi incollati alla scatola.
Wolfe parlò con improvvisa durezza. ― Archie, potete fare a meno di prendere nota: parlerò soprattutto io, e non mi dimenticherò quello che dico. Per favore, prendete la pistola e tenetela in mano. Se vi sembra che occorra servirsene, usatela. Non vogliamo che qualcuno sparga nitrobenzolo qui in giro... Basta, signor Frost! Ho detto basta! Vi ricordo che una donna e due uomini sono stati assassinati! Restate seduto!
In effetti Dudley Frost si calmò. In parte, può darsi grazie all'automatica che avevo estratto dal cassetto e che adesso tenevo in mano, appoggiata al ginocchio. La vista di una pistola carica ha sempre un certo effetto su una persona, chiunque sia. Osservai che Cramer, la fronte accigliata, aveva spinto indietro di qualche centimetro la sua sedia e sembrava ancor più cauto e attento di prima.
― Questo, naturalmente, è melodramma ― continuò Wolfe. ― Ogni omicidio è un melodramma, perché la vera tragedia non è la morte, ma le condizioni che la provocano. Comunque ― si appoggiò allo schienale e puntò gli occhi semichiusi sulla nostra cliente ― desidero rivolgermi principalmente a voi, signorina Frost. In parte per vanità professionale: desidero dimostrarvi che assicurarsi i servizi di un buon investigatore significa molto di più che assumere qualcuno che guarda sotto le assi del pavimento e scava nelle aiuole in cerca di una scatola rossa. Desidero dimostrarvi che, ancor prima che vedessi questa scatola o il suo contenuto, conoscevo già i fatti essenziali di questo caso; sapevo chi ha ucciso il signor McNair e perché. Sto per procurarvi uno choc, ma non posso evitarlo.
Wolfe sospirò. ― Sarò breve. Prima di tutto, non vi chiamerò più signorina Frost, ma signorina McNair. Il vostro nome è Glenna McNair, e siete nata il 2 aprile 1915.
Con la coda dell'occhio riuscii a dare un'occhiata in giro, abbastanza per vedere Helen che sedeva rigida, Lew che stava per alzarsi in piedi e Dudley che fissava Wolfe a bocca aperta. Ma il mio maggior interesse era nella signora Frost. Era ancor più pallida di quando era entrata, ma non aveva battuto ciglio.
Parlò, interrompendo qualche protesta maschile, con voce fredda e decisa: ― Signor Wolfe, penso che mio cognato abbia ragione. Queste sciocchezze richiedono la presenza di un avvocato.
Wolfe le rispose con lo stesso tono: ― Non credo, signora Frost. Se invece avete ragione, ci sarà un mucchio di tempo per chiamarlo in seguito. Per il momento, resterete a sedere su quella poltrona finché le sciocchezze non saranno finite.
Helen Frost intervenne in tono neutro: ― Ma allora zio Boyd era mio padre. Era mio padre! Da sempre. Ma come? Spiegatemi come!
Lew si era alzato in piedi, le aveva messo una mano sulla spalla e fissava la zia Callie. Dudley emetteva strani suoni.
― Per favore! ― disse Wolfe. ― Signor Frost, rimettetevi a sedere. Sì, signorina McNair: è sempre stato vostro padre. La signora Frost pensa che io l'abbia saputo solo dopo aver trovato questa scatola rossa, ma si sbaglia. Me ne sono convinto per la prima volta giovedì mattina, quando mi avete detto che, in caso moriate prima di raggiungere i ventuno anni, tutta la fortuna di Edwin Frost andrebbe a suo fratello e a suo nipote. Quando valutai l'informazione, unitamente ad altri elementi che si erano presentati, il quadro era completo. Naturalmente, la prima cosa che mi aveva fatto pensare a questa possibilità era l'inspiegabile desiderio del signor McNair che voi portaste addosso dei diamanti. Quale particolare virtù poteva avere un diamante su di voi... dato che, per altri versi, il signor McNair non sembrava esserne particolarmente appassionato? Poteva essere perché il diamante è la pietra zodiacale del mese di aprile? Presi nota di quella possibilità.
― Santo cielo ― mormorò Llewellyn. ― Una volta... una volta ho detto a McNair che...
― Vi prego, signor Frost. Un altro piccolo elemento: mercoledì sera, il signor McNair mi disse che sua moglie era morta, ma non che era morta anche sua figlia. Disse che aveva perso la figlia. Questo naturalmente è un comune eufemismo per definire la morte, ma perché non l'aveva usato anche per sua moglie? Una persona può usare un termine diretto o un eufemismo, ma non spesso tutti e due nella stessa frase. Mi disse che i suoi genitori erano morti. Mi disse due volte che la moglie era morta. Ma non sua figlia: quella l'aveva perduta.
Glenna McNair stava muovendo le labbra. ― Ma come? Come? ― mormorò. ― Come mi ha perduta...?
― Sì, signorina McNair. Un po' di pazienza. C'erano altri piccoli punti, cose che mi avete raccontato di voi e di vostro padre; non c'è bisogno che ve le ripeta. Il vostro sogno dell'arancia, per esempio. Un sogno che derivava dalla memoria del subconscio? Doveva essere così. Spero di avervi detto abbastanza per dimostrarvi che non avevo bisogno della scatola rossa per capire chi siete, chi ha ucciso il signor McNair e il signor Gebert e perché. Comunque, non indugerò con la mia vanità a vostre spese. Volete sapere come: è semplice. Vi dirò i fatti principali... Signora Frost! Sedetevi!
Non so se Wolfe considerasse la mia automatica essenzialmente un attrezzo di scena, ma io no. La signora Frost si era alzata e stringeva in mano una grande borsetta di pelle nera. Ammetto che era improbabile che la signora cominciasse a spruzzare un vaporizzatore pieno di nitrobenzolo nello studio di Wolfe - che le avrebbero trovato nel caso fosse stata perquisita - ma non era un punto su cui ero disposto a correre rischi. Pensai bene di intervenire per amore di chiarezza.
― Devo informarvi, signora Frost, che se non vi piace avere una pistola puntata addosso, dovete darmi la borsa o metterla per terra.
La donna mi ignorò e continuò a fissare Wolfe. ― Non mi si può costringere ad ascoltare queste infamie ― dichiarò con calma indignazione. Negli occhi le vidi un lampo del fuoco che aveva dentro. ― Me ne vado. Helen! Vieni.
Si mosse verso la porta e io la seguii. Cramer era in piedi e le si mise davanti prima che arrivassi io. Le bloccò la strada, ma non la toccò. ― Aspettate, signora Frost. Solo un momento. ― Si voltò verso Wolfe: ― Cosa avete in mano? Non sono disposto a giocare alla cieca.
― Ho abbastanza, signor Cramer ― rispose seccamente Wolfe. ― Non sono uno sciocco. Prendetele quella borsa, trattenetela qui o lo rimpiangerete in eterno.
Cramer non esitò più di mezzo secondo. Questa è una cosa che mi è sempre piaciuta in lui: non perde mai tempo a ciondolare. Mise una mano sulla spalla della signora Frost. La donna si scostò, fece un passo indietro e si irrigidì. Cramer ordinò seccamente: ― Datemi la borsetta e mettetevi a sedere. Non è un grosso sforzo. Avrete tutte le possibilità di ribattere che volete.
L'ispettore tese una mano e prese la borsa. Notai che, in una situazione del genere, la Frost non aveva fatto appello ai suoi parenti maschi; penso non fosse molto portata a fare appelli. Non tremava neppure. Guardò Cramer decisa e dura.
― Mi state trattenendo con la forza, non è vero?
― Be'... ― Cramer si strinse nelle spalle. ― Penso solo che dobbiate rimanere qui per un po'. Finché non avremo finito.
La signora Frost si rimise a sedere. Glenna McNair le lanciò un'occhiata e poi tornò a guardare Wolfe. Gli uomini evitavano di guardarla.
― Queste interruzioni non giovano a nessuno ― dichiarò secco Wolfe. Di sicuro non a voi, signora Frost: niente può giovarvi ormai. ― Guardò la nostra cliente. ― Volete sapere come? Nel 1916, la signora Frost andò sulla costa orientale della Spagna con la sua bambina, Helen, che allora aveva solo un anno. Sua figlia morì là, un anno dopo. In base ai termini del testamento del suo defunto marito, la morte di Helen significava che tutto il patrimonio sarebbe andato a Dudley e a Llewellyn Frost. Alla signora Frost la cosa non piaceva, e così organizzò un piano. C'era la guerra e la confusione che regnava in tutta Europa le consentì di concretizzarlo. Il suo vecchio amico, Boyden McNair, aveva una bambina di circa la stessa età di Helen, c'era solo un mese di differenza; sua moglie era morta e lui non aveva un soldo, né alcun mezzo per guadagnarsi da vivere. La signora Frost comprò sua figlia, spiegandogli che comunque per la bambina sarebbe stato molto meglio così. In questo momento, a Cartagena sono in corso indagini riguardanti la manipolazione dei registri delle morti dell'anno 1917. Ovviamente, l'idea era di spargere la voce che Glenna McNair fosse morta e che Helen Frost fosse invece viva.
"La signora Frost vi portò immediatamente, come Helen Frost, in Egitto, dove c'erano scarse possibilità che voi foste vista da un qualche viaggiatore che vi avesse conosciuta piccola a Parigi. Alla fine della guerra, perfino l'Egitto era diventato troppo pericoloso e la signora Frost si spostò in Estremo Oriente. Solo quando compiste nove anni, decise di rischiare la vostra presenza in questa parte del mondo, e anche allora evitò la Francia. Voi siete arrivata in questo continente da ovest."
Wolfe si mosse sulla poltrona e puntò gli occhi su un nuovo obiettivo. ― Suppongo sarebbe più educato, signora Frost, rivolgermi a voi da questo momento in poi. Sto per parlare delle due inevitabili difficoltà che incontrò il vostro piano. Una fin dall'inizio. La minaccia era rappresentata dal vostro giovane amico Perren Gebert: lui sapeva tutto perché era stato presente e voi avete dovuto pagare il suo silenzio. Ve lo siete perfino portato con voi in Egitto, una saggia precauzione anche se non vi piaceva averlo in giro. Fintanto che pagavate, il signor Gebert non rappresentava un serio pericolo, perché era un uomo che sapeva tenere la bocca chiusa. Poi nel vostro cielo è comparsa una nube, circa dieci anni fa, quando Boyden McNair, che aveva avuto successo a Londra e aveva riconquistato la stima in se stesso, venne a New York. Voleva essere vicino alla figlia che aveva perso, e non dubito che si sia reso estremamente noioso. Tenne fede ai punti essenziali dell'affare che aveva fatto con voi nel 1917, dato che era un uomo scrupoloso, ma vi causava piccoli, sgradevoli problemi. Insisteva nel suo diritto di diventare un buon amico di sua figlia. Penso sia stato circa in questo periodo che voi avete acquistato, probabilmente durante un viaggio in Europa, certi prodotti chimici che cominciavate a temere un giorno sarebbero stati necessari.
Wolfe agitò un dito verso la signora Frost. La donna sedeva eretta e immobile, con gli occhi che lo fissavano calmi, la bocca orgogliosa dalle labbra forse un po' più strette del solito. Wolfe continuò: ― E infatti, la necessità si presentò. Era una doppia emergenza: il signor Gebert aveva maturato l'idea di sposare l'ereditiera prima che diventasse maggiorenne e insisteva per ottenere l'appoggio della vostra influenza e autorità. Cosa ancor peggiore, il signor McNair cominciava a far confusione con i suoi scrupoli. Non mi ha detto la precisa natura delle richieste che aveva fatto, ma credo di poterle indovinare. Voleva ricomprarsi sua figlia, non è vero? A New York aveva avuto ancor più successo che a Londra e di conseguenza aveva un mucchio di denaro. Vero: era ancora legato dall'accordo preso con voi nel 1917, ma sospetto che fosse riuscito a persuadersi che c'era un obbligo ancor più alto, sia verso le sue emozioni paterne che verso Glenna stessa. Indubbiamente si arrabbiò moltissimo per l'impudente aspirazione del signor Gebert a sposare Glenna e per la vostra apparente acquiescenza.
"Voi eravate certamente contraria, invece, me ne rendo conto. Dopo tutta la vostra ingegnosità, la vostra devozione, la vostra vigilanza e vent'anni di controllo di una sostanziosa rendita... Con il signor Gebert che insisteva nell'averla in moglie e il signor McNair che la richiedeva come figlia, e con tutti e due che vi minacciavano quotidianamente di rivelare tutto, la cosa sorprendente è che siate riuscita a trovare il tempo per il sistema elaborato di cui vi siete servita. È facile capire perché vi siete occupata prima di McNair. Se aveste ucciso Gebert, nonostante qualsiasi vostra precauzione, McNair avrebbe capito la verità e avrebbe agito immediatamente. Di conseguenza, il vostro primo tentativo è stato il candito avvelenato per McNair, con il veleno nelle mandorle giordane di cui lo sapevate goloso. Lui se la cavò; il candito uccise invece una giovane donna innocente. McNair naturalmente sapeva cosa significava quella morte. Vorrei permettermi un'altra supposizione: io credo che McNair, essendo un tipo sentimentale, avesse deciso di reclamare sua figlia il giorno del suo vero ventunesimo compleanno, il 2 aprile. Ma conoscendo le vostre risorse, e temendo che riusciste in qualche modo a ucciderlo prima di allora, McNair prese determinate misure, sia nel suo testamento che durante un colloquio con me. Colloquio che, ahimè, non arrivò a termine; il vostro secondo tentativo, le compresse imitazione aspirina, lo impedirono. E proprio per un pelo! Proprio mentre lui era sul punto di... Signorina McNair! Vi prego..."
Glenna McNair non gli badò. Suppongo non l'avesse neppure sentito. Era in piedi, con le spalle rivolte a Wolfe, davanti alla donna con la schiena diritta e la bocca orgogliosa che per tanti anni aveva chiamato mamma. Fece tre passi verso di lei. Anche Cramer era in piedi, di fianco a lei; e c'era anche Lew Frost, con una mano sul braccio della ragazza. Con un movimento convulso, la ragazza si tolse la mano di dosso, senza guardarlo; stava fissando la signora Frost. Fu scossa da un piccolo brivido, poi si fermò immobile e, con voce soffocata, disse: ― Era mio padre e tu l'hai ucciso. Hai ucciso mio padre. ― Di nuovo un brivido. ― Tu... tu donnaccia!
― Basta ― balbettò Lew rivolto a Wolfe. ― Buon Dio, non avreste dovuto farla venire qui... Adesso la porto a casa...
Wolfe lo interruppe, secco: ― Non ha nessuna casa. Non da questa parte della Scozia. Signorina McNair, vi prego: sedetevi. Voi e io stiamo svolgendo un lavoro, non è vero? Finiamolo. E facciamolo come si deve, per amore di vostro padre. Andiamo.
La ragazza tremò di nuovo, di nuovo scosse la mano di Lew, poi si voltò, andò alla sua poltrona e si mise a sedere. Guardò Wolfe. ― Va bene. Non voglio che nessuno mi tocchi. Ma è tutto finito, vero?
Wolfe scosse la testa. ― Non proprio. Arriveremo alla fine. ― Puntò un dito sulla signora Frost. ― Voi, signora, avete qualcos'altro da ascoltare. Dopo esservi sbarazzata del signor McNair, forse avete perfino accarezzato l'idea di potervi fermare. Ma avevate fatto male i conti, e questo non è degno di voi: naturalmente il signor Gebert sapeva cosa era successo e cominciò subito a mettervi sotto pressione. Ci scherzava perfino sopra, perché era fatto così: disse al signor Goodwin che eravate stata voi a uccidere il signor McNair. Pensava, credo, che il signor Goodwin non conoscesse il francese e che non sapesse che Calida, il vostro nome, in latino significa ardente. Senza dubbio voleva solo sorprendervi. E in effetti vi ha sorpreso, con un tale successo che l'avete ucciso il giorno dopo. Non mi sono ancora congratulato con voi per la tecnica di tale sforzo, ma vi assicuro...
― Per favore! ― Era la signora Frost. Ci voltammo tutti verso di lei. Aveva il mento sollevato, gli occhi puntati su Wolfe e non sembrava per niente disposta a tremare. ― Devo davvero ascoltare le vostre... Devo ascoltare questa roba? ― Voltò la testa verso Cramer. ― Voi siete un ispettore di polizia. Vi rendete conto di quello che quest'uomo mi sta dicendo? Ve ne assumete la responsabilità? Siete... Mi si accusa di qualcosa?
― Sembra probabile ― dichiarò Cramer in tono ufficiale. ― Voi resterete qui finché non avrò la possibilità di controllare qualche elemento. Comunque posso suggerirvi fin d'ora, formalmente, di non dire niente che non volete possa essere usato contro di voi.
― Non ho intenzione di dire niente. ― La signora Frost si interruppe. Vidi i denti mordere il labbro inferiore. Ma la voce era ferma quando continuò: ― Non c'è niente da dire di fronte a una favola del genere. In effetti io... ― Si fermò ancora. Voltò di nuovo la testa, verso Wolfe. ― Se esistono prove riguardo la storia di mia figlia, si tratta di falsi. Non ho il diritto di vederle?
Gli occhi di Wolfe erano due fessure. ― Avete parlato di un avvocato mormorò. ― Credo che un avvocato conosca i metodi legali per una richiesta del genere. Non vedo motivi di ritardo. ― Mise una mano sulla scatola rossa. ― Non vedo ragione per cui...
Cramer era di nuovo in piedi, accanto alla scrivania. Era sbrigativo e diceva sul serio: ― La cosa è andata fin troppo avanti. Voglio questa scatola. Voglio darci un'occhiata anch'io.
Era il Cramer di cui avevo paura, a quel punto. Forse, se avessi lasciato fare a Wolfe, lui se la sarebbe cavata, ma avevo i nervi tesi e sapevo che, se l'ispettore avesse messo le zampe su quella scatola, ci sarebbe stato un pasticcio. Saltai in piedi e afferrai la scatola. La tirai via da sotto la mano di Wolfe e la tenni nella mia. Cramer grugnì e mi fissò. Lo fissai anch'io, senza grugnire.
― Quella scatola è di mia proprietà ― scattò Wolfe. ― Io ne sono responsabile e continuerò a esserlo finché non mi verrà legalmente portata via. Non vedo ragione per cui la signora Frost non possa guardarci dentro, per risparmiare tempo. La mia posta in gioco è alta quanto la vostra, signor Cramer. Archie, datela alla signora. Non è chiusa a chiave.
Mi avvicinai alla Frost e misi la scatola sulla sua mano tesa, guantata di nero. Non mi rimisi a sedere perché Cramer non lo fece, e rimasi più vicino di lui alla signora Frost di un metro e mezzo. Tutti la stavano guardando, perfino Glenna McNair. La signora Frost si mise la scatola in grembo, con la serratura rivolta verso di lei, e aprì il coperchio; nessuno poteva vedere l'interno della scatola tranne lei. Era decisa e calma; non riuscii a vedere segni di tremito nelle dita, né da nessun'altra parte. Guardò nella scatola, ci mise la mano dentro, ma non estrasse nulla. Lasciò la mano all'interno della scatola, con il coperchio abbassato, e guardò Wolfe. Vidi che i denti erano di nuovo conficcati nel labbro inferiore.
Sporgendosi leggermente verso di lei, Wolfe le disse: ― Non pensate a un trucco, signora Frost. Non c'è alcun falso in quella scatola: è tutto genuino. Io so, e lo sapete anche voi, che tutto quello che ho detto qui oggi è la verità. In ogni caso, avete perso ogni vostra pretesa sulla fortuna dei Frost: questo è certo. È anche certo che la frode che avete praticato per diciannove anni può essere provata con l'aiuto della sorella del signor McNair e confermata da Cartagena, e che sarà resa pubblica. Naturalmente il patrimonio andrà a vostro nipote e a vostro cognato. Se poi sarete accusata dei tre omicidi che avete commesso, francamente non posso esserne certo. Sarebbe senza dubbio un processo amaro e molto combattuto. Ci saranno prove contro di voi, ma non assolutamente conclusive; voi siete una donna estremamente attraente, appena di mezz'età, e avrete ampie possibilità per cercare di sedurre giudice e giuria, piangendo a opportuni intervalli per suscitare la loro compassione; senza dubbio saprete anche come vestirvi per la parte... Ah, Archie!
Calida Frost si mosse veloce come un lampo. La mano sinistra teneva il coperchio della scatola parzialmente aperto e la destra, dentro la scatola, si era mossa un po'... senza frugare, solo un movimento efficiente. Dubito che qualcuno, a parte me, se ne fosse accorto. Non dimenticherò mai il modo in cui quella donna mantenne la stessa espressione. I denti rimasero conficcati nel labbro, ma non ci fu alcun altro segno dell'atto disperato e fatale che stava facendo. Poi, come in un lampo, la mano uscì dalla scatola e portò la fiala alla bocca; la testa si piegò così tanto all'indietro che, quando inghiottì, vidi la gola bianca.
Cramer balzò verso la donna. Non mi mossi per bloccarlo perché sapevo che potevo contare su di lei: l'avrebbe mandato giù. Saltando in piedi, Cramer urlò: ― Stebbins! Stebbins!
Cito quest'ultima frase per provare che Cramer aveva ogni diritto di essere ispettore, perché era un dirigente nato. Da come la vedo io, un dirigente nato è un tizio che, quando succede qualcosa di difficile o di imprevisto, urla a qualcuno di venire ad aiutarlo.